Laurel
Aitken with Court Jester’s Crew – "Jamboree" -
Grover Records 2000
Mi son ritrovato tra le
mani questo dischetto e la sensazione è stata subito di quelle
positive. L’unico mio disagio, lo confesso, è che “certi
dischi" sarebbe meglio che fossero recensiti dalla memoria storica,
l’archivio vivente, la Treccani
dello ska: Sergio “ye Prophet"
Rallo. Sì perché quando si è di fronte a dischi con materiale
parzialmente già ascoltato, io mi trovo in difficoltà. Sarà
l’alzheimer galoppante, sarà la mia inguaribile pigrizia di cui Alessandro
è paziente testimone [non è che stiamo diventando troppo
autoreferenziali, Antonio?], ma se devo stare ad analizzare ogni singolo
pezzo e andare a vedere se è già apparso in qualche altro disco in
quel breve lasso di tempo che sono tre decenni di musica, allora mi
viene il magone e lascio stare. Dunque, raggiungiamo un compromesso e
tagliamo corto: il disco è splendido, ci sono 12 pezzi di cui almeno
quattro sono completamente inediti. Quali sono? Penso di saperlo, ma
per evitare brutte figure non lo dico. Fatta la doverosa premessa
circa i miei vuoti culturali in fatto di Ska della prima ora, passiamo
alla musica. Il connubio tra il supereroe dello Ska Lorenzo
Aitken e gli ottimi tedesconi dei Court Jesters Crew, già recensiti
e intervistati
da SkabadiP tempo fa, è di quelli riuscitissimi.
Che i CJC siano forse la band tedesca più interessante del
momento già lo abbiamo detto e stradetto qua e la nelle pagine del
sito. Sul Padrino c’è poco da dire: è incredibile come gli anni
passino ma la voce rimanga costantemente quella voce calda e
avvolgente che ha caratterizzato la sua attività in questi decenni.
Insomma,
come è di prassi, il cubano s’è fatto un tour coi tedesconi e,
sapete com’è, da cosa nasce cosa, e dopo qualche mese, ecco il
frutto dell’incontro. Booklet un po’ scarno, ma il contenuto
qualitativo del frisbee d’alluminio è di quelli goderecci. Di tutto
un po’: vecchi originals, covers, inediti. Pure un brano dei CJC
(Cockroach) cantato da
Lorenzo
(Aitken). I pezzi già conosciuti
sono piuttosto fedeli alle versioni original, anche se con un piglio
più veloce e, ovviamente, una qualità del suono migliore. Per fare
qualche nome, “Jamboree" è trascinata da un ottimo levare della
splendida sezione fiati dei CJC, “Woman is sweeter than man" la
preferisco all’originale. “Rudeboy dream" è un classico e si
ascolta sempre volentieri e “I’m still in love with you girl",
altro classicone, è un rocksteady dove la voce di Aitken raggiunge
vette che mettono i brividi. Ottime le tastiere che accompagnano
rispettosamente.
“Brown
eyed girl" di Van Morrison è una delle due cover, l’altra è una
“We People" di Curtis Mayfield piuttosto anonima. Brown eyed girl
è già di per se una splendida canzone, con quel ritornello
(Lallalla-lalla-lalà-lalà) [Ora ho capito tutto] che mette di buon umore, se poi è ben
suonata in chiave Ska, ancora meglio.
“Get
Ready Rock Steady", è come dice il titolo un bel rocksteady molto
roots. Talmente tanto che è un po’ troppo simile a “rocksteady"
di Alton Ellis.
Di
“Dance wid me baby", la mia preferita, con un groove molto swing
non ho notizie in dischi precedenti, qualcuno mi può aiutare? [...io
sto proprio ora sentendo "Rock With Me Baby" (Mix) di John
Holt]
In
conclusione, il bello del disco è che racchiude in se due anime e due
impronte diverse, quella del padrino e quella dei CJC, senza che una
prevalga sull’altra. Segno che il Padrino è in forma più che mai e
che i CJC stanno raggiungendo una maturità notevole. Coi complimenti
della direzione.
Antonio Crovetti
Senza avere grandi pretese grafiche
(copertina monocolore seppiato), quest’ennesima edizione delle raccolte
originariamente realizzate dalla più volte citata Unicorn Records, è
fondamentale per chi ama lo Ska ed il Padrino Aitken!
“Rise & Fall" 2001, raccoglie 20 dei 24 brani originariamente presenti
sull’omonimo album della Unicorn del 1989 e su It’s Too Late, l’ultimo
della serie di 3 album intitolata “The Legendary Godfather Of Ska"
esattamente com’è intitolata la serie della Grover che ha pure l’esatto
sottotitolo: “Personal Selection".
La riproduzione è “fedele" nel senso che alla Grover hanno piazzato gli
originali ellepì sul piatto ed hanno registrato paro paro il Cd. Con un
risultato non eccelso. Eccettuati 2 brani per album.
Non credo che ci siano presentazioni opportune, che non siano già state
scritte e riscritte migliaia di volte da entusiasti di tutto il globo,
per brani come “You Got Me Rockin’", “Back to New Orleans" superbi
esempi di shuffle e R&B giamaicano; o come “Daniel Saw the Stone"
e “Brother David" che uniscono gospel e calypso o lo splendido tardo
rocksteady “Who’s taking You Home ".
Che dire dell’incredibile “Jasse James" e dei reggae “It’s Too Late",
“Give Back Mi Dollar" “Heile Heile" e “Skinhead Train", tutte del 1969?
.
Certo si può dire che sono la Storia stessa dello ska e del reggae, per
ritmi inclusi, tematiche trattate ed influenze esercitate.
Godetevi, poi, le note di accompagnamento dei due originali album
all’interno del Cd, scritte da George Marshall e dal sempre rimpianto
Judge Dread, anche questa è Storia.
Sergio
Rallo
Laurel
Aitken - "Rudi Got Married, the Legendary Godfather Of Ska Vol 5" -
CD Grover, Germania 2002
Per chi si fosse
perso anche solo per fattori puramente biologici (non era ancora nato o
era troppo piccolo) gli anni '80 del leggendario Padrino dello Ska,
questa è una buona occasione per ampliare la propria discografia.
Tra le tracce più ambite ci sono i due 45 giri (I Spy/Arista) del 1980
"Rudi Got Married" e "Big Fat Man" dato che è la prima volta in 22 anni
che vengono ripubblicati (con tanto di lato B), con gioia di chi non
sapeva nemmeno che esistessero ed altrettanta gioia di chi custodisce
gelosamente i preziosi pezzetti di vinile.
Non si capisce, invece, cosa ci facciano in questa raccolta "Mad About
You" e "Sahara" provenienti dalle famose session del 1987 con i Potato 5
dato che la stessa Grover aveva avuto modo di ripubblicarle neppure 2
anni fa ed in considerazione del fatto che se ne potevano mettere altre
tratte dagli altri dischi "saccheggiati" e di cui parlo di seguito.
Il resto della raccolta comprende, infatti, oltre al 45 "Skinhead" del
1996 della Grover, una buona parte del materiale pubblicato tra l’89 ed
il 90 dalla scomparsa Unicorn records e tratto dall’LP "Ringo The
Gringo" nonché dai singoli/12"/mini album "Sally Brown" (versione
differente e successiva rispetto a quella coi Potato 5) "Escapade In
France" ed "Everybody Ska".
Tassello immancabile della propria collezione per chi non ha avuto
occasione di ascoltarle prima sono, oltre alla divertente canzone che dà
il titolo alla raccolta, "Big Fat Man", "Je T’aimerai Toujours", "Rude
Boy Dream" e "Hitchhike".
A dare alcune necessarie informazioni circa il contenuto del Cd è,
all’interno di copertina, il buon vecchio George Marshall, personaggio
di notevole fama nell’ambito skinhead anche per aver pubblicato per
qualche annetto l’utilissimo giornale Skinhead Time.
Buon acquisto.
Sergio
Rallo
Agua
Calientes "Surfin Ska" Toast 1998
Novità Novità Novità!
È difficile che il Rallo si sorprenda nellascoltare i prodotti di altri gruppi dato
il marasma di nuove produzioni degli ultimi anni. Ma positivamente sorpreso è rimasto
nellascoltare "Surfin Ska", mini-CD degli abruzzesi Agua Calientes.
Un po come la Famiglia Rossi, è fondamentalmente un gruppo che suona tanta buona
musica e anche Ska. Per quanto riguarda il non Ska, si distinguono con un ottimo pezzo
Soul "Tide" che non ci coinvolge più di tanto ma che siamo in grado di
apprezzare soprattutto per larrangiamento dei fiati molto potente e per la vigorosa
linea di basso. Mentre "Azul" è un brano che difficilmente riuscirei a
classificare, non avendo la conoscenza necessaria, ma che mi piace veramente parecchio e
che crea nella stanza in cui lascolti una piacevolissima atmosfera, merito anche
della bella voce femminile.
Noi, essendo strettamente di parte, propendiamo per lo Ska di "Race", in cui il
cantante Vincenzo rende al meglio la propria voce e dove ci piace parecchio il ritornello
della voce di Danila. Chiudiamo con "Patsy Skaze" che ci fa ricordare nel giro
dei fiati qualcosa dei Mr. Review, pur sembrando, lo stile degli Agua Calientes,
leggermente più duro, forse anche soltanto per la scelta dei suoni con cui hanno
registrato le canzoni.
Benvenuto lo Ska abruzzese sulle pagine di SkabadiP!
a cura di Sergio Rallo
Monty Alexander - "Yard Movement"- Island Jamaica Jazz 1996
Questo è il classico disco sul quale si potrebbe scrivere una di
quelle recensioni paccosissime, in cui si parla lungamente della vite e opere
dellartista nonché dei riferimenti ai suoi possibili ispiratori quali Thelonius
Monk e, perché no, il pianista "classico" Glenn Gould.
Noi invece preferiamo dire solo una parola: RITMO. Essendo Monty Alexander il produttore
del disco di Ranglin sopra recensito, ed essendo lo stesso Ranglin chitarra solista in
questo Yard Movement potremmo dire le stesse cose scritte per "Below the
Bassline" per quello che riguarda i contenuti musicali.
Tanto Reggae nellentusiasmante e personalissima riprosta dei due "Exodus"
più famosi della musica giamaicana suonati in due Movimenti nella prima traccia. Ma anche
un bellissimo Ska registrato live dal titolo "Regulator" e un dolcissimo
Rocksteady che sembra suonato dai "Soul Vendors" con unaltrettando
dolcissima Intro per piano dal titolo "Love Notes".
Consigliato agli stessi che si comprerebbero il disco di Ernest Ranglin e a tutti gli
amanti della buona musica in generale.
a cura di Sergio Rallo
Archita
- "TNT" - Puzzle Studio
Esordio digitale con un mini
CD con otto brani che poi sono sette per questa simpatica formazione.
Gli Archita sono una notevole Ska band di Torino. A spasso da parecchi
anni e con notevole esperienza acquisita qua e la nello stivale e nel
vecchio continente. Esistono da sei anni ma non è che la loro popolarità
sia mai salita alle stelle. Strano perché secondo il mio parere
meritano. Lo stile è decisamente vario e personalizzato. Le idee sono
gustose e il disco viene digerito tranquillamente. Si va dallo Ska
“chugga chugga style", allegro e sparato, di “Skatafascio", a
brani più pacati e rilassanti come “Waiting For", la bellissima
“Everything’s Allright", la strumentale Rocksteady style “A casa
di Mil" e la divertente “Bikini". Tanto incomprensibile quanto
inutile “Puzzle Mix" in cui vengono inseriti in un frullatore vecchi
brani della band in una maniera che ti fa venire il mal di testa e salti
il brano. Simpatico omaggio agli adepti dello
ska-core-punk-death-metal-rasta-freak-dub-rap in “Babylon Style".
Da amante della brass section, mi permetterei di suggerire di dar più
spazio ai fiati con un bel trombone o un bari-sax di quelli gutturali.
Valgono comunque una menzione particolare Jerry Figliola ed il suo sax,
davvero notevoli.
Particolare e consigliato.
a cura di Antonio
Crovetti
Limpida, pulita, lineare sono aggettivi ben attribuibili alla musica
degli Archita, tosta formazione piemontese, come testimonia "Barrio
Ska", il loro primo album ufficiale.
Composto di 12 tracce facilmente
attraenti "Barrio Ska" echeggia qua e là Giuliano Palma in "Con Te", i
Ladri di Biciclette di Belli ed il Sommo Buscaglione in "Miss
Temptation" (detto tra parentesi: veramente carina), Bad Manners/Two
Tone in "Blacksheep" (un efficace ska/rock moderno con un pizzico di
ragga che ho gradito veramente molto), Fratelli di Soledad/Filo da
Torcere in "Skatafascio" (l’unica che definirei banale di tutto Barrio
Ska ma che, nondimeno, riscuote vasto successo dal vivo),
Skatalites e
Marley in "Suona
Ancora", certo pop moderno italiano in "Scivola" (uno dei lenti cantati
in italiano più belli che abbia recentemente sentito) e nell’ottima,
orecchiabilissima, "Il Trucco" o, più semplicemente, i
Vallanzaska in
"Cassius Clay".
Tutti direi sono echeggiati piuttosto
bene perché gli Archita ci sanno fare: il loro ska moderno con forte
base tradizionale si lascia permeare da svariate influenze senza mai
perdersi o snaturarsi, neppure nelle poche tracce più rock.
Mi pare di capire che la band, come ogni
gruppo di artisti che sia effettivamente tale, è alla ricerca di un
"sound" diverso, di melodie, testi ed atmosfere "giuste" che qua e là,
infatti, emergono in Barrio Ska pur non concretizzandosi del tutto.
Consigliato agli appassionati di ska
moderno cantato in italiano e con una marcia in più.
Sergio
Rallo
Arpioni - "In Mezzo Ai Guai" - Gridalo Forte Records 1998
Barricadero per definizione ("dedicato a chi non
vuole rinunciare all'utopia" è scritto all'interno della copertina) gli Arpioni di
Bergamo non abbandonano dopo 8 anni di concerti l'anima combattiva che li ha
contraddistinti anche in "Papalagi" del 1995. Con "In Mezzo Ai Guai"
(registrato, mixato e masterizzato da Kaki Arkarazo), prodotta dalla militante Gridalo
Forte, assistiamo ad un'evoluzione decisa verso un suono più maturo con forti
orientamenti verso il Traditional Ska: la sezione fiati è più puntuale, il levare più
omogeneo per la fusione unisona di chitarra, tastiera, fiati e charleston; alla voce
l'intervento di Carla Bonalume e Stefano Ferri si è fatto più sicuro e armonioso.
Il brano che dà il titolo al cd è forse il migliore, un rocksteady fosco, notturno, con
un finale a base di cornamuse stile Trojans in "Arna-fari" (Scotland the brave).
Rimangono impresse nella mente anche "Misura standard", un brano strumentale ben
eseguito che richiama in maniera palese l'insegnamento degli inossidabili Skatalites,
"La sinistra", una critica da "sinistra" alle forze parlamentari che
hanno la pretesa di difendere i più deboli. Poi si può segnalare "Insumision",
registrata all'osteria Suonovino nel parco di Redona (BG), antimilitarista per vocazione e
per diletto.
a cura di Tomaskarini
per Rockerilla
Arpioni- "Un Mondo in
Levare" - Gridalo Forte
Records
Terzo
CD per i miei concittadini bergamaschi Arpioni, dal titolo emblematico e
che mantiene le promesse col susseguirsi delle tracce.
Qualche novità nella formazione, con nuovo batterista, nuovo
tastierista ed ennesimo cambio nella sezione fiati, sempre capitanata
con gran classe dall'original rude boy della Val Brembana, Riccardo
Capelli. La voce è ora sostenuta dal solo Stefano Ferri, data la
definitiva fuoriuscita dalla band di Carla Bonalume, ora mamma a tempo
pieno.
Undici brani per un totale di 42 minuti di Ska di ottima fattura (un
paio di pezzi in più non avrebbero guastato) tendenzialmente più
veloce e ritmato rispetto ai precedenti lavori, anche se non mancano
incursioni convincenti verso sonorità più rocksteady. Molto curata la
qualità del suono. Disco registrato nei Paesi Baschi, dove gli Arpioni
credo abbiano la cittadinanza onoraria per il loro supporto
incondizionato alla causa della gente di quelle parti.
L'aria che si respira in questo disco è di quelle salubri, da
assaporare a pieni polmoni, con uno Ska trascinante, molto curato specie
nella sezione fiati, che si inventa riffs da pelle d'oca in più di un
brano. Cito Monkey Man In Mexico, Ti Regalerò (il mio prefeito), tanto
per fare un paio di esempi. Un solo brano strumentale, la splendida
Jingle, con melodie da fischiettare mentre ci si rade al mattino. Una
cover, Una Carezza In Un Pugno del molleggiato nazionale, rilassante ed
in stile 100% rocksteady. Menzione speciale per Yayabo-Ska, brano in
stile Scofflaws, Nuvoloni, Il Sol
Dell'Avvenir, Alibi, brani militanti (pure troppo) e sempre di ottima
qualità.
Come si può intuire, i testi sono prevalentemente sul genere impegnato,
cosa che può piacere o meno, convincere o meno; considerando invece il
solo l'aspetto musicale, direi che gli Arpioni occupano ormai un posto
fisso ai vertici del panorama ska italiano e non solo, dove in 10 anni
di attività si sono costruiti uno stile tutto proprio.
Non vorrei esagerare ma direi che questo è un gran disco, uno di quelli
da non perdere ed eventualmente da portare nel nuovo millennio, visto
che va tanto di moda.
a cura di
Antonio
Crovetti
Arpioni – "Buona Mista Social Ska" –
Gridalo Forte Records – 2001
Alessandro, che notoriamente è un ipercritico, pragmatico, nervoso e
pappone [caz..perché sempre queste intro balenghe? Vieni al sodo se
no mi arrabbio e le pupe mi scappano!] mi scrive dopo che ero
riuscito a fargli ascoltare questo disco. “quello degli
Arpioni è un disco di classe", mi dice. Assicuro che sentire lui che
si sbilancia fino a questo punto può significare soltanto che qualcosa
ha scosso il suo animo. Per una volta ha tutte le ragioni di questo
mondo. Il nuovo disco degli
Arpioni è un disco di classe. Così, in occasione del decennale della
band (Scarpellini è ormai brizzolato!!), il gruppo bergamasco ci regala
per natale una produzione ottima, qualità strepitosa (il solito Kaki
Arkarazo al mixer), in confezione superlusso, con ospiti D.O.C., e ska
come se ne sente poco. Andiamo con ordine. Si tratta di un disco di
cover di vecchi classici (e non) della canzone Italiana, cosa che di
primo acchito può far storcere il naso e aprire dibattiti su quanto sia
poco creativa la scena ska nostrana. Invece no, niente di tutto ciò. Si
tratta di molto di più che prender un pezzo anni ’60, attaccarci una
chitarra che fa cicchi cicchi, tromba, sax e trombone e farci un disco.
Al di là della qualità della produzione, piuttosto rara qui da noi, gli
arpioni si sono inventati arrangiamenti davvero unici e originali, degni
di una band con esperienza e maturità da vendere. Pezzi scelti non a
caso, ma adattabili di volta in volta perfettamente ai vari ospiti
presenti nel disco e alla filosofia politica della stessa band.
I brani sono 9, pochi si potrebbe dire, ma tutti di ottima fattura.
Ospiti altisonanti e non. Si va da Tonino Carotone, splendido in “Guarda
che luna" a Begona Matu dei Malarians, da Sandokan (Ramiccia,
Radici nel Cemento,
Fermin Muguruza) a Dupe dei Jamaican Red Stripe a Maria Pilar
Aranguren, corista di Carotone e splendida interprete di Parole Parole.
Nel complesso, oltre a ribadire che si tratta di un disco splendido e da
avere a tutti i costi segnalo “Taxi Nero", colonna sonora della mia
pubertà, “Ma mi" da cui è stato anche tratto un bel video e “Piove" di
Modugno. I brani sono comunque tutti da godersi in santa pace.
Inutile fare scalette di merito. Un vero peccato la dipartita dal gruppo
di Ricky Capelli, il Rolando Alphonso della
Val Brembana.
Buon ascolto.
Antonio Crovetti
The Articles - "Flip Freal"- Moon Ska 1997
Molto, ma molto brillante debutto di questa ennesima band americana.
Solito stupore: quando sembra che ormai nel mondo della musica Ska sia stato già detto
tutto, eccoti la formazione degli Articles sfoggiare un brillante album di musica
strumentale. Ben quattodici pezzi di ottima musica proposta con gusto che fa capire
lintenzione del complesso: creare nuovi "groove" a partire
dallesempio dei già mitici "New York Jazz Ensamble". È un dato
dascolto, più che di fatto, che gli Articles si muovano sulla strada aperta, negli
Usa, dai NYJE. La scelta delle cover è attenta ("Srcapple From The Apple" di C.
Parker, "Well You Neednt" di T. Monk, "Blue Monk" di T. Monk,
"Spread Satin" degli Skatalites e la cover super Reggae-stylee della ipnotica
"Skas the limit" di Laurel Aitken che in origini è uno degli strumentali
tardo Ska inglesi più belli che io abbia mai ascoltato). Le influenze decisive per questo
gruppo del Minnesota, sono poi da ricercarsi per le atmosfere create in quel
variegatissimo genere catalogato come Cocktail o Lounge Music che è un calderone di
generi musicali degli anni 60 identificabile con la maggior parte delle colonne
sonore dei film Polizieschi, Soft core o di spionaggio degli anni 60, musica alla
quale il genere Ska deve senza dubbio parecchio.
Pezzi imperdibili, oltre ovviamente a Ska is the limit, la traccia numero due
"Starsky", la latineggiante "Octa Samba". Interessantissimi gli
arrangiamenti in cui il jazz la fa da padrone.
Lunico che non convinve il sottoscritto è il trombettista, che funziona
perfettamente in sezione ma non mi soddisfa nei suoi a solo.
Consigliato a chi apprezza Hepcat, Skatalites vecchi e nuovi, Ska Flames, Rico
Rodriguez e via di questo passo. Di nessun interesse per tutti gli altri.
a cura di Sergio
Rallo
Backdoor Stomp! -
"Steps In The Alley" - (niente etichetta) Australia 1999
Ska per Rude Boys vecchia maniera quello dei
Backdoor Stomp!, che ne propongono uno "essenziale":
chitarra, basso, batteria, voce e sax tenore.
L’immancabile ottone è suonato da una "vecchia gloria"
dello Ska australiano Tom Mc Kenzie, che già nei primi Ottanta aveva
militato nei Funaddicts (che sparirono quasi subito).
La scelta musicale fin dal primo pezzo di questo debutto, "Step
In The Alley" (prima cover di un disco che ne contiene altre 4)
dei tedeschi Blue Chateau, è chira: Ska cattivo nella formula che
rilanciò lo Ska tra il ’79 e l’80 ovvero melodie vocali (spesso
con cori alla Specials) tra punk e r&r, walking bass e batteria
non tradizionale con l’aggiunta del tenore a dare quel "di più".
Cinque sono anche gli originali dei Back Door Stomp!: "Inspector
Martens", "Trouble" che mi è piaciuta molto,
"Breakin’ Up" Ska veloce alla moda californiana,
"What’s Goin’On?" (già modesto successo dei Funaddicts)
brillantemente riregistrato per l’occasione e "Hey Ho!"
decisamente la mia favorita.
Tra le cover, la classica "Tequila", oltre ad avere il
pregio della brevità, è una buona occasione per farmi apprezzare il
buon fraseggio del Tom, mentre "Lorraine" dei Bad Manners,
porta a 2 il numero di cover di "Lorraine" su disco che io
conosca [Uhm..direi 4...C'è questa, quella dei Bim Skala Bim, dei
Liberator e di un altro gruppo sicuro] - preferendogli sempre l’originale -, la successiva,
"Just A Feeling", del medesimo gruppo, rifatta dai B.D.S.,
è riuscita particolarmente bene.
Pedissequa all’originale è, invece, "Nite Klub" degli
Specials mentre incomprensibile è il "ghost track" (di cui,
quando ce ne sono, in genere non parlo mai, sennò che sorpresa è per
chi compra il disco?) "Breakin’ Up" in versione techno!
Ringraziando ancora l’Amico Stefano Manenti che mi ha omaggiato col
recensito cidì andandomelo a prendere direttamente a Melbourne,
occupo queste ultime righe per consigliare "Steps In The
Alley" ai Rudi e Rudette in pork pie e Martens rosse nostalgici
dello ska Unicorn/Two Tone.
Heghidà!!!
a cura di Sergio
Rallo
Dave Barker - "Monkey Spanner" - Trojan Records 1997
Eccellente cantante il nostro Dave, "sfortunatamente" noto
al grande pubblico praticamente solo per i suoi "shouting"in pezzi storici come
"Funky Reggae" e "Double Barrel" (tanto per intenderci), piuttosto che
come validissimo interprete dalla voce chiara e potente, di molti dei brani che trovate
acclusi nella presente raccolta che rende giustizia alla completezza dell'artista (che
"intro", eh?).
Oltre ai citati, la title track "Monkey Spanner", "Wet Version", la
incredibile "Sex Machine" e "Lock Jaw" sono i brani in cui Barker
sfoggia il suo caratteristico e unico stile pre-DJ/funky; ma il grosso del materiale di
questo cd ("Just My Immagination", "I've Got a Message to You",
"I Got To Get Away", l'eccellente "I Feel Alive", "Lonley
Man", "The Heart Of a Man", "Love Love Love", "You
Ain't
", la, senza mezzi termini, meravigliosa "Your Love's a Game",
"It's Summer" e la stupenda verione di "Travelling Man") è costituito
da canzoni o version (brani di altri cantanti su cui Dave ha successivamente registrato le
proprie melodie ) di incredibile alta qualità.
In ognuno dei citati pezzi Dave Barker ci sollazza con i più diversi stili vocali, ora è
particolarmente "soul", ora è un dotatissimo cantante funk, ora è il caraibico
interprete di "Love is What I Bring" in perfetto falsetto "Slim Smith's
style".
Dal vivo è riuscito ad ipnotizzarmi con la sua bellissima voce, nonostante che il gruppo
che l'accompagnava non fossero gli Upsetters, che invece vi potete godere mentre
accompagnano il nostro Dave - tra le altre - nell'ultima traccia ("What a
Confusion") di questa consigliatissima raccolta di Rocksteady/early Reggae.
Conclusione?
: "DON'T WATCH THAT, WATCH THIS: SHAKE ATTACK! FUNKY FUNKY
Reggae!!!"
a cura di Sergio
Rallo
Bassistinti
- "Bassincore" - Tube records Italia 1998
Quello che cerco in un gruppo Ska quando ne ascolto
"lopera" è loriginalità come prima cosa, lIdea - si, con la
"i" maiuscola - come seconda.
Detto questo, posso subito dire che Bassincore non entrerà nella storia
della musica Ska come uno dei migliori album del genere.
I Bassistinti si rivelano subito dal primo brano ( Madama) come un gruppo
dallimpianto e impatto molto Rock, "mi cadono" immediatamente sulla
seconda traccia ( Donne, Sole, Mare
) banale e "già sentita" nonostante la
ritmica sia quella giusta; andando avanti nellascolto, i Bassistinti più che
ricordare Manonegra e mantenersi sulla "linea Ska tradizionale" ricordano
canzone dopo canzone, soprattutto nel cantato, Fratelli di Soledad e Strike.
Bisogna però aspettare la traccia n.° 5 (Bombala) per avere il quadro migliore
della musica proposta dai Bassistinti. Bombala, infatti, nonostante sia molto poco
"Ska" e troppo rumorosa per i miei gusti, rivela lIdea di cui sopra e,
quindi le vere e maggiori capacità creative del gruppo; esattamente come il successivo
pezzo, dal titolo Balek, anchesso pochissimo Ska ma con il "guizzo" che
può piacere proprio a chi ama certo Ska crossover.
La successiva canzone, Rudy, senza dubbio rattrista (anche se è Ska) con la sua
trita immagine dellennesimo "Lucachesibuca"; segue Ultima Notizia, un
pezzo Oi!/Ska, che ai concerti dei Bassistinti fa di sicuro pogare allultima
gomitata ma solo quando la pista sè liberata da quelli che vogliono ballare e non
menarsi.
Non impressionano, infine, Tony Il Pazzo, il Reggae No More ed il violento e
brevissimo strumentale che dà il titolo al cd e che sono i brani che concludono la
session dei Bassistinti.
Bassincore è cantato tutto in italiano e lesame dei testi lo deve fare
ritenere un disco "serio" dato che gli argomenti trattati seri sono (ovvio,
eccetto la danzereccia e "facile" Donne, Sole etc.); nel suo insieme, tutto il
disco è freddo, la crudezza dei suoni, quel podi riverbero di troppo, insieme ai
testi, impegnati ma per nulla allegri, ha un effetto negativo su chi è solare di propria
natura.
a cura di Sergio
Rallo
Bim Skala Bim
- "The One That Got Away" -
Beatville Records, Olanda 1998
Non ho mai conosciuto
personalmente una fan dei B.S.B. A dirla tutta, non mai conosciuto
nessuno che ne conoscesse la cospicua produzione consistente, compreso
quello di cui si parla e salvo errori, in 8 album, partecipazioni alle
più note compil. Mondiali di Ska e qualche 45.
E sì che la loro nascita nel 1987 li piazza tra i più longevi gruppi
ska del Pianeta.
Vabbè, sorvolando sulle mie estemporanee considerazioni, passo subito
al CD.
Non è un "nuovo" album, se non, appunto tra virgolette
poiché consiste infatti in materiale raro del gruppo di Sommerville
(ridente cittadina del Massachussetts (USA)).
Traducendo liberamente dalle note di copertina, il disco
comprende 13 brani di cui ben 7 non erano mai stati pubblicati prima e
di questi ultimi 2 remixati "inna original dub version" nientemeno
che da Mad Professor (al secolo Neil Frazer) in persona (chi si sta
chiedendo chi ‘azzo sia è presto accontentato, basti dire che a
Londra, alla fine dei ’70, Mad Professor, cominciò a produrre
dell’incredibile Dub, facendo partire dal proprio salotto la storia
dell’etichetta Airwa e, ad oggi, è una personalità
mondialmente rispettata da una numerosa confraternita di
"malati" di Dub.) (tipo i malati di Ska).
Chiusa la parentesi ci sono, poi, tre pezzi già apparsi in
compilation che nessuno ha mai visto o reputato opportuno acquistare
(perciò sono rari!) e, per finire, il lato B dell’unico 45 giri
apparso negli states. Per un totale di 13 brani.
Molto bella è "Line To You", carina è la rock-ska version
del classico "Run Joe" , ma i pezzi che meritano decisamente
sono "Skaloop", unico strumentale presente nella
raccolta scritto da John Cameron e condotto dalla sua saltellante
tastiera; la versione originale della notturna "Edge of a
Knife", la bellissima "Rain & Pour" che prenderei
ad esempio per illustrare il personalissimo stile dei B.S.B. e, infine
e pur facendo accapponare la pelle a chi non sopporta che si facciano
cover dei Beatles, "Rain".
Ancora una volta, Vince Nobile col suo strillatissimo trombone e Dan
Vitale con la sua particolare pasta vocale, lasciano il segno.
a cura di Sergio
Rallo
The Chimney Sweepers - "What Do You Wake Up For?" - Positive Crew Records, CD, Italia, 2001
Quello che potrete ascoltare sul
primo CD dei Chimney Sweepers dal titolo “What Do You Wake Up For?"
(“Che Ti Alzi A Fare?") è un calibrato misto tra Hard Core melodico
e lo Ska Core velocissimo e rigido di gruppi come i M. M. Bosstones che,
per quel che riguarda il disco di questo gruppo brianzolo, vede il
culmine in brani come “Pretend To Be The Same" o “Superceo".
Nel CD si trovano abbondanza di
chitarra distorta ma anche di melodie accattivanti accompagnate da cori
e buone idee artistiche che, alle volte, richiamano “cugini"
americani dei Chimney Sweepers presenti nelle classifiche.
“Not Only
H.C.", brano ultrabreve dall’inizio H.C. e parte centrale Ska,
seguito da “Slackers", che ha un impianto quasi totalmente H.C.,
la dicono lunga sulle possibilità future di questa formazione che
dimostra di avere uno spirito creativo particolarmente vivace e
possiede la peculiarità di farti apprezzare il genere H.C.
Certo, coi Chimney
Sweepers, di
ballare non se ne parla neppure, si poga, invece, ed alla grande anche
dove sembrerebbe prevalere lo ska come nella brillante “Invisible
Friend" uno dei brani che mi è piaciuto maggiormente.
Fiati onnipresenti senza alcuno
spazio per assoli - che, comunque, nello Ska Core non hanno senso, - e
la ottima interpretazione del cantante principale sono le altre 2
caratteristiche dei Chimney Sweepers che ho apprezzato ed io, si sa,
eccetto la rara eccezione degli Shandon, era da tempo che non apprezzavo
dello Ska Core.
Bravi.
a cura di Sergio
Rallo
The
Cigarres – Time Will Tell – Burning
Heart Records 2000
Ecco
un gruppo di giovani svedesi, mai sentiti prima d’ora. E anche
stavolta, i paesi del nord Europa mi sorprendono per originalità e
creatività artistica. Il disco mi lascia assolutamente esterrefatto e
mi ritrovo a skankeggiare davanti al computer mentre ascolto e
recensisco questo lavoro. E’ uno ska tendente al rocksteady molto
Jamaica style, con una energia notevole, tanto che l’arrivo di tanto
in tanto di qualche pezzo tendente al reggae viene accolto con un
sospirone di sollievo e consente di recuperare le forze. Mi immagino
cosa devono essere dal vivo.
Se
non ci fosse scritto in giro che i ragazzoni in questione sono stati
concepiti sopra un futon dell’ikea, uno è legittimato a pensare che
si tratti di una band giamaicana.
I
brani sono 13, più l’intro che dura 50 secondi e che se anche non
ci fosse non farebbe differenza. È quello che c’è dopo che lascia
a bocca aperta.
Si
parte a mille con “Good over Evil" un rocksteady bello sparato
alla Hepcat versione non
soporifera, Intensified, Court
Jester’s Crew , Dr.
Ring Ding, con una voce che ricorda lo stesso peso massimo tedesco
nella sua parlata giamaicana. Si prosegue con “We Nah Run", un
ragga ska nel quale le citazioni a Babylon si sprecano. Ecco, la band
è molto Reggae nei testi. Dio, il bene, il male, babylon, jah, nah,
bih bah, montagne da scalare, l’amore….non mi è ben chiaro se
dietro la band si nascondano gruppi di Boy Scouts o se piuttosto, fumi
e vapori strani abbiano influito nelle liriche della band. Ad ogni
modo, tutto ciò è del tutto superfluo. E’ la musica che conta. Dal
ragga ska di cui sopra si passa allo splendido rocksteady di “the
love within". Noto che la particolarità della band sta nel comporre
una musica sicuramente classificabile come rocksteady, cantata in
stile reggae, quando non ragamuffin. A volte sta cosa mi spiazza.
“Spread the word" vale l’album da sola, non fosse che lo stesso
si può dire per almeno altre 3 o 4 canzoncine. Un sano reggae di
quelli coi controcrismi in “this freedom", ragamuffin leggermente
troppo urlato in “the rest is yet to be told", e si arriva a
“Black river" altro brano super, con una sezione fiati di tutto
rispetto che fa tornare alla mente i primi Scofflaws,
e con venature jazz che conferiscono al gruppo un grado di maturità
inaspettato, considerato che si tratta del loro primo lavoro. Altro
reggae massiccio in “queen of my life" e ancora rocksteady in
“biggest reward". Bello.
E’ un continuo alternarsi dei due generi, con una certa supremazia
del sano vecchio rocksteady, per mia fortuna. “Memories" è un
altro di quei brani che da soli valgono l’acquisto del cd, così
come “Bashment" dalla ottima intro per pianoforte. Dopo di che,
ancora reggae in “sunrise" e a chiudere un hip hop ragga dub dal
titolo new day, sul quale ho resistito pochi secondi.
Senza
alcuna riserva, è un disco da avere. Sul genere Hepcat,
Intensified, insomma,
rocksteady Giamaica style. Bravi, continuate così.
A cura di Antonio
Crovetti
Giuliano
Palma and the Bluebeaters -
The Album -
King Size Records
Primo
commento: era ora!!
Secondo commento: mamma che disco!!!
Non so quanta gente ci sia in giro che ancora non conosce i Bluebeaters;
in ogni caso val sempre la pena spendere due paroline di presentazione.
I Bluebeaters sono una band di puro divertissement in levare. Solo
cover, rigorosamente cover, nient’altro che cover, e che razza di
cover. Giuliano Palma, Ferdi e Patrick dei Casino Royale, band dal
solido passato ska; Zorro Silvestri, chitarrone dei rimpianti Fratelli
di Soledad; Bunna, Cato Senatore and the Angelo Parpaglione degli Africa
Unite; Gigi De Gasperi dai Vallanzaska con furore; Ricky Gibertini dei
Reggae National Tickets. Nient’altro da aggiungere direi. Il disco
arriva dopo anni di attesa alleviata di tanto in tanto da concerti
memorabili in località dimenticate dalle cartine stradali e posti
selvaggi in tanta malora. Un concerto dei Bluebeaters era un evento
quasi irripetibile e da assaporare fino in fondo, come una Sacher torte
gustata nell’omonima pasticceria di Vienna. Ci si organizzava
settimane prima: turni alla guida degli automezzi, sostanze psicotrope
fatte in casa per rimaner svegli prima e soprattutto dopo il concerto,
chilometri macinati tra le nebbie di questa accidenti di Val Padana,
secoli trascorsi a pulire le Doc Marten d’ordinanza e a rispolverare
il miglior three piece suit. Veniamo al disco. Bello, pulito,
tranquillo, rilassante, storico. Più lo si ascolta e più si è pervasi
dall’essenza dei ritmi in levare. Personalmente, ascoltando i pezzi
che scorrono lentamente tra le mura di casa, ho sempre più la
sensazione di essere teletrasportato su una spiaggia Giamaicana e di
essere placidamente disteso al caldo dei tropici senza quasi più
pensieri nella testa. Riprendersi è un incubo. Il freddo, la nebbia, la
pioggia, il traffico. No, la realtà è questa. I Bluebeaters purtroppo
fanno soltanto sognare. Sogni piacevoli comunque. In uno di questi
incontri Cher e la sua “Believe", un miraggio in salsa rosksteady;
poi, lasciata Cher per la sua strada incontri i maestri Rolando, Jackie,
Don, Tommy, Lester e Lloyd nella splendida “World’s Fair". Ma
quello laggiù non è Robert Nesta detto Bob? Allora intoniamo la
trascinante “Comin’ in from the cold". Che roba, mi piace. Ma
guarda, c’è anche Black. It’s a wonderful life, certo. Roba da
farci anche un video. E i Four Tops che ci fanno da queste parti?
“Stop Making Love", chiaro, dovevo pensarci prima. A questo punto mi
aspetto di tutto. Mina? Pensavo fossi a Lugano! Già, vuoi mettere la
Giamaica coi quattro cantoni? “Sei grande grande grande" sei grande
davvero, caspita. E quel tipo con l’aria da pazzo la in fondo chi sarà?
Gene Simmons dei Kiss? E che ci fai qua? “see you tonite", c’era
da aspettarselo.
Nel sogno ho incontrato anche Henry Mancini e la sua “shot in the
dark", Alton Ellis con “Tell Me" e “Let Him Try", Clarence
Henry e “I don’t know why I love you (But I Do)". Bella gente
insomma. Solo che ad un tratto sento un rumore. Fastidio, apro gli
occhi. E’ la sveglia. Bisogna andare a lavorare. Sono già le sei del
mattino. Il tempo per dare appuntamento a Giuliano e ai suoi Bluebeaters
tra qualche ora e riprenderemo da dove abbiamo interrotto.
Ah, il disco è reperibile in pochi e selezionati negozi sparsi per il
territorio nazionale e sul sito www.bluebeaters.com.
Dove eravamo? Ah si, “stop making love beside me…cos it hurts me so
bad, (UH!) it makes me feel sad…".
a cura di Antonio
Crovetti
Giuliano Palma & the BlueBeaters meet
Gino Paoli – "Che cosa c’è" -
Graditissimo e
strategico ritorno dei nostri preferiti, con un singolino succulento e
prezioso nei contenuti. Palma e soci incontrano un vecchio marpione
del cantautorato D.O.C. italico,
Gino Paoli, e sfornano due cover in stile 100%
BlueBeaters. Uscito sotto Natale, il cd ha funzionato alla grande
con chi scrive come regalo ad amici e parenti, spalancando le porte
allo ska a grandi e piccini.
Tre brani, due inediti. Partendo dal
fondo, ritroviamo l’eterno successone di
Mina “Grande grande grande", versione già ascoltata su “the
Album". Segue, sia che partiate dall’inizio che dalla fine,
“Domani", successo minore di Paoli e che vede una presenza paritaria
delle due voci, entrambe in gran forma. Pezzo d’apertura, invece, il
successo radiofonico di quest’inverno “Che cosa c’è", uno dei brani
storici di Paoli. Uno di quelli che si ricorda pure la mia mamma. Su
“che cosa c’è", ho poco da dire, dal momento che lo si può ascoltare
decine di volte su qualsiasi radio commerciale del paese. La versione è
splendida, anche dopo aver ascoltato l’originale. Paoli, lo si sente
soltanto nella prima strofa. Qualche gorgheggio in più non avrebbe
guastato. E ora non resta che aspettare la prossima produzione dei
BlueBeaters, o magari, meglio ancora, un bel tour.
Fate un piacere a
SkabadiP. Comprate il singolo. Costa poco. Su
Napster c’è altro da cercare!
Dimenticavo. I tre brani del singolo
sono presenti anche sulla ristampa di “the
Album". Chi non l’avesse corra a comprarselo. Ho detto a
COMPRARSELO!!!!!
Antonio
Crovetti
Giuliano Palma & the Bluebeaters – "Wonderful Live" –
V2 Records – 2001
Anche senza saperlo, forse c’era da aspettarsi un
live dei
Bluebeaters prima o poi. Tratto dal tour primaverile dello scorso
anno, al quale
SkabadiP ha preso parte come spettatore attivo in più concerti (vd.
nostro articolo) e dal titolo quanto mai azzeccato. Si perchè di un
wonderful live davvero si tratta, e ci sarebbe poco da aggiungere. Non
si tratta di un unico concerto, bensì di un collage, molto sapiente,
tratto da varie esibizioni del gruppo. Difficile non ripetersi rispetto
all’articolo
già scritto. Una cosa su tutte salta all’occhio e all’orecchio,
l’assenza dei due brani con
Gino Paoli e inclusi nel singolo che tanta fortuna ha avuto lo
scorso anno. Per il resto, 15 brani granitici, 70 minuti di ska,
eseguiti , come sempre, magistralmente e trascinati dalla voce unica di
Giuliano. Registrato molto bene, con un occhio di riguardo alla fedeltà
dei suoni originali, senza i fronzoli, i rimissaggi e gli overdubbing
dei live d’oggi giorno. Un disco che rende piuttosto bene l’atmosfera di
un loro concerto, con un Giuliano trascinatore e una band di musicisti
con le palle quadre. Forse un pò distante il calore e la passione del
pubblico al quale forse poteva esser dato più spazio; ma è un pò come
cercare il pelo nell’uovo.
Otto inedite e sette brani dallo strepitoso “The Album" sono un ottimo
motivo per correre ed acquistare il cd, venduto a prezzo speciale. Su
tutte, “Skaravan", “Artibella", “Somebody has stolen my girl" e la
suggestiva ed emozionante “Out of time".
Ed ora, spazio alle uscite solitarie di Giuliano Palma e di
T-Bone, e ricomincia l’attesa per altre nuove sorprese dalla band.
Nel frattempo, un’aggiornatina al sito non darebbe fastidio a
nessuno.....
Antonio
Crovetti
The
Bluebeats
– Live and Learn – Moon Ska
Records 2000
Ci sono bands sulle quali si è
pronti a scommettere che non esistano più da secoli, quando quasi per
caso ti imbatti in un loro nuovo disco.
Bello, aumenta il piacere e la curiosità.
Per
chi non conoscesse il Bluebeats,
beh, i Bluebeats vengono da
New York, anche se metà di loro hanno cognomi italianissimi, sono al
loro secondo cd, sono guidati dalla splendida voce di Mike Drance,
vecchia voce degli Scofflaws, e
suonano un ottimo blue beat.
La
particolarità della band è quella di non avere una sezione fiati. Già,
le melodie del gruppo si reggono sulle tastiere di Cary Brown (già NYSJE),
sulla chitarrina in levare di Steven Prisco, su un basso ondeggiante
suonato da Russ Sisto e sulla bella voce di Mike. Le sonorità sono un pò
sulla falsa riga dello splendido primo disco uscito ormai 5 anni fa. Il
comun denominatore dei 13 pezzi è un rocksteady piuttosto classico,
spesso tendente al reggae, con qualche incursione soul molto ballabile e
di facile ascolto e con qualche traccia piuttosto sul genere upbeat,
quasi third wave. Niente assoli e pochi fronzoli, quel che emerge è il
fatto che Mike Drance e Cary Brown, da soli, sono necessari e
sufficienti per far correre il cd, traccia dopo traccia. La domanda poi
sorge spontanea e uno si dice: “certo che se avessero infilato dentro
qualche fiato qua e là sarebbe stato meglio". Ironia della sorte, da
quanto mi è dato di sapere, qualche tempo fa si sono esibiti con una
sezione fiati d’eccezione composta da un solo sax tenore suonato da
tal Rolando
Alphonso. Chi c’era riferisce di un concerto da brivido.
Si
parte con la divertente “Boom-Boom-Boom", seguita a ruota dalla
giamaicana “Come What May".
Il
tocco Dranciano pervade un pò tutto il disco. Chi conosce i Bluebeats
converrà che il nostro amico abbia una voce molto particolare, di
quelle che si ricordano. Dunque, “Esmeralda" e “Time Has Come"
hanno una impronta che solo lui poteva dare.
Anche
in questo album, ricorrono testi mistico religiosi, a mio parere un
pochino scontati, come in “High And Mighty", “Every Hour" e
“In the Name Of The Lord",
Qualche
riff reggaeggiante compare qua e la nell’album senza che mi
infastidisca troppo. “Last Chance" ricorda in qualcosa il reggae,
molto bianco, degli UB40.
La
mia preferita è “Don’t Let Me Say", con una spensierata
chitarrina hawaiana, tastiere calde e cori trascinanti.
La
cover, “The Long Black Veil", di Johnny
Cash passa senza lasciare troppo il segno.
Non
una pietra miliare ma molto piacevole e partorito da signori musicisti.
L’intervista,
con Mike Drance, la trovate su SkabadiP.
E dove sennò?
Antonio
Crovetti
Blue Beat Players
"Torrid Rock" 2nd City/Stubborn Records 1997
Per coloro che hanno qualche dimestichezza con lo Ska del Sol levante, non
è di certo una novità assoluta ascoltare dellottimo Ska tradizionale - per la
maggior parte strumentale - molto curato nei suoni e negli arrangiamenti. Linfluenza
degli Skatalites è sempre preponderante, che siano gli Ska Flames, la Tokyo Ska Paradise
Orchestra o questi, anche loro bravissimi, Blue Beat Players. Perché, vedete, là in
Oriente, hanno un profondo rispetto per i musicisti degli Skatalites.
E si sente, nei 12 brani di questo CD dal titolo "Torrid Rock". La title track
è proprio torrida, mentre una prevalenza datmosfera "calypsonian" brilla
nella divertente "Lets Ska". E questo pezzo mi ha fatto proprio smettere
di scrivere sta recensione, per ballare. E se poi mi perdo a parlare della
successione dei brani, dopo "Lets Ska", quella successiva è ancora più
carina, con la sua lead trumpet che pare essersi bevuta qualche birra gelata di troppo in
quella "Burning Beach" del titolo. Stacco di batteria, riattacco Ragga con
crescendo di fiati e conclusione, delicata, lasciata al contrabbasso.
In tutto il disco non si superano le 120 battute al minuto, e per questo è pervaso da
unatmosfera rilassata.
Come si diceva sopra, molto "Skatalites" è "Rolling Thunder" sesta
traccia di un CD che ne riserva altre sei.
E molto bella è anche la successiva, che invece di uno ne fa cinque, di "Steps
Beyond". Un vero e proprio martello Ska tra il tradizionale (ritmica, velocità) e il
Two Tone (colore) che è tra i brani che mi è piaciuto di più.
Molto interessante da un punto di vista prettamente musicale, degli unici 2 pezzi cantati
(laltro è "This Girl of Mine) è "Space Summer", di fatto un Burru
Ragga che sottolinea come anche i Blue Beat Players, come le altre band nipponiche,
guardino a tale musica da una visuale colta ma mai Snob.
La formazione ridotta, di solo sei elementi (tipica ritmica più un sax e una tromba),
può illuminare su come non ci sia bisogno di essere una dozzina e più per avere un suono
pieno. E come al solito, per chi avesse dubbi, consiglio di ascoltarsi attentamente
lelaborata "Sound Creation part 2", undicesima ma non ultima traccia per
la vostra torrida estate con Torrid Rock dal vostro Dj "On The Block".
a cura di Sergio Rallo
The Bluebeats - "Dance with me" - Moon Ska Records 1996
Mike Drance è l'ex voce e sax baritono dei mitici Scofflaws del
loro primo album - the Scofflaws, appunto- quando la Moon Ska Records si chiamava ancora
Moon Records. Quell'album e quella band sono da porre alle origini
della odierna ondata di Traditional Ska che dagli U.S.A.è arrivata sulle coste europee.
Il secondo CD degli Scofflaw - In HiFi - è stato, per me, di ascolto deludente. Deludente
solo facendo l'inevitabile paragone con il loro già citato primo "output".
Senza portare nessuna prova di ciò che si sta per dire, penso che gran parte del
"peggioramento" degli Scofflaw sia dovuto alla fuoriuscita proprio di Mike
Drance.
Questi, fulminato dallo Ska, dal Rocksteady e dal Reggae ha tirato su una nuova buona
band. "Dance With Me" è il loro primo Cd.
Caratteristica peculiare è l'assenza dei fiati, non perché non se ne trovino di buoni in
giro, ma per una precisa scelta artistica. Sinceramente nella tradizione del Rocksteady
Reggae i Bluebeats ci propinano un suono pulito, alle volte un po' Pop con una buona
miscela ritmica di chitarra e tastiera a riempire gli spazi della sezione fiati.
Un punto d'onore per le armonie vocali.
Ovviamente su Moon Ska Records.
a cura di Sergio
Rallo
Ken Boothe "Mr. Rocksteady"
Studio One
Una volta reperibile soltanto nella versione in vinile di dodici brani
ristampa dello stesso disco del 1967, con tutti i problemi che questi comporta (fruscii,
scratch, malformazioni del vinile, tic e bop vari) è uscito non sappiamo dirvi la
data effettiva lo stesso LP in CD con due brani aggiuntivi: la prima, sconosciuta,
"Run Comming Back" e la familiarissima "Artiebella" riconoscibili come
aggiunta anche perché sono di almeno sei mesi precedenti al materiale originale
dellLP.
Ken Boothe, soprannominato il Wilson Pickett della Giamaica, ci dimostra in questo lavoro
del perché di questo appellativo. La sua è veramente una voce piena di Soul, che in
tutti i quattordici brani cavalca con un meraviglioso senso della melodia alcuni tra i
migliori ritmi Rocksteady che siano mai scaturiti dagli strumenti dei Soul Brothers. La
versione di più di cinque minuti di "I Dont Want To See You Cry", la
famosissima e mille volte riproposta "Puppet On A String", la cover di Sir Mack
Rice "Mustang Sally" sottolineano ancora una volta la pesante influenza Soul
nella musica degli anni 60 giamaicana. Ma ci vorrebbe unaccurata recensione per ogni
brano di questo imperdibile raccolta.
"This is Rocksteady", "Home Home Home", "Led The Water Dry"
sono tra i successi più duraturi dellallora giovanissimo interprete giamaicano.
Potreste mai perdervi un disco il cui titolo è "Mr. Rocksteady" ?
a cura di Sergio Rallo
Catch 22 - "Washed Up and
Through the Ringer" - CD Victory Records Inc., 2001, USA
Mai ascoltati prima, gli
americani Catch 22 propongono un Hard Core con qualche lontano accenno
di Ska.
Tracce brevissime, velocissime e con strepiti di fiati alla maniera
degli inflazionatissimi MMB è, grossomodo, quello che propongono i Catch
22, al loro terzo album con questo “Washed Up and Through the Ringer".
Alla quarta traccia, i Catch 22 sono alle prese con una cover di One
Love di Marley in stile HC violento che potrebbe essere vista (meglio:
ascoltata) da qualche integralista del sound caraibico come una vera e
propria bestemmia! In realtà, atteso il genere, non è male.
In un totale di 15 tracce, il meglio dell’HC dei Catch 22 si esprime
quando, ovviamente, sterzano anche solo di poco più verso lo Ska ed il
pop, tipo in Leaving, Hard To Impress e American Pie (quest’ultima,
chissà perché, duplicata in vesione dal vivo) rivelando così la loro
natura di gruppo eminentemente melodico.
In parte registrato in differenti session in studio, in parte registrato
dal vivo “W.Up and T. the Ringer" ha proprio in questo una pecca
piuttosto vistosa essendo il suono delle tracce live molto
diverso – in peggio – rispetto a quelle del resto del CD, rendendo
l’album sgradevolmente disomogeneo.
Alla lunga i Catch 22 annoiano, nonostante la velocità dei ritmi, anche
laddove propongono (traccia #14 No Love For the Rodie) Hip Hop bianco o
scherzano col Metallo Pesante (ultima traccia di 40 secondi).
La traccia fantasma alla fine del CD è, poi, registrata peggio delle
altre, forse sta in ciò la sorpresa.
Interessante per i patiti di HC e Punk Rock melodico e per chi gradisce
Smash Mouth & C.. Astenersi patiti Ska/Reggae.
Sergio
Rallo
Cedric Im Brooks - “A No
Nut’N" - CD, Zema Enterprises Production, USA, 2001
Soave e meditativo. Credo sia una buona
descrizione generale del bellissimo, nuovo CD di Cedric Im Brooks dal
titolo “A No Nut’N".
Dopo aver visto ed ascoltato Cedric Im
Brooks in un magnifico live con gli Skatalites - in pienissima
forma tutti - il 22 luglio scorso [2001] a Paderno mi sono goduto il suo
riposante, ritmico sax non so quante volte per tutto il resto della
passata stagione. Già, perché “A No Nut’n" è una gran bella collezione
di rilassanti strumentali che comincia con uno Ska tra cool e
dance dal titolo “My Sign", attraversa varie ritmiche tra reggae
(“Since I Dont Have You") e rocksteady (“My Life"), sulle quali il
Maestro Cedric veleggia con il suo fraseggio morbido e che porta sempre
ad uno stato di rilassata tranquillità.
Meditativa al massimo e la traccia #5
“Diallo the Victim" dove il dub sembra avere la capacità di far
risaltare la melodia coinvolgente di Cedric. La profonda pace che
infonde “Diallo the Victim" viene spazzata via dall’allegrissima “Ja
Waria (Wheels)", uno Ska saltellante da festa di paese al quale segue la
traccia più affascinante di “A No Nut’N" e cioè il burru reggae “My
People", con percussioni suonate dal Nostro e melodia di Sax che ti
trasporta in mondi interiori che non ti saresti mai aspettato di
trovare. Per me è il tipico brano “notturno" che vale l’intero disco.
Atmosfera leggera e vagamente anni ’60
nello Ska lento “Could You Love Me" in cui al sax di Brooks si somma
un’ottima chitarra jazz e nella più moderna “Sunshine".
Cedric Brooks, ottimo musicista e
compositore, rispolvera in chiave dance il classico di Bacharach
“A House is Not A Home" e mi sorprende, infine, con la traccia che dà il
titolo al disco che risulta essere quella ritmicamente più moderna e
melodicamente più facile.
Conclude il disco un’altra cover
“So Amazing".
Il sound di “A No Nut’n" è
moderno, molto dance hall anche perché non è suonato da una vera
e propria band ma da sole 3 persone, oltre a Brooks, Courtney Panton e
Derrick Barnett, registrato e mixato da questi ultimi due.
Cedric Im Brooks conferma la sua statura
di Sax leggendario della musica giamaicana.
Sergio
Rallo
The Butlers - Venja’s Choice - Grover
Rec. Germania 1999
Scrivo le seguenti parole dopo averne scritte a
iosa su Ska giamaicano e dintorni, ma, soprattutto, dopo averne
ascoltato in abbondanza durante l’ultimo fine-settimana; mi viene
da pensare che il motivo per cui amo lo Ska d’annata è il fatto
che abbia ispirato il lavoro di musicisti molto promettenti ed in
particolare quello dei bravissimi Butlers di Berlino.
The Butlers seppelliscono definitivamente il passato rappresentato
dal loro lp di debutto "No Doubt" del lontano ’90, con
questo sorprendente disco tutto strumentale con il quale, infatti,
si propongono all’attenzione del pubblico dello Ska con una
connotazione diversissima da quella che ha caratterizzato il loro
percorso musicale fin qui.
Coadiuvati nel lavoro in studio da una manciata di loro colleghi
estratti dai gruppi di chiara fama come Engine 54, Yebo e Mother’s
Pride, i Butlers ci fanno ascoltare 14 (ma in realtà sono 15 non
perché ci sia un "ghost track", ascoltatelo e capirete!)
musiche tutte molto famose tratte da colonne sonore di telefilms
come Perry Mason, Magnum P.I., Star Trek, La Strana Coppia ed anche
quella del cartone animato Ispector Gadget, tutte riproposte in
ammirevoli arrangiamenti sulle più svariate ricette ritmiche che ci
piace ascoltare.L’effetto, al primo ascolto è di costernato
stupore fina dal primo pezzo, intitolato "Gotcha" in cui,
fin dalla prima nota, riconosci la sigla di Starsky & Hutch in
una versione che se la si volesse compiutamente definire si dovrebbe
parlare di un pezzo early reggae/soul-r&b/acid jazz!Eccellente.
Ottimo Ska è poi la versione di Magnum P.I., atmosfere au go-go,
credetemi. A tratti è musica meditativa, fortemente ipnotica e
trascinante.Immancabile!
a cura di Sergio
Rallo
The Butlers – "Fight
Like a Lion" (Rude Ska/Rebel Rock) CD, Grover
Records,
Germania, 2000
Nulla di meglio ci si poteva
aspettare da un gruppo come i Butlers, recentemente osannato per la
propria prova "ska strumentale" del disco "Wanja’s
Choice", di questo Fight Like A Lion.
Un CD all’insegna della RIBELLIONE,
con sottotitolo "Rude Ska"/ "Rebel Rock" anche
per gli aperti riferimenti agli insegnamenti di Marley.
Fight Like A Lion comincia con una
breve intro tratta da "Soul Rebel" di cui i Butlers ci
propongono l’intera versione ska alla sedicesiama traccia di
questo loro ultimo lavoro e che merita i miei elogi per essere
veramente una cover e non una copia dell’originale in
versione accelerata! Veramente cattiva e, insieme a "Crazy Bald
Heads" dei Fishbones, una delle migliori interpretazioni ska di
un brano del mitico Bob che abbia avuto il piacere di ascoltare in
quest’ultimo decennio.
Con un misto di ottimo Soul e ritmi
Ska moderni, la potente voce di Wanja Glokler ci canta la sua voglia
di "Rude Girl" uno Ska/Soul che lascia poi il posto alla
"Lion Rock" il cui coro è il titolo del CD, uno ska
moderno e cattivo con potente accompagnamento di fiati ed infiammato
solo di sax.
"Hip Hip Hurray!" è molto
più dura e potente tendendo allo ska core sempre, però, impregnato
di Soul, portentosa la tastiera.
Cala placidamente la tensione alle
prime note di "Brighter Days", di un po’ di battute più
lenta della precedenti è quella dalla melodia più scontata ma
ripaga nella parte dei soli di hammond e tromba.
Un’altra scossa parte
all’iniziare di "Bad Boys" (i rudi sono di nuovo in città)
altro Ska moderno trasportato dai fiati e con un ottimo
arrangiamento che risalta nel bridge e nella ripresa del
ritornello.
Estremamente piacevole e di atmosfera
è "One Of Theese Days…" con i suoi crescendo fino
all’esasperazione ed al quasi caos. Grande effetto, non c’è che
dire.
"El Diablo" è il brano più
rumoroso ed è più un quasi strumentale punk (Wanja canta
improvvisando suoni) che ha anche lui il suo momento di gloria nello
spazio del solo con eco!
Classica e solare fin dall’inizio
"All My Money" è un altro brillante Ska/Soul dal
ritornello orecchiabilissimo. Segue, ancora, l’unica canzone in
tedesco: "Kann es sein?" molto più Soul che Ska.
Mentre totalmente Ska, a velocità
esasperata, nonché tipicamente "Butlers" è
"Go!" che sfianca le milze e ricorda vagamente i Butlers
di "No Doubt".
Molto più punk e, quindi, di minor
gradimento per me è "Crossroads" mentre la traccia che
vale il disco è per me "Devil’s Rock" il pezzo più Ska
di tutto il CD.
"Skintight" segue sulla
stessa scia (di gradimento) con una bella melodia vocale ed un altro
bridge molto bello.
Infine, prima dell’ultima traccia
di cui ho detto all’inizio, i Butlers ci lasciano con un bel
reggae dal titolo "Romeo".
Spariti i Blechreiz, the Butlers sono
senza dubbio il migliore gruppo Ska di Berlino e lo dimostrano
nuovamente con "Fight Like A Lion".
Super.
[che profeta
sarebbe, The Prophet, se non fosse capace di sfornarci 2 dico 2
recensioni per un disco?]
Dopo il declamato "Wanja’s
Choice" (di certo uno dei migliori dischi strumentali
dell’anno passato), riecco i berlinesi Butlers ritornare al loro
genere prediletto con il riuscitissimo "Fight Like A
Lion".
Nei 16 (di fatto 15) brani di questo
loro sesto album, i Butlers irrompono nelle vostre tranquille
abitudini musicali con un disco Ska abbastanza complesso per le
molteplici influenze che lo caratterizzano, influenze che vanno dal
Soul al Garage Punk, dal Reggae/Dub allo Ska Rock al Rocksteady allo
Ska tradizionale.
Il tutto, ovviamente, con ottimi
arrangiamenti e grande gusto per le ritmiche sempre diverse e le
atmosfere ricercate. Suoni anni ’60 e ’70 la fanno da padroni
dando a "F. L. A L." anche un tocco "easy
listening".
Bell’inizio con un breve tributo a
Marley ("See the Morning Sun…" che è l’inizio
dell’ultima traccia di cui vi parlo dopo) che schizza subito in un
bello Ska/Rock/Soul dal titolo "Rude Girl".
Sezione fiati in posizione
d’attacco per la successiva, cattiva, entusiasmante "Lion
Rock" in cui brilla la voce di Wanja che mai prima d’ora
m’era sembrata così bella. Punk/Ska è l’impianto ritmico di
"Hip Hip Hurray!"; a seguire un bel Rocksteady
dall’andamento sostenuto e ritmica classica con contorno di fiati
e continuo sostegno della rimarchevole tastiera Hammond di Alex
Czerny intitolato "Brighter Days".
Sempre continuando sul tema di
ribelli, rudi etc., segue la rockettara "Bad Boys" e,
finita questa, si può apprezzare l’incredibilmente bell’inizio
di "One Of These Days" ritmica Ska, sonorità reggae in un
continuo crescendo di batteria, di voce con effetto megafono, che
sembra debba arrivare al culmine per placarsi subito dopo, così
fino alla fine in sfumare.
"El Diablo" è una
cavalcata Ska/PunK che, nella parte Ska (al di là dei suoni tipici
dei Butlers), ricorda vecchie glorie come Spy Club.
"Kann Es Sein?" è
l’unica canzone in tedesco ed è un ottimo Ska Soul, non veloce,
tipico dei Butlers quanto lo è, anche, la invece velocissima
"Go!".
Decisamente Hard Core è la rumorosa
"Crossroads" e, capirete, non è tra le mie preferite.
Ma il pezzo che ritengo essere il
migliore di "Fight Like A Lion" è "Devil’s
Rock", adorabile Ska dal giro coinvolgente quanto lo è il
cantato "vibrato" elettronicamente, ed un bel bridge
Reggae che non ti fa prender fiato.
"Perla" finale (ma mica ho
parlato di tutti i 15 brani del disco!), a sottolineare radici e
Credo dei Butlers (dopo la parentesi del leggero reggae
"Romeo"), un’ inaspettata ed agitata interpretazione del
classico dei classici di Marley: "Soul Rebel"che qui viene
"stravolta" dai Butlers in un ferocissimo Ska Soul di cui
penso che Mr. Marley apprezzerebbe spirito ed esecuzione. Veramente
kattivo!
Anche questa volta i Butlers
raccolgono, oltre a quello di Marley, l’apprezzamento di chi
scrive.
Bello il cofanetto che, a skanso di
equivoci, reca i 2 sottotitoli "Rude Ska" e "Rebel
Rock".
Ho detto.
a cura di Sergio
Rallo
The
Busters - "Boost Best" - Mambo/Sony
Music 1997
A un anno di distanza dall'ultimo disco, di cui trovate la
recensione nella nostra aggiornatissima Riddim Reviews, i Busters ci propongono, sempre
sotto l'egida della Sony Music Entertainment Germany, una specie di compilation, che non
è una compilation. Questo perché i 15 brani che si possono ascoltare per un totale di 53
minuti e mezzo di Ska e Rocksetady al 100%, come recita la bellissima copertina, sono
riregistrati appositamente per tale disco e scelti tra i più famosi del gruppo tedesco.
In Boost Best si possono ascoltare "vecchie glorie" riproposte in arrangiamenti
non dissimili dagli originali come Candy (da cui è stato tratto l'omonimo Cd singolo),
Summertime, la volgarissima e divertentissima "Ruder Than Rude" e via di questo
passo insieme alla "Wish You Were Here" dei Pink Floyd e la "Don't Worry Be
Happy" di Bobby McFerrin apparsa nell'omonimo Ep dei primi anni '90. Ma anche brani
mai sentiti prima come la cover di "Pop Music" intitolata appropiatamente
"Ska Muzic" e quella di "Rivers Of Babylon" e "Wendy".
Consigliato per chi vuole farsi una rapida skarrellata di 15 anni di Busters.
a cura di Sergio
Rallo
The
Busters -
"Make A Move" - SPV 1998
Fare la recensione del nuovo disco di un gruppo, il cui
ultimo CD è stata la colonna sonora di un'estate non è agevole. Significa, che il
giudizio è parziale, poco obbiettivo e propende per il negativo perché è naturale
essere più affezionati alle canzoni che s'è ballato ed ascoltato e cui magari sono
legati bei ricordi.
A meno che
Beh, a meno che il nuovo disco della band sia "una figata" come
si dice nel linguaggio di noi giovani [il profeta comunque non ha età]. Ma non
è così per i Busters di questo "Make A Move" che non fa impazzire. Oh,
intendiamoci, "Make A Move", la title track, è un elegante e orecchiabilissimo
Ska-trad, l'elaboratissima "Too Much Stimulation" e la bella "Love At First
Sight" sono piacevoli quanto i brani Reggae "Don't Go Searchin' For Luck" e
"Make Up Your Mind", e le mie preferite sono senza dubbio "Come On" e
il bellissimo strumentale "A Taste Of Honey", in cui l'impeccabile sezione fiati
dei Busters fa sfoggio di tutta la sua potenza (beccatevi la citazione di "One Step
Beyond" nel solo di sax). Ma l'impressione generale è di "già sentito".
Infine alcuni brani del CD, come bonus e come "regali" ai loro fan di mezza
Europa (e sono parecchi), vengono ricantati in Italiano, Russo, Tedesco, Francese e
Spagnolo.
Il voto che do ai Busters è: pronuncia 7, grammatica 5
e chi ha orecchie per
intendere, come diceva quel pirla del mio prof. alle medie, intenda
a cura di Sergio
Rallo
The
Busters "Stompede" Mambo/Sony Music 1996
Settimo album dei tedeschi Busters, che a dimostrazione di un rinnovato
interesse delle grandi case discografiche per lo Ska, è prodotto dalla Sony.
Noi di SkabadiP sappiamo che Stompede risulta molto più Ska del loro penultimo lavoro in
cui la band aveva percorso delle nuove strade ricercando sonorità un po più Pop
perché il dirigente della Sony che si è a loro interessato, aveva ascoltato un loro
vecchio live "Cheap Thrills" in cui i Buster si producevano nel loro tipico Ska
moderno di gran velocità.
E, bene o male, Stompede assomiglia molto di più ai loro vecchi album ("Ruder Than
Rude" e "Dead or Alive" e "Couch Potatoes").
Per chi scrive questo gruppo è stato quello che gli ha fatto capire che lo Ska non era
defunto dopo londata Two-Tone. Quindi, vuoi per affetto o per lorecchio
piuttosto abituato, Stompede risulta particolarmente di mio gusto, rientrando in un quel
calderone di Ska tedesco di cui facevano, o tuttora fanno parte, gruppi come i Butlers,
Skaos e El Bosso.
Parlando della musica, in questo Cd potrete trovare 15 tracce delle quali nessuna
strumentale in cui i Busters ci propongono Ska in tutte le sue più recenti e passate
sfaccettature: un po di Ska-Pop qui, un po di Ska-Rock di là, un po di
tradizione a sinistra, un spazzolata di Punk a destra. Tutti sotto linsegna
dellorecchiabilità e della melodia.
Ottimo.
a cura di Sergio
Rallo
The
Busters - "Welcome To Busterland"- Dogdteady
Records/SPV
1999 Germania
Io amo i gruppi che, come i
Busters, sono in attività dagli anni ’80 ed ancora riescono a stupirmi, a
darmi quel "non so cosa" che da tempo immemore mi esalta della
musica Ska.
Busters, con questo "Benvenuto in Busterland", tornano ad
esaltarmi come al tempo del loro penultimo lavoro "Stompade", con
un turbinio di ottimi pezzi ska di grande qualità.
Di questa band - ormai - storica della scena ska mondiale mi piace
lo spirito con cui interpretano la musica ska: la loro, infatti, trasmette
il piacere, il divertimento che il numeroso gruppo tedesco usa nel trovare
nuove formule di ritmi e melodie. Ne è un esempio l’unico strumentale tra
i 15 del disco e cioè "Konfuzius", l’incredibile versione della
"Confucius" di Drummond/Alphonso, con la parte di basso fatta dal
bassotuba ed un arrangiamento dei fiati veramente originale.
Il cd parte "a palla" con un’entusiasmante "The Rule Of
Having Fun", continua con una swingheggiante "Thinkin’ of
You", prosegue con una particolare "Let’s Talk About",
s’incattivisce con "Beast of The Night", si ammorbidisce con
"Dinner For One" (è un bellissimo ska/reggae traditional) e via
così, con "puntate" in ska di eccellente fattura come
"Birthday song", "Fish" e "Do You, Don’t
You", le mie preferite di un album in cui ci sono ancora tracce come la
cover di "We Are the Champions" o shuffle come "Hey
Bartender" sulle quali si potrebbe disquisire.
Qualche schitarrata e toni duri qua e là alzano la tensione e strizzano
l'occhiolino ad un certo pubbblico della zona "skate/HC", ma i
Busters lo fanno bene.
Degno di nota è il booklet con divertenti note su ogni membro del gruppo
anche se preferivo di gran lunga le copertine tutte affidate al fumetto dei
loro primi tre LPs.
Irrinunciabile nella propria discografia dei Busters.
a cura di Sergio
Rallo
The
Busters feat. Farin Urlaub - "Liebe Macht Blind" -
Dogsteady Records, Germania, 2000
Fresco, fresco di registrazione (avvenuta tra
l’Aprile e l’appena terminato Maggio) ecco il nuovo singolo dei
teutonici Busters, una volta tanto in lingua madre "Liebe Macht
Blind" e destinato, perché no?, ad essere il disco
dell’Estate che sta sopraggiungendo.
Farin Urlaub, che ha composto e canta oltre alla title track anche
il brano successivo dal titolo "Like This", sta al punk
tedesco come quello dei Prozac + sta a quello nostrano ma,
apprezzando parecchio lo ska ed in particolare quello dei suoi
conterrranei Busters, ha deciso di scrivere queste 2 canzoni per
loro, così, tanto per divertirsi.
Accompagnata da un divertente video-clip dove mare e sole la fanno
da padroni, "Liebe Macht Blind" è un gioioso e vigoroso
ska/rock dal motivo molto orecchiabile che, anche se in tedesco, ti
si appiccica in testa esattamente come avviene per tutti classici
dei Busters; mentre "Like This", questa volta in lingua
inglese (immagino in omaggio al profilo internazionale dei Busters )
è un tranquillo e decisamente appropriato (è Estate
perbacco!)" classic rocksteady " che dimostra come Farin
Urlaub sia stato "folgorato sulla via di DamasKo" dello
Ska.
A riempire, infine, questo nuovo singolo di Markus,Quitte, Max &
e Friends c’è anche "Let’s Talk About" tratta dal
recentissimo ed acclamato album "Welcome To Busterland"
che mi vado a riascoltare perché ne vale la pena.
Che lo Ska sia con Voi!
a cura di Sergio
Rallo
Cheech
Skaos – "Bad Times" demo/CD autoproduzione, Italia 2000
Non ho mai saputo
dell’esistenza di un gruppo "Ska" in Sicilia, nonostante io
sia siciliano e nonostante sia andato ogni anno sull’isola più bella
del Mediterraneo.
I Cheech Skaos, di
Palermo, arrivano puntuali per farmi (in futuro) affermare che lo Ska
pulsava in Trinacria fin dal secondo Millennio!
"Bad Times" è
un demo CD con 6 tracce (una registrata dal vivo) di Ska al 100% che
sorprende per vivacità e buone idee fin dalla prima traccia.
"Dancehall
Fever", che apre il demo, è un veloce ska moderno da ballare tutto
d’un fiato e del quale ho apprezzato molto la chitarra surf che ho
trovato particolarmente azzeccata in un contesto ska.
Segue uno ska/reggae
rilassante dal titolo "Black Panther" che ha un velo di
piacevole nostalgia che lo pervade.
"Stay With Me"
è uno ska abbastanza veloce di ispirazione decisamente americana ma che
rivela qualche difficoltà ritmica del gruppo.
Meglio, senza ombra di
dubbio, "We Are United" un brillante Ska inna traditional
mood dal bel ritornello che ne fa il brano migliore di Bad Times.
Molto carina è poi la
penultima traccia "Hold On Me Baby" che se mi deve ricordare
per forza qualcosa mi fa venire in mente certi ska-swing dei Busters
tedeschi, è infatti uno ska swingheggiante allegro e piacevole.
Si chiude Bad Times con
una traccia dal vivo che coglie l’euforia sul palco dei Cheech Skaos
con un velocissimo brano dal titolo "Wanted".
Ascoltato molto
attentamente "Bad Times" rivela un buon gruppo dalle idee
chiare e che, nonostante qualche imprecisione ( si veda per es.Stay With
Me prima del solo di trombone), ha anche un buon tiro oltre che un
dotato cantante dalla bella voce "Soul".
"Bad Times"
rivela, anche, le difficoltà di trovare (non solo in Sicilia) tecnici
dei mixer che capiscano qualcosa di Ska! Infatti, nonostante si possano
apprezzare gli sforzi di chi ha registrato di dare un sound
"SKA", è anche vero che ha ottenuto il risultato di far
sembrare i fiati in sezione come prodotti da una tastiera, uccidendone
(mi pare di capire) gli alti registri ma, per poche centinaia di mila
lire, non si può ottenere di meglio.
Bravi comunque.
a cura di Sergio
Rallo
Cheech Skaos -
"Cheech Skaos" - CD Etnagigante, 2003 Italia
I Cheech Skaos sono una formazione di
cui mi ero già occupato recensendo un loro demo dal quale si intuivano
buone idee e buone possibilità per il futuro della band che, con questo
omonimo album etichettato Etnagigante/Goodfella, conferma appieno le mie
profetiche impressioni di allora.
I Cheech Skaos propongono, infatti, una
buona miscela di Ska moderno e tradizionale, caratterizzato da melodie
che accennano allo ska-soul alla
Casinò Royale
e, quindi, ricco di fiati (Mr. Roy Paci non solo è il produttore di ‘sti
picciotti, ma anche partecipa col suo ottone a 5 tracce su 11).
Spensierati e divertenti, i Cheech Skaos
si propongono come gruppo “internazionale" e cantano, perciò, in
inglese eccetto nel bel rocksteady dal titolo “Dimmi cos’è".
Votati alla danza, i Cheech Skaos si
lanciano anche in Ska veloci come “Wanted" o più rilassanti tradizionali
come “Please Forget" e si impegnano in una “L’isola dei Cantalupi" alla
quale, pur essendo il pezzo decisamente “inflazionato" come cover
(l’unica dell’album), la formazione siciliana rende decisamente
giustizia.
Ottima, poi, la combinazione di Ska e
chitarra surf (anche se il chitarrista non è Dick Dale) proposta nello
Ska rock “Dance Hall Fever", combinazione che riterrei degna di
ulteriore sviluppo soprattutto in considerazione delle meravigliose
coste siciliane che ne sarebbero l’adeguata scenografia.
I Cheech Skaos propongono, inoltre, uno
strumentale da sollazzo come lo swingoso e latineggiante “A Night For
us" che chiude l’ascolto del CD ed anche brillanti ska soul come
“Everyday" o “We Are United".
Precisi, con un bel sound luminoso e
pulito, i Cheech Skaos, sono comunque fieramente e prevalentemente “ska"
ma non disdegnano stacchi di buon reggae strumentale come quelli
presenti all’interno di “Black Panther", anch’esso un valido Ska/soul.
La traccia preferita dal sottoscritto è,
invece, il pregevole e velocissimo ska/r&b/swing intitolato “Hold On Me
baby" che consiglio a chi si stia chiedendo cosa intendo quando scrivo
che un pezzo è uno “ska/r&b/swing".
Per concludere, cito la parentesi sotto
il titolo del primo pezzo (“L’Isola dei Cantalupi"): “dalla Sicilia con
amore…" ed aggiungo “Skaaaaaaaaaaa!"
Sergio
Rallo
Cherry Poppin' Daddies
- "Zoot Suit Riot" - Mojo Records 1998
Ascoltati alla radio, programmati su MTV con un vivace
video in cui tutti sono in Super-Swing Style, questi CPD avevo avuto il piacere di
incontrarli al cinema dov'ero andato a vedere "Swingers" (ma no, mica nella
sala, erano nel film!!!) giusto un anno fa. Non sapevamo chi fossero ma c'erano piaciuti.
Il CD di cui si parla è una compilation con quattro inediti e, da quel che è dato
sapere, suonano da prima del '90.
Si tratta, come dice il sottotitolo del disco, prevalentemente di Swing. Swing, RnB, Swing
RnR, Swing-Jazz, e Swing Ska.
Più che nell'ambiente Ska, sono da inserire nell'alveo di quella "Cocktail
Music" di cui fa parte il Jive e il resto di quell'eccellente musica suonata tra la
fine dei '50 e i primi '60 da gente come Backarack, Sam Bufera, Richard Wess e
interpretata da personaggi del calibro di Sinatra, Bobby Darin, Samy Davis jr
etc
Oggi c'è gente che continua a suonarla, primo che mi viene in mente: Ray Gelato.
Tutto sta a dire che dei 12 pezzi del CD in discorso, l'unico veramente "Ska" è
"Dr. Bones" (eccellente!) ma che il resto è Musica con la M maiuscola, come
"Pink Elephant", "Here Comes The Snake", "Brown D. Jump", e
la mia preferita in assoluto: "Ding Dong Daddy Of The D Car Line". Elegante
a cura di Sergio
Rallo
Chickenpox " Stay away from the
windows" Burning Heart 1998
Siccome gli svedesi ce li facciamo a due a due eccovi pure la recensione
dei Chickenpox, secondo gruppo Ska svedese di cui si occupa la nostra sempre più
frizzante Riddim Reviews.
Anche loro della scuderia Ska della Burning Heart sono prodotti in maniera eccellente e
anche loro propongono uno Ska/Reggae molto moderno pure essendo inevitabile una strizzata
docchio allisola dorigine del ritmo. Influenze Punk mai troppo pesanti
risultano piacevoli e sempre ben inserite allorecchio anche di chi al Punk non è
avvezzo. Suoni ricercati e atmosfere inquietanti come in "The Anthony Street
Incident" e nella bellissima "Stricly Commercial" sono le caratteristiche
principali dei Chickenpox, le cui radici culturali sono nello Ska cosiddetto Two-Tone,
precisando che, qui a SkabadiP, una cosa che non amiamo è restringere in una definizione,
che risulta sempre semplicistica e riduttiva, la musica di un gruppo.
Bello il booklet, che potrebbe andare bene anche per un gruppo Acid-jazz. Daltronde
la 9a traccia, "Mr. Negative", di questo freschissimo "Stay Away From The
Window" è un piacevolissimo Swing-Ska, da godersi davanti a un cocktail.
Consigliato a quelli a cui piace quella musica che viene sempre riduttivamente e
semplicisticamente racchiusa nella definizione "Ska".
a cura di
Sergio Rallo
Chickenpox - "Approved by Chickenpox" -
Burning Heart
Records, Svezia, 2000
I Chickenpox, band svedese di notevole qualità, fin
dal loro album di debutto del ‘96 (at Mickey Cohen’s Thursdaynight
Pokergame) ci hanno abituati ad uno ska tosto e potente, con escursioni
in reggae e rocksteady punkeggianti, che li piazza nella stessa
tradizione di Specials e
No Sports dei primi album.
Con il successivo, eclettico album dal titolo “Stay
away from the windows" i Chickenpox hanno dato altra notevole prova
delle loro capacità di trarre il meglio dalle ritmiche ska.
Ora, con “Approved By" i Chickenpox non deludono
affatto le aspettative di chi già li conosce: la prima, brevissima
trash/ska traccia dal titolo “Elevator" ne è la prova: fantasia ne
hanno da vendere. Rilassante il passaggio nella successiva, melodica,
“She comes smiling" uno ska dalle ritmiche perfette
che si propone subito come una delle tracce più gradevoli
dell’album.
La traccia successiva “Watcha gonna do about it"
mi lascia un po’ perplesso perché, se non fosse per la voce, sembra
in tutto e per tutto una traccia dei
Liberator . La seguente “Things
that belong to us" anch’essa punkeggiante e coralmente interpretata
dai Chickenpox è uno ska veloce dal tipico accompagnamento ritmico di
tastiera che me la fa piacere subito.
“Who is she dancing with now" è un triste reggae
(che ci volete fare? Quella, la tipa, balla con qualcun altro!) in cui,
ancora, è ottimo il lavoro di tastiera di Per Tornqvist.
Dopo lo ska veloce “The tale" c’è il
reggae/ska “9 times out of 10" la traccia che mi è piaciuta di più
di questo “Approved By".
Cattiva e dalle atmosfere cimiteriali è la traccia
che segue dal titolo “Hunted", alla quale preferisco senza indugio,
e per groove, e per melodia, “Stuck" il cui inizio non mi impedisce
di pensare a “Lorraine".
Notevole il cattivo e “carico" reggae/ska dal
titolo “Too Hard" in cui si può apprezzare appieno la potente
ritmica dei Chickenpox.
Altra traccia che non può che richiamare i colleghi
Liberator è la penultima di Approved By “What would you do?",
mentre l’ultima, “Black Box", è un lento reggae strumentale
governato dalla tastiera in continua ripetizione e dalla conclusione
apparentemente tronca.
Che dire?
Approved By SkabadiP!
Sergio
Rallo
Club 99 - "Live"
- 2000 Happy man records
Sono 3 le tracce che i Club 99 di
Bolzano mi mandano.
“Nebraska", “Skambio" e lo strumentale
“Bolivia", come anche loro mi hanno anticipato nella cortese lettera di
presentazione, non sono registrati un granché bene e si sentono tutte le
incertezze della formazione, incertezze che spariscono facendo sempre
più numerose prove e concerti.
Passando alla musica, i Club 99 sono un
gruppo Two tone, ne cercano l’atmosfera, le ritmiche, anche quando fanno
uno strumentale lo fanno più alla maniera Two tone che a quella
tradizionale e le migliori idee le esprimono proprio nello strumentale.
Mentre “Nebraska" e “Skambio" sono omologhe.
Il consiglio del Profeta (non solo ai
Club 99) è di mettere mano al portafoglio e registrare qualcosa di più
curato possibile da mandare ai locali ed alle agenzie per cercare
concerti, dato che nessuno nei locali presta grande attenzione ad un
disco di bassa qualità. Anche se ci sono idee.
Sergio
Rallo
Club 99 - "Life
Skafari" - CD, Bodyglove, Italia 2004
"Life Skafari"
è il nuovo interessante album dei Club 99 che racchiude una dozzina di
canzoni e musiche fatte apposta per ribadire l’amore del gruppo ska di
Bolzano per uno stile dai colori "two tone" e con cui palesemente
cercano (riuscendoci) di non annoiare mai l’ascoltatore con brani tutti
uguali, come spesso accade a giovani leve dello ska in Europa.
E, infatti,
gli altoatesini Club 99 non sono più "giovani leve" dato che entrano,
con lo scoccare del 2005 e sempre che non erri, nel loro sesto anno di
vita. Circostanza che li qualifica a buon diritto tra le stabili realtà
della Scena Ska italiana.
"Life Skafari" contiene un buon numero
di tracce che mi sono piaciute tanto e subito come "Unity Ska" uno ska
rock potente cantato in inglese, la traccia che dà il titolo all’album
"Life Skafari" (uno ska lento e gradevole che funziona benissimo in ogni
suo passaggio), "Blues Jeans" intitolata ad hoc dato che è una
miscela tra ska/jazz e r&b garbato che ho trovato calda, abbellita da
buoni assoli che si srotolano su di un convincente giro ritmico, lo
strumentale "Tribute" non aggressivo e per nulla noioso pure essendo la
traccia più lunga dell’album (sintomo che è piaciuta soprattutto a chi
la suona) e che vanta una base "classica" contrapposta a "Skantinato
Skandinavo", l’altro strumentale presente in "Life Skafari", molto più
moderno e che vagheggia per stile i Mr. Review (grande il passaggio di
chitarra) e, per finire, "Return Of Z dub", un notevole ska/dub con
interessanti pretese (soddisfatte) da moderno dance hall (ottimo lavoro
di tastiera). Questa traccia mi è piaciuta così tanto che consiglierei
alla band di sondare più approfonditamente le possibilità date da uno
stile come quello espresso da "Return Of Z Dub".
Ma ho trovato graziosissima anche
"Serena", un tranquillo ska/spiritual veramente riuscito e coinvolgente,
meno, invece, "Rude Boy" (anche se divertente e carica) e meno ancora la
languida e sentimentale "L.D.L".
Apprezzo, comunque, sinceramente una
formazione che ha anche l’autoironia di intitolare una canzone "Minchia
Se Mi Fan Cagare i Club 99" anche se il testo contiene della
(probabilmente meritata) cattiveria nei confronti di chi quel pensiero
l’ha espresso.
Bell’album.
Sergio
Rallo
Club 99 -"Taxi Driver" - CD
album, Autoprodotto, Italia, 2002
Viva
il Two Tone, verrebbe da dire al primo ascolto di “Taxi Driver” che è un
album pieno di ska potente e tosto come quello tipico all’alba degli
anni Ottanta.
I Club 99 si distinguono per i testi ironici come quelli, in italiano,
di “Spacciatore di Cacao”, “il Circo di Liana” e “Skambio”. Ritmi
coinvolgenti caratterizzano la prima e la terza.
Lo stile, per essere precisi, non si distacca quasi mai da un veloce ska
con accenni di rock cantato, sia in italiano, come pure in inglese. In
alcune il cantante mi piace parecchio, in altre meno.
In inglese, per esempio, sono cantate “Club 99” e la title track
“Taxi Driver” che, però non è tra le mie preferite.
Da bravi ska men quali si dimostrano essere, i Club 99 si cimentano
positivamente anche con un potente Ska-reggae-dub strumentale dal
titolo “Z-Dub” la traccia che ho gradito di più.
La canzone che mi è piaciuta maggiormente di Taxi Driver, molto
"tedesca", è stata "Streetlight" uno ska cattivo quanto basta.
I Club 99 confermano la necessità che ha ska di essere una musica anche
strumentale con “Bolivia”, un pezzo dal giro di fiati semplice e
coinvolgente.
Carina anche la penultima traccia “Spring” l’ultimo degli strumentali
proposti dai Club 99 che ha una batteria ska ma non la chitarra ed
un’atmosfera tra soul, jazz e beat.
Conclude l’ascolto di Taxi Driver una traccia dal vivo in cui i Club 99
skancheggiano velocemente e bene con “La Zanzara”, un tema a me caro
visto che con gli Smarts avevo dedicato anch’io, nel ’95, “the Mosquito”
al simpatico insetto tormento delle notti estive. Ne “La Zanzara” I Club
99 usano, senza effetto alcuno, lo spray; io invece, terminavo la
canzone con un più ecologico spiaccicamento del ronzante a mezzo battito
di mano. Volete mettere con Ozzie Osbourne?
I Club 99 sono un’altra divertente formazione da tenere d’occhio.
Sergio
Rallo
Cookoomackastick - "Live In Studio 1" -
Autoprodotto 199?
Con 6 brani tutti cover, tendenti al rocksteady ed allo slow ska,
si presentano a SkabadiP i Cookoomackastick che vantano tra le
proprie fila ex Strike e dedicano il lavoro (in presa diretta) alla
memoria dello scomparso Tiziano Ansaldi, prima di tutto un
appassionato cultore del Ritmo, la cui invidiabile raccolta di
dischi e conoscenze nel mondo dello ska l’avevano reso un
"nome noto" nel nostro ambito. Irie!
Apre "Live in Studio 1" un classico di Lyn Taitt & the
Jets/Comets, "Storm Warning", suonata dai C. con un piglio
tradizionale non dissimile dall’originale.
"Crying Over You", se ritmicamente funziona bene, non mi
soddisfa nel cantato: difficile confrontarsi con successo con la
voce dei Charmers ed indugiando in lunghezza.
Migliore la successiva "Suspicious Mind", un bel
rocksteady/soul con cori ed abbondanza di fiati e, meglio ancora,
"Swing & Dine" altro classico del rocksteady
piacevolmente rivisitato da questa numerosa band di Ferrara.
Mentre non mi piace "You’re no Good" del leggendario
Jackie Opel come è stata riarrangiata Cookoomackastick, chiudono il
loro demo con una ricercata cover di Marley, "Do You
Remember" tirandone fuori una versione degna di nota e più
"up beat" dell’originale.
Carina la copertina dove prevalgono i colori del gruppo: Nero,
verde, giallo, rosso e bianco.
Grandi potenzialità.
a cura di Sergio
Rallo
The
Cookoomackastick - "Rocksteady
Vibrations" - CD, BZ Records, Italia 2002
“Entusiasmante" è il primo aggettivo
che mi è balzato in mente al primissimo ascolto di “Rocksteady
Vibrations", primo album dei ferraresi Cookoomackastick.
Autocelebrandomi nel mio ruolo di
Prophet (ma solo di buona novella ska) potrei dire che un risultato
del genere l’avevo pure previsto avendo, a suo tempo, concluso la
recensione del primo demo di Marci Lee & Co. col giudizio “grandi
potenzialità" e che oggi trova puntuale riscontro nell’abbondante,
notevole CD che ho ascoltato con grande piacere.
“Rocksteady Vibrations" è un CD di cover di canzoni piuttosto famose e,
proprio per questo, voglio subito precisare che non mi ricordo di un
album di cover che abbia suscitato il mio incondizionato apprezzamento
come ha fatto questo prodotto made in Italy. Non lo hanno fatto, per
varie ragioni, gli UB40 con i loro
famosissimi “Labour of Love", né i meno famosi Ocean 11 americani o i
Bluebeaters di Palma!
Richiamandomi agli UB40 appena
citati, posso dire che quello che hanno fatto i Cookoomackastick con
“Rocksteady Vibrations" è un vero e proprio “labour of love" per lo
ska-rocksteady, genere di cui il gruppo pare cogliere alla perfezione le
primarie ispirazioni blues e soul. Quelle dei Cookoomackastick, infatti,
non sono “copie" degli originali o, peggio, imitazioni ma bensì fini,
notevoli reinterpretazioni di canzoni scelte con grande attenzione.
Stilosi riarrangiamenti dotati di un’immediatezza pari solo a quella
degli originali caratterizzano tutti i brani di “Rocksteady Vibrations"
a cominciare dai numerosi tributi ai Wailers “Hooligans", “Go Jimmy Go",
“Soul Shakedown Party" e “Do You Remember" per continuare con canzoni
con cui non è affatto facile confrontarsi con successo come le
bellissime “Sailing On" e “Just Tell Me" (ci “sta dentro" pure il finale
ragga!) dei Maytals od un classico dei carabi come “Island in the Sun"
di Belafonte od una più ricercata “Go Away" di Opel. Quello che, in
definitiva, ho apprezzato di più è che ogni canzone è veramente fatta
propria dal numeroso gruppo ferrarese.
Mi piace, poi, che quando i Cookoomackastick affrontano una canzone come
“Gipsy Woman" non li sfiora neppure per un istante di riproporre la
versione di Slim Smith, bensì fanno un’effettiva cover dell’originale di
Mayfield riservandole un trattamento degno della studio band di Lesile
Kong. Quando, infine, si cimentano con gioielli del rocksteady come “Ba
Ba Boom" dei Jamaicans o “Swing and Dine" dei Melodians o “Things Of The
Past" di Phyllis Dillon, Cookoomackastick ne abbelliscono l’originale
melodia (mai pedissequamente seguita) con nuovi giri di fiati,
pennellate di chitarra e riffini di tastiera e piano che non
appesantiscono affatto l’ascolto ma, al contrario, lo rendono immediato
e caldo.
Se a tutto ciò aggiungete delle ottime voci (Mc Gozzu e Ale “Soulman"),
un ispirato coro femminile (che interpreta con efficacia il citato
rocksteady della Dillon), una ritmica precisa, dei solisti con un gran
feeling per il ritmo, una spruzzata di toasting qua e là ed una
registrazione pressoché impeccabile, capirete come mai il mio
apprezzamento per i C. sia andato alle stelle e potrete capirlo anche
voi aggiungendo “Rocksteady Vibrations" alla vostra raccolta come Io,
“De Profet", consiglio.
Per appassionati di reggae tradizionale, di ska, di soul e r&b.
Sergio
Rallo
Corey Dixon & The Zvooks - "Come
And Go" - CD, Mad Butcher Records,
Germania 2001
Devo ammettere che di questa
formazione che viaggia tra New York e l’Illinois, non avevo mai sentito
parlare, né ne avevo incontrato qualche brano in compilation recenti.
Decisamente morbidi e caratterizzati da melodie gentili, Corey Dixon &
The Zvooks sono un bel gruppo che ha la caratteristica principale in
melodie vocali piacevoli ed in ritmi decisamente rocksteady e reggae
original. Non mancano percussioni, fiati qua e là, buon uso del dub.
“Runaway Love", “String Myself Along" e “Goodbye So Long" sono l’ottimo
risultato delle accennate caratteristiche oltre che i primi tre brani di
un CD che ne contiene 9.
Ma anche certo Ska/R&B come “Let Bygones Be Bygones" riesce bene a Corey
Dixon, ricordando ogni tanto analoghi lavori degli Slackers.
Due gli unici brani Ska, uno, dal titolo “Jack Ruby", ha un solido
impianto ritmico che pare neppure troppo liberamente ispirato da “Ska’s
The Limit" dei Rude Boys inglesi, anche se il solo di chitarra dona al
pezzo un’atmosfera completamente differente; l’altro è più un brano da
balera, con una melodia non facilmente orecchiabile per l’arrangiamento
volutamente cacofonico dal titolo “Gotta Be Kiddin".
Certamente una formazione da tenere sott’occhio soprattutto da parte dei
patiti di Rocksteady.
Sergio
Rallo
Court
Jester’s Crew (CJC) - "Too High for Low" - Grover/Elmo
1999 Germania
CJC sono presentati dalla Elmo
come una delle nuove formazioni tedesche che stanno raccogliendo un
notevole seguito in quelle lande.
Ad un primo banale ascolto, i
CJC possono "suonare" come la risposta teutonica a gruppi
statunitensi come Hepcat, New York Ska Jazz E., Stubborn Allstars,
Articles e Suspect Bill (ai quali si avvicinano per complessità)
etc., senonché, ascoltando "Too High For Low" con maggior
attenzione, composizioni elaborate, efficaci e convincenti come il
bello ska "Have You Seen My Girl" o "Big Boss"
(una miscela, quest’ultimo pezzo, di ska e bossa-nova di notevole
impatto), lo splendido reggae "Elevator Offbeat" e
l’elaboratissima, indefinibile "Take I By The Hand" o,
ancora, la "rootsy" "Angelika", dimostrano la
brillante ed autonoma capacità creativa dei CJC, che riescono ad
aggiungere altra ottima musica a quella che già conosco.
Arrangiamenti tosti e non scontate melodie cantate gli
ingredienti principali.
Notevoli, poi, le loro
composizioni strumentali, "Double Engine" è
un’occasione per CJC di darmi prova di estrema coordinazione e
vivacità creativa nell’uso dei loro strumenti, "Feel The
Spirit", parafrasando, lo Spirito lo fa sentire tutto, e si
tratta di puro ska-jazz.
Di questo nuovo cd (non ho
avuto il piacere di ascoltare il loro album di debutto) mi è
piaciuto tantissimo "A Secret" (elegantissimo
"soulful"rocksteady-ragga) traccia n.° 13 di un cd che ne
ha un generoso numero (16) per un lusinghiero tempo d’ascolto (63
minuti!) di cui 5 e ½ sono della sorprendente "Spy
World", seguita dall’inusuale strumentale "Dirks
Lied" che, con l’ultima traccia "Good ‘n’ Morgan
Horn", anch’essa uno strumentale, (soc)chiudono l’ascolto
di questo impressionante e sofisticato "Too High For Low".
a cura di Sergio
Rallo
Court
Jester´s Crew – "Machinery" 45EP, Elmo (Grover),
Germania, 2000
"Big Big Big
Respect" verrebbe da dire a questa promettente formazione tedesca,
dopo l’ascolto del loro nuovo EP "Machinery".
Non esagero se dico che CJC
si ripresentano al mio ascolto con brillanti idee musicali di notevole
impatto, cominciando con la canzone che dà il titolo all’EP, un
"Rocksteady/Ragga/Dub" che letteralmente sprizza good
vibrations e per il riuscito dub, e per la linea di basso tanto
semplice quanto efficace.
Sulla lato "B"
altre 2 canzoni, una "Break Out", Rocksteady/Ragga
dall’andamento sostenuto ed un buon tema vocale. Di tanto in tanto, il
cantante dei CJC ricorda King Django degli Stubborn; l’altra è un
"talking Ska" dal bell’inizio Soul che conferma CJC tra le
migliori realtà musicali del Genere.
Un disco sicuramente
arrapante anche per chi ama maggiormente Ragga, DJ o (poveretto lui!)
l’Hip Hop.
a cura di Sergio
Rallo
Court Jester’s Crew
- "Babylon Raus" - CD,
Grover Records,
Germania 2002
Vogliate scusare fin d’ora il tono
retorico con cui apro questa recensione del nuovissimo album dei CJC
“Babylon Raus" perché non è certo un caso che tutti i loro dischi fino
ad oggi usciti sono uno migliore dell’altro.
Il primo, “Umbe", è stato uno dei più promettenti debutti degli anni
Novanta; il secondo, “Too High For Low", ha dato prova della finezza
raggiunta dal gruppo, apprezzabile sotto ogni aspetto; col terzo,
“Jamboree", CJC si sono “limitati" ad accompagnare impeccabilmente
Laurel Aitken
in uno dei suoi migliori album mai registrati; ed ora, con “Babylon
raus" CJC si attestano tra le migliori realtà dello ska nel mondo. Non
esagero.
CJC fanno, infatti, sembrare tantissimi altri gruppi della scena come
del tutto privi di originalità e noiosi. Babylon raus, infatti, contiene
15 tracce (una è una intro strumentale) di grande musica.
Impregnati di soul e brillante ragga, accompagnati da una sezione fiati
che rasenta la perfezione, CJC sono imperniati su ritmi splendidamente
originali ed abbelliti da cantati sempre piacevoli e mai scontati, CJC
sprizzano energia positiva.
“We Let the Good Time Roll" è un bel rocksteady/ragga che, in versione
CD singolo, è accompagnata pure da un simpatico video (oltre a
presentarne 3 versioni diverse).
“What Could I Say" è un super soul reggae senza tempo (una versione
completamente diversa si trova nel citato singolo), mentre “Divided We
fall" è un meraviglioso latin soul ska dall’inizio imbarazzantemente
bello per melodia vocale, fiati e contrappunto di tastiera che diventa,
al primo ascolto, la mia traccia favorita.
Non meno interessante si rivela lo ska r&b di “Still Don’t Know" con un
gran coro ed un bel ritornello gioioso che si trasforma direttamente
nella successiva traccia, più tendente allo ska tradizionale, “Do You
Think" che annovera tra le sue caratteristiche il solito accompagnamento
di fiati che pare quello di una big band jazz.
CJC sono pieni di sorprese ed offrono ancora notevole reggae con “Why
You Say" e “Longtime Now" in cui si possono apprezzare senza riserva le
influenze giamaicane e le capacità tecniche dei musicisti della band,
tra finezze ritmiche e soli incisivi che immancabilmente si riscontrano
anche in “Eyes shut".
Il massimo, a mio insondabile ed insindacabile giudizio, CJC lo danno
con “Touches of Silk", un reggae-rocksteady da urlo, mentre in “Why Why
Why" mi ricordano un pochino gli Hepcat.
L’unico strumentale presente in Babylon raus, oltre alla breve
introduzione, si intitola “Genève" ed è un perfetto tradizionale dalla
melodia non particolarmente articolata.
Concludono l’ascolto di Babylon raus, lo ska “Free" ed il reggae-ragga
“Love Letter" con il cui ultimo i CJC rendono nota la loro sorprendente
capacità di cantare in patois omaggiando alcuni grandi della musica
reggae.
I testi delle canzoni, piuttosto buoni e reperibili all’interno del
libretto del curatissimo CD, incoraggiano ulteriormente il giudizio
positivo che già avevo avuto modo di farmi sulle qualità dei CJC.
Da avere.
Sergio
Rallo