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 Scaramanga - "Cultures" - CD, Leech Records, Svizzera, 2004

Quella degli Scaramanga è una formazione a me del tutto nuova e, quando pensavo che l’etichetta svizzera Leech avesse ormai preso una piega totalmente punk, ecco che mi arriva "Cultures", loro primo album, che mi fa cambiare opinione sull’etichetta discografica.
"Cultures" è infatti senz’altro un buon debutto, ricco di spunti e lontano dallo ska neotradizionale. Sembra che Scaramanga abbiano preso buona lezione dallo ska/reggae/jazz/ragga dei CJC e che ne propongano la loro ben riuscita versione.
Suoni moderni, belle melodie e un brillante lead vocal caratterizzano il cd in cui tra reggae, ska, un po’ di dub ci sono ampi spazi per gli assoli.
Due sax compongono la sezione fiati ed il sound dell’intero album è ben caratterizzato e a suo modo ricercato ed affatto banali risultano i grooves della 12 canzoni di "Cultures".
E "Cultures" è la prima, bella canzone del cd: inizio funky/latino, grande chitarra solista che introduce uno ska moderno, intenso e dalla melodia originale, con brevi intrusioni vocali nel ragga.
Si colgono anche accenni di swing come in "Holy Mount Zion" e si apprezzano veloci ska dagli intriganti giri di fiati come in "Camel Boots" e nello strumentale jazzoso dal bel lavoro di chitarra intitolato "Birks Works".
Scaramanga, oltre all’autocelebrativa "Swing Scaramanga" che è il più tradizionale degli ska proposti da questa band, propongono anche un bello ska alla two tone di ispirazione Madness intitolato "C’mon Dad" ed anche una canzone in italiano nonostante il titolo sia in inglese: "Straight Ahead" che permette di apprezzare meglio la voce di Joseph Marino sentito interprete, anche, dello struggente lento "Fly Away" che pone fine all’ascolto di un disco che mi è piaciuto molto.
Quello degli Scaramanga, anche se non hanno la "k" nel nome è gran bello ska moderno.

 Sergio Rallo


See Spot - "Is There Any Love In You Ska", Landera Records. CD

Realizzato in sole mille copie dalla californiana Landera Records, è uno dei CD meglio riusciti degli ultimi due anni.
In grado di gareggiare alla pari con "Low Blow", prodotto dai N.Y. Ska-Jazz Ensemble, "Skamania", Skatalites, "The Rhythm of ska", Mobtown, "Is there any love in your ska" stupisce per la semplicità e l’immediatezza dei suoni: i 14 brani, all’insegna di un partecipato "Old style", sono tutti realmente diversi, e colpiscono perché si vorrebbe che ogni singolo pezzo non finisse mai, anche se a questa consapevolezza si arriva solo alla fine.
In questo lavoro i See Spot hanno inventato il moto perpetuo, che è ottenuto attraverso l’uso di una sezione ritmica (batteria, chitarra, tastiera, fiati in levare) che sembra una "ruota ruotante da sola", dotata di un battito coinvolgente, potente e inarrestabile: il sogno (l’incubo?) dei fisici di ogni epoca ha così trovato una realizzazione inaspettata, in un ambito del tutto diverso. Infatti in ogni traccia digitale la partecipazione emotiva a questo incessante flusso di suoni è totale; terminato l’ascolto, e riaperti gli occhi, ci si rende conto a malincuore che ci si trova ancora a casa propria, e non in viaggio verso un fantasioso "Paese della Musica".
In tutto il lavoro non esiste una sola stonatura, una disarmonia, ma tutto fila liscio come l’olio, come una biglia d’acciaio sul velluto.
Con un CD così i See Spot dal vivo devono fare miracoli e però, anche se si dice che la speranza è sempre l’ultima a morire, sappiamo già che, purtroppo, mai avremo l’occasione di vederli in Italia.
Però si dice anche che se Maometto non va alla montagna…

a cura di Tomaskarini per Jamboree


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Doreen Shaffer – "Adorable You" – Groover Records 1997

Adorable è lei, Doreen Shaffer, l’unica altra donna che io scambierei con la mia mamma! Adorable è la sua voce, leggiadra, delicata e intensa tutt’insieme.
La sua è, a mio personalissimo parere, la voce femminile Ska per eccellenza.
Se poi, quest’ugola naturalmente dotata, la fate cantare sulle perfette e colte ritmiche di una delle migliori Ska-band tedesche, dal lunghissimo nome, Dr. Ring Ding & The Senior Allstars, il risultato è esplosivo.
Che siano cover di brani sempreverdi come "Sugar Sugar" di Aitken, la fantastica "Turn Your Lamp Down Low" di Jackie Opel, o "Nice Time" di Marley, o brani originali dell’artista come la title-track "Adorable You", o la mia preferita "Time For Change", quello che "arriva" è una rigenerante doccia dei ritmi che amiamo.
Da non perdere poi il coinvolgente duetto tra la nostra fantastica Doreen e l’eclettico Richie Jung a.k.a. Dr. Ring-Ding nella classica "Let’s Find Each Other Tonight" di José Feliciano.
Insomma, da non perdere proprio.

a cura di Sergio Rallo


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Shandon - "Nice Try" - Black & White 1998

Non c'è che dire, sono sorpreso da questa nuova "performance" degli amici Shandon.
Tanto per dire, mi danno l'impressione di aver fatto un balzo di qualità non da poco, come se dall'adolescenza fossero passati alla maturità musicale.
Non lo dico perché in quest'ultimo disco sembrano molto più "Ska-punk" piuttosto che "Punk-ska" come risulta essere la loro precedente produzione, dato che tra Punk veri punk come "Stalattiti", Rockabilly come "Small Town" che è pure uno dei brani più belli del disco, New Orleans RnB sulla falsariga di Fred Buscaglione (quello sì che era un rude!) come "Pizza Gangster", Rock'n'Roll dalle innumerevoli battute al minuto come nella bella "Hendrix Sound", gli Shandon non sembrano voler essere etichettati come gruppo "solo" Ska. Ma brani tutti tra Ska, Rocksteady e Ska-core, come la prima traccia del cd intitolata "Vampire Girl" o un ottimo Ska-soul come "Where Did You Go?" ed ancora "Ska Beach" (tra i più Hard-core) "Calorifero", "Lamar Y Lavonia" e "Tears For You" collocano Olly & C. alla pari di gruppi come i Mighty Mighty Bosstones, Skankin' Pickle, Porkers e compagnia bella. Certo, con una differenza direi sostanziale rispetto ai loro colleghi d'oltre oceano: la creatività italiana, che negli Shandon si traduce in una tendenza alla melodia che risalta in quasi tutto il disco. Al prossimo concerto non me li perdo. 

a cura di Sergio Rallo


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Shandon - "Skamobile" - .T.V.O.R. 1997

Tiè! Mentre già ci si lamentava del poco spazio dato ad un intero e vasto sottogenere dello Ska come lo Ska-core, eccovi che il Rallo vi recensisce l’album di debutto degli Shandon, gruppo Punk/Ska/Punk e oltre, lombardo. L’Oi!, il Punk, e l’Hard-Core, come sanno tutti coloro che mi conoscono non sono il mio genere. Quindi, per leggere con occhio "musicale" Skamobile, mi manca obbiettivamente il background culturale. Diciamo, le nozioni spiccie di generi che conosco ma che non ascolto.
Passiamo quindi alle impressioni ricevute dal mio vergine orecchio al primo ascolto, se qualcuno mi ricorda la musica degli Shandon, ebbene quel qualcuno sono i Kortatu, con una differnza basilare, così d’acchito: gli Shandon li trovo più allegri, meno tenebrosi, sarà il fatto che Olly & Company sono persone molto simpatiche. Una band, quella di cui si parla, che si è già creata un folto seguito di aficionados, che pogano alquanto durante i loro rumorosissimi concerti.
Brani preferiti sono la #1 "Videogame" che disnvoltamente passa dallo Ska al Punk per concludersi in un finale molto Sixties, "Shandon" che è il loro manifesto programmatico e passa anch’esso da Ska quasi tradizionale con tanto di ottoni a un Hard-Core con ricordi H.M. pregni di chitarre distorte. Questo è un disco consigliato ai fan appunto del Punk/Ska/Punk dello Ska-core, dei Persiana Jones, dei Clash, nonché per tutti coloro che hanno l’orecchio affinato all’ascolto di sonorità crude e rudi fino all’ultima birra!

a cura di Sergio RalloScaricati "Lamar Y Lavonia" in MP3


Shandon -  "Fetish" - Bloom, Italia, 2000

Come una fucilata comincia l’ultima fatica discografica degli Shandon FETISH: è "Placebo Effect", un potente misto di punk/rock e ska rivolto ad un pubblico giovane attiguo a quello dei Punkreas. Segue uno ska/core luminoso nella parte ska e corale nel bridge punk con accompagnamento di fiati. Lo spirito di "Janet", questo il titolo, è molto rock’n’roll.

Atmosfere dark inglesi degli anni ’80 sembra, invece, rievocare la terza traccia di FETISH dal titolo "A Nightly Forest", mentre per i fiati potenti e l’accordo minore è ska/core. Punk e ska tradizionale è la quarta canzone che gli Shandon hanno selezionato per il loro crescente pubblico al quale non dispiacerà la fine "pop" di "Egostasi".

Segue, a ruota, uno ska tradizionale di pregevole fattura e, come direbbe il bravissimo autore della migliore copertina che abbiano mai avuto gli Shandon, senza dubbi "stiloso" dal titolo "Steady Nights".

Shandon ritornano allo skapunkrock’nroll con la cattivissima "Blu" anch’essa con stacco ska e chitarre in crescente distorsione…da brividi.

Di facile melodia e puro punk rock è poi "Ruvida" alla quale preferisco di gran lunga la garage/surf "Sea Gull Surf" perché io adoro le cose particolari quando riescono bene.

Tipico ska/core è l’estivissima "Liquido" con coro e bridge hard core che va a braccetto con la successiva, pestatissima e urlata, "G.G. Is Not Dead".

Una tromba solitaria annuncia l’inizio del trash/ska "Seek & Destroy", cattiva nell’insistente accompagnamento di fiati, uno dei brani migliori di FETISH…apocalittica.

Dall’inizio, "Deadlock", sembrerebbe preludere ad un pezzo ancora più cattivo di quello che lo precede e, invece, l’hard core lascia presto spazio ad uno ska che se non fosse per il fatto che so che gli Shandon sono italiani sembra giungere dall’Inghilterra! Tostissima canzone.

Avvicinandosi alla fine, Shandon liberano ancora di più la loro estrosa fantasia addentrandosi in un reggae calypso ska hard core ragga e quant’altro che mi è piaciuto molto ed il cui titolo "Semplice" è decisamente ironico. Il meglio di se nell’ambito ska gli Shandon lo danno con uno ska/reggae tradizionale in inglese che fa gli Shandon ancora più grandi di quanto avrei mai immaginato: "Oceans".

Uno dei pezzi più pestati e tesi di questo CD è "P.N.X" ma a chiudere questo ben riuscito lavoro degli Shandon è uno ska/core/ska veramente brillante dal titolo appropriato "Stage Diving".

Indiscusso per un 2001 rockarollapunkskacore!

a cura di Sergio Rallo



Shots in the dark - "Shots From The Ghetto!" -  CD, Shots Production, Italia, 2002

17 tracce di cui 9 cover, 11 cantate e 6 strumentali per 63 minuti complessivi di ascolto, sono i numeri di “Shots From The Ghetto", primo long playing degli Shots in the dark.
L’approccio al genere prediletto lo indicano gli stessi Shots definendosi come una “original ska ensamble" e prevalentemente ska tradizionale è l’ispirazione della band che propone cover di classici come “Freedom Sound" e “Confucius" di Drummond, “I Won’t Let You Go" dei Blues Busters, “Ba Ba Boom" dei Jamaicans, “Hooligans" dei The Wailers, “Please Don’t Go" di Perry oltre che “China Clipper" e “Swing Easy" (anche conosciuta come "Fiddler on the Roof"), due brani jazz già famosi e resi indimenticabili tra il pubblico ska reggae da Skatalites e Sound Dimension e, infine, la recente “Woods and Water" dell’odierno chitarrista degli Skatalites Devon James.
L’intenzione è veramente buona, il sound non è “anticato" ma brillante e moderno anche se qualcosa nei suoni in generale non mi convince. Forse dipende dalla distribuzione in uscita dei singoli strumenti, forse dal suono della lead guitar che è un po’ troppo in secondo piano.
Comunque stiano le cose, preferisco di gran lunga gli originali cantati tipo “Tell Me Why?" e “Rockers" (buoni ska trad.) o lo ska soul trad “Burn Baby Burn" a cover come l’inflazionata “I Wo’t Let You Go" che pare un po’ seduta.
Interessante è la versione di “Confucius" in cui Shots in the dark si sforzano maggiormente nel  personalizzare il pezzo ed è carina pure l’originale “More Fire" anche se il messaggio che contiene è opinabile.
Poco originali risultano, invece, non solo lo strumentale “Twin Towers" ma anche le cover di “Ba Ba Boom" e “Hooligans" che non hanno subito grandi rimaneggiamenti e mi lasciano indifferente. Anche a queste ultime, infatti, preferisco una traccia originale come il morbido ska soul “Just for You".
Posso comunque segnalare che la migliore cover offerta dagli Shots in The Dark è “Please Don’t Go" mentre tra i migliori originali c’è l’unico reggae/ska proposto in Shots From The Ghetto ed intitolato “Gimme".
La versione molto dubbata e “technologica" (grazie al sintetizzatore) dello strumentale “Swing Easy" è interessante ma non affascinante.
Ottimo il lavoro del pianista e tastierista i cui sforzi per contrappuntare il ritmo si apprezzano per tutto il disco oltre che nella traccia che ho gradito di più intitolata “The Family".
Confermo che “Shots From The Ghetto" (anche se in Italia, di ghetti, non ce n’è punto) contiene - come da copertina - “Brand New Old School" che, pur non del tutto maturo, fa ben sperare per il futuro degli Shots in the dark. 
Ska old school, always rules!      

Sergio Rallo

 

 



Sister Confusion - "Demo" - CD Autoprodotto, 2001 Italia

Molto melodici e americaneggianti i Sister Confusion, costola dei Garadro, propongono un divertente Ska/Core, pulito  non troppo rumoroso.
Anche i Sister Confusion, come molte altre band dello stesso genere, variano in accelerazioni e rallentamenti fino al reggae. A differenza di altre, però, Sister Confusion hanno un buon approccio con un certo Rock Melodico che vien fuori dalle prime 2 tracce del presente demo e che si fanno cantare facilmente, si intitolano Lookin For e Piggy. Cantate in inglese con buona pronuncia.
Puliti e melodici i Sister Confusion lo sono anche quando cantano in italiano lo Ska Rock “Che C’è?".
Interessante, poi, l’ultima traccia, in inglese, dal titolo “Fight the Might" che ricorda certo punky reggae di tradizione inglese.
Buona la registrazione, buona interpretazione, meritevoli di attenzione.

Sergio Rallo


Skaladdin - "Rub The Lamp" - CD Pimp Records, Svizzera 2002

Sfreghi la lampada e cosa vien fuori da questo CD? Del buono ska dagli influssi hc non particolarmente preponderanti e non particolarmente originali.
Ska veloce, melodie "catchy" con riferimenti rock e insieme a ripetitivi giri di fiati è – più o meno – quello che propongono gli Skaladdin nelle 13 tracce del loro primo album.
Gli Skaladdin si fanno ascoltare e ballare facilmente sia nelle tracce veloci tipo "Designed Driver" o "Trojska Baby" come in tracce rocksteady/ragga tipo "Dogfood".
Meritevole di citazione all’interno di questa recensione è certamente la divertente "Good Music", uno ska alla tedesca imperniato sul fatto che nei locali dove entri il sabato manca la buona musica, ovvero la musica ska. Bel giro di fiati.
Coro alla punk ma su una base ska veloce caratterizza invece un’altra delle mie favorite di questo disco che si intitola "The Anti Moron Song" a sua volta seguita da un’altra canzone che mi è piaciuta parecchio e che è un rocksteady/punk stranamente gradevole che richiama alla mente gruppi ska core americani.
Completamente punk è "Britney’s Beers" che segue decisamente il punk rock tanto in voga sulle emittenti televisive che si occupano di musica, mentre un buon reggae ska che per la melodia fa venire in mente i Madness è la canzone intitolata "First Time".
Chiude il disco la delirante "Football", un trash/punk/ska con veri e propri cori da stadio non si capisce perché in italiano, cito: "ciupa, ciupa, ciupa la banana, Maradona figlio di puttana" che lascia perplessi se non altro per il fatto che il Campione non gioca più da qualche annetto.
Collezionabile per appassionati di ska punk, non altrettanto per chi è attratto da altre sonorità.
 

Sergio Rallo

 


Skanatra – "CD" – POS Records 1998

Recensisco con un ritardo di appena un paio d’anni questo capolavoro tanto ricercato dal sottoscritto. Si tratta di uno di quei dischi di cui hai sentito parlare da qualcuno o che hai visto da qualche parte che nemmeno ti ricordi, ma che ti è rimasto impresso per qualche motivo. Nel mio caso, ero rimasto colpito dal fatto che ad una band potesse venire in mente di dedicarsi al creare cover di un personaggio come Frank Sinatra. Dico, bell’impegno. Un azzardo, quasi. Non è cosa da tutti, penso. Insomma, mi era rimasto quel sassolino nella scarpa e me lo dovevo togliere. Finalmente, un paio di mesi fa, guardando una delle vetrinette nel negozio della Moon Records il mio sguardo incrocia il tanto agognato cd e finalmente, dopo essermelo goduto per bene, eccomi a recensirlo.

Si tratta di 11 brani, di cui uno nascosto qualche secondo dopo l’ultima traccia.

La prima cosa che salta all’orecchio è un altissimo livello tecnico dei musicisti della band, tutti provenienti da diverse esperienze musicali.

Le cover sono eseguite con stili diversi, per la maggior parte si tratta di ska third wave, allegro e velocino, con diverse incursioni nello ska tradizionale e rocksteady. Gli arrangiamenti sono originali e quello che può sembrare come un oltraggioso omaggio a Frankie, si rivela uno dei prodotti migliori usciti in questi anni.

 La band è composta da una decina di elementi e i brani proposti spaziano a trecentosessanta gradi all’interno della produzione di The Voice. Di conseguenza troviamo dei grandi classici alternati a successi meno noti al grande pubblico. Ecco quindi una versione di New York New York assolutamente pazzesca,  High Hopes, dai cori super avvolgenti, That’s Life, con chitarrone distorto ma per nulla fuori posto, fino al più classico di tutti quanti, di cui non vi dico il titolo, essendo il brano nascosto. Tra i, forse, meno noti, si affaccia la divertentissima Coffee Song e I got you under my skin, recentemente riportata al successo con Bono.  Sudate garantite con Fly Me To The Moon e Luck Be A Lady. Ma originalità, divertimento, tecnica e arrangiamenti da paura non basterebbero se                non fossero sorretti dalla grande voce di Chairman Sunbeam che molto spesso raggiunge vette davvero sorprendenti.

Gli Skanatra stanno per registrare un nuovo album ed hanno bisogno dei vostri suggerimenti nella scelta dei brani del vecchio e compianto Frank. Fatevi sotto.

  a cura di Antonio Crovetti


 

Sir Oliver Skardy - "Grande Bidello" - CD, Almamusic, Italia 2004

Grande come sempre il nostro Sir Oliver Skardy i cui vocalizzi in vernacolo veneziano accompagnarono allegramente i miei primi anni universitari: era il 1991 quando uscì il primo album dei disciolti Pitura Freska "’Na Bruta Banda", frutto di una collaborazione con Elio e Le Storie Tese.

I martelli tratti da quel disco "Pin Floi" e "So Mato per la Mona" accompagnarono un gran bel periodo della mia vita.

Ma bando ai pur gloriosi fasti, perché Skardy mantiene sempre il suo posto di bidello, il management di Luciano Trevisan e, soprattutto, il piedistallo di leader del ragga italiano come dimostra questo suo nuovissimo album intitolato "Grande Bidello".

Atmosfere dance hall, ragga, un cicinìn di drum ‘n’bass e hip hop (e perché no? dato che molti artisti di quest’ultimo genere si appropriano di reggae e ska è giusto ricambiarli!) e reggae buono come quello che si apprezza ascoltando "Bluff" (bel duetto con notevole voce femminile), è quello che offre Sir Oliver nelle 13 tracce presenti in "Grande Bidello" in cui Skardy è in veste (oltre che di cantante) di autore di parole e musica.

Caratteristica comune a tutte le tracce, oltre al sound digitale che era tipico dei Pitura, i vocalizzi tranqulli, rilassanti e rilassati di Skardy che non perde occasione neppure questa volta di fare la sua giusta politica legalizzazionista ("Super Skank" e "Ah Mi So Miga").

Skardy non ha perso neppure un tocco della sua ironia divertente ed irriverente che l’ha reso famoso come dimostrano "Bideo", "Nord Est" e "Sex Symbol".

Unica cover presente in Grande Bidello è una post moderna versione dance hall di "Break On Through" dei Doors intitolata "El Xe U" che, diciamolo, ci sta proprio dentro.

Tra le canzoni da me maggiormente apprezzate di questo gradevole album del "Grande Bidello" di Venessia segnalo i rocksteady "Do Mie" e "Ketchup" ma anche (come ho scritto pochi righi sopra) l’accattivante hip hop "Stella".

Per chi apprezza il reggae moderno sarebbe sicuramente un peccato perdersi Grande Bidello, album godibilissimo. 

 Sergio Rallo


 

Skaladdin - "Far Off From Okay" - CD Pimp Records, Svizzera 2003

Alla stessa maniera di come mi avevano entusiasmato i tedeschi Wisecracker anche questo nuovo album degli Skaladdin, nonostante la buona percentuale di punk ed hc che contiene, è veramente un disco divertente.

Far Off From Okay, infatti, pur avendo basi quali, oltre al citato punk ed hc, il rock, l’hip hop riesce gradevole anche ad un patito di classici come me a cominciare dalla traccia che apre in maniera sfolgorante l’album intitolata "Red Dot Girl", per continuare con la godibile "La Tache" od il reggae/rock "Wishes".

Sembra fin dalle prime tracce di Far Off From Okay che gli Skaladdin siano in grado di prendere il meglio da Mighty Mighty Bosstones e da Red Hot Chili Peppers per creare musica potente, divertente e sempre rivolta alla melodia ed alle trovate ritmiche inaspettate, in tal senso si ascolti "Porn To Make You happy" che è un vero delirio.

Un sezione fiati quasi mai scontata nei propri giri di accompagnamento si apprezza in tracce come "Boiled Eggs" o in quella che ho apprezzato maggiormente "Pool Party" tra le altre cose l’unico ska dall’inizio alla fine che si fregia anche di un divertente solo di chitarra.

Il violentissimo inizio di "Your Turn", che è uno ska core anch’esso non noioso, è seguito da un puro hc intitolato "Inheritants" a sua volta seguito dal tranquillo reggae rock "Getting Dizzy".

La divertentissima "Paranoia Punk" e la cover ska-core di un pezzo famoso in Svizzera intitolato "Zundholzli", unica traccia cantata in svizzero tedescol concludono un album che gli appassionati di ritmi tirati e pestoni non potranno lasciarsi skappare.

 Sergio Rallo

 

 


Skastori -"Skastori" - Autoprodotto

Ed ecco gli Skastori, allegra formazione dalla provincia di Lecco. Esordio simpatico, musicalmente divertente, senza però che venga da strapparsi i capelli durante l’ascolto. Si tratta di Ska da primo ciddì, nel senso che questa produzione rientra a pieno titolo nei ranghi delle prime uscite di una band. Non so bene il perché, ma mi aspettavo un disco allegro, con sonorità piuttosto su di giri, testi spensierati, ed alla fine, è ciò che si è presentato alle mie orecchione. Non male, anzi, qualche trovata originale, specie nei testi. La musica, come già detto è piuttosto sul genere “upbeat", dal ritmo bello sostenuto….niente di ska-core, intendiamoci, piuttosto in linea con le sonorità Ska in voga in questi ultimi anni dalle nostre parti. Per capirci, primissimi Vallanzaska, Matrioska e simili. Sezione fiati con tromba e sax, alle volte un pochino timidi. Voce originale con uno stile tutto proprio che vale la pena di coltivare. Penso. Produzione discreta, anche se a mio avviso un po’ più di fiato alle trombe avrebbe reso il tutto più caldo e degno di nota. Da segnalare, “La ragazza che l’amore non lo fa", “Apollo" e “Dolce come il miele".
Prova sicuramente sufficiente ma i ragazzi sono intelligenti e potrebbero applicarsi di più. Li aspetto alla prova della maturità. Ancora una volta ricordo: Sosteniamo la scena locale e compriamo il disco. Saluti.

a cura di Antonio Crovetti


Sir Randha - "Skapra" - Dimensione PC

1997 è l’anno in cui questo disco è stato registrato "in cantina" come recita la didascalia nel retro del cd.
Sir Randha sono ruspanti, caserecci, volgari, divertenti, dissacranti, demenziali ma senza il genio degli Skiantos, punk alla maniera di quando si usava il "Tenax".
Dopo essere stato illuso dalle prime 2 tracce ( "144" e "La Journeè", ska-folk alla maniera dei Les Negresses Vertes) di trovarmi di fronte ad un gruppo ska, vengo colpito, dopo un inizio ska, dal ritornello di "E’ Bello Rivederti": "tu fai schifo, non mi piaci" in vero stile punk di cui sopra su chitarra violenta.
Eclettici e fuorissimi, come testimoniano le foto del personale della band, i Sir Randha ci offrono uno strumentale dal titolo "Cats In My Head" semplice e particolare, ed una versione incazzatissima di "Vola Colomba".
Dall’altrettanto violenta "Sir Randha" non capirete mai perché l’abbiano scelta come nome della band.
Ska punk è anche "File"; mentre "Il Catarro" è tanto breve quanto idiota nel suo poco più di un minuto con skatarrata finale, a ribadire che i Toscanacci Sir Randha sono veramente skatenati nel cervello e dandoti l’impressione che si divertano un mondo senza prendersi sul serio, cosa rara.
Me li immagino in concerto, devono fare veramente un casino bestiale: "sei un pezzo di merda" x 12, tanto per intenderci, è il ritornello ultra-punk di "+ di Ieri – di Domani".
Consigliato a chi ha inteso il genere.
Rumori in studio dopo l’undicesima e ultima traccia.

 a cura di Sergio Rallo


 

Sirrandha  - "C:\Ska\Live-oluto-tu" - CD live, autoprodotto, Italia, 2001

 

Questo nuovo CD dei toscanacci Sirrandha intitolato "C:\Ska\Live-oluto-tu" consta di 15 tracce di divertente Ska dagli sprazzi Punk, italico e un po’ demenziale, registrato dal vivo.

Al primo ascolto di Top Secret devo dire che ho apprezzato molto di più i Sirrandha  di quanto non feci ascoltando il loro primo CD. Sirrandha, dal vivo, sono mooolto più Ska di quanto non avessi immaginato. “Sono Tremendo", “Sabato Sera", “144", “Gudbai", “La Journee" sono divertenti e, nonostante qualche accordo ciccato nella foga dello show, rendono bene lo spirito della divertente serata di cui sono stati protagonisti i Sirrandha.

Con lo strumentale di loro composizione “Fuga da Skalcatraz" e le cover di altri classici strumentali come “Baby Elephant Walk" (quest’ultima più una cover della versione dei Bad Manners che del brano di Mancini), “Work Song" e “Phoenix City" ma anche di “Tequila" e di “Monkey Man" i Sirrandha dimostrano di trarre maggior ispirazione dallo Ska piuttosto che dal Punk o dall’HC - concentrato comunque alla fine del CD - come nell’assurda “Le Cozze" o nell’agghiacciante “Il Catarro" (tanto divertente quanto stupida) o, infine, “Vola Colomba", con pieno apprezzamento di chi recensisce.

Un disco dal vivo che, come accennato, coglie appieno l’allegra euforia del concerto ma che per altri versi, a fare il pignolo, mette a nudo le incertezze di una formazione in piena evoluzione.

Festaiolo e Birraiolo.

 

Sergio Rallo


Sir Randha/Ska War, CD split, Kob/Black Btcher Rec. Italia/Germania 2003

Il Cd in discorso me lo hanno inviato gli amici Sir Randha, quindi, anche se nell’ordine dovrei parlare dei francesi Ska War che aprono l’ascolto del CD con le prime 6 tracce, parto con i nostri compaesani della Toscana.

I Sir Randha dall’esordio (Skapra), che pure è recensito su queste pagine di SkabadiP, si sono decisamente evoluti in uno stile molto più avvincente come dimostra la traccia intitolata "La Journée" prima delle 6 che fanno parte di questo CD split con la band francese.

Riconosco maggiormente il gruppo di una volta quando parte "Centroamerica" tra rock, pop e ska e riconfermo l’indiscusso miglioramento della band con il bello strumentale "Fuga da Skalcatraz" in cui i solisti mi rendono adeguatamente edotto della loro validità e, manco a dirlo, è la traccia che preferisco.

Veloce, ironica, e molto rockettara è "Gudbai" mentre semplice e facile ho trovato "Skaduto".

La versione tra punk e ska veloce di "Vola Colomba" è divertente ma non è il mio genere pur partecipando a riconfermare la netta impressione di maggior compattezza e maturità dei Sir Randha che meritano senz’altro attenzione da parte dei patiti dello ska.

I francesi Ska War, invece, non li avevo mai sentiti e la prima impressione data dalla traccia "Listen to the bird", è che sono particolarmente e piacevolmente influenzati (e questo è certamente un bene) dai Medness (anche se la traccia termina con un pestone che col gruppo di Londra non c’entra nulla).

Le altre tracce mi fanno modificare leggermente l’impressione dato che Ska War spaziano dal folk/punk ("Poil au Tableau") al latino americano ("Mystic Addiction" che è tra le altre cose la traccia che mi è piaciuta di più) al puro two tone ("Ghost").

Dal vivo gli Ska War paiono funzionare bene e lo dimostrano con la traccia che conclude l’ascolto della loro manciata di canzoni intitolata "Ska War" che, però, del loro "set" è certamente la più "rigida" e, quindi, la peggiore.

Concludendo, l’impressione lasciata sia dagli italiani che dai francesi è positiva ed i soldi per questo split non saranno certamente sprecati per chi ama lo ska moderno, veloce ma sempre melodico.

Sergio Rallo

 


Skagnozzi - "Demo" - CD autoprodotto, Italia, 2003

In quattro tracce contenute in questo demo i toscani Skagnozzi colgono l’occasione per dare una buona impressione del loro ska che è moderno e sullo stile two tone.
La prima è "Rana Matta" che è uno ska allegro e festaiolo che richiama qua e là i Madness; c’è poi "Via Con Me" che è una buona cover del pezzo di Conte reso famoso da Benigni e che viene seguito nell’ordine da "Dresda", un pezzo veloce, non particolarmente originale il cui tema è l’integrazione razziale.
Se le prime tre sono registrate in studio, l’ultima traccia è un live, senza fiati e sostenuto da un bel giro di tastiera. Dal vivo paiono perdere un po’ tiro.
Che dire? Si sente che Skagnozzi è una band che si è fatta le ossa sui classici ska di ogni tempo come si vede anche dalla scaletta riprodotta in 4° di copertina di questo loro demo e non mi stupirò di ascoltare tra qualche tempo qualcosa di veramente buono dagli Skagnozzi.
Chi vivrà vedrà, anzi, ascolterà.

Sergio Rallo

 

 


Ska-P – "Planeta Eskoria" – BMG Music 2000 – Spagna

“Hai sentito l’ultimo degli Ska-P??"

“Senti, ma non sai dove si trovano i dischi degli Ska-P??"

“Come sarebbe non sai chi sono gli Ska-P??"

Beh, confesso che fino ad un paio di mesi fa non mi ero mai posto il problema dell’esistenza di una band chiamata Ska-P che stava reclutando schiere di fans tra le nuove generazioni. Soprattutto tra le nuove generazioni intendo.
Poi, incuriosito dal vox populi, mi son deciso e in breve ho trovato qua e la un paio di loro dischi. Gli Ska-P pare che vadano per la maggiore e chi li ha visti a Milano suonare dal vivo tempo fa mi parla di un concerto in stile Sodoma e Gomorra rimandandomi indietro ai tempi che furono, quando la parola d’ordine ai concerti era: ROVINA!!! Bene, insomma, mi ritrovo tra le mani questo “Planeta Eskoria", ultima creazione della band spagnola e al primo ascolto capisco che sono finalmente giunti i 5 minuti di gloria che prima o poi capitano a tutti nella vita, e decido di coniare un nuovo termine, il crossover Ska!!! Ecco un termine che farà venire certe coliche spastiche al “Profeta" e che farà si che Alessandro mi licenzi in tronco [...?].
Beh, un pò di serietà ora. Parlo di crossover perchè nella musica degli Ska-P ci si trova davvero di tutto, dal metal al punk, dal pop al folk, condito con una buona dose di ska di quello poco gradito ai puristi: veloce e pestato.
A me piace. Non grido al miracolo, nel senso che se gli Ska-P hanno davvero tutto quel successo di cui sento parlare, forse sarebbe bene ridimensionarli un attimo, con tutto il rispetto e le buone maniere, però, in un panorama Ska e ska-punk piuttosto avaro di emozioni, mi pare legittimo dire che la musica proposta da questa band sia un qualcosa di discretamente interessante.
La struttura delle canzoni è piuttosto standardizzata durante il disco. Si tratta di brani al cui interno si trovano diverse influenze musicali mixate in modo diverso dal solito. Mi spiego: tradizionalmente, una band che suona ska punk ha uno stile che richiama lo ska, proposto con una certa aggressività e una dose soggettiva di originalità. Qui ogni brano è diviso in segmenti interrotti da stacchi improvvisi nei quali c’è un brusco cambio di stile.
“Verguenza", uno dei brani che preferisco, ha una intro decisamente metallara di quelle che se non si sta attenti ti crescono borchie e capelloni senza che te ne accorga, poi, lo stacco improvviso, i fiati, le tastiere, la batteria più tranquilla, la chitarrina in levare, poi lo stacco ed i cori sulla chitarrona distorta in stile “chugga chugga", l’assolo da chitarrista sgamato, poi ancora i fiati e così via.
“Como me pongo" è un classico brano ska di quelli commercialissimi, poco interessanti, con perfino qualche cighidì cighidà in sottofondo. Molto ballabile, per chi ha il fisico. Io resisterei pochi secondi. “El Autentico" è uno ska punk veloce e divertente, con stacchi e cori canticchiabili e dei fiati simpatici. “Naval Xixon" è il mio preferito......anche qui coi soliti stacchi, batteria a velocità picchiata, cori, urla, pugni, spari, grida, botte e fiati trascinanti. Ecco, rispetto al cd precedente, qui c’è un uso dei fiati più studiato. A dire il vero, in precedenza sostituivano i fiati con un organetto Bontempi piuttosto tristerello. Non si fa così! Beh, insomma, il disco corre veloce lungo le sue 14 tracce, con questo ska misto a altri generi e proposto con uno stile proprio. A conti fatti, trovo molto piacevole un buon 70% del disco, il ché mi basta per poterlo classificare come un bel disco. Notevoli anche “A la mierda", “E.T.T.S", “Lucrecia" (con finale calypso style), “Tio Sam". Poi, si sa, tutto è soggettivo. Gli Ska-p assemblano alcuni generi che ho spesso apprezzato. Normale che un purista dello ska al quale capiti tra le mani questo disco, se lo rivenda nel giro di mezza giornata.
Non serve sapere lo spagnolo per capire i testi. Bastano 5 minuti per inserire gli Ska-p nel novero dei gruppi politicamente impegnati e globalizzarli nel popolo di Seattle. Alcuni testi sono interessanti, altri un pò scontati, ma se servono per far pensare la gente, allora ben vengano.
Interessanti le tracce CD-rom con ben due video della band e testi delle canzoni.

  Antonio Crovetti

 


Ska-P  -  "Que Corra La Voz!!" – BMG 2002

Nuovo disco per i prolifici Ska-P spagnoli, band un po’ nei cuori di molti teenagers alternativi per la loro musica, divertente, coinvolgente, adrenalinica, anche piuttosto alla moda in questo periodo, ben condita da testi e slogan molto forti, di sicuro effetto su molti. Ma parliamo di musica….

A me il disco piace, e qui potrei chiudere, mi rendo conto. Il problema è che qui non c’è praticamente nulla di nuovo rispetto ai dischi precedenti.  Esattamente come i precedenti, anche questo cd si fa ascoltare piacevolmente, ammesso e non concesso che il genere vi piaccia, ma questo è sottointeso e vale per qualsiasi disco.

Canzoncine allegre, divertenti, spesso con testi molto interessanti e caratterizzate da uno ska tirato, ballabile (se si hanno 15 anni e qualche kilo meno di me); come nel disco precedente, brani ricchi di stacchi e cambi di ritmo repentini e con un riff ricorrente che da un senso al tutto. La novità rispetto al passato è che questa volta c’è una presenza di fiati veri, e non elettronici, maggiore. Tanto di guadagnato.

In sostanza e per non perdersi in sofismi inutili, direi che il disco è davvero buono se amate il genere. A me piace, ma mi rendo conto che ancora un disco sulla stessa falsa riga di questo, del precedente e di quello prima ancora, lo sopporterei poco. Ecco, da un po’ l’idea che si tratti del lato B del disco dello scorso anno.

Comunque apprezzabile, ma non indispensabile.

 Antonio Crovetti

 

 


The Slackers - "Wasted Days" - Hellcat Records, Olanda, 2000

“Wasted Days" è il 4° (5° se si considera un ottimo live) album degli Slackers, formazione nuovaiorchese che dal 1996 porta lustro al genere ska/reggae.

Con “Wasted Days" i sempre gradevolissimi Slackers direi che portano maggior lustro al reggae che allo ska, ma è solo una mia puntualizzazione dovuta alla prima traccia - che dà il titolo al disco - ed alla successiva “Henderson Swamp", entrambe ottime canzoni reggae, di cui la prima mixata anche da Glen Adams, ed entrambe  dalla poderosa struttura “roots".

La prima traccia ska che incontro in W. T. è la terza, dal titolo “Please Decide" che, come molte altre di questo disco e dei precedenti degli Slackers, ha un caldissimo sapore R&B.

Brillante lavoro di dubbing, svolto impeccabilmente dalla stessa coppia della prima traccia, si può apprezzare ascoltando “Pets Of The World" le cui atmosfere oniriche vengono abbandonate con l’entrata, senza stop, in “Dave’s Friend", uno ska dalla piacevole chitarra country/blues e dalla melodia melanconica cantata, sempre in uno stile un po’ “sofferto", dal geniale Vic Ruggiero.

Stomping reggae original, anche lei grondante blues, è “So This Is The Night" canzone alla quale fa seguito un bellissimo rocksteady, dal titolo “Made Up My Mind" caratterizzato da un mixaggio luminoso e da un piacevolissimo violino che “viaggia" felicemente su una ritmica potente.

Dopo un simpatica parentesi contenente un “Sermon" che non sfigurerebbe nel film Blues Brothers, segue uno ska tranquillamente saltellante intitolato “The Nurse" ed il cui accompagnamento di fiati iniziale mi fa venire in mente certi strumentali di Carlos Malcom anche se poi si rivela essere un altro cantato. “Old Days" e “Midnight Rendezvous" sono rispettivamente un “easy listening" rocksteady ed un jumpy reggae, quest’ultimo, efficacissimo per danze irrefrenabili.

Altro lavoro di mixaggio a 2 mani (quelle del mitico Adams e del fac totum Ruggiero) presenta l’unico, splendido, strumentale “dubbato" di indubbio fascino e dal titolo “Tales Of The Mongoose".

4 tracce ancora concludono un ottimo lavoro del quale, ad essere sincero, apprezzo molto di più la parte reggae/dub che quella ska, e non è una critica dato che l’ultima traccia del disco “Information Error" è certamente il migliore brano di questa nuova selection degli Slackers.

Estremamente collezionabile è il mio ultimo commento.  

a cura di Sergio Rallo


The Skangels - "Non C’è Più Religione" - CD demo autoprodotto, Italia , 2001

Ska veloce, dalle tendenze punkeggianti, con chitarra distorta e batteria “pestone", è quello che ti accoglie all’ascolto di Non C’è Più Religione , demo dei brianzoli Skangels.
Per loro stessa ammissione tra gli ispiratori della loro musica ci sono Elio e Le Storie Tese ed io aggiungerei anche i vecchi Skiantos, ma non mancano i punti di riferimento locali di una zona che ha visto la nascita di formazioni come Shandon.
Skangels, nonostante il nome che richiamerebbe immagini di putti e cherubini, affrontano nei loro testi argomenti sobri come il fisting, i pompini, ma anche le segature a scuola!
Il tutto accompagnato da uno ska poco ska e molto rock duro che vede il miglior risultato in “Combustione" e nella title track.
Ironia a manetta, sugli argomenti predetti la sprigionano con maggior intelligenza di quello che potrebbe apparire ad un primo ascolto: che ci crediate o meno Skangels fanno a loro modo critica sociale.
Musicalmente imperfetti e poco precisi, Skangels godono di un accompagnamento di fiati alla maniera di certi gruppi ska-core tra cui loro stessi annoverano i Mighty M. Bosstones.
Come primo passo in sala di incisione non c’è male.

Sergio Rallo


 

 

Spicy Roots - “One More" - CD  Elmo records, Germania, 2000

Passano gli anni, cambiano le mode, internet ti cambia la vita ed i New Age pensano che La Forza sia con loro, ma le caratteristiche della musica Ska e cioè vivacità, allegria e, in particolare, gradevolezza delle melodie, non mutano mai.

Questo è ciò che ho pensato dando un pre-ascolto a One More, CD di debutto per i tedeschi Spicy Roots con quasi 40 minuti di musica e una dozzina di tracce.

Spicy Roots sono un classico gruppo Ska che trae la prevalente ispirazione dallo Ska/pop melodico sullo stesso filone degli Ngobo Ngobo con una piacevole tendenza al Two tone.

Due sax, una ritmica precisa e preferenzialmente classica, interpretazioni corali (tipo nella One More che dà il titolo al disco), chitarra con accenni surf che ben si integrano allo stile Ska ed un’ottima tastiera sono le caratteristiche peculiari degli Spicy Roots che propongono belle canzoni come “Life’s Too Short" o lo ska rock “I don’t Wanna Wait" e variano sui ritmi partendo in perfetto calypsonian sound con la cover di “Coconut" che si sviluppa in un altro veloce Ska.

“Tin Tin’s bar", terz’ultima traccia ricorda incredibilmente lo stile dei Volcanoes inglesi, mentre tipico inizio two tone (e, se vogliamo, anche il titolo) si ascolta con “Gangsters" non certo tra le mie preferite.

Ultimo brano, con chitarra surf ed inizio altettanto surf  alla maniera di Dick Dale, è “Dragon Tree" brano tra quelli che ho gradito maggiormente di “One More", un album buono che, nonostante tutto, non riesce ad entusiasmarmi. 

Sergio Rallo


[Spunge] - "Ego" - Sucka Punch Records, UK 2000

A volte ritornano,  dopo essersi impossessata dello Ska ed averlo miscelato con il punk, l’America rispedisce alla mittente Inghilterra quello che ormai è ben conosciuto come Third Wave Ska. Un genere, quest’ultimo, comprendente Ska-Core e Punk-Ska e che gli albionici [Spunge] hanno fatto proprio adattandolo al loro gusto personale e creando un gradevole intruglio pop-ska-punk, niente fiati o organi hammond  in questo gruppo, solo chitarre, basso e percussioni a tessere il tappeto ritmico per ottenere il suffisso ska da mischiare agli altri generi. Ora alzi la mano chi ha già sentito parlare degli [ Spunge], pochini a quanto vedo; va bene eccovi una breve presentazione di questi cinque giovanotti inglesi e della loro storia. I nostri eroi calcano la scena da cinque anni ma solo negli ultimi diciotto mesi si sono decisi a dare la possibilità a tutto il mondo di poterli ascoltare nelle loro calde casette senza doversi recare a qualche loro concerto, in questo breve lasso di tempo hanno:

1.     Registrato il loro primo EP autoprodotto vendendolo in 2000 esemplari nei loro concerti.

2.     Sono stati notati dalla Moon Ska Europe che li ha ingaggiati e gli ha fatto incidere il loro album di debutto “Pedigree Chump" con una tiratura di 3000 copie esaurite anche quelle.

3.     Rinunciato all’offerta di una seconda uscita con la Moon e con altre case.

4.     Cambiato casa discografica affidandosi alla Sucka-Punch Records per avere una maggior libertà.

5.     Messo in cantiere il secondo album negli studi degli degli UB40, facendo uscire il single cd che tra un po’ andrò a commentarvi.

6.     Pianificato l’uscita del secondo album intitolato “Room for abuse" per settembre/ottobre 2000.

Passiamo ora a questo single cd contenente tre pezzi: “EGO", la prima canzone scorre piacevolmente con le chitarre che si alternano tra ska e punk in una sorta di Persiana Jones Sound, il terzo pezzo “Life-Like" è un esclusiva di questo singolo non disponibile su alcunché di gia uscito o di prossima uscita ed è un pezzo che non avrebbe stonato tra la discografia dei Clash, tanto ne ricorda lo stile, con un pizzico di saltellante ska in aggiunta. Discorso a parte merita la cover di “No Woman No Cry" suddivisibile in tre stili: l’intro è lento e molto simile all’originale , la parte centrale inizia in modo prettamente punk con le chitarre che svisano e la batteria che si incattivisce per poi trasformarsi in uno ska danzereccio anche se per poco e per finire di nuovo nel punk. Il compito di riarrangiare questa bellissima canzone era abbastanza arduo ma gli [ Spunge] lo hanno svolto in maniera egregia meritandosi l’attesa per il nuovo cd e per chi volesse ascoltarli subito acquistando questo single può contattare la Sucka-Punch rec. via web.

a cura di Massimo Boraso


Statuto - "Riskatto" - Epic/Sony Italia, 1999

Vado subito al sodo e comincio col dire che "Riskatto", l’ultimo sforzo creativo in ordine temporale degli Statuto, è un disco tutto di cover, alcune più riuscite di altre, eccettuata l’originale e bella "Grande", di cui trovi la recensione da qualche parte, qui, all’interno di SkabadiP.
Per gli aficionados di Ska (ma non solo) di lungo corso, si tratta di una raccolta di musiche ben note che, spesso, ben poco differiscono dai brani originali se non per i testi in italiano.
I testi non mi fanno impazzire, ma l’ho ascoltato solo tre volte e vi posso assicurare che caratteristica di questo disco è che sembra più bello più lo si ascolta: i testi assurgono a semplice linea melodica in aderenza agli originali. Sempre riguardo ai testi dico, anche, che alcuni sono meglio riusciti di altri come "Rita Smettila", il riadattamento di "Lip Up Fatty" dei Bad Manners.
Per la musica c’è da dire che Statuto suonano effettivamente come orologi riproducendo fedelmente un’atmosfera, quella Two Tone, che sembrava scomparsa e che ritorna, invece, con un sound molto più anni ’60.
Saccheggiati i "classici" di Madness ("One Step Beyond" è "Un Passo Avanti" già fatta in italiano dagli stessi Madness nel ‘/9; "Pensa Per Te" è, invece, "Baggy Trousers"; "Non Cambiare Mai" è "My Girl"per la quale rimando alla recensione dell’omonimo cd singolo; e, per finire coi Madness, "House Of Fun" è "Cuore Matto", il cui testo non mi fa impazzire) e Bad Manners ("Laura" è "Lorraine"; "6/8/45: Bombe Su Iroshima" è "Inner London Violence"; "Woolly Bully" si Intitola "Chi La Vuole"). Ci sono anche due efficaci (tra i migliori barani di "Riskatto") tributi a Specials (dei quali "Hey Little Rich Girl" è qui intitolata "Splendida Ragazza") ed ai - potevano mancare?- Selecter, con la canzone inno"On My Radio", questa volta semplicemente tradotta con "La Mia Radio" e cantata – ma guarda un po’ che bella sorpresa! – dalla mitica Rettore, il cui 7 pollici "Donatella" è stato il primo 45 giri che mi comprai nel lontano ’82! Il tempo non ha mutato in nulla la potente e multiforme voce della Rettore.
Devo essere riconoscente ad Oskar, Naska & C. d’aver fatto ricantare puro Ska alla Rettore.
14 è il numero di brani presenti in "Riskatto" di cui, oltre la citata "Grande", uno dei brani più azzeccati è "Bandiera Gialla", che, per il mondo dello Ska tradizionale è la "Pied Piper" cantata da Rita Marley, qui è la versione Ska del testo italiano.
Che dire? Ah, sì: "Riskatto " è un utile strumento per indicare la strada dello Ska a tanti ignari.

a cura di Sergio Rallo

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Statuto - "Non Cambiare Mai" - Epic/Sonymusic 1999

Statuto "cover band", senza malignare sulla vena creativa del gruppo e, si dirà, con un velo di nostalgia.
Nostalgia, in primis per il Two Tone che fu e che, in italiano (come la "My Girl" dei Madness che, appunto, gli Statuto ripropongono come "Non Cambiare Mai" e che col testo originale di Michael Barson non ha nulla a che fare) non mi fa un’ottima impressione. E questo è per quanto riguarda la title track del singolo tratto dal nuovo cd degli Statuto che uscirà a settembre con l’opportuno titolo "Riskatto".
E nostalgia, anche, per la più mitica squadra del calcio italiano, quel Toro cui è dedicata "Grande", di certo una delle più belle, se non la più bella delle canzoni fin qui composte dai "Godfathers" dello Ska italiano.
Io, però, oltre a "bastone e carota" mi tolgo comunque il pork pie davanti a chi, come Statuto, ammette d’aver fatto un errore a deviare dallo Ska e si riskatta nel vero senso della parola.
Qui a SkabadiP siam proprio curiosi d’ascoltare il disco di cui "Grande" è veramente un buon anticipo.
W il Torino di Mazzola, per sempre W!

 a cura di Sergio Rallo

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Statuto - "Il Migliore Dei Mondi Possibili" - CD 2 Toni, Sony Music, 2002

Gli Statuto sono i Decani dello Ska italiano, d’anagrafe e di diritto. Ma lo sono anche di una cultura Mod in senso ben più ampio e che fieramente viene tenuta in vita con Northern Soul, Nutty Sound, Ska ed anche un pizzico di R&B. Benvenuto, quindi, al loro nuovissimo CD “Il Migliore dei Mondi Possibili" col quale gli Statuto si confermano all’altezza delle aspettative.

Il CD è stato preceduto da un libro dallo stesso titolo ed ai cui capitoli fanno riferimento le 13 canzoni di “Il Migliore Dei Mondi Possibili", cosicché è possibile farsi una lettura con accompagnamento musicale.

Accompagnamento musicale che comincia con lo Ska/R&B di “Cos’è", la cui musica è stata scritta dal bravo Paolo Belli (si, quello dei Ladri di Biciclette) ed il cui arrangiamento dà bene l’idea della qualità della musica contenuta nel resto de “Il Migliore dei Mondi Possibile". Segue “Invito ad una Festa" che è una bella traccia di ispirazione Madness con un azzeccata rivisitazione in stile Statuto del Nutty Sound dei londinesi, mentre “Sole Mare" è un bello Ska/Pop veloce alla maniera dei Busters con tanto di intervento dei Righeira!.

In vena di esprimersi su tutti i fronti possibili dello Ska col quale sono cresciuti, gli Statuto propongono, in posizione #5 (se stai pensando che di canzoni ne ho commentate solo 3 finora, preciso che c’è una brevissima Intro, orchestrale, indicata come traccia #1) un bello Ska/Soul dal titolo “Sperando Che", un po’ cattivo, un po’ solare, un po’ R&R, una delle migliori tracce dell’album.

Ska più rockettaro e chitarrona distorta d’accompagnamento caratterizzano invece la canzone dal titolo “Joe" dedicata in maniera intelligente a chi sfortunatamente si è fottuto con la “robba".

Il primo “stacco" dallo Ska Statuto lo propongono col Northern Soul “Voglio Te" che ha alle spalle un Signor arrangiamento di fiati ed archi positivamente molto Sixties .

Tornando allo Ska, “Come Me" ingenuamente ricorda l’incontro al liceo tra due Mods che si riconoscono reciprocamente appartenere alla stessa “gang", ricordo lontano ma vivido di identificazione tipicamente adolescenziale in un determinato look; non per cadere nel sociologico ma mi sia concesso dire che è bella, a quell’età, l’identificazione in un determinato gruppo ed è bello il sentimento di appartenenza e, di conseguenza, di sicurezza che da quell’identificazione scaturisce.

“Nemmeno Tu" è uno Ska/Pop con un grande accompagnamento dei fiati, sullo stesso tempo dei precedenti e di quello che segue, “Bella Come Sei". Entrambi godibilissimi per ricchezza di suoni.

Arrivando, poi, allo Ska dall’accompagnamento di fiati che ho gradito di più, ovvero “Paninaro", canzone “dedicata" alla moda che imperversò per tutto lo Stivale dal 1980 fino al 1990, e che è un bello Ska Two Tone piacevolmente cattivo, voglio aprire una necessaria parentesi. 

Il sottoscritto, infatti, è stato - ahi!, ahi!, ahi! - proprio Paninaro (piuttosto diverso da quello cui si rivolge la canzone ed anche da quelli del libro aggettivati in maniera poco lusinghiera, ma pur sempre Paninaro sono stato! ) ed essendo stato quel periodo della mia vita uno tra i più divertenti e spensierati (ma anche estremamente educativo!), senza alcun rimpianto e con un pizzico di orgoglio, voglio ricordare ad Oskar che ha scritto il testo di “Paninaro", quello di “Come me" che pure ha scritto lui. Infatti, Oskar dimostra di non conoscere il fenomeno “paninaro" quanto conosce bene quello Mod ma, senza conoscerlo, in “Come Me" descrive efficacemente proprio quel “sentimento" che - guarda caso – legava non solo i Mods ma, anche, l’orda multicolore dei “Galli" del Bar Panino.

Chiusa la parentesi, ritornando alla grande su musica Ska e Two Tone, Statuto propongono “Vita da Ultrà", vita che viene definita vita da eroi su una ritmica che ascolto incorniciata dai soliti precisi e potenti fiati. Indulgendo allo Ska Pop “Barcellona" è tra le tracce più allegre di “Il Migliore Dei Mondi Possibili". Mentre la traccia più dura (ed unica altra traccia non Ska del CD) è senz’altro “Ribelli Senza Età", un Rock Soul potente con un gran lavoro di tastiera, e quella che chiude brillantemente questo CD degli Statuto (che effettivamente finisce solo dopo un’Autro analogo all’Intro).

Prodotto in maniera eccellente, il CD “Il Migliore Dei Mondi Possibili" è senza dubbio, a modesto parere di chi scrive, il miglior disco registrato dagli Statuto.

Troooppo Giusto!

Sergio Rallo

 

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Statuto - "I Campioni Siamo Noi" - CD 2Toni/Sony Italia 2003

Era ora che venisse fuori un bel “Best Of" degli Statuto che, a ragione, identifico come i decani dello ska italiano: ne sono al corrente anche loro dato che nel retro del CD in questione campeggia la scritta “il primo ska in Italia dal 1983" ed è senz’altro vero visto che con questa uscita si intendono festeggiare i primi 20 anni del gruppo Mods per eccellenza.
L’album è, giustamente, intitolato in maniera autocelebrativa “I Campioni Siamo Noi", titolo dalla prima traccia del disco che è un bello ska/reggae registrato nel febbraio 2003 e, pertanto, inedito. [Ma indirettamente contiene un polemico riferimento ai proprietari e alla gestione della Fiat]
La “storia" discografica della band di Torino viene, quindi, ripassata in ben 22 tracce tra le quali risaltano un buon numero di canzoni ska piuttosto famose come “Abbiamo Vinto il Festival di Sanremo" (sia in versione original, sia in versione 2003), “Qui non c’è il mare", “Piera", “Ragazzo Ultrà" e, ancora, cover che dal vivo sono “pezzi forti" degli Statuto tipo “Laura" (aka “Lorraine" dei Bad Manners) e “One Step Beyond".
La carriera degli Statuto viene ripassata anche attraverso tracce meno famose come “Vattene sceriffo" la cui iniziale ispirazione tra Western e i The Beat rivela poi uno ska veloce alla Busters o la divertente “Saluti dal Mare".
L’aspetto politicamente impegnato del gruppo torinese è più rappresentato da canzoni non ska come “E’ tornato Garibaldi" e “Pugni Chiusi" ma tra le mie favorite cito molto più volentieri “La Mia Radio" cantata dalla Rettore, “Grande" dedicata al mitico Toro scomparso nell’incidente aereo di Superga ed il soul beat militante “Ghetto".
Consigliato senz’altro a chi, anche per questioni anagrafiche, non conosce la discografia degli Statuto e a chi, pur conoscendola, non voglia mai farsi scappare l’occasione di tenerla amMODernata.
 

Sergio Rallo

 

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Skagnozzi - "Ranocchi In Amore"- demo CD, autoprodotto, Italia, 2001

5 tracce di debutto per i toscani Skagnozzi, nome nuovo dello Ska italiano che aspetteremo volentieri al successivo passo discografico per giudicarli con maggior completezza.

Per ora posso dirvi che li trovo alquanto “acerbi" anche se si sentono bene i riferimenti musicali: il two tone e certo Ska italiano che gli Skagnozzi si divertono a suonare a loro piacere con un certo gusto per le tastierine anni ’80. “Lascio Tutto" e “G.A.S.B." sono le 2 traccce che ho gradito di più.

Melodie semplici ed orecchiabili in italiano con testi che fanno riferimento a bevute, immigrazione, servizio militare e fughe sognate è quello che gli Skagnozzi offrono. Si segnala il tastierista e l’andamento mai agitato dello Ska degli Skagnozzi in tutte e 5 le tracce che hanno sofferto, però, di un lavoro poco accurato in fase di registrazione.

Da tenere d’occhio.

Sergio Rallo


The 27 Red - "Make Your Game" - CD, Elmo Records, Germania 2003


Dei 27 red mi ero occupato all’epoca del loro debutto in vinile, ecco ora la possibilità di giudicarli a fronte di un’opera completa come un album di 12 tracce.
L’impressione al primo ascolto è positiva, "Make Your Game" inizia con uno ska swing che sembra fare il verso ai Cherry Poppin’ Daddies intitolato "Jonny Otherway", prosegue con uno ska alla Mr Reviews dal titolo "No Time".
Giri di fiati nello stile del citato gruppo olandese sono i preferiti dai 27 Red anche in "Secret Agent Man".
The 27 Red si emancipano, invece, da certi cliché con il rocksteady "Better Watch" che è veramente un bel lento e con il gentile ska "Never Forget" che convincono lo scrivente recensore della validità di un gruppo che conferma comunque anche in queste tracce le proprie referenze più dirette nello ska dell’89/’92. Eccoli quindi proporre ad un certo punto una divertente versione da vero sconquasso di "Englishman in New York" di Sting opportunamente reintitolata "Rude Boy".
Belle anche "Friends" (l’armonica a bocca ricorda ancora una volta Mr Review) e il quasi strumentale intitlato "Autumn Ska".
Decisamente bella la veloce "Leavin’" che conclude un buon album di una buona e capace Ska Band.
Shake it up!
 

Sergio Rallo


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The Skalatones - "Ruder Than Roots" EP - Sidekicks Records 1997

L’invasione svedese di Ska non è terminata…eccovi qui gli Skalatones! La canzone che dà il titolo all’ EP "Ruder Than Roots", non particolarmente originale, bene rientra nella categoria Two-Tone Ska piuttosto urlato. "4 Of Them Outta Jail" è un Rocksteady jamaican-style in perfetta sintonia con quanto fatto dai giamaicani nel ‘66-’67. Bella melodica leggera e belle voci su un dondolantissimo e piacevole ritmo, decisamente in stile Mr. Review, è invece la successiva "Do The Carnivala".
Non male affatto Hannibal (Se)Lectah la penultima traccia di questo EP, con inizio di mandolino ma soprattutto perché ha un bellissimo ritmo al quale non riesco a dire di no. Con le schitarrate non gradevolissime del Rock-ska "Rude Skank Wank" si conclude il lavoro, un EP un po’ per tutti i gusti, che anche se no lascia una grandissima impressione nell’ascoltatore, non dispiace affatto.

a cura di Sergio Rallo


Skalatones - "Tune in..." - Sidekicks Records  1999 Svezia

 
Notevole 2° Long Playing da parte di questa, ormai affermata, affermata formazione svedse.
"Notevole"sopratutto se si tiene in considerazione che il loro debutto (By Public Demand, stessa etichetta, 1997) mi aveva lasciato piuttosto indifferente...è giunto il momento che mi ricreda: gran bell'album "Tune In...".
Skalatones, che possono farsi vanto di avere come cantante una vecchia conoscenza del'epoca Two Tone qual'è Mr. Charlie Anderson ovvero il primo bassista dei Selecter, propongono una musica Ska difficilmente categorizzabile, dato che, con disinvoltura passano da uno Ska punk ragga quale "Radio Ska", al Two Tone dall'atmosfera 80's tipo "Common Fools" e "Slip Of The Finger" ed al neo-tradizionale "di classe" come "Casino Fatale".
Ok, non sono i primi e non saranno gli ultimia far ciò, ma senza dubbi di sorta gli Skalatones sono quelli che ci riescono meglio. A volte paiono, da traccia a traccia, un gruppo diverso, vedi "Lipstick On My Mind", con un ritornello che sembra preso da "Gray Day" dei Madness.
12 canzoni tutte di buona fattura in questo cd dell'estremo Nord tra le quali spiccano, per ritmo: "5 O'Clock News", per simpatia: "Ayayay", per armonie vocali "The Spirit" e,  per nostalgia: "Persuaders, ultima traccia, sigla del telefilm "Attenti a quei due" con Roger Moore e Tony Curtis che io da pargolo guardavo affascinato e ascoltavo quella sigla che, poi, come tante altre cose rientranei ricordi e gli Skalatones me la ripropongono in un SkaReggaedubstrumentale di lusso.
Charlie Anderson, oltre che viaggiare tra Svezia e Italia, ha una bella casa a Negril, in Norman Manley Blvd, chiedete dov'è Miss Mary's Palace ed Enjoy your stay...a tempo di Ska-latones, ovviamente!  

 a cura di Sergio Rallo


 

Skastori – "Bikini" – CD Autoprodotto – 2001

Buone notizie dagli Skastori, band del basso Lario alla seconda produzione. E’ una degna e piacevole evoluzione rispetto al loro primo CD uscito ormai il secolo scorso. Il disco ricorda molto, nella grafica di copertina e nei contenuti del booklet quello precedente, il che lascia, di primo acchito, poco fiduciosi sul contenuto musicale. Poi però, saltano agli occhi alcune piacevoli novità. La sezione fiati si è arricchita di un sax baritono, il cui suono grave e imponente purtroppo si perde un pò nel disco e soprattutto, Gio si è tagliato la barba ed ha un look finalmente da persona civile. E con una premessa di questo genere non si può che far girare il cd fiduciosi. Fiducia ripagata dalla qualità del disco, che nel complesso penso di poter dire si pone su un livello medio alto tra il novero delle ultime produzioni nostrane. Considerando lo sforzo economico di chi si autoproduce i dischi, va detto che la qualità del suono è valida, nonostante in alcuni momenti manchi di aggressività. La voce risulta spesso forzata, dovendo forse acquisire ancora un briciolo di personalità, mentre ciò che si nota maggiormente è una certa latitanza nei fiati, che spesso vengono relegati a comprimari e passano in terzo piano rispetto al resto; penso più per una questione di missaggio che per lacune tecniche. Ciò che invece trabocca da questo CD è una grossa dose di fantasia e originalità. Si passa così da un rocksteady traditional o quasi (Susanna), ad un reggae di buona qualità (vivere un sogno) al più classico third wave ska Italian Style (“Spiagge", “Bei Tempi", “Big Brother") con qualche spruzzata di swing qua e la (Friends), con ritmi ora più sostenuti ed ora più rilassati con riffs, stacchi e cambi di tempo piacevoli e mai fuori luogo.
I pezzi sono 10, più un messaggio satanico subliminale in chiusura per riconciliarsi con la vita, per una mezz’ora abbondante di musica. La velocità di crociera è piuttosto sostenuta, un pò alla Matrioska e Vallanzaska, per intenderci. Rare le intrusioni nello ska-core, come in Scooter Boy, per altro piacevole.
In conclusione, un buon disco ed una buona band con ancora parecchio margine di crescita, che da però l’impressione di trattenersi laddove sarebbe preferibile dar fiato alle trombe, ai sax, e alla voce, che con un pò di impegno si avvicina a quella di Mike Ness, mio idolo adolescenziale. Come chi è?

 Antonio Crovetti

 


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Skatalites & friends – "At Randy’s" – VP Records 1998

Dei 20 pezzi contenuti in quella che da subito vi indico come migliore raccolta di Ska originale, ne conoscevo solo uno ("John & James" dei Maytals). Tutti gli altri sono rarità mai riapparse sul mercato dalla loro prima uscita in vinile ben più di 30 anni fa.
Quindi se non avete gli originali e costosissimi 45 giri non c’è altra ragione per ascoltare alcuni tra i più eccitanti strumentali degli Skatalites ("Black Joe", "Collie Bud", "Baby Elephant Walk", "Malcom X" e "Hello Mother") nonché due sconosciute ed imperdibili composizioni di Don Drummond ("Machine Shop" e "Away From It All").Senza contare poi che i "friends" del titolo sono Alton Ellis (con uno dei brani Ska più riusciti "Mounth A Massy" e un infuocato "Ska Beat"), The Maytals ("Lost Penny"), Ken Boothe e Stranger Cole ("Home Home Home"), Roland Alphonso ("Blow Roland Blow"), Baba Brooks (con la sua riposantissima versione do "Portrait of my Love") e Arkland "Drumbago" Parks il cui eccellente lavoro alla batteria (particolarmente nelle due canzoni di Alton Ellis) si può ascoltare e paragonare a quello dell’altro maestro batterista del tempo Lloyd Knibb.
Credetemi, questa splendida raccolta accende un faro che getta nuova luce sull’importantissimo contributo della comunità cinese allo sviluppo della musica Ska. Infatti, se nomi di sicuro più familiari come quelli di Leslie Kong, Justin Yap, Byron Lee, Lynn Tait si ritrovano spesso nelle varie compilazioni degli ultimi anni, quello di Vincent Chin è più spesso ricollegato al Reggae ché allo Ska.
Ora non sarà più così, l’eccellente qualità del materiale riprodotto è alla pari con il meglio che si è già avuto modo di conoscere di Studio One e Treasure Island, innalzando il nome di Vincent "Randy" Chin tra quelli dei grandi produttori della metà degli anni ’60.
This is Ska at all!

a cura di Sergio Rallo


 

Skatalites - "From Paris With Love" - CD 2002

Il penultimo CD degli Skatalites “Bashaka" (Marston Rec. 2000) non mi ha suscitato un grande entusiasmo  in paragone ai precedenti (forse perché è stato anche il primo senza Roland Alphonso), ma sono contento di non poter dire lo stesso per questo nono album dell’epoca moderna della band giamaicana per eccellenza che, invece, mi entusiasma parecchio.

“From Paris With Love", infatti, mi restituisce degli Skatalites in splendida forma: la produzione di “From Paris With Love" - a mio modesto parere - supera di gran lunga anche quella del bel disco della Island “Balls Of Fire" (che è essenzialmente un ottimo disco di jazz – soprattutto nel tipo di produzione adottata - piuttosto che ska nel vero senso della parola).

A me piace fare distinzioni, soprattutto laddove sono le distinzioni che mi permettono di scegliere meglio e, non c’è dubbio, “From Paris With Love" è senz’altro uno dei più convincenti e meglio riusciti album del nuovo corso degli Skatalites (1983 in poi).

Il disco consiste in 14 tracce di ottimo Ska/rocksteady con i solitamente splendidi solisti della vecchia guardia a farla da leoni ovvero Lester Sterling e Cedric Brooks, ai quali si aggiunge (l’ultimo tour europeo degli Skatalites ha lasciato molti fan recenti della band col dubbio su chi fosse quel trombettista manico!) con mia graditissima sorpresa l’ottimo “Dizzy" Moore. Questi ha condiviso il posto di prima tromba negli Skatalites con Percival Dillon, David Madden, Harold McKenzie e, non ultimo, Baba Brooks oltre che essere stato il trombettista dei Supersonics e dei Soul Syndicate ed autore di un paio di album da solista veramente notevoli.

Immancabile, poi, la leggiadria e dolcezza del canto di Doreen Shaffer con “Golden Love" di Lord Creator, “Thinkin’ Of Yoyu" di Porter e “When I Fall In Love".

Della nuova guardia sono sempre presenti il virtuoso trombonista Will Clark, l’eccellente Devon James alla chitarra e l’impeccabile tastierista Ken Stewart abilissimi ed ammirevoli nel loro lavoro agli strumenti mai dissimile da quello svolto dal vivo.

La ritmica, infine, per apprezzarla in tutta la sua reale “potenza di fuoco" bisogna tenere presente che è quella che scaturisce dalle mani, nel caso della batteria anche dai piedi, di Brevette e Knibb, una coppia che, nonostante l’età (circa 140 anni insieme), ha swing e “tiro" da vendere!

Detto ciò, sono convinto che la ritrovata presenza di Moore abbia giovato senz’altro alla formazione se non altro per tracce emozionanti e godibilissime di super Ska come “Glory To The Sound" (divenuta immediatamente la mia preferita), la splendida “Rock Fort Rock" pure nella sua versione a 120 battute al minuto reintitolata “Ska Fort Rock" e le splendide versioni di “African Beat", “Garden Of Love" e di “Pata Pata" re-intitolata “Skata Skata" sulla cui scelta Moore avrà avuto certamente il suo peso.

Alcuni ultra classici come “From Russia With Love", “Freedom Sounds", “Trip To Mars" “River To The Bank" e “Guns Of Navarone" non stancano mai, soprattutto quando gli arrangiamenti azzeccatissimi dei vecchi Skataklites sono in grado di donar loro nuova, giovane ed irresistibile energia.

La musica di “From Paris With Love" è ska, rocksteady senza tempo, senza scadenza e variegatissima. C’è il brano notturno, quello veloce, quello più lento, il rocksteady, il reggae, le cover e gli originali il tutto in un bel CD curato in grafica e contenuti che invoglia a possederne una copia.

Ska originale per appassionati di Ska originale e, come al solito, per chi ama la buona musica in generale.

Sergio Rallo




The Skatalites - "Guns Of Navarone" - CD Trojan/Sanctuary, Inghilterra, 2003

Grazie all’effettiva richiesta del mercato, molto materiale degli Skatalites sta venendo ristampato in cd come nel caso di questo "Guns Of Navarone" che raccoglie tutti insieme ben 25 strumentali della band icona dello Ska.

Il cd, sia detto per i patiti collezionisti, non offre alcuna novità o rarità di sorta, mettetevi la coscienza in pace, ma contiene quasi il meglio che gli Skatalites registrarono per Mr. Dodd, Mr. Reid e Mr. Yap che ora mi accingo a commentare (quasi) pezzo per pezzo.

Comincio da Eastern Standard Time che è uno dei capolavori della musica caraibica di tutti i tempi senza alcuna esagerazione (il fatto che oltre ai giamaicani la conosciamo solo noi appassionati di ska fa girar le balle ma tant’è) e la cui melodia rilassante è benefica per il cervello, come lo è quella di Garden of Love che la segue ed il cui titolo identifica una melodia gioiosa e limpida, pregna di serenità quasi estatica che raggiunge il culmine nel morbido solo del Don, suo autore in quel momento certamente in grazia di Dio.

Sullo stesso mood viaggia Latin Goes Ska, anche se per dare a Cesare ciò che è di Cesare è lo ska ad essere creditore – anche – della musica latina (tanto è vero che Latin Goes Ska è, in effetti, la cover di Pachito Eche" di Beny More resa famosa da Perez Prado come "Pachito E Ché").

Segue Music Is My Occupation, un vero e proprio motto di gente che può vantarsi di aver inventato un nuovo genere ed un’altra melodia rilassante e senza tempo spalmata su una ritmica pulsante al punto giusto in cui si ascolta uno degli assoli più belli di Drummond il maestro trombonista che è il leader anche nell’avvincente Street Corner ed in Musical Store Room.

Green Island è il super burru/ska degli Skatalites che racchiude uno degli assoli maggiormente significativi dello spessore artistico di Don Drummond.

Un’altra delle composizioni che gronda musica latina è Musical Communion nel cui caratteristico levare oltre all’immancabile Dennis "Ska" Campbell si aggiunge Charlie Organaire entrambi immortalati nel loro sfiancante lavoro al limite dell’enfisema.

Doctor Dekker, con Baba Brooks, è sullo stesso stile di Man In The Street e stupendi sono gli assoli di Alphonso e del Don, lirico come poche altre volte.

Don De Lion che segue dopo Feeling Fine non è altrimenti commentabile: è il ruggito del leone, musica immortale, quintessenza della potenza dello Ska in cui Don Drummond si lascia andare in un assolo quasi magico.

Anche in Stampade c’è Baba Brooks alla tromba e sembra esserci Drumbago al posto di Knibb sullo scranno del batterista, mentre Silver Dollar che è tra le mie preferite di sempre grazie ad una delle melodie più cattive dello Ska in cui l’effetto devastante è amplificato nel momento in cui parte l’assolo di Alphonso sul tappeto di note offerto da Drummond.

Non so per quale ragione ma Alipanga, Alley Pang, Aliphang ed anche Halley Phang vanta come si vede il maggior numero di storpiature del titolo tanto che neppure io saprei indicare quale sia il giusto spelling ma, al di là di questo particolare del tutto irrilevante, è la traccia il cui giro di chitarra di Ranglin è tra i più campionati ed in cui Drummond (sempre lui!) concede uno degli assoli più potenti ed esaltanti della sua carriera ska.

Infine, per concludere, esagero dicendo che amo lo Ska perché Throughfare appartiene a tale genere e nessuno potrà mai sradicare tale mia convinzione: nessuna musica ha mai prodotto dei giri così coinvolgenti e melodie così trascinanti.

Mesopotamia e Dragon Weapon che occupano gli ultimi due posti della raccolta chiudono degnamente un’ottima collezione alla quale, per pignoleria quasi gratuita, criticherei l’assenza di "Coconut Rock" ragione per cui all’inizio ho scritto che raccoglie "quasi" il meglio.

Che questa musica sia sempre con voi!   

Sergio Rallo


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Skaos – "Ham & Eggs" + "Back To Live" – Pork Pie/Vielklang/EFA 1997

Dopo una pausa che non li ha più visti sui palchi di mezza Europa a suonare il loro potentissimo Ska bavarese, nel 1995 gli Skaos si riuniscono (l’ultimo disco "Catch This Beat" era del 1989) ritornando negli scaffali dei negozi di dischi con "Back To Live" edito sempre da Pork Pie.
Noi che siamo dei nostalgici, siam contenti di questo gradito ritorno.
Sul Cd Back To Live, potete trovare il già citato "Catch This Beat" più 12 brani live registrati a Berlino e tratti dai loro primi due album. Un lavoro non essenziale per chi già ha i loro precedenti album, ma utile per chi non li ha mai sentiti prima.
Sempre per la stessa etichetta, gli Skaos registrano nel 1997 un nuovo album,"Ham & Eggs".
L’impressione generale è che il loro "sound" si sia indurito e incattivito. Sempre inseriti in una tradizione ben nota agli appasionati di Ska tedesco in generale, ci piace ricordare che gli Skaos sono da ritenersi tra i capiscuola della terza ondata Ska dell’89-’90.
Nel loro agitatissimo Ska & Reggae si colgono le influenze più svariate, e i 16 brani dell’ultimo Cd mettono un’irresistibile voglia di skankeggiare inna Two-Tone stylee!
Consigliato ai reduci dell’Ocktober Fest, ai Punk eclettici e agli skaters che ne hanno le palle piene di Ska-core ma puntano sul teso.

a cura di Sergio Rallo


Skatrek – "Move Along" - Grover Records, Germania, 2000

Ska trad. a manetta e, ovviamente, Rocksteady e Reggae a volontà.

Questo è ciò che offrono i tedeschi Ska Trek nel loro primo CD ed Album dal titolo "Move Along".

Ska Trek sono una "cover band" che si dedica a tempo pieno a risuonare molte splendide canzoni giamaicane per lo più conosciute solo ai maniacali appassionati del genere. Ska Trek si divertono un mondo nello scegliere accuratamente le canzoni da rispolverare "da un dito di polvere" mettendo in risalto la loro notevole ed apprezzata, sensibilità musicale.

Quanto detto si rivela subito alla prima traccia, "Hold Down" di Harriott; seguita dalla bellissima "Woman A Capture Man" degli Ethiopians e "Ride Your Donkey" dei Tennors (anche se io avrei cantato la versione "erotica" "Khaki").

Per quel che mi riguarda, poter riascoltare "perle" della musica giamaicana come lo slow ska "Dinah" del grande Joe Higgs, "True Confession" dei magici Silvertones o "I Want Justice" che io credevo essere di Delroy Wilson e che vedo invece accreditata ad Errol Dunkley (e, tanto per aggiungere una nota di colore, accreditata nell'LP’dei Natural Rhythms "Blue Beat & Ska" del ‘90 a tale F. Oscar) o, ancora "Congo War" di Lord Brynner e "Blam Blam Fever" dei Valentines è vera opera di divulgazione della musica ska.

Le ritmiche sono prevalentemente quelle originali, il suono è pulito e brillante e gli arrangiamenti sono stati fatti in maniera da non violentare mai le composizioni originali.


a cura di Sergio Rallo


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Skavoovie & The Epitones – Ripe – Moon Ska Records 1997

Se hai stima di qualcuno, ascolta ciò che ti dice…potresti scoprire nuove cose. Ed è propriamente così. Avevo comprato il primo CD (Fat Footing – Moon Ska 1995) di questa band dal nome piuttosto lungo, con poco entusiasmo, già non avendoli ritenuti un "gran che" in alcune tracce sparse qua e là nella miriade di "compile" made in USA. Ma mi sentivo di dargli una chance, di giudicarli in un LP. Come al solito, non mi sbagliavo. E si che gli ingredienti perché mi piacessero c’erano tutti: Ska-jazz, Ska-Tradizionale, il tutto mischiato con una piuttosto accentuata predisposizione allo Swing/Rnb. Ma qualcosa in quel Cd non mi suonava bene…non sapevo cosa, e quindi, uscito quello di cui vi dovrei parlare in questa recensione, non l’ho nemmeno tenuto in considerazione per un futuro acquisto.
Sennonché il nostro Ska-grafico Lele, una sera mi chiede, così, an passant: "Ma a te piacciono gli Epitones?". Ed io, consapevole di sorprenderlo con una risposta affermativa: "No, non mi piacciono…non so cos’abbiano ma mi hanno lasciato piuttosto indifferente". "Ueh" fa lui (sapete…si esprimono così a Mezzago) "Ma sei tutto tuonato? Ma l’hai ascoltato il nuovo Ripe? Ma lo sai che è una figata?". Così, convinto da tanta foga, e piacendoci in gran parte la stessa musica, il Rallo presto o tardi va da Stiv, là, in quel coacervo di generi, subgeneri, ma soprattutto sub-sub-generi che è il negozio di dischi "Zab" e gli chiede d’ascoltare un par di pezzi da Ripe.
Zak!
Il Rallo si prende il disco perché è una sciccheria, se lo va ad ascoltare nella comodità del proprio giaciglio. Non ho dovuto far scorrere, nel lettore del mio CD, più di tre pezzi, per rendermi conto che il CD era ben curato, prodotto, e arrangiato. E con i suoni giusti al punto giusto, tanto da quasi non riconoscere nemmeno quel sound del loro CD d’esordio.
E scopro anche il perché, al di là del fatto che i giovanissimi Epitones sono dei bravi musicisti, i 14 brani di "Ripe" , compreso il delicatissimo Rocksteady "Latvian Lullaby", la bellissima versione Ska di "Bli-Blip" di Ellington, l’elaboratissima e molto apprezzata da chi vi scrive "Acquam", le divertentissime canzoni "Blood Red Sky" "Frog Spirit" e "Drunk" (già nella compilation Skankaholics Unanimous) e la percussiva "Burru Ska Plague" sono prodotti da Victor Rice, ex-bassista degli Scofflaws, nonché uomo sempre più indaffarato nei progetti Ska Reggae del continente nordamericano come bassista e produttore.
I dieci Skavoovie & The Epitones, ci invitano, a fine booklet, a suonare il disco "Loud" …ad alto volume, e noi vi invitiamo a fare lo stesso!

a cura di Sergio Rallo


Skavoovie & the Epitones – "The Growler" – Shanachie Records – USA 1999

Un pò datato come disco dato che ha visto la luce nel lontano millennio scorso, però mi ero dimenticato di averlo e quindi di recensirlo. Gli Epitones si sono sempre contraddistinti per uno stile molto personale nell’interpretazione dello ska. Come succedeva anche nei dischi precedenti, si ha una ricerca di ritmi e suoni molto particolari e complessi, tra il jazz, il reggae, il funk, lo ska traditional e uno ska che definirei quasi sperimentale, se non altro perchè non so che aggettivo dargli. Chi segue la band da qualche tempo, si fidi del fatto che questo The Growler rappresenta la naturale evoluzione ai precedenti lavori; chi invece non ha mai avuto la fortuna, o sfortuna, di ascoltarli, è meglio che non si fidi di quanto scriverò. Direi che l’impronta e la ricerca di suoni jazz è palpabile quasi in ogni pezzo del disco, in modo quasi ossessiva a volte, tanto da ritrovarsi spesso persi in sonorità quasi  improvvisate. Ma se si trattasse solo di questo uno recensisce il disco come un più o meno valido insieme di tracce ska-jazz e poi va a dormire tranquillo. Il fatto è che qua ogni tentativo di etichettare il disco risulta insoddisfacente e non renderebbe giustizia alle proprie orecchie. Diciamo che c’è una discreta alternanza di brani dalle ritmiche e dalle melodie tipicamente ska, molto rocksteady, coi fiati sapientemente trascinatori di suoni piacevoli e ballabili, con brani tremendamente complessi, con evoluzioni stilistiche e assoli carpiati con avvitamento che destabilizzano un attimino chi, come me, non è del tutto predisposto all’ascolto di materiale troppo ardito. I brani sono 14 e di sicuro rappresentano un qualcosa di nuovo e inesplorato nel panorama ska degli ultimi anni. Il problema sta nel decidere se il prodotto sia soddisfacente o meno per le nostre orecchie. Io ancora non l’ho capito del tutto, anche se in alcuni brani come “Boyo", “theme from Foster’s ghost", “Salad Days", “Coffee Connection", “Lucy", “Desert Gold", gli Epitones riescono a raggiungere vette non da ridere, tanto che in Desert Gold mi vengono alla mente suoni vellutati alla “Return of the big guns" degli Skatalites; altrove, la band rischia, a mio parere, di perdersi in circumvoluzioni nelle quali faccio fatica ad orientarmi. Splendido l’uso del flauto traverso in alcuni brani e sempre ottima la voce di Ans Purins.
Non prettamente easy listening, ma di sicuro interesse e unico nel suo genere.

  Antonio Crovetti

 


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The Slackers  - "Redlight" -  Hellcat 1997

Stupendo.
Ecco, "stupendo", da solo, basterebbe come esauriente recensione del secondo long playing dei nuova yorkesi Slackers: lo stupendo Redlight.
Il Cd in questione è etichettato Hellcat, che ha scoperto di recente che può fare i soldi anche su musica migliore di quel rumoroso trash-metal-harcore-punk di cui la suddetta etichetta è stata portabandiera negli ultimi anni.
Comunque, la Hellcat, con questo CD merita i complimenti perché è un CD ben curato, con una bella confezione cartonata, ma soprattutto molto ben prodotto e mixato da Victor Ruggiero cantante, pianista, tastierista DEI sorprendenti Slackers. sulla scia degli insegnamenti di Victor Rice (bassista degli Scofflaws) che è stato produttore e mixerista del primo album su Moon Records degli Slackers intitolato "Better Late Than Ever", il gruppo stupisce con un disco di piacevole ascolto e ballo, caratterizzato - come il primo - da un ricercatissimo sound.
Basso profondo e andamento tondeggiante sono la peculiarità dei 12 brani che scorrono nel vostro lettore. tutti, si sente, con radici ben piantate nella Giamaica del Rocksteady e nel Reggae degli inizi, in un colto RnB caldo e fumoso e, ovviamente nello Ska che gli Slackers interpretano con un apprezzatissimo stile un po' retro.
Dal Rocksteady/Dj/ dolce e smussato di "Rude And Reckless", all'irresistibile melodioso Reggae di "What's This" per passare alla fantastica mutazione di una ballata sixties in Ska di "Married Girl" vi assicuro che tutti i brani meriterebbero una nota, tanta è la creatività degli Slackers in un disco che vi fa viaggiare lontano e che pare un'antologia di (Bella!) musica anni '60 ed invece è uno stupendo disco di un gruppo Ska di fine millennio.
Viva la fantasia!

 

a cura di Sergio Rallo Guardati le foto di un loro concerto su Live Skaoovie!Leggiti l'intervista degli Slackers


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The Slackers - "The Question" - Hellcat 1998

Bene, siamo, come usuale, nel campo delle questioni personali e, per parlarvi del nuovo CD degli Slackers, tali questioni le suddivido in oggettive e soggettive.
Nelle prime rientra il fatto che "The Question" è un disco fatto bene, che si presenta bene, mixato, oltre che dal cantante e tastierista Vic Ruggiero, niente po' po' di meno che da Clive Chin (esatto, quello del famoso Randy's Studio che ha prodotto il miglior Reggae dei '70) e Glen Adams (tastierista degli Upsetters di Lee Perry e naturalizzato Nuovayorchese dal '75) che, per l'occasione è anche guest in un paio di pezzi. Tutto il lavoro è poi dedicato (mi tolgo il pork pie) a Tommy McCook e al me sconosciuto Dick Qualin.
Detto ciò, sulla scorta di qualche migliaio d'ore d'ascolto di questa musica e, quindi, con in mente un'ampia casistica di dischi più o meno belli, penso che gli Slackers - pur restando (come "live" ne hanno dato prova) tra le migliori Ska bands del mondo - potevano evitare di inserire rispettivamente 6 e 7 brani in più dei precedenti "Better Late Than Ever" e "Redlight". Così facendo, è successo l'inevitabile: se ad un orecchio meno "esperto" il CD può riscuotere un alto gradimento…al mio, usando come paragone i due album del 1996 e 1997 entrambi da 10, se la cava con un 6.
La "title track", per esempio, la trovo noiosa e le preferisco di gran lunga la bella Dj version, la prima traccia ("Manuel") ha una linea di fiati che mi ricorda troppo quella di "Big Trombone" degli Skatalites, mi suona come una scopiazzatura, "The Mummy" vince tranquillamente il posto di peggior brano scritto dagli stessi autori della bellissima "Treat Me Good" e lo strumentale "Motor City" non è lontanamente paragonabile a gioiellini dello Ska strumentale che gli Slackers ci hanno regalato con "Work Song", "Cuban Cicar", "Cookin' For Tommy" o l'eccezionale (bouncy yet sedate) "Contemplation"…e può non essere personale opinione ma dato di fatto; riascoltatevi e paragonate i pezzi citati.
Nonostante 19 pezzi per un totale di 68 minuti di musica non c'è traccia di canzoni belle come "Soldiers" e "Come Back Baby".
Detto (di nuovo) ciò, in The Question ci sono però 10 pezzi che meritano di essere ascoltati e riascoltati perché sono i "pezzi forti" di questo album: "Have The Time" (con batteria Knibb Style) "And I Wonder ?", "Feed My Girl", "Mountainside" "Power", "The Question (version)", "Face In My Crowd", "Yes Its True", "Alone Again" e "Make Me Smile" meritano il proprio posto nella collezione dell'appassionato. Tra Ska, Rocksteady ed Early reggae c'è spazio per Garage, Blues, Burru e Jazz nella musica degli Slackers che comunque risultano un pochino differenti anche nel sound generale, leggermente meno cupo e po' più simile agli Hepcat dell'ultimo disco.
Ora, per chi non ha ancora avuto la possibilità di conoscere la musica degli Slackers consiglio l'acquisto di "The Question" dato che, affascinato dal genere, il neo-fan vorrebbe presto procurarsi anche i precedenti per scoprire così quanto bravi siano riusciti ad essere Ruggiero & C. e quanto più bravi potrebbero essere in un loro 4° LP…
Per chi non crede che la gatta frettolosa fa i micini ciechi.

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The Slackers + Friends - "Special Reggae Ska Rocksteady Party" - CD Select Cuts Germania 2003

E’ per me del tutto inaspettato questo "Special RSR Party" (edizione europea del CD "Slackers and Friends", uscito in USA per l’etichetta del gruppo Special Potato Records, alla quale vengono aggiunti 2 bounus tracks non presenti nella prima uscita) nuovo album degli Slackers.

Non è propriamente un album "degli Slackers" ma bensì un album "con gli Slackers" che accompagnano una serie di artisti di maggior o minor fama.

I "Friends" da me artisticamente conosciuti, infatti, sono tutti ospiti di grande riguardo tipo l’ottimo Cornell Campbell, la sempre gradita Doreen Shaffer - che canta, tra l’altro, l’unico ska del disco - e ancora il tastierista Glen Adams e, addirittura, la bravissima Susan Cadogan nonché Chris Murray di fama King Apparatus e Rankin Joe a rappresentare rispettivamente la media e la nuova guardia dello ska/reggae. 

"Special Reggae Ska Rocksteady Party" contiene prevalentemente ottimo reggae e dub (eccellente in quest’ultimo genere "Schooling the Youth") ed è, quindi, un disco non propriamente "ska" come i precedenti album.

Contiene, infatti, certo dancehall cattivissimo che piacerebbe tanto anche a Kingston come "Matey Exterminator" cantato da una bravissima, quanto a me sconosciuta Ariane Foster, per una durata di ben 6 minuti. E’ tra i brani che ho apprezzato maggiormente; ed anche un paio di ballate che non c’entrano nulla con reggae & ska, però veramente belle, tra beat, "Sixities" e folk proposte da Chris Murray.

Un disco, questo "Special R.S.R.Party", che nonostante gli ospiti di riguardo e le "variazioni sul tema" comunque non riesce ad entusiasmarmi e che vede la sua maggior attrattiva nella presenza dei citati ospiti.

Non essenziale.

Sergio Rallo

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Slide - "Proto CD" -  autoprodotto, Italia, 2001

Ska veloce e “pulito" e repentini stacchi di Hard Core al 100% è la formula ben applicata dai giovani Slide che, con Proto - CD demo autoprodotto - cercano di far la conoscenza con il pubblico dello Ska.
Gli Slide, fin dal primo superficiale ascolto di Proto, li ho trovati molto melodici e con un buono spirito corale tanto che, a differenza di altri gruppi dello stesso genere, mi sono proprio piaciuti.
Il cantante ha una bella voce, priva di inflessioni dialettali ed i musicisti si divertono a miscelare in giusti rapporti Ska veloce, Reggae e Punk.
Il loro lavoro, per essere un semplice Demo, si caratterizza per un bel suono brillante, anche quando si passa nell’HC.
Molto carina la prima traccia dal titolo “0 Schemi" e la seconda “Luoghi Sconosciuti", ma la più brillante ho trovato essere “Makkeroni Elettronici" che non è per niente Ska ma che mi riappacifica con certe sonorità Punk. Interessanti i testi.
Complimenti, quindi, agli Slide di cui attenderemo il primo vero album con curiosità avendoli già trovati originali e divertenti.
E, anche se la ritmica degli Slide ha bisogno di una messa a punto, posso dire che gli Shandon cominciano ad avere una concorrenza che sa il fatto suo e non che li imita.

 

Sergio Rallo


Stiliti - "Nella Strada" - CD, Tube Records, 2001

Bella prova di maturità musicale raggiunta dai piemontesi Stiliti, il loro ultimissimo CD “Nella Strada", è veramente un disco di “street ska". Per tematiche e ritmi.
Gli Stiliti sono, infatti, incredibilmente bilanciati tra “pop ska" alla Busters e ska-core alla Persiana ed innestano su ritmi - mai frenetici e decisamente “carichi" - orecchiabili melodie dai testi neo esistenziali.
“Nella Strada" comincia alla grande con “Quello che mi piace", un sostenuto ska moderno dal giro particolarmente felice e dal bridge molto rock, prosegue con la canzone che sgancia il nome al disco, un bello ska trasportato dai fiati con un testo cantato con passione dal notevolmente migliorato Paolo Morello. Anche “Nella strada" ha il suo bel passaggio di rock duro che fa la tendenza dei nostri giorni.
Al terzo posto, gli Stiliti giocano con le mie nostalgie facendomi restare in stato di inerzia e coi pensieri rivolti ad una delle più felici vacanze estive sul mare di Marsala quando la colonna sonora era “L’estate sta finendo" dei Righeira che, all’epoca, tornavano prepotentemente in classifica dopo la loro “Vamos a la playa"; già, perché gli Stiliti, non solo ne traggono una versione Ska particolarmente riuscita (anch’essa col suo bello stacco rock), ma anche “attraggono" allo ska il fuorissimo Johnson Righeira!! Fa piacere parecchio risentire la sua voce, soprattutto cantare ska.
Altra sorpresa è la divertente versione strumentale di  “Venus", ancora a sottolineare come Stiliti vadano egregiamente d’accordo col pop e, essendo uno strumentale sottolinea come gli Stiliti siano un gruppo ska in cui tutto funziona egregiamente.
La conferma a quanto appena affermato viene da un’altra cover, ben riuscita, di un maestro della musica italiana come Battiato – e vai nuovamente di nostalgia per gli anni ’80 (lo speldido album “La Voce del Padrone" è del 1981) – “Centro di gravità permanente" in versione sempre ska/rock potrebbe far innervosire il fan del maestro siciliano, certo farà godere il fan dello ska!
Ben registrato, curato nell’aspetto grafico, ballabile, un po’ rock, un po’ tecnologico, ma saldamente ska, “Nella Strada" è veramente una buona prova di ska italico moderno che, giustamente, anela al grande pubblico. 

 Sergio Rallo




 

Stiliti - "Videogames" - CD Sanarecords, Italia, 2004

Tecnologici e pop, gli Stiliti sono una band decisamente in continua evoluzione e la new wave rock di oggidì la seguono e la interpretano proprio benino con gradevole stile ska che colpisce l’ascoltatore immediatamente con le prime due tracce intitolate "Nuvola" e "L’ultima tassa".

Stiliti si sforzano peraltro - e ci riescono - di essere sempre diversi in ogni traccia, dalle più rockettare "Nuovo Stato Mentale" e "Dimmi Che Cos’è" allo ska moderno di "Che Cosa Sei" e di "Tempo Determinato".

Bella "Stella Artificiale" sullo stile melodico di Morgan e "Video Game" che è la più rock e che terminano l’ascolto di "Videogames" profilando gli Stiliti come i Luna Pop dello ska. Il loro precedente album paragonato a "Videogames" sembra già passato remoto.

Non è certo il mio stile ma il lavoro è senz’altro buono e curato.

 

Sergio Rallo


 


Stingers ATX -"Rich Boy" - EP, Grover Records, Germania, 2002

A giudicare da questo 45 (che rappresenta il loro debutto europeo) i texani Stingers ATX (che sta per Austin, Texas) sono da annoverare tra i gruppi cui senz’altro dedicare attenzione.
Già con un bell’album in curriculum, questo sestetto offre uno stile veramente originale le cui influenze maggiori sono da rintracciarsi nell’early reggae-rocksteady, nello ska e nel cha cha cha ma anche, per ciò che riguarda il cantato, nel soul e nel doo wop.
“Rich Boy" è un potente reggae-rocksteady con ritmica più che tradizionale ed ottimo cantato.
Sul lato “B", che va a 33 giri, gli Stingers ATX offrono come saggio della loro interpretazione dello ska una coinvolgente canzone dal titolo “Mikey" che “viaggia" tra tradizionale e drum&bass con un piglio punkeggiante che non stona affatto con “Just Ain’t Right" che conclude il gradito EP e che è uno ska-cha cha dal gradevole cantato e notevole solo di trombone. Sound caldo e pieno caratterizzano tutti e tre i brani.
Molto interessanti.

Sergio Rallo



The Stingers ATX - "This Good Thing" - CD Grover, Germania 2002

Tra i migliori debutti dell’anno appena terminato ci sono senza dubbio i texani Stingers di cui mi ero occupato recensendo il loro 45 “Rich Boy" sempre per la Grover.

Lo stile è un notevole ska/soul melodiosissimo e affatto complicato. Linee semplici e ottimo feeling tra i componenti della band mi fanno pensare al primo rapido ascolto a dischi di debutto tipo quelli degli Scofflaws o degli Allstonians.

Molto bella la traccia di apertura “Get Away" che è un Signor ska, ripetitivo ed incisivo come piacciono a me. Ma la formazione, come avevo avuto modo di scrivere per il singolo, è fautrice anche di piacevoli rocksteady e reggae tipo “This Good Thing" ed il bell’early reggae “Your Patient Ways", lo strumentale “Wonderful World" e la bella “The Story".

Il meglio, comunque, per me gli Stingers lo concedono con i brillanti ska “She’s My Only 16", “Artificial Tears", “Telephone Breakdown" e “Being Deceived" dove si sentono palesemente influssi di formazioni come gli Slackers anche se devo precisare che a farli assomigliare al gruppo di New York può essere anche il lavoro del sempre bravissimo Victor Rice, anche questa volta, impeccabile produttore ed ingegnere del suono.

Ghost track in cui l’uomo appena citato si è divertito in alchimie sonore dopo l’ultima traccia.

Bel lavoro, senza dubbio. 

 

Sergio Rallo


Stubborn All-Stars  -  "At Version City"  - Grover Records 1999  -  Germania

Chi non conosce gli Stubborn All-Stars alzi la mano. Vediamo….siete in pochi. Meglio così. Tanto per rinfrescarci la memoria tutti quanti, diciamo che gli Stubborn sono l’equivalente Ska di una nazionale di calcio. Una nazionale tutta New Yorchese per essere precisi. Capitano e regista il poliedrico King Django, già noto come voce degli Skinnerbox, Agent Jay (Agent 99) alla chitarra, Vic Ruggiero (Slackers) alle tastiere e peccato non canti mai, Sledge (Toasters) tromba (lo spero per lui), Victor Rice (New York Ska-Jazz, Scofflaws) basso, tanto per citarne alcuni. Numerosi anche gli ospiti, tra i quali spicca il nostro amico e peso massimo Dr. Ring Ding col suo trombone. Il disco è bello e come da ogni disco degli Stubborn ti aspetti sempre qualcosa di particolare. Il filo conduttore è decisamente Rocksteady. Rocksteady con una spruzzata di mille ingredienti diversi: Jazz, Rub-a-Dub, Reggae, Rhythm and Blues e chi più ne ha più ne metta. Tanto per gradire, King Django canta pure in tedesco, francese e spagnolo. Splendido l’inizio con ritmi avvolgenti a partire da “From Time To Time", per proseguire con la strumentale “Buccaneer Bay"  e la malinconica “Wash Away Evil". Il ritmo tende a calmarsi abbastanza presto nel disco fino ad assumere sonorità decisamente soft, pure troppo, nella maggior parte dei brani. La scelta artistica è evidente. Ai riffs coinvolgenti e trascinanti si preferisce far posto alla classe dei vari musicisti. A questo proposito davvero notevole l’impronta lasciata da Vic Ruggiero con la sua Korg.
Da segnalare “Rukumbine" e “Saturday Night" che da soli valgono l’album, anche se mi rendo conto che la mia opinione vale meno di zero. E sempre a questo proposito, segnalo una lieve caduta negli ultimi tre brani. Eccessivamente Reggae-Dub. Pesanti. Nel complesso carino. Avendo 5 stellette a disposizione, gliene darei 3 e mezza.

a cura di Antonio Crovetti


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The Specials - "Guilty 'till Proved Innocent" - MCA Records USA 1998

E' facile che chi è fan degli Specials faccia la semplice equazione: Specials = Jerry Dammers = Two Tone records. E non sbaglia.
Per fare un paragone calzante, è come per i fan dei Bad Manners quella: Buster Bloodvessel = Bad Manners, con l'unica differenza che, se per quest'ultimo gruppo la mente creativa (e voce!) è rimasta sempre al suo posto assicurando, come dire…una continuità artistica del gruppo, per gli Specials questo non è avvenuto; anzi, già la sola partenza di Terry Hall (voce) aveva cambiato tantissimo la fisionomia della band inglese, e non certo in meglio dato che i risultati si possono ascoltare nell'ultimo disco di Dammers & Co. Special A.K.A. In The Studio.
Da lì (1984) si arriva ai '90 con avventure "joint venture" tipo Special Beat (da dimenticare) o l'esageratamente criticato Desmond Dekker & the Specials King of Kings o, peggio, Big 5!
Dico subito che, in generale, senza aspettarsi nulla che regga il paragone con, che ne so, Too Much Too Young, G.'T. P. I.! è un buon disco Ska. Anche con un notevole quantitativo di musica se volete ( un'ora!). Ma a stento diresti che sono gli Specials, nome che negli ultimi anni ha significato un riferimento e riconoscimento musicale solo per i 4 original Specials Neville(voce), Horace(basso), Lynval(chitarra) e Roddy(chitarra), più che per chi segue lo Ska dagli anni '80.
Comunque i complimenti ai quattro(e perchè no, anche al resto del gruppo) vanno fatti, soprattutto laddove si notano maggiormente gli sforzi di tirare fuori "quel vecchio feeling" d'una volta.
Call Me Names, Bonediggin', All Gone Wrong, No Big Deal, Leave It Out e le due che mi sono piaciute di più, Fantasize e My Tears Falling e, infine, una "ri-version" di Monkey Man dal titolo Running Away sono la coronazione dei suddetti sforzi nonché una buona ragione per avere questo disco. Il resto, non è male (la copertina poi, è un nostalgico tuffo al cuore), ma non impressionante; gli Speciali stanno nella media di tanti altri loro colleghi americani meno famosi.
Fate attenzione, The Monkey Man Is Back!

a cura di Sergio Rallo


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Spook & The Guay - "Mi Tierra" – Gridalo Forte Records   1998

Con all'attivo più di duecento esibizioni, tra cui l'apertura dei concerti dei Blues Brothers, Negu Gorriak, i francesi (di Tolosa) Spook & The Guay si avvalgono al mixer della presenza del tecnico del suono dei Manonegra, a testimonianza della loro eterogenea scelta musicale.
Sin dal primo ascolto questa produzione made in Italy (Roma) ci porta alla mente i Los Fabulosos Cadillacs di "Rey Azucar" (il penultimo, in cui era registrata la cover traditional Ska di "Strawberry fields" dei Beatles), per non parlare dei già citati Manonegra.
Spook & Company non seguono un indirizzo preciso, nel senso che si aprono a 360° a tutte le possibili contaminazioni, tenendo lontano da sé ogni più indomabile spirito settario: fusi tra loro,ritroviamo, Ska, Reggae, Dub, Rock e sonorità latino-americane, con testi in inglese, francese e spagnolo.

a cura di Tomaskarini per Rockerilla


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Stiliti – Promo Cd – Autoprodotto 1998

Questi gruppi Ska nostrani sono sempre più nella, diciamo così, direzione giusta.
Io che a certi "sound" sono molto avvezzo, trovo questi gruppo del Piemonte non propriamente una novità. Musicalmente, parlando di similitudini, Stiliti ricordano da vicino The Busters. I tre brani di questo promo ("Il Cassetto dei Sogni", "Io sono Vero", "Cosa Sarà di Me") registrato bene e piuttosto curato nei suoni, hanno comunque il pregio non solo di essere Ska al 100%, ma soprattutto di avere dei testi in Italiano senza cadere nelle solite banalità e rivendicazioni politiche di qualsivoglia etichetta, purtroppo così comuni. Il lavoro odierno degli Stiliti, mi fa ben sperare in un prossimo prodotto di questa Ska band, più maturo…si sente che hanno stoffa.

a cura di Sergio Rallo


Symarip - "Skinhead Moonstomp, the best of Symarip/the Pyramids and 7Letters" - CD, Trojan Records, Inghilterra, 2004

Questo è da avere. Soprattutto per i rudi malati di quelli che gli inglesi chiamano "chunky rhythms" ovvero ritmi spezzettati. Ma anche gli appassionati di r&b e soul original saranno soddisfatti (o meravigliati) dalle varianti offerte dai Symarip dei suddetti generi.

Pochi altri gruppi hanno saputo variare le ritmiche dell’early reggae e personalizzare le strutture dei pezzi come hanno fatto Roy Ellis (cantante), Monty Neysmith (tastierista), Joshua Roberts (chitarra) Frank Pitta (batteria) e Michael Thomas (basso).

Andando al sodo, per aiutare gli eventuali dubbiosi sull’acquisto, dico subito che questo abbondante cd (25 tracce) contiene 7 tracce tratte dall’originale album del 1969 "Skinhead Moonstomp" (che ne conteneva 12) riedito nel 1980 con pedissequa entrata in classifica sulla scia del "two tone movement" e sono la potente title track, la fantastica "Skinhead girl", la bella "Must Catch a train", lo ska "Phoenix City", "Skinhead Jamboree", "Stay With Me" e "Fung Shu". Riascoltarle fa sempre bene, dovrebbero prescriverle come terapia antidepressiva!

Le altre tracce variano abbastanza a seconda che siano accreditate a Seven Letters (sono quattro: l’eccitante reggae "Flour Dumpling", il reggae strumentale "The Fit", il soul reggae "there Goes My Heart" e la semi cover "Bam Bam Baj" che inizia come la famosa canzone dei Maytals ma riproduce melodicamente uno standard calypso piuttosto famoso) o ai Pyramids (sono 11 e tra queste ci sono potenti strumentali sullo stile di Freddie Notes & the Rudies tipo "Geronimo" che si ispirano palesemente ai lavori giamaicani degli Upsetters o "Stingo" che sulla stessa linea di basso che Jackie Jackson creò per "54 46" dei Maytals si sviluppa in un lungo riff di piano o, ancora, come la fantascientifica "Telstar" in cui è la tastiera a farla da padroni).

Oltre alla citata "Flour Dumpilng" anche la divertentissima "Mosquito Bite" oltre ad essere uno ska è una delle tracce che meritano l’acquisto del cd in discorso insieme all’incredibile "La Bella Jig", primo ed unico esempio di celtic reggae nella storia del genere.

A concludere un cd dall’indubbio fascino storico documentaristico c’è il discreto ska datato 2003 ed intitolato "Back From The Moon" che segna il ritorno al genere di parte della band dopo anni di afro rock. Bentornati Symarip!

 Sergio Rallo

 


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The Termites - "Do The Rock Steady" - Heartbeat 1991

Dei tanti gruppi vocali giamaicani che lottavano tra il ’66 ed il ’68 per "venire a galla", quello dei Termites, un duo composto da Lloyd Parks ( noto poi anche come notevole bassista in "Double Barrel" e "Monkey Spanner") e dal mai più sentito Wentworth Vernal, è uno dei pochi che arrivò a registrare un intero ellepì ( leggasi: raccolta di 45 giri).
Intendiamoci, non è che fossero più bravi di gente come the Rulers, the Silvertones ( che riusciranno a fare il loro primo album nel 1972!) o the Overtakers, tutt’altro, è che anche la fortuna, nel decretare il successo di un gruppo, gioca la sua dannatissima parte e così, eccomi a scrivere delleTermiti invece che dei Sovrani, dei Tonalità d’argento o dei Sorpassatori!
Il cd contiene 12 brani, uno (Mommy Didn’t Know ) in più rispetto all’originale vinile e ripescato negli archivi di Coxone da cui arrivano anche gli "extended mixes" della banalotta canzone che dà il titolo al disco e della successiva e decisamente migliore My Last Love.
Dalle citate prime due tracce si capisce subito che il duo è ispirato ai Techniques e non è un caso che Parks sostituirà più tardi Pat Kelly proprio in quel gruppo. In particolare, Lloyd Parks, sembra ispirarsi decisamente allo stile vocale di Slim Smith.
Veramente rilassato e rilassante in tutta la sua durata, precursore di un nuovo rallentamento dei ritmi, come al solito, in quel periodo, elaborati dai Soul Brothers/Soul Vendors, il disco fa lo strano effetto di risultarmi leggermente diverso ogni volta che l’ascolto.
"Go Back To Your Country", "Have a Mercy Mr.Percy" e "Heartaches" che si sente che sono state registrate in altra occasione e, comunque, almeno qualche mese prima delle altre canzoni, sono tra i miei brani preferiti, ed è da ascoltare attentamente che cosa "tira fuori" Jackie Mittoo, come suono della tastiera, nella traccia intitolata "It Takes Two To Make Love", giusto per dare la dovuta dimensione del genio musicale del leggendario tastierista.
L’apparenza del Rocksteady, in maniera particolare quello di Do The Rocksteady, è che sia musica "soave", delicata…ed è anche vero, se lo si ascolta a basso volume, come sottofondo, magari mentre si scrive una recensione…ma appena alzi il volume e pompi il basso, ecco che il soave Rocksteady dei Termites si trasforma in potente ipnotico. Per tutti.

a cura di Sergio Rallo


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Toasters - "Don't Let The Bastard Grind You Down " - Moon Ska Records 1997

Ci sono gruppi che preferiscono registrare alla maniera dello Ska tradizionale e del Jazz in presa diretta i propri lavori. Altri, come i Toasters, sudano letteralemente le sette camicie dentro lo studio per suonare, risuonare, provando e riprovando ancora. Questa, come dire, è la storia non scritta del loro ultimo CD.
Si sono sprecati, i nuova yorkesi di "Bucket" Hingley, con 17 pezzi di un repertorio che ritmicamente è molto vario.
Il problema è, sono i Toasters diventati noiosi, pur essendo tecnicamente , qualitativamente e artisticamente molto più evoluti rispetto al loro Ska-rock melodico degli inizi di "Pool Sharck", oppure siamo noi ascoltatori che ci annoiamo? Dopo 15 anni e soprattutto 8 LP come si fa ad avere sempre nuove idee per stupirci?
Beh, in fin dei conti penso che la bravura maggiore di questa band americana sia proprio quella di racchiudere sempre nei propri dischi un buon numero di canzoni particolarmente belle. Questo vale anche per DLTBGYD, che come i precedenti ha degli apici e delle cadute di gusto. Certamente molto migliore del loro precedente album "Hard Band For Dead" , questo disco vede i suoi cavalli di battaglia, ma sempre secondo la modesta opinione del sottoscritto, nello strumentale "Jackie Chan" del trombonista Faulkner, in "Bye, Bye Baby" dal sapore RnB, nella brillante e solare "Today Is a Good Day" e nell'altro strumentale presente nel disco dal titolo "Big Red".
E certo mi prenderò anche il prossimo disco, e il prossimo..e il prossimo ancora.

a cura di Sergio Rallo

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Toasters
  -  Dog eat dog  -  Grover Records 2000 

Nuova uscita, un pò in sordina, per gli inossidabili niuiorchesi. 4 brani per un quarto d’ora di musica. La band si presenta con la miliardesima formazione della sua storia. Dopo la dipartita di Malles, Reiter, Faulkner, Mc Cain e the Sledge, è rimasto il solo Bucket, memoria storica e non solo dello ska d’oltreoceano, del nucleo originario della band. Devo confessare che negli ultimi anni il gruppo si è trascinato con alti e bassi, senza mai uscirsene con prodotti da far gridare al capolavoro. Qualche ottimo pezzo qua e la, ma mai vere e proprie pietre miliari. E se penso che lo stratosferico “Dub 56" risale alla bellezza di 7 anni fa, mi crescono ciocche di capelli bianchi tutte all’improvviso.

Veniamo a questo singolo, o mini cd che dir si voglia. Nonostante i cambiamenti di formazione, li si riconoscerebbe tra mille band. Un sound alla Toasters inconfondibile. La voce di Bucket è già gran parte del brano, poi c’è che quel basso sincopato, sempre uguale a se stesso, indipendentemente da chi lo suona. Ai fiati manca forse qualcosa. Reiter e Faulkner, ecco cosa manca. Non so se mi spiego.

Si inizia con il brano che da il titolo al disco. Uno ska allegro, preciso, con stacchi, fiati puntuali e cambiamento di ritmo.  Si prosegue con il rifacimento di un loro vecchio e splendido pezzo: “Social Security". E qui manca qualcosa. C’è un rallentamento generale, una stanchezza di fondo, la mancanza di energia ed entusiasmo. Non mi piace.

Poi si prosegue con “why oh why" un ragga-rap-ska cantato dal redivivo Jack Ruby. Un pochino insipido.

Dulcis in fundo, chiude il tutto “Barney". Un altro ragga, leggermente dubbato. Non il mio genere.

Non so, una parte di me ha un indefessa ammirazione per Buck e tutto quello che fa, l’altra parte mi dice che qui c’è odor di riciclo. Insomma, non ne sentivo il bisogno.

Però non dispero e attendo impaziente l’uscita del “best of" della band, che mi si dice ormai imminente, con cofanetto superlusso con interni superaccessoriati. Quello si che sarà da non perdere.

 

A cura di Antonio Crovetti

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The Toasters – The Best of The Toasters – 2000 Moon Ska Europe

Credo che nessuno abbia nulla da dire circa l’importanza di questa band sulla scena Ska mondiale e di quanto Bucket e soci abbiano fatto con la loro Moon Records (RIP) nel lanciare e produrre gruppi sconosciuti.
Personalmente è da un pò di tempo che non riesco più ad annoverare la band nella cerchia delle mie favorite. Come per tanti altri fan della prima ora, all’ascolto di vecchi classici come “Run Rudy Run", “Decision at Midnight", “East Side Beat" e “Shocker", un brivido riaffiora ancora oggi, dopo tanti anni. Il problema è che i Toasters ultima maniera, intendendo con questo gli ultimi 3-4 album, non mi hanno più entusiasmato. La formazione che cambiava col volgere della luna nuova, la migrazione verso altre terre dello ska di Reiter, Faulklaner, Mc Cain e compagnia hanno, a mio parere, appiattito il suono della band, rendendolo a tratti scontato e comunque, senza che raggiungesse più quelle vette da brivido già citate.  Quella batteria pestata, il basso sincopato e una sezione fiati ridotta a comprimaria dopo la perdita dei mostri sacri Faulkner e Reiter. Ad ogni modo, e che piaccia o no, il disco si riconoscerebbe tra un milione, nella collezione di CD del bravo rude boy. Si tratta di una confezione in metallo, piacevole al tatto, il cui contenuto, però (in termini di grafica e booklet) lascia alquanto delusi. Dentro infatti, 5 fotografie modello “figurine Panini" della band in diversi momenti della sua esistenza sul cui retro è stampata una sorta di nota celebrativa di Bucket, dei Toasters e della Third wave dello ska. Poco che già non si sapesse e forse eccessivamente celebrativa nei confronti di Bucket, tanto che altri elementi storici dei Toasters, di cui ho parlato poc’anzi, non vengono mai nominati.
La scaletta dei 21 brani la si può immaginare: di tutto un pò, partendo dai primi lavori ed arrivando in ordine sparso, agli ultimi. Il primo approccio non è stato dei più felici. Non so voi, ma come prima cosa ho notato l’assenza di pezzi inediti e la presenza di “Weekend In L.A.", una delle mie preferite, nella orribile versione dell’album “Don’t Let The Bastards Grind You Down. Anche il fatto che i brani siano buttati lì senza un ordine preciso (mi piacciono le compilations cronologicamente corrette, e allora??) ha fatto storcere le mie orecchione.
Poi però, l’ascolto dei vecchi classici “East Side Beat", “Thrill Me Up", “Shocker", “Pool Shark" e delle altre 4 o 5 pietre miliari della band mi hanno decisamente tirato su il morale. Poi, sull’onda degli ultimi dischi dei Toasters, è un alternarsi di alti e bassi.
Alti, se si tratta di materiale vecchio con qualche piacevole eccezione come “Dub 56", “I Wasn’t Gonna Call You Anyway", “Talk Is Cheap", “Social Security". Bassi non da poco riferiti ai vari “Ploughshares Into Guns", “Havana", “Two Tone Army", “Weekend In L.A." (mi è rimasta di traverso sta versione, si era capito?) e un paio di altri.
Alcune delle mie preferite non compaiono, ed ecco perché a me non piacciono molto i “best of". No dico, voi avreste lasciato fuori “Go Girl", “Manipulator", “Mr. Trouble", “Mona", “Speak Your Mind"? Beh, ognuno dica la sua a questo punto.
Nel complesso un’opera sufficiente. Adatta forse più a chi non ha avuto il piacere di seguire i Toasters fin dagli esordi che al fan della prima ora. Sempre senza dimenticare la gratitudine che lo Ska deve a Bucket e soci.

 Antonio Crovetti

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The Toasters – Enemy Of The System – Asian Man Records - 2002

Tra ristampe, edizioni speciali, stampe inglesi americane brsiliane, edizioni limitate, compilations e quant altro, non so più a che numero siano i dischi dei Toasters. Diciamo che siamo attorno al quindicesimo album e non se ne parli più. E insomma, ogni volta che si vede un nuovo album dei Toasters, c’è di che essere contenti. Più per una questione di affetto e di riconoscenza magari che per vera passione per la loro musica. La riconoscenza verso questa band e in particolare verso Bucket è universalmente nota e ne è partecipe qualsiasi rude boy del pianeta immagino. Senza di lui, niente third wave (ma nemmeno niente original style revival), niente moon records, probabilmente pochissime band tra le centinaia nate grazie alla moon e a chi diffondeva questo genere sarebbero esistite. E tutto questo trascende un po’ dall’effettivo piacere che può dare l’ascolto di un disco dei Toasters.

Già perché a dire il vero amo tantissimo i Toasters prima maniera, quelli di Frankenska, Skaboom, Pool Shark, ecc ecc, poi mi sono un po’ staccato, anche se mai stancato dalla band.

Questo nuovo Enemy of the system porta qualche novità, due direi. Innanzitutto, questo è il primo disco dei toasters prodotto da un’etichetta che non sia la Moon Records (fallita nel 2000). Esce per la solida Asian Man, nota per alcune buone uscite punk e ska (MU330, Let’s Go Bowling, Five Iron Frenzy…), cinque anni dopo il loro ultimo studio album, "Don’t Let The Bastards Grind You Down". Seconda novià è il rientro nella band di personaggi come Sledge alla tromba e di Jack Ruby Junior alla voce. Nella band anche Bufford O’Sullivan (Scofflaws, New York Ska Jazz) al trombone.

Il limite dei Toasters è che forse si può già sapere su quale falsa riga sarà il disco, prima di ascoltarlo. Il livello è di quelli alti, come i Toasters da sempre ci hanno abituati. Uno ska un po’ two tone, un po’ third wave, sezione ritmica sincopata e fiati in abbondanza alla menta piperita. Proprio nella sezione fiati, a mio parere, la sorpresa più positiva: melodie finalmente degne di questo nome e virtuosismi in quantità. La voce di Buck è nota a tutti, sempre più calda e sempre più matura.

Le canzoni sono carine, a mio modesto parere. Carine e nel tipico stile Toasters che a volte trovo un po’ uguale a se stesso. Non ci sono veri e propri picchi o brani che rimarranno in mente a lungo. Sono in tutto 14: 12 “ufficiali" e due tracce nascoste, di cui una è un remake di “Social Security".

Tra le migliori, “Pirate Radio", “Enemy of the System", l’ottimo rocksteady “Pendulum", la raggamuffin inna Ruby Stylee “Why oh Why" e “Barney", dedicata all’ormai leggendario barbutissimo personaggio addetto al merchandise ai loro concerti. Chi non gli avrà mai chiesto almeno una volta “what’s the price of that t-shirt?".

Solite strizzatine d’occhio al blues con un remake di Sweet Home Chicago, questa volta intitolata “Sweet Home Town Jamaica".

Lunghissima vita ai Toasters!!!!!

 

Antonio Crovetti

 

Leggiti l'intervista ai Toasters


Top Cats - "Mr. Donkey Paradise" - Autoproduzione CD Inghilterra 1999

Non si esagera quando si indicano i Top Cats di Londra come la migliore formazione ska inglese dai tempi dei Potato Five e ne ho avuto la conferma vedendoli ad un concerto a Milano.

I Top Cats, infatti, sono stati splendidi con la loro originalissima musica ska e proponendo cover di brani tradizionali.

Il loro album di debutto, di cui ora mi occupo, non raggiunge i 40 minuti di durata ma in compenso, i 9 brani ivi racchiusi sono un concentrato di potenza musicale.

La maggiore originalità dei Top Cats è data dalla particolare voce del cantante (che, alle volte, ricorda il giovanissimo Errol Dunkley se non Delroy Wilson) e alla formazione in sé, che vede l’assenza di tastiere e piano ma la presenza di 2 chitarre, e 4 fiati che, insieme ad una batteria precisa e decisamente roots ed un contrabbasso di piena ispirazione “Brevette" spaccano letteralmente il c. !

Sul CD si possono ascoltare rotolanti strumentali dalla cattiveria notevole come “Tear The Place Down", “Let Them Go" o “The Chalice Of Fu Manchu" e bellissime canzoni come “Calling Your Name" e “Caught In A Fire".

Selvaggi e originali fino al midollo sono dunque i Top Cats che raggiungono il “top" con la potente “Lay Down the Law" ed il rilassantissimo strumentale “Blue Lagoon".

Eccellente debutto ed immancabile tassello della storia recente dello ska.

Sergio Rallo


 

Tokyo Ska Paradise Orchestra – "Full Tension Beaters"  -  2000 Grover Records

E con questo fanno otto! Ottava perla in levare in una dozzina d’anni di attività per gli strepitosi Tokyo Ska Paradise Orchestra, finalmente in stampa anche in Europa. Si perché fino ad oggi, per recuperare un solo disco di questi rude boys del sol levante bisognava esibirsi in salti mortali carpiatissimi con triplo avvitamento. Popolarissimi nella madre Patria, i TSPO godono da qualche tempo di un discreto seguito anche da noi, nel vecchio continente, grazie ad un mini tour lo scorso dicembre per promuovere questo CD. Si tratta di un album davvero variegato, come il gelato all’amarena. Registrato alla stragrande; roba da veri professionisti.

Il contenuto è versatile: si spazia dallo ska tradizionale, dai ritmi piuttosto sostenuti e danzerecci tipici della band, a incursioni a 360 gradi in altri generi musicali, dal jazz allo swing passando attraverso qualche dub sofisticato, che anche chi non ama il genere (io, ad esempio) può apprezzare, come nel caso della fischiettabile “Skarada Dub" e di “Jon Lord".

Quello che la band ha saputo trasmettere con questo CD è la sensazione di immediatezza che il gruppo sa infondere nei loro concerti. E’ un suono avvolgente, caldo. Difficile da spiegare: la sensazione è quella di avere la band che suona su un palco improvvisato in casa propria.

Veniamo al contenuto: 15 brani di ska “in a sentimental mood". Brani con trame diversissime tra loro, basati ora sui fiati, ora sulle tastiere, ora sulle chitarre. Il mio preferito: “The BIG MAN Still Standing", un brano sostenuto dai fiati in modo eccelso, con intermezzo fischiato che gli dà un tocco in più. Ascolto il pezzo e vedo una folla ballare all’unisono presa da una melodia ipnotica. “Monsoon Town" da l’idea di un brano da colonna sonora di commedia americana anni ’60. “5 Days Of Tequila" è uno ska divertente e veloce, con stacchi e stop and go improvvisi. Un pezzo da “cichicì cichidà", per intenderci. “Theme From Enter The Dragon" farebbe la sua porca figura nel prossimo 007, mentre “Brave Eagle Of Apache" consiste in 5 minuti di fiati a manetta ai quali è praticamente impossibile resistere.

“Guts For Saxophone" e “Interlude" sono due swing un pò alla Royal Crown Revue, con venature jazz.

Inutile soffermarsi sui contenuti dei singoli pezzi, tutti estremamente coinvolgenti e orecchiabili. Un’ottima orchestra con ottimi musicisti. Tutto da godere, tutto da ballare. Unico neo, la scarsità di informazioni nel booklet dell’album.

a cura di Antonio Crovetti

 


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Toots & the Maytals - "Ska Father" - Artists Only! Records USA 1998

La musica Ska è estremamente viva e pulsante in ogni paese del mondo ormai e sempre più spesso enormi interpreti della musica giamaicana si stanno proponendo come artisti Ska.
Non è il caso di Toots il quale nello Ska/rocksteady più che in certo pop-rock-reggae ha sempre creduto come dimostrano i suoi molteplici dischi ( aggiungo: uno più bello dell’altro).
Nonostante ciò, l’emozione di ascoltare che Ska sia in grado di proporre Toots nel 1998 c’è stata ed il risultato è che devo segnalare Ska Father come uno dei migliori dischi del genere in assoluto.
Mi pare ovvio che, se dovessi dilungarmi come faccio di solito, sul gruppo vocale giamaicano per fama secondo solo a Marley, scriverei un libro, ergo, dando per scontato che chi legge sappia almeno che si sta parlando di uno dei più dotati cantanti del mondo, parliamo del disco.
Ska Father letteralmente scoppia al primo pezzo: You Really Got Me è l’unica canzone il cui autore non sia Frederick "Toots" Hibbert, ed è un grandioso Ska che, come tutti quelli che lo seguono, ha le tinte spiritual/gospel della incredibile voce del cantante. Se poi uno degli Ska del passato che vi piacciono di più è Broadway Jungle (aka Dog War), bene, non potete assolutamente perdervi ( dopo la versione rocksteady del ’68) la versione 1998, è più pulita e mancano gli urli della giungla all’epoca fatti da uno del terzetto, ma è altrettanto energetica e vitale; in vena di riproporre "vecchie"( quando mai queste canzoni potranno mai diventare vecchie?) hit in stile Ska, Toots ci travolge con una luminosa e sempreverde Pressure Drop che nessuno potrebbe riproporre meglio ed, anzi, a me piace ancora di più dell’originale!
Cori, accompagnamenti di sezione fiati, melodie originali arrangiamenti semplici ma efficacissimi assicurano voglia di cantare dietro al mitico Toots e di ballare a più non posso per tutti gli altri 9 "gioielli" di questo nuovo album di Toots & the Maytals.
Le ultime tre tracce sono le "version", strumentali, delle prime due e di The Right and Wrong Way. Toots canta, com’è sempre stato nello stile del gruppo, anche un bel lento, una ballata; ed una più funkeggiante Do you belive ma, non contento, ne approfitta per scrivere anche una delle più belle canzoni Ska dedicate alla notra musica che io ricordi: Peter, James & John nel cui testo si può ascoltare quella che per tanti come me è la verità delle cose "…in reggae music we find our redemption, when you’ll listen to the beat it makes you want to dance when you’ll remember it it make you feel allright, and it can’t get it out your mind..".
Agli strumenti poi, questo cd registrato in giamaica, elenca un nugolo di musicisti molto familiari agli amanti del rocksteady giamaicano e dell’early reggae visto che alla batteria ci sono Paul Duglas( che con i Maytals "fa coppia" da almeno 20 anni ) o Winston Grennan ( già batterista nei Caribbeats di Bobby Aitken), al basso l’unico fratello Barrett rimasto("Family Man"), Jackie Jackson ( già Dynamites, per il quale vale più o meno quanto detto per Douglas), alla chitarra Red Bryan, l’inossidabile Hux Brown (anch’esso già Dynamites) ed alla tastiera Winston Wright( ma non era morto nel ’90?) e Harold Butler, alla sezione fiati Dean Frazer al sax, Nambo Robinson al trombone nonché David Madden e Johnny Moore alle trombe. Insomma, più d’un motivo per andarselo a prendere dallo spacciatore di reggae personale.
Prima di concludere, però, un’ultima considerazione: Darei per scontata l’incazzatura di Laurel Aitken nel momento in cui dovesse giungergli notizia o, peggio, si trovasse in mano il cd che reca, sul cellophane che l’avvolge, il bollino con la dicitura: "All new album by the Godfather of Ska".

a cura di Sergio Rallo


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Tremende - "Accelerare e Rallentare" - Gridalo Forte Records 1998

Le Tremende dovrebbe essere un gruppo al femminile ma la presenza di maschietti nell'harem fa si che "dovrebbe" e non "è".
Il cd "Accelerare e Rallentare" che sta girando nel mio lettore, rientra nel sempre più prolifico ribollire (era ora!) dello Ska nostrano; nel campo, Le Tremende, musicalmente si presentano come "gruppo Ska" a tutto tondo, spaziando nel rocksteady, nel reggae e nel dub quel tanto che basta ma, sia subito detto, senza sorprendermi per originalità.
Il disco scorre via, traccia dopo traccia, facendosi ascoltare e facendoci ascoltare, a partire dalla prima: un leggero Pop-Ska dalla natura swingheggiante ("Accelerare e Rallentare"); un altro Ska d'atmosfera piuttosto "two tone"("Sottofondo"); un piacevole Rocksteady-reggae meno semplice di quel che sembra("Brand New Lovers"); a seguire, un veloce, sempre di ambiente "two tone", che si scorda facilmente("Il 37"); un easy Ska che ricorda da vicino gli Arpioni di qualche anno fa("Jah"); il vecchio giro di 54 46 dei Maytals come intro al Reggae-ragga che invita tutti quanti a farsi un "porrone"( il bolognese per "spinellone" e "cannone") che è, a mio avviso, il brano "debole" dell'album in quanto, pur condividendo il discorso antiproibizionista su canapa e derivati, trovo testo e melodia piuttosto brutti ("Emozione"); di nuovo, in accelerazione, il cd incalza con("Entra Sueño y Realidad"), brano in spagnolo, che risulta essere uno dei migliori di Accelerare e Rallentare; seguito da un carino, sonnolento e cool Rocksteady che funziona meglio ascoltato ad alto volume ("Viaggiare"); dopo il "lento" che lo precede, ben ci sta questo ("La Giostra") Ska a velocità crescente che cresce, cresce e cresce e poi, mai impressionandomi, termina di botto; chiude la "session" delle Tremende un reggae-dub dalla natura strumentale e caratterizzato da un cantato che rende il tutto piacevolmente "etno" ("Dub Theme") mi piace abbastanza da farlo rientrare anch'esso tra i migliori e più originali brani di "A. e R." ma che, per quanto riguarda il dub pare cogliere un poco impreparati i responsabili del mixing.
Consigliato a tutti i neo appassionati della musica che qui si ama ed agli appassionati di lungo corso che hanno nella loro raccolta il settore "Ska italiano" e tengono al suo continuo aggiornamento; sconsigliato a duri del Punk-oi!-hardcore.

a cura di Sergio Rallo


 The Upsetters - "Upsetters a go go" - Heartbeat 1995 USA

Sapete chi sono Aubrey Adams, Theo Beckford, Jackie Mittoo, Winston Wright, Ansell Collins o Lloyd Charmers?
Bene, se sì, vuol dire che avete un notevole interesse per i pianoforti e tastiere dello Ska e del Reggae e, pertanto, non può non interessarvi questa raccolta dal titolo "Upsetters A Go Go" che è anche la prima traccia, subito coinvolgente, di questo cd Heartbeat. Se non lo sapevate, ora siete a posto, avete recuperato velocemente.
Ad essere sinceri, detta raccolta dovrebbe ragionevolmente intitolarsi :"Glen Adams & The Up.s", visto che dei 16, inediti, brani solo uno, "No Joke", è accreditato a Lee Perry gli altri essendo, o originali composizioni di Glen Adams, o suoi riarrangiamenti su ritmi preesistenti.
Ah, Glen Adams, ovviamente, è un tastierista. Ma non solo.
Inizia la sua carriera come cantante dei più che illustri Pioneers, in compagnia dei due fratelli Crooks e con alterne vicende discografiche e molte partecipazioni in altre formazioni come Reggay Boys e Soulmates; membro alternativo a Winston Wright e Gladstone Anderson al piano e tastiere negli Upsetters/Hippy Boys con cui registrerà, oltre che le precedenti mitiche sessions dei Wailers per Perry, il leggendario "African Herbsman" di Marley. Questo per dare pochi cenni della "carrierina" di Mr. Glen Adams fermandomi ai primi ’70!
Glen Adams, come un mago dal cilindro, tira fuori dai suoi personali archivi, lavori in studio, complici i suoi amici Upsetters (i fratelli Barrett, Alva Lewis e Dave Barker, tra gli altri) di una qualità notevole, ma soprattutto mai pubblicati precedentemente. Reggae con la erre maiuscola non solo perché prima c’è il punto.
"Soul Constitution", parlando della musica contenuta, è un "parto" a quattro mani di Adams ed Aston Barrett (è il bassista), in cui la tastiera di Glen Adams è "nevralgica" per creare quella strana atmosfera sognante che caratterizza il brano.
Se uno ama il Reggae, lo ama per le soluzioni ritmiche che è in grado di devolvere questo genere: "X- Ray Vision", per esempio, è dominata dalla melodia insistente della tastiera che ha un effetto veramente "devastante" sopra gli accompagnamenti delle infuocate chitarre di "Reggie" Lewis e Ronny "Bop".
La voce del fuorissimo Perry introduce, poi, un "classico" strumentale degli Upsetters rivisitato da Adams: "Cypriano", esempio massimo di "heavy, heavy Reggae" in cui il nostro Adams si produce con una tastiera ritmica avvelenata dal Soul.
C’è un po’ di tutto, in questo cd, un pugno di canzoni interpretate da Adams come la bella "Rise & Shine", peculiare per i ritmi sincopati del basso da ragga ed il sound anni ’80. E se vi piacciono certe atmosfere "acide", cattive, tipiche di certe composizioni degli Upsetters, bene, a soddisfare la vostra anima ed il vostro corpo c’è un pezzo veramente ipnotico, potente nella sua incalzante lentezza ed esplosivo con l’arrabbiata chitarra di Alva Lewis dal titolo "Looking Dread".
Da aggiungere alla vasta discografia accreditata agli Upsetters, sicuri di non avere doppioni nè altro materiarle remixato dallo stesso Adams come questo Upsetters A Go Go.

a cura di Sergio Rallo



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