Quella degli Scaramanga è una formazione a me del tutto nuova e, quando
pensavo che l’etichetta svizzera Leech avesse ormai preso una piega
totalmente punk, ecco che mi arriva "Cultures", loro primo album, che mi
fa cambiare opinione sull’etichetta discografica.
"Cultures" è infatti senz’altro un buon debutto, ricco di spunti e
lontano dallo ska neotradizionale. Sembra che Scaramanga abbiano preso
buona lezione dallo ska/reggae/jazz/ragga dei
CJC e che ne
propongano la loro ben riuscita versione.
Suoni moderni, belle melodie e un brillante lead vocal
caratterizzano il cd in cui tra reggae, ska, un po’ di dub ci sono ampi
spazi per gli assoli.
Due sax compongono la sezione fiati ed il sound
dell’intero album è ben caratterizzato e a suo modo ricercato ed affatto
banali risultano i grooves della 12 canzoni di "Cultures".
E "Cultures" è la prima, bella canzone del cd: inizio funky/latino,
grande chitarra solista che introduce uno ska moderno, intenso e dalla
melodia originale, con brevi intrusioni vocali nel ragga.
Si colgono anche accenni di swing come in "Holy Mount Zion" e si
apprezzano veloci ska dagli intriganti giri di fiati come in "Camel
Boots" e nello strumentale jazzoso dal bel lavoro di chitarra intitolato
"Birks Works".
Scaramanga, oltre all’autocelebrativa
"Swing Scaramanga" che è il più tradizionale degli ska proposti da
questa band, propongono anche un bello ska alla two tone di ispirazione
Madness intitolato "C’mon Dad" ed anche una canzone in italiano
nonostante il titolo sia in inglese: "Straight Ahead" che permette di
apprezzare meglio la voce di Joseph Marino sentito interprete, anche,
dello struggente lento "Fly Away" che pone fine all’ascolto di un disco
che mi è piaciuto molto.
Quello degli Scaramanga, anche se non hanno la "k" nel nome è gran bello
ska moderno.
Sergio
Rallo
See Spot - "Is There Any Love In You Ska", Landera Records. CD
Realizzato in sole mille copie dalla californiana Landera
Records, è uno dei CD meglio riusciti degli ultimi due anni.
In grado di gareggiare alla pari con "Low Blow", prodotto dai N.Y. Ska-Jazz
Ensemble, "Skamania", Skatalites, "The Rhythm of ska", Mobtown,
"Is there any love in your ska" stupisce per la semplicità e
limmediatezza dei suoni: i 14 brani, allinsegna di un partecipato "Old
style", sono tutti realmente diversi, e colpiscono perché si vorrebbe che ogni
singolo pezzo non finisse mai, anche se a questa consapevolezza si arriva solo alla fine.
In questo lavoro i See Spot hanno inventato il moto perpetuo, che è ottenuto attraverso
luso di una sezione ritmica (batteria, chitarra, tastiera, fiati in levare) che
sembra una "ruota ruotante da sola", dotata di un battito coinvolgente, potente
e inarrestabile: il sogno (lincubo?) dei fisici di ogni epoca ha così trovato una
realizzazione inaspettata, in un ambito del tutto diverso. Infatti in ogni traccia
digitale la partecipazione emotiva a questo incessante flusso di suoni è totale;
terminato lascolto, e riaperti gli occhi, ci si rende conto a malincuore che ci si
trova ancora a casa propria, e non in viaggio verso un fantasioso "Paese della
Musica".
In tutto il lavoro non esiste una sola stonatura, una disarmonia, ma tutto fila liscio
come lolio, come una biglia dacciaio sul velluto.
Con un CD così i See Spot dal vivo devono fare miracoli e però, anche se si dice che la
speranza è sempre lultima a morire, sappiamo già che, purtroppo, mai avremo
loccasione di vederli in Italia.
Però si dice anche che se Maometto non va alla montagna
a cura di Tomaskarini per
Jamboree
Doreen Shaffer "Adorable
You" Groover Records 1997
Adorable è lei, Doreen Shaffer, lunica altra
donna che io scambierei con la mia mamma! Adorable è la sua voce, leggiadra, delicata e
intensa tuttinsieme.
La sua è, a mio personalissimo parere, la voce femminile Ska per eccellenza.
Se poi, questugola naturalmente dotata, la fate cantare sulle perfette e colte
ritmiche di una delle migliori Ska-band tedesche, dal lunghissimo nome, Dr. Ring Ding
& The Senior Allstars, il risultato è esplosivo.
Che siano cover di brani sempreverdi come "Sugar Sugar" di Aitken, la fantastica
"Turn Your Lamp Down Low" di Jackie Opel, o "Nice Time" di Marley, o
brani originali dellartista come la title-track "Adorable You", o la mia
preferita "Time For Change", quello che "arriva" è una rigenerante
doccia dei ritmi che amiamo.
Da non perdere poi il coinvolgente duetto tra la nostra fantastica Doreen e
leclettico Richie Jung a.k.a. Dr. Ring-Ding nella classica "Lets Find
Each Other Tonight" di José Feliciano.
Insomma, da non perdere proprio.
a cura di Sergio Rallo
Shandon - "Nice
Try" - Black & White 1998
Non c'è che dire, sono sorpreso da questa nuova
"performance" degli amici Shandon.
Tanto per dire, mi danno l'impressione di aver fatto un balzo di qualità non da poco,
come se dall'adolescenza fossero passati alla maturità musicale.
Non lo dico perché in quest'ultimo disco sembrano molto più "Ska-punk"
piuttosto che "Punk-ska" come risulta essere la loro precedente produzione, dato
che tra Punk veri punk come "Stalattiti", Rockabilly come "Small Town"
che è pure uno dei brani più belli del disco, New Orleans RnB sulla falsariga di Fred
Buscaglione (quello sì che era un rude!) come "Pizza Gangster", Rock'n'Roll
dalle innumerevoli battute al minuto come nella bella "Hendrix Sound", gli
Shandon non sembrano voler essere etichettati come gruppo "solo" Ska. Ma brani
tutti tra Ska, Rocksteady e Ska-core, come la prima traccia del cd intitolata
"Vampire Girl" o un ottimo Ska-soul come "Where Did You Go?" ed ancora
"Ska Beach" (tra i più Hard-core) "Calorifero", "Lamar Y
Lavonia" e "Tears For You" collocano Olly & C. alla pari di gruppi
come i Mighty Mighty Bosstones, Skankin' Pickle, Porkers e compagnia bella. Certo, con una
differenza direi sostanziale rispetto ai loro colleghi d'oltre oceano: la creatività
italiana, che negli Shandon si traduce in una tendenza alla melodia che risalta in quasi
tutto il disco. Al prossimo concerto non me li perdo.
a cura di Sergio
Rallo
Shandon - "Skamobile" -
.T.V.O.R. 1997
Tiè! Mentre già ci si lamentava del poco spazio dato ad un intero
e vasto sottogenere dello Ska come lo Ska-core, eccovi che il Rallo vi recensisce
lalbum di debutto degli Shandon, gruppo Punk/Ska/Punk e oltre, lombardo. LOi!,
il Punk, e lHard-Core, come sanno tutti coloro che mi conoscono non sono il mio
genere. Quindi, per leggere con occhio "musicale" Skamobile, mi manca
obbiettivamente il background culturale. Diciamo, le nozioni spiccie di generi che conosco
ma che non ascolto.
Passiamo quindi alle impressioni ricevute dal mio vergine orecchio al primo ascolto, se
qualcuno mi ricorda la musica degli Shandon, ebbene quel qualcuno sono i Kortatu, con una
differnza basilare, così dacchito: gli Shandon li trovo più allegri, meno
tenebrosi, sarà il fatto che Olly & Company sono persone molto simpatiche. Una band,
quella di cui si parla, che si è già creata un folto seguito di aficionados, che pogano
alquanto durante i loro rumorosissimi concerti.
Brani preferiti sono la #1 "Videogame" che disnvoltamente passa dallo Ska al
Punk per concludersi in un finale molto Sixties, "Shandon" che è il loro
manifesto programmatico e passa anchesso da Ska quasi tradizionale con tanto di
ottoni a un Hard-Core con ricordi H.M. pregni di chitarre distorte. Questo è un disco
consigliato ai fan appunto del Punk/Ska/Punk dello Ska-core, dei Persiana Jones, dei
Clash, nonché per tutti coloro che hanno lorecchio affinato allascolto di
sonorità crude e rudi fino allultima birra!
a cura di Sergio Rallo
Shandon
- "Fetish" - Bloom, Italia, 2000
Come una fucilata comincia
l’ultima fatica discografica degli Shandon FETISH: è "Placebo
Effect", un potente misto di punk/rock e ska rivolto ad un
pubblico giovane attiguo a quello dei Punkreas. Segue uno ska/core
luminoso nella parte ska e corale nel bridge punk con accompagnamento
di fiati. Lo spirito di "Janet", questo il titolo, è molto
rock’n’roll.
Atmosfere dark inglesi degli
anni ’80 sembra, invece, rievocare la terza traccia di FETISH dal
titolo "A Nightly Forest", mentre per i fiati potenti e
l’accordo minore è ska/core. Punk e ska tradizionale è la quarta
canzone che gli Shandon hanno selezionato per il loro crescente
pubblico al quale non dispiacerà la fine "pop" di
"Egostasi".
Segue, a ruota, uno ska
tradizionale di pregevole fattura e, come direbbe il bravissimo autore
della migliore copertina che abbiano mai avuto gli Shandon, senza
dubbi "stiloso" dal titolo "Steady Nights".
Shandon ritornano allo
skapunkrock’nroll con la cattivissima "Blu" anch’essa
con stacco ska e chitarre in crescente distorsione…da brividi.
Di facile melodia e puro punk
rock è poi "Ruvida" alla quale preferisco di gran lunga la
garage/surf "Sea Gull Surf" perché io adoro le cose
particolari quando riescono bene.
Tipico ska/core è
l’estivissima "Liquido" con coro e bridge hard core che va
a braccetto con la successiva, pestatissima e urlata, "G.G. Is
Not Dead".
Una tromba solitaria annuncia
l’inizio del trash/ska "Seek & Destroy", cattiva
nell’insistente accompagnamento di fiati, uno dei brani migliori di
FETISH…apocalittica.
Dall’inizio,
"Deadlock", sembrerebbe preludere ad un pezzo ancora più
cattivo di quello che lo precede e, invece, l’hard core lascia
presto spazio ad uno ska che se non fosse per il fatto che so che gli
Shandon sono italiani sembra giungere dall’Inghilterra! Tostissima
canzone.
Avvicinandosi alla fine, Shandon
liberano ancora di più la loro estrosa fantasia addentrandosi in un
reggae calypso ska hard core ragga e quant’altro che mi è piaciuto
molto ed il cui titolo "Semplice" è decisamente ironico. Il
meglio di se nell’ambito ska gli Shandon lo danno con uno ska/reggae
tradizionale in inglese che fa gli Shandon ancora più grandi di
quanto avrei mai immaginato: "Oceans".
Uno dei pezzi più pestati e
tesi di questo CD è "P.N.X" ma a chiudere questo ben
riuscito lavoro degli Shandon è uno ska/core/ska veramente brillante
dal titolo appropriato "Stage Diving".
Indiscusso per un 2001
rockarollapunkskacore!
a cura di Sergio
Rallo
Shots in the
dark - "Shots From The Ghetto!" - CD, Shots Production,
Italia, 2002
17 tracce di cui 9 cover, 11 cantate e 6 strumentali per 63 minuti
complessivi di ascolto, sono i numeri di “Shots From The Ghetto", primo
long playing degli Shots in the dark.
L’approccio al genere prediletto lo indicano gli stessi Shots
definendosi come una “original ska ensamble" e prevalentemente ska
tradizionale è l’ispirazione della band che propone cover di classici
come “Freedom Sound" e “Confucius" di Drummond, “I Won’t Let You Go" dei
Blues Busters, “Ba Ba Boom" dei Jamaicans, “Hooligans" dei The Wailers,
“Please Don’t Go" di Perry oltre che “China Clipper" e “Swing Easy"
(anche conosciuta come "Fiddler on the Roof"), due brani jazz già famosi e
resi indimenticabili tra il pubblico ska reggae da
Skatalites e
Sound Dimension e, infine, la recente “Woods and Water" dell’odierno
chitarrista degli Skatalites Devon James.
L’intenzione è veramente buona, il sound non è “anticato" ma brillante e
moderno anche se qualcosa nei suoni in generale non mi convince. Forse
dipende dalla distribuzione in uscita dei singoli strumenti, forse dal
suono della lead guitar che è un po’ troppo in secondo piano.
Comunque stiano le cose, preferisco di gran lunga gli originali cantati
tipo “Tell Me Why?" e “Rockers" (buoni ska trad.) o lo ska soul trad
“Burn Baby Burn" a cover come l’inflazionata “I Wo’t Let You Go" che
pare un po’ seduta.
Interessante è la versione di “Confucius" in cui Shots in the dark si
sforzano maggiormente nel personalizzare il pezzo ed è carina pure
l’originale “More Fire" anche se il messaggio che contiene è opinabile.
Poco originali risultano, invece, non solo lo strumentale “Twin Towers"
ma anche le cover di “Ba Ba Boom" e “Hooligans" che non hanno subito
grandi rimaneggiamenti e mi lasciano indifferente. Anche a queste
ultime, infatti, preferisco una traccia originale come il morbido ska
soul “Just for You".
Posso comunque segnalare che la migliore cover offerta dagli Shots in
The Dark è “Please Don’t Go" mentre tra i migliori originali c’è l’unico
reggae/ska proposto in Shots From The Ghetto ed intitolato “Gimme".
La versione molto dubbata e “technologica" (grazie al sintetizzatore)
dello strumentale “Swing Easy" è interessante ma non affascinante.
Ottimo il lavoro del pianista e tastierista i cui sforzi per
contrappuntare il ritmo si apprezzano per tutto il disco oltre che nella
traccia che ho gradito di più intitolata “The Family".
Confermo che “Shots From The Ghetto" (anche se in Italia, di ghetti, non
ce n’è punto) contiene - come da copertina - “Brand New Old School" che,
pur non del tutto maturo, fa ben sperare per il futuro degli Shots in
the dark.
Ska old school, always rules!
Sister Confusion - "Demo" - CD
Autoprodotto, 2001 Italia
Molto melodici e americaneggianti i Sister Confusion, costola dei
Garadro, propongono un divertente Ska/Core, pulito non troppo rumoroso.
Anche i Sister Confusion, come molte altre band dello stesso genere,
variano in accelerazioni e rallentamenti fino al reggae. A differenza di
altre, però, Sister Confusion hanno un buon approccio con un certo Rock
Melodico che vien fuori dalle prime 2 tracce del presente demo e che si
fanno cantare facilmente, si intitolano Lookin For e Piggy. Cantate in
inglese con buona pronuncia.
Puliti e melodici i Sister Confusion lo sono anche quando cantano in
italiano lo Ska Rock “Che C’è?".
Interessante, poi, l’ultima traccia, in inglese, dal titolo “Fight the
Might" che ricorda certo punky reggae di tradizione inglese.
Buona la registrazione, buona interpretazione, meritevoli di attenzione.
Sergio
Rallo
Skaladdin - "Rub
The Lamp" - CD Pimp Records, Svizzera 2002
Sfreghi la lampada e cosa vien fuori da questo CD?
Del buono ska dagli influssi hc non particolarmente preponderanti e
non particolarmente originali.
Ska veloce, melodie "catchy" con riferimenti rock e insieme a
ripetitivi giri di fiati è – più o meno – quello che propongono gli
Skaladdin nelle 13 tracce del loro primo album.
Gli Skaladdin si fanno ascoltare e ballare facilmente sia nelle tracce
veloci tipo "Designed Driver" o "Trojska Baby" come in tracce
rocksteady/ragga tipo "Dogfood".
Meritevole di citazione all’interno di questa recensione è certamente
la divertente "Good Music", uno ska alla tedesca imperniato sul fatto
che nei locali dove entri il sabato manca la buona musica, ovvero la
musica ska. Bel giro di fiati.
Coro alla punk ma su una base ska veloce caratterizza invece un’altra
delle mie favorite di questo disco che si intitola "The Anti Moron
Song" a sua volta seguita da un’altra canzone che mi è piaciuta
parecchio e che è un rocksteady/punk stranamente gradevole che
richiama alla mente gruppi ska core americani.
Completamente punk è "Britney’s Beers" che segue decisamente il punk
rock tanto in voga sulle emittenti televisive che si occupano di
musica, mentre un buon reggae ska che per la melodia fa venire in
mente i Madness è la canzone intitolata "First Time".
Chiude il disco la delirante "Football", un trash/punk/ska con veri e
propri cori da stadio non si capisce perché in italiano, cito: "ciupa,
ciupa, ciupa la banana, Maradona figlio di puttana" che lascia
perplessi se non altro per il fatto che il Campione non gioca più da
qualche annetto.
Collezionabile per appassionati di ska punk, non altrettanto per chi è
attratto da altre sonorità.
Sergio
Rallo
Skanatra
– "CD" – POS Records
1998
Recensisco con un ritardo di appena un paio d’anni questo capolavoro
tanto ricercato dal sottoscritto. Si tratta di uno di quei dischi di cui
hai sentito parlare da qualcuno o che hai visto da qualche parte che
nemmeno ti ricordi, ma che ti è rimasto impresso per qualche motivo.
Nel mio caso, ero rimasto colpito dal fatto che ad una band potesse
venire in mente di dedicarsi al creare cover di un personaggio come
Frank Sinatra. Dico, bell’impegno. Un azzardo, quasi. Non è cosa da
tutti, penso. Insomma, mi era rimasto quel sassolino nella scarpa e me
lo dovevo togliere. Finalmente, un paio di mesi fa, guardando una delle
vetrinette nel negozio della Moon
Records il mio sguardo incrocia il tanto agognato cd e finalmente,
dopo essermelo goduto per bene, eccomi a recensirlo.
Si tratta di 11 brani, di cui uno nascosto qualche secondo dopo
l’ultima traccia.
La prima cosa che salta all’orecchio è un altissimo livello tecnico
dei musicisti della band, tutti provenienti da diverse esperienze
musicali.
Le cover sono eseguite con stili diversi, per la maggior parte si tratta
di ska third wave, allegro e velocino, con diverse incursioni nello ska
tradizionale e rocksteady. Gli arrangiamenti sono originali e quello che
può sembrare come un oltraggioso omaggio a Frankie, si rivela uno dei
prodotti migliori usciti in questi anni.
La band è composta da una
decina di elementi e i brani proposti spaziano a trecentosessanta gradi
all’interno della produzione di The Voice. Di conseguenza troviamo dei
grandi classici alternati a successi meno noti al grande pubblico. Ecco
quindi una versione di New York New York assolutamente pazzesca,
High Hopes, dai cori super avvolgenti, That’s Life, con
chitarrone distorto ma per nulla fuori posto, fino al più classico di
tutti quanti, di cui non vi dico il titolo, essendo il brano nascosto.
Tra i, forse, meno noti, si affaccia la divertentissima Coffee Song e I
got you under my skin, recentemente riportata al successo con Bono.
Sudate
garantite con Fly Me To The Moon e Luck Be A Lady. Ma originalità, divertimento, tecnica e arrangiamenti da paura non
basterebbero se
non fossero sorretti dalla grande voce di Chairman Sunbeam che
molto spesso raggiunge vette davvero sorprendenti.
Gli Skanatra stanno per registrare un nuovo album ed hanno bisogno dei
vostri suggerimenti nella scelta dei brani del vecchio e compianto
Frank. Fatevi sotto.
a cura di Antonio
Crovetti
Sir Oliver Skardy -
"Grande Bidello" - CD,
Almamusic, Italia
2004
Grande come sempre il nostro Sir Oliver
Skardy i cui vocalizzi in vernacolo veneziano accompagnarono
allegramente i miei primi anni universitari: era il 1991 quando uscì il
primo album dei disciolti
Pitura Freska
"’Na Bruta Banda", frutto di una collaborazione con
Elio e Le
Storie Tese.
I martelli tratti da quel disco "Pin
Floi" e "So Mato per la Mona" accompagnarono un gran bel periodo della
mia vita.
Ma bando ai pur gloriosi fasti, perché
Skardy mantiene sempre il suo posto di bidello, il management di Luciano
Trevisan e, soprattutto, il piedistallo di leader del ragga
italiano come dimostra questo suo nuovissimo album intitolato "Grande
Bidello".
Atmosfere dance hall, ragga, un cicinìn di drum
‘n’bass e hip hop (e perché no? dato che molti artisti di quest’ultimo
genere si appropriano di reggae e ska è giusto ricambiarli!) e reggae
buono come quello che si apprezza ascoltando "Bluff" (bel duetto con
notevole voce femminile), è quello che offre Sir Oliver nelle 13 tracce
presenti in "Grande Bidello" in cui Skardy è in veste (oltre che di
cantante) di autore di parole e musica.
Caratteristica comune a tutte le tracce,
oltre al sound digitale che era tipico dei Pitura, i vocalizzi
tranqulli, rilassanti e rilassati di Skardy che non perde occasione
neppure questa volta di fare la sua giusta politica legalizzazionista
("Super Skank" e "Ah Mi So Miga").
Skardy non ha perso neppure un tocco
della sua ironia divertente ed irriverente che l’ha reso famoso come
dimostrano "Bideo", "Nord Est" e "Sex Symbol".
Unica cover presente in Grande Bidello è
una post moderna versione dance hall di "Break On Through" dei Doors
intitolata "El Xe U" che, diciamolo, ci sta proprio dentro.
Tra le canzoni da me maggiormente
apprezzate di questo gradevole album del "Grande Bidello" di Venessia
segnalo i rocksteady "Do Mie" e "Ketchup" ma anche (come ho scritto
pochi righi sopra) l’accattivante hip hop "Stella".
Per chi apprezza il reggae moderno
sarebbe sicuramente un peccato perdersi Grande Bidello, album
godibilissimo.
Skaladdin - "Far
Off From Okay" - CD
Pimp Records,
Svizzera 2003
Alla stessa maniera di come mi avevano
entusiasmato i tedeschi
Wisecracker
anche questo nuovo album degli Skaladdin, nonostante la buona
percentuale di punk ed hc che contiene, è veramente un disco divertente.
Far Off From Okay, infatti, pur avendo
basi quali, oltre al citato punk ed hc, il rock, l’hip hop riesce
gradevole anche ad un patito di classici come me a cominciare dalla
traccia che apre in maniera sfolgorante l’album intitolata "Red Dot
Girl", per continuare con la godibile "La Tache" od il reggae/rock
"Wishes".
Sembra fin dalle prime tracce di Far Off
From Okay che gli Skaladdin siano in grado di prendere il meglio da
Mighty Mighty
Bosstones e da
Red Hot
Chili Peppers per creare musica potente, divertente e sempre rivolta
alla melodia ed alle trovate ritmiche inaspettate, in tal senso si
ascolti "Porn To Make You happy" che è un vero delirio.
Un sezione fiati quasi mai scontata nei
propri giri di accompagnamento si apprezza in tracce come "Boiled Eggs"
o in quella che ho apprezzato maggiormente "Pool Party" tra le altre
cose l’unico ska dall’inizio alla fine che si fregia anche di un
divertente solo di chitarra.
Il violentissimo inizio di "Your Turn",
che è uno ska core anch’esso non noioso, è seguito da un puro hc
intitolato "Inheritants" a sua volta seguito dal tranquillo reggae rock
"Getting Dizzy".
La divertentissima "Paranoia Punk" e la
cover ska-core di un pezzo famoso in Svizzera intitolato "Zundholzli",
unica traccia cantata in svizzero tedescol concludono un album che gli
appassionati di ritmi tirati e pestoni non potranno lasciarsi skappare.
Sergio
Rallo
Skastori
-"Skastori" - Autoprodotto
Ed ecco gli Skastori, allegra
formazione dalla provincia di Lecco. Esordio simpatico, musicalmente
divertente, senza però che venga da strapparsi i capelli durante
l’ascolto. Si tratta di Ska da primo ciddì, nel senso che questa
produzione rientra a pieno titolo nei ranghi delle prime uscite di una
band. Non so bene il perché, ma mi aspettavo un disco allegro, con
sonorità piuttosto su di giri, testi spensierati, ed alla fine, è ciò
che si è presentato alle mie orecchione. Non male, anzi, qualche
trovata originale, specie nei testi. La musica, come già detto è
piuttosto sul genere “upbeat", dal ritmo bello sostenuto….niente
di ska-core, intendiamoci, piuttosto in linea con le sonorità Ska in
voga in questi ultimi anni dalle nostre parti. Per capirci, primissimi
Vallanzaska, Matrioska e simili. Sezione fiati con tromba e sax, alle
volte un pochino timidi. Voce originale con uno stile tutto proprio che
vale la pena di coltivare. Penso. Produzione discreta, anche se a mio
avviso un po’ più di fiato alle trombe avrebbe reso il tutto più
caldo e degno di nota. Da segnalare, “La ragazza che l’amore non lo
fa", “Apollo" e “Dolce come il miele".
Prova sicuramente sufficiente ma i ragazzi sono intelligenti e
potrebbero applicarsi di più. Li aspetto alla prova della maturità.
Ancora una volta ricordo: Sosteniamo la scena locale e compriamo il
disco. Saluti.
a cura di Antonio
Crovetti
Sir Randha
- "Skapra" - Dimensione PC
1997 è l’anno in cui questo disco
è stato registrato "in cantina" come recita la didascalia
nel retro del cd.
Sir Randha sono ruspanti, caserecci, volgari, divertenti, dissacranti,
demenziali ma senza il genio degli Skiantos, punk alla maniera di
quando si usava il "Tenax".
Dopo essere stato illuso dalle prime 2 tracce ( "144" e
"La Journeè", ska-folk alla maniera dei Les Negresses
Vertes) di trovarmi di fronte ad un gruppo ska, vengo colpito, dopo un
inizio ska, dal ritornello di "E’ Bello Rivederti":
"tu fai schifo, non mi piaci" in vero stile punk di cui
sopra su chitarra violenta.
Eclettici e fuorissimi, come testimoniano le foto del personale della
band, i Sir Randha ci offrono uno strumentale dal titolo "Cats In
My Head" semplice e particolare, ed una versione incazzatissima
di "Vola Colomba".
Dall’altrettanto violenta "Sir Randha"
non capirete mai perché l’abbiano scelta come nome della band.
Ska punk è anche "File"; mentre "Il Catarro" è
tanto breve quanto idiota nel suo poco più di un minuto con
skatarrata finale, a ribadire che i Toscanacci Sir Randha sono veramente
skatenati nel cervello e dandoti l’impressione che si divertano un
mondo senza prendersi sul serio, cosa rara.
Me li immagino in concerto, devono fare veramente un casino bestiale:
"sei un pezzo di merda" x 12, tanto per intenderci, è il
ritornello ultra-punk di "+ di Ieri – di Domani".
Consigliato a chi ha inteso il genere.
Rumori in studio dopo l’undicesima e ultima traccia.
a cura di Sergio
Rallo
Sirrandha
- "C:\Ska\Live-oluto-tu" - CD live, autoprodotto, Italia, 2001
Questo nuovo CD dei toscanacci Sirrandha intitolato
"C:\Ska\Live-oluto-tu" consta di
15 tracce di divertente Ska dagli sprazzi Punk, italico e un po’
demenziale, registrato dal vivo.
Al primo ascolto di Top Secret devo dire che ho apprezzato molto di più
i Sirrandha di quanto non feci ascoltando il loro primo CD. Sirrandha,
dal vivo, sono mooolto più Ska di quanto non avessi immaginato. “Sono
Tremendo", “Sabato Sera", “144", “Gudbai", “La Journee" sono divertenti
e, nonostante qualche accordo ciccato nella foga dello show, rendono
bene lo spirito della divertente serata di cui sono stati protagonisti i
Sirrandha.
Con lo strumentale di loro composizione “Fuga da Skalcatraz" e le cover
di altri classici strumentali come “Baby Elephant Walk" (quest’ultima
più una cover della versione dei Bad Manners che del brano di Mancini),
“Work Song" e “Phoenix City" ma anche di “Tequila" e di “Monkey Man" i
Sirrandha dimostrano di trarre maggior ispirazione dallo Ska piuttosto
che dal Punk o dall’HC - concentrato comunque alla fine del CD - come
nell’assurda “Le Cozze" o nell’agghiacciante “Il Catarro" (tanto
divertente quanto stupida) o, infine, “Vola Colomba", con pieno
apprezzamento di chi recensisce.
Un disco dal vivo che, come accennato, coglie appieno l’allegra euforia
del concerto ma che per altri versi, a fare il pignolo, mette a nudo le
incertezze di una formazione in piena evoluzione.
Festaiolo e Birraiolo.
Sergio
Rallo
Sir Randha/Ska War, CD split,
Kob/Black Btcher Rec. Italia/Germania 2003
Il Cd in discorso me lo hanno inviato
gli amici Sir Randha, quindi, anche se nell’ordine dovrei parlare dei
francesi Ska War che aprono l’ascolto del CD con le prime 6 tracce,
parto con i nostri compaesani della Toscana.
I Sir Randha dall’esordio (Skapra), che
pure è recensito su queste pagine di SkabadiP, si sono decisamente
evoluti in uno stile molto più avvincente come dimostra la traccia
intitolata "La Journée" prima delle 6 che fanno parte di questo CD split
con la band francese.
Riconosco maggiormente il gruppo di una
volta quando parte "Centroamerica" tra rock, pop e ska e riconfermo
l’indiscusso miglioramento della band con il bello strumentale "Fuga da
Skalcatraz" in cui i solisti mi rendono adeguatamente edotto della loro
validità e, manco a dirlo, è la traccia che preferisco.
Veloce, ironica, e molto rockettara è
"Gudbai" mentre semplice e facile ho trovato "Skaduto".
La versione tra punk e ska veloce di
"Vola Colomba" è divertente ma non è il mio genere pur partecipando a
riconfermare la netta impressione di maggior compattezza e maturità dei
Sir Randha che meritano senz’altro attenzione da parte dei patiti dello
ska.
I francesi Ska War, invece, non li avevo
mai sentiti e la prima impressione data dalla traccia "Listen to the
bird", è che sono particolarmente e piacevolmente influenzati (e questo
è certamente un bene) dai Medness (anche se la traccia termina con un
pestone che col gruppo di Londra non c’entra nulla).
Le altre tracce mi fanno modificare
leggermente l’impressione dato che Ska War spaziano dal folk/punk ("Poil
au Tableau") al latino americano ("Mystic Addiction" che è tra le altre
cose la traccia che mi è piaciuta di più) al puro two tone ("Ghost").
Dal vivo gli Ska War paiono funzionare
bene e lo dimostrano con la traccia che conclude l’ascolto della loro
manciata di canzoni intitolata "Ska War" che, però, del loro "set" è
certamente la più "rigida" e, quindi, la peggiore.
Concludendo, l’impressione lasciata sia
dagli italiani che dai francesi è positiva ed i soldi per questo split
non saranno certamente sprecati per chi ama lo ska moderno, veloce ma
sempre melodico.
Sergio
Rallo
Skagnozzi -
"Demo" - CD autoprodotto, Italia, 2003
In quattro tracce contenute in
questo demo i toscani Skagnozzi colgono l’occasione per dare una buona
impressione del loro ska che è moderno e sullo stile two tone.
La prima è "Rana Matta" che è uno ska allegro e festaiolo che richiama
qua e là i Madness;
c’è poi "Via Con Me" che è una buona cover del pezzo di
Conte reso
famoso da Benigni
e che viene seguito nell’ordine da "Dresda", un pezzo veloce, non
particolarmente originale il cui tema è l’integrazione razziale.
Se le prime tre sono registrate in studio, l’ultima traccia è un live,
senza fiati e sostenuto da un bel giro di tastiera. Dal vivo paiono
perdere un po’ tiro.
Che dire? Si sente che Skagnozzi è una band che si è fatta le ossa sui
classici ska di ogni tempo come si vede anche dalla scaletta riprodotta
in 4° di copertina di questo loro demo e non mi stupirò di ascoltare tra
qualche tempo qualcosa di veramente buono dagli Skagnozzi.
Chi vivrà vedrà, anzi, ascolterà.
Ska-P – "Planeta Eskoria" – BMG Music 2000 – Spagna
“Hai sentito l’ultimo degli Ska-P??"
“Senti, ma non sai dove si trovano i
dischi degli Ska-P??"
“Come sarebbe non sai chi sono gli
Ska-P??"
Beh, confesso che fino ad un paio di
mesi fa non mi ero mai posto il problema dell’esistenza di una band
chiamata Ska-P che stava reclutando schiere di fans tra le nuove
generazioni. Soprattutto tra le nuove generazioni intendo.
Poi, incuriosito dal vox populi, mi son deciso e in breve ho trovato qua
e la un paio di loro dischi. Gli Ska-P pare che vadano per la maggiore e
chi li ha visti a Milano suonare dal vivo tempo fa mi parla di un
concerto in stile Sodoma e Gomorra rimandandomi indietro ai tempi che
furono, quando la parola d’ordine ai concerti era: ROVINA!!! Bene,
insomma, mi ritrovo tra le mani questo “Planeta Eskoria", ultima
creazione della band spagnola e al primo ascolto capisco che sono
finalmente giunti i 5 minuti di gloria che prima o poi capitano a tutti
nella vita, e decido di coniare un nuovo termine, il crossover Ska!!!
Ecco un termine che farà venire certe coliche spastiche al “Profeta" e
che farà si che Alessandro mi licenzi in tronco [...?].
Beh, un pò di serietà ora. Parlo di crossover perchè nella musica degli
Ska-P ci si trova davvero di tutto, dal metal al punk, dal pop al folk,
condito con una buona dose di ska di quello poco gradito ai puristi:
veloce e pestato.
A me piace. Non grido al miracolo, nel senso che se gli Ska-P hanno
davvero tutto quel successo di cui sento parlare, forse sarebbe bene
ridimensionarli un attimo, con tutto il rispetto e le buone maniere,
però, in un panorama Ska e ska-punk piuttosto avaro di emozioni, mi pare
legittimo dire che la musica proposta da questa band sia un qualcosa di
discretamente interessante.
La struttura delle canzoni è piuttosto standardizzata durante il disco.
Si tratta di brani al cui interno si trovano diverse influenze musicali
mixate in modo diverso dal solito. Mi spiego: tradizionalmente, una band
che suona ska punk ha uno stile che richiama lo ska, proposto con una
certa aggressività e una dose soggettiva di originalità. Qui ogni brano
è diviso in segmenti interrotti da stacchi improvvisi nei quali c’è un
brusco cambio di stile.
“Verguenza", uno dei brani che preferisco, ha una intro decisamente
metallara di quelle che se non si sta attenti ti crescono borchie e
capelloni senza che te ne accorga, poi, lo stacco improvviso, i fiati,
le tastiere, la batteria più tranquilla, la chitarrina in levare, poi lo
stacco ed i cori sulla chitarrona distorta in stile “chugga chugga",
l’assolo da chitarrista sgamato, poi ancora i fiati e così via.
“Como me pongo" è un classico brano ska di quelli commercialissimi, poco
interessanti, con perfino qualche cighidì cighidà in sottofondo. Molto
ballabile, per chi ha il fisico. Io resisterei pochi secondi. “El
Autentico" è uno ska punk veloce e divertente, con stacchi e cori
canticchiabili e dei fiati simpatici. “Naval Xixon" è il mio
preferito......anche qui coi soliti stacchi, batteria a velocità
picchiata, cori, urla, pugni, spari, grida, botte e fiati trascinanti.
Ecco, rispetto al cd precedente, qui c’è un uso dei fiati più studiato.
A dire il vero, in precedenza sostituivano i fiati con un organetto
Bontempi piuttosto tristerello. Non si fa così! Beh, insomma, il disco
corre veloce lungo le sue 14 tracce, con questo ska misto a altri generi
e proposto con uno stile proprio. A conti fatti, trovo molto piacevole
un buon 70% del disco, il ché mi basta per poterlo classificare come un
bel disco. Notevoli anche “A la mierda", “E.T.T.S", “Lucrecia" (con
finale calypso style), “Tio Sam". Poi, si sa, tutto è soggettivo. Gli
Ska-p assemblano alcuni generi che ho spesso apprezzato. Normale che un
purista dello ska al quale capiti tra le mani questo disco, se lo
rivenda nel giro di mezza giornata.
Non serve sapere lo spagnolo per capire i testi. Bastano 5 minuti per
inserire gli Ska-p nel novero dei gruppi politicamente impegnati e
globalizzarli nel popolo di Seattle. Alcuni testi sono interessanti,
altri un pò scontati, ma se servono per far pensare la gente, allora ben
vengano.
Interessanti le tracce CD-rom con ben due video della band e testi delle
canzoni.
Antonio Crovetti
Ska-P - "Que
Corra La Voz!!" –
BMG 2002
Nuovo disco per i prolifici Ska-P spagnoli, band un po’ nei cuori di
molti teenagers alternativi per la loro musica, divertente,
coinvolgente, adrenalinica, anche piuttosto alla moda in questo
periodo, ben condita da testi e slogan molto forti, di sicuro effetto
su molti. Ma parliamo di musica….
A me il disco piace, e qui potrei chiudere, mi rendo conto. Il
problema è che qui non c’è praticamente nulla di nuovo rispetto ai
dischi precedenti. Esattamente come i precedenti, anche questo cd si
fa ascoltare piacevolmente, ammesso e non concesso che il genere vi
piaccia, ma questo è sottointeso e vale per qualsiasi disco.
Canzoncine allegre, divertenti, spesso con testi molto interessanti e
caratterizzate da uno ska tirato, ballabile (se si hanno 15 anni e
qualche kilo meno di me); come nel disco precedente, brani ricchi di
stacchi e cambi di ritmo repentini e con un riff ricorrente che da un
senso al tutto. La novità rispetto al passato è che questa volta c’è
una presenza di fiati veri, e non elettronici, maggiore. Tanto di
guadagnato.
In sostanza e per non perdersi in sofismi inutili, direi che il disco
è davvero buono se amate il genere. A me piace, ma mi rendo conto che
ancora un disco sulla stessa falsa riga di questo, del precedente e di
quello prima ancora, lo sopporterei poco. Ecco, da un po’ l’idea che
si tratti del lato B del disco dello scorso anno.
Comunque apprezzabile, ma non indispensabile.
Antonio
Crovetti
“Wasted Days" è il 4° (5° se si considera un
ottimo live) album degli
Slackers, formazione nuovaiorchese che dal 1996 porta lustro al genere
ska/reggae.
Con “Wasted Days" i sempre gradevolissimi
Slackers direi che portano maggior lustro al reggae che allo ska, ma
è solo una mia puntualizzazione dovuta alla prima traccia - che dà
il titolo al disco - ed alla successiva “Henderson Swamp",
entrambe ottime canzoni reggae, di cui la prima mixata anche da Glen
Adams, ed entrambe dalla
poderosa struttura “roots".
La prima traccia ska che incontro in W. T. è la
terza, dal titolo “Please Decide" che, come molte altre di questo
disco e dei precedenti degli Slackers, ha un caldissimo sapore
R&B.
Brillante lavoro di dubbing, svolto impeccabilmente dalla stessa coppia della prima
traccia, si può apprezzare ascoltando “Pets Of The World" le cui
atmosfere oniriche vengono abbandonate con l’entrata, senza stop, in
“Dave’s Friend", uno ska dalla piacevole chitarra country/blues
e dalla melodia melanconica cantata, sempre in uno stile un po’
“sofferto", dal geniale Vic Ruggiero.
Stomping reggae original, anche lei grondante blues,
è “So This Is The Night" canzone alla quale fa seguito un
bellissimo rocksteady, dal titolo “Made Up My Mind" caratterizzato
da un mixaggio luminoso e da un piacevolissimo violino che
“viaggia" felicemente su una ritmica potente.
Dopo un simpatica parentesi contenente un
“Sermon" che non sfigurerebbe nel film Blues Brothers, segue uno
ska tranquillamente saltellante intitolato “The Nurse" ed il cui
accompagnamento di fiati iniziale mi fa venire in mente certi
strumentali di Carlos Malcom anche se poi si rivela essere un altro
cantato. “Old Days" e “Midnight Rendezvous" sono
rispettivamente un “easy listening" rocksteady ed un jumpy reggae,
quest’ultimo, efficacissimo per danze irrefrenabili.
Altro lavoro di mixaggio a 2 mani (quelle del mitico
Adams e del fac totum
Ruggiero) presenta l’unico, splendido, strumentale “dubbato" di
indubbio fascino e dal titolo “Tales Of The Mongoose".
4 tracce ancora concludono un ottimo lavoro del
quale, ad essere sincero, apprezzo molto di più la parte reggae/dub
che quella ska, e non è una critica dato che l’ultima traccia del
disco “Information Error" è certamente il migliore brano di
questa nuova selection degli Slackers.
Estremamente collezionabile è il mio ultimo
commento.
a cura di Sergio
Rallo
The Skangels - "Non C’è
Più Religione" - CD demo autoprodotto, Italia , 2001
Ska veloce, dalle tendenze punkeggianti,
con chitarra distorta e batteria “pestone", è quello che ti accoglie
all’ascolto di Non C’è Più Religione , demo dei brianzoli Skangels.
Per loro stessa ammissione tra gli ispiratori della loro musica ci sono
Elio e Le Storie Tese ed
io aggiungerei anche i vecchi Skiantos,
ma non mancano i punti di riferimento locali di una zona che ha visto la
nascita di formazioni come Shandon.
Skangels, nonostante il nome che richiamerebbe immagini di putti e
cherubini, affrontano nei loro testi argomenti sobri come il fisting, i
pompini, ma anche le segature a scuola!
Il tutto accompagnato da uno ska poco ska e molto rock duro che vede il
miglior risultato in “Combustione" e nella title track.
Ironia a manetta, sugli argomenti predetti la sprigionano con maggior
intelligenza di quello che potrebbe apparire ad un primo ascolto: che ci
crediate o meno Skangels fanno a loro modo critica sociale.
Musicalmente imperfetti e poco precisi, Skangels godono di un
accompagnamento di fiati alla maniera di certi gruppi ska-core tra cui
loro stessi annoverano i Mighty M.
Bosstones.
Come primo passo in sala di incisione non c’è male.
Sergio
Rallo
Spicy Roots - “One More" - CD Elmo
records,
Germania, 2000
Passano gli anni, cambiano le mode, internet ti
cambia la vita ed i New Age pensano che La Forza sia con loro, ma le
caratteristiche della musica Ska e cioè vivacità, allegria e, in
particolare, gradevolezza delle melodie, non mutano mai.
Questo è ciò che ho pensato dando un pre-ascolto a
One More, CD di debutto per i tedeschi Spicy Roots con quasi 40 minuti
di musica e una dozzina di tracce.
Spicy Roots sono un classico gruppo Ska che trae la
prevalente ispirazione dallo Ska/pop melodico sullo stesso filone degli
Ngobo Ngobo con una piacevole tendenza al Two tone.
Due sax, una ritmica precisa e preferenzialmente
classica, interpretazioni corali (tipo nella One More che dà il titolo
al disco), chitarra con accenni surf che ben si integrano allo stile Ska
ed un’ottima tastiera sono le caratteristiche peculiari degli Spicy
Roots che propongono belle canzoni come “Life’s Too Short" o lo
ska rock “I don’t Wanna Wait" e variano sui ritmi partendo in
perfetto calypsonian sound con la cover di “Coconut" che si sviluppa
in un altro veloce Ska.
“Tin Tin’s bar", terz’ultima traccia ricorda
incredibilmente lo stile dei Volcanoes inglesi, mentre tipico inizio two
tone (e, se vogliamo, anche il titolo) si ascolta con “Gangsters"
non certo tra le mie preferite.
Ultimo brano, con chitarra surf ed inizio altettanto
surf alla maniera di Dick
Dale, è “Dragon Tree" brano tra quelli che ho gradito maggiormente
di “One More", un album buono che, nonostante tutto, non riesce ad
entusiasmarmi.
Sergio
Rallo
[Spunge] - "Ego" - Sucka
Punch Records, UK 2000
A volte ritornano,
dopo essersi impossessata dello Ska ed averlo miscelato con il
punk, l’America rispedisce alla mittente Inghilterra quello che
ormai è ben conosciuto come Third Wave Ska. Un genere,
quest’ultimo, comprendente Ska-Core e Punk-Ska e che gli albionici [Spunge] hanno fatto proprio adattandolo al loro gusto personale e
creando un gradevole intruglio pop-ska-punk, niente fiati o organi
hammond in questo gruppo,
solo chitarre, basso e percussioni a tessere il tappeto ritmico per
ottenere il suffisso ska da mischiare agli altri generi. Ora alzi la
mano chi ha già sentito parlare degli [
Spunge], pochini a quanto vedo;
va bene eccovi una breve presentazione di questi cinque giovanotti
inglesi e della loro storia. I nostri eroi calcano la scena da cinque
anni ma solo negli ultimi diciotto mesi si sono decisi a dare la
possibilità a tutto il mondo di poterli ascoltare nelle loro calde
casette senza doversi recare a qualche loro concerto, in questo breve
lasso di tempo hanno:
1.
Registrato il loro primo EP autoprodotto vendendolo in 2000
esemplari nei loro concerti.
2.
Sono stati notati dalla Moon Ska Europe che li ha ingaggiati e
gli ha fatto incidere il loro album di debutto “Pedigree Chump"
con una tiratura di 3000 copie esaurite anche quelle.
3.
Rinunciato all’offerta di una seconda uscita con la Moon e
con altre case.
4.
Cambiato casa discografica affidandosi alla Sucka-Punch Records
per avere una maggior libertà.
5.
Messo in cantiere il secondo album negli studi degli degli
UB40, facendo uscire il single cd che tra un po’ andrò a
commentarvi.
6.
Pianificato l’uscita del secondo album intitolato “Room for
abuse" per settembre/ottobre 2000.
Passiamo ora a questo single
cd contenente tre pezzi: “EGO", la prima canzone scorre
piacevolmente con le chitarre che si alternano tra ska e punk in una
sorta di Persiana Jones Sound, il terzo pezzo “Life-Like" è un
esclusiva di questo singolo non disponibile su alcunché di gia uscito
o di prossima uscita ed è un pezzo che non avrebbe stonato tra la
discografia dei Clash, tanto ne ricorda lo stile, con un pizzico di
saltellante ska in aggiunta. Discorso a parte merita la cover di “No
Woman No Cry" suddivisibile in tre stili: l’intro è lento e molto
simile all’originale , la parte centrale inizia in modo prettamente
punk con le chitarre che svisano e la batteria che si incattivisce per
poi trasformarsi in uno ska danzereccio anche se per poco e per finire
di nuovo nel punk. Il compito di riarrangiare questa bellissima
canzone era abbastanza arduo ma gli [
Spunge] lo hanno svolto in maniera
egregia meritandosi l’attesa per il nuovo cd e per chi volesse
ascoltarli subito acquistando questo single può contattare la
Sucka-Punch rec. via web.
a cura di Massimo
Boraso
Statuto
- "Riskatto" - Epic/Sony
Italia, 1999
Vado subito al sodo e comincio col dire che
"Riskatto", l’ultimo sforzo creativo in ordine temporale
degli Statuto, è un disco tutto di cover, alcune più
riuscite di altre, eccettuata l’originale e bella
"Grande", di cui trovi la recensione da qualche parte,
qui, all’interno di SkabadiP.
Per gli aficionados di Ska (ma non solo) di lungo corso, si
tratta di una raccolta di musiche ben note che, spesso, ben poco
differiscono dai brani originali se non per i testi in italiano.
I testi non mi fanno impazzire, ma l’ho ascoltato solo tre volte e
vi posso assicurare che caratteristica di questo disco è che sembra
più bello più lo si ascolta: i testi assurgono a semplice linea
melodica in aderenza agli originali. Sempre riguardo ai testi dico,
anche, che alcuni sono meglio riusciti di altri come "Rita
Smettila", il riadattamento di "Lip Up Fatty" dei Bad
Manners.
Per la musica c’è da dire che Statuto suonano effettivamente come
orologi riproducendo fedelmente un’atmosfera, quella Two Tone, che
sembrava scomparsa e che ritorna, invece, con un sound molto più
anni ’60.
Saccheggiati i "classici" di Madness ("One Step
Beyond" è "Un Passo Avanti" già fatta in italiano
dagli stessi Madness nel ‘/9; "Pensa Per Te" è, invece,
"Baggy Trousers"; "Non Cambiare Mai" è "My
Girl"per la quale rimando alla recensione dell’omonimo cd
singolo; e, per finire coi Madness, "House Of Fun" è
"Cuore Matto", il cui testo non mi fa impazzire) e Bad
Manners ("Laura" è "Lorraine"; "6/8/45:
Bombe Su Iroshima" è "Inner London Violence";
"Woolly Bully" si Intitola "Chi La Vuole"). Ci
sono anche due efficaci (tra i migliori barani di
"Riskatto") tributi a Specials (dei quali "Hey Little
Rich Girl" è qui intitolata "Splendida Ragazza") ed
ai - potevano mancare?- Selecter, con la canzone inno"On My
Radio", questa volta semplicemente tradotta con "La Mia
Radio" e cantata – ma guarda un po’ che bella sorpresa! –
dalla mitica Rettore, il cui 7 pollici "Donatella" è
stato il primo 45 giri che mi comprai nel lontano ’82! Il tempo
non ha mutato in nulla la potente e multiforme voce della Rettore.
Devo essere riconoscente ad Oskar, Naska & C. d’aver fatto
ricantare puro Ska alla Rettore.
14 è il numero di brani presenti in "Riskatto" di cui,
oltre la citata "Grande", uno dei brani più azzeccati è
"Bandiera Gialla", che, per il mondo dello Ska tradizionale è la "Pied Piper" cantata da Rita Marley,
qui è la versione Ska del testo italiano.
Che dire? Ah, sì: "Riskatto " è un utile strumento per
indicare la strada dello Ska a tanti ignari.
a cura di Sergio
Rallo
Statuto
- "Non Cambiare Mai" - Epic/Sonymusic
1999
Statuto "cover band", senza malignare sulla
vena creativa del gruppo e, si dirà, con un velo di nostalgia.
Nostalgia, in primis per il Two Tone che fu e che, in italiano
(come la "My Girl" dei Madness che, appunto, gli Statuto
ripropongono come "Non Cambiare Mai" e che col testo originale
di Michael Barson non ha nulla a che fare) non mi fa un’ottima
impressione. E questo è per quanto riguarda la title track del
singolo tratto dal nuovo cd degli Statuto che uscirà a settembre con
l’opportuno titolo "Riskatto".
E nostalgia, anche, per la più mitica squadra del calcio italiano, quel
Toro cui è dedicata "Grande", di certo una delle più belle, se
non la più bella delle canzoni fin qui composte dai
"Godfathers" dello Ska italiano.
Io, però, oltre a "bastone e carota" mi tolgo comunque il pork
pie davanti a chi, come Statuto, ammette d’aver fatto un errore a
deviare dallo Ska e si riskatta nel vero senso della parola.
Qui a SkabadiP siam proprio curiosi d’ascoltare il disco di cui
"Grande" è veramente un buon anticipo.
W il Torino di Mazzola, per sempre W!
a cura di Sergio
Rallo
Statuto - "Il Migliore Dei Mondi
Possibili" - CD 2 Toni, Sony Music,
2002
Gli Statuto sono i Decani dello Ska
italiano, d’anagrafe e di diritto. Ma lo sono anche di una cultura Mod
in senso ben più ampio e che fieramente viene tenuta in vita con
Northern Soul, Nutty Sound, Ska ed anche un pizzico di R&B. Benvenuto,
quindi, al loro nuovissimo CD “Il Migliore dei Mondi Possibili" col
quale gli Statuto si confermano all’altezza delle aspettative.
Il CD è stato preceduto da un libro
dallo stesso titolo ed ai cui capitoli fanno riferimento le 13 canzoni
di “Il Migliore Dei Mondi Possibili", cosicché è possibile farsi una
lettura con accompagnamento musicale.
Accompagnamento musicale che comincia
con lo Ska/R&B di “Cos’è", la cui musica è stata scritta dal bravo Paolo
Belli (si, quello dei Ladri di Biciclette) ed il cui arrangiamento dà
bene l’idea della qualità della musica contenuta nel resto de “Il
Migliore dei Mondi Possibile". Segue “Invito ad una Festa" che è una
bella traccia di ispirazione Madness con un azzeccata rivisitazione in
stile Statuto del Nutty Sound dei londinesi, mentre “Sole Mare" è un
bello Ska/Pop veloce alla maniera dei Busters con tanto di intervento
dei Righeira!.
In vena di esprimersi su tutti i fronti
possibili dello Ska col quale sono cresciuti, gli Statuto propongono, in
posizione #5 (se stai pensando che di canzoni ne ho commentate solo 3
finora, preciso che c’è una brevissima Intro, orchestrale, indicata come
traccia #1) un bello Ska/Soul dal titolo “Sperando Che", un po’ cattivo,
un po’ solare, un po’ R&R, una delle migliori tracce dell’album.
Ska più rockettaro e chitarrona distorta
d’accompagnamento caratterizzano invece la canzone dal titolo “Joe"
dedicata in maniera intelligente a chi sfortunatamente si è fottuto con
la “robba".
Il primo “stacco" dallo Ska Statuto lo
propongono col Northern Soul “Voglio Te" che ha alle spalle un Signor
arrangiamento di fiati ed archi positivamente molto Sixties .
Tornando allo Ska, “Come Me"
ingenuamente ricorda l’incontro al liceo tra due Mods che si riconoscono
reciprocamente appartenere alla stessa “gang", ricordo lontano ma vivido
di identificazione tipicamente adolescenziale in un determinato look;
non per cadere nel sociologico ma mi sia concesso dire che è bella, a
quell’età, l’identificazione in un determinato gruppo ed è bello il
sentimento di appartenenza e, di conseguenza, di sicurezza che da
quell’identificazione scaturisce.
“Nemmeno Tu" è uno Ska/Pop con un grande
accompagnamento dei fiati, sullo stesso tempo dei precedenti e di quello
che segue, “Bella Come Sei". Entrambi godibilissimi per ricchezza di
suoni.
Arrivando, poi, allo Ska
dall’accompagnamento di fiati che ho gradito di più, ovvero “Paninaro",
canzone “dedicata" alla moda che imperversò per tutto lo Stivale dal
1980 fino al 1990, e che è un bello Ska Two Tone piacevolmente cattivo,
voglio aprire una necessaria parentesi.
Il sottoscritto, infatti, è
stato - ahi!, ahi!, ahi! - proprio Paninaro (piuttosto diverso da quello
cui si rivolge la canzone ed anche da quelli del libro aggettivati in
maniera poco lusinghiera, ma pur sempre Paninaro sono stato! ) ed
essendo stato quel periodo della mia vita uno tra i più divertenti e
spensierati (ma anche estremamente educativo!), senza alcun rimpianto e
con un pizzico di orgoglio, voglio ricordare ad Oskar che ha scritto il
testo di “Paninaro", quello di “Come me" che pure ha scritto lui.
Infatti, Oskar dimostra di non conoscere il fenomeno “paninaro" quanto
conosce bene quello Mod ma, senza conoscerlo, in “Come Me" descrive
efficacemente proprio quel “sentimento" che - guarda caso – legava non
solo i Mods ma, anche, l’orda multicolore dei “Galli" del Bar Panino.
Chiusa la parentesi,
ritornando alla grande su musica Ska e Two Tone, Statuto propongono
“Vita da Ultrà", vita che viene definita vita da eroi su una ritmica che
ascolto incorniciata dai soliti precisi e potenti fiati. Indulgendo allo
Ska Pop “Barcellona" è tra le tracce più allegre di “Il Migliore Dei
Mondi Possibili". Mentre la traccia più dura (ed unica altra traccia non
Ska del CD) è senz’altro “Ribelli Senza Età", un Rock Soul potente con
un gran lavoro di tastiera, e quella che chiude brillantemente questo CD
degli Statuto (che effettivamente finisce solo dopo un’Autro analogo
all’Intro).
Prodotto in maniera
eccellente, il CD “Il Migliore Dei Mondi Possibili" è senza dubbio, a
modesto parere di chi scrive, il miglior disco registrato dagli Statuto.
Troooppo Giusto!
Sergio
Rallo
Statuto - "I Campioni Siamo Noi" - CD 2Toni/Sony
Italia 2003
Era ora che venisse fuori un bel
“Best Of" degli Statuto che, a ragione, identifico come i decani dello
ska italiano: ne sono al corrente anche loro dato che nel retro del CD
in questione campeggia la scritta “il primo ska in Italia dal 1983" ed è
senz’altro vero visto che con questa uscita si intendono festeggiare i
primi 20 anni del gruppo Mods per eccellenza.
L’album è, giustamente, intitolato in maniera autocelebrativa “I
Campioni Siamo Noi", titolo dalla prima traccia del disco che è un bello
ska/reggae registrato nel febbraio 2003 e, pertanto, inedito. [Ma
indirettamente contiene un polemico riferimento ai proprietari e alla
gestione della Fiat]
La “storia" discografica della band di Torino viene, quindi, ripassata
in ben 22 tracce tra le quali risaltano un buon numero di canzoni ska
piuttosto famose come “Abbiamo Vinto il Festival di Sanremo" (sia in
versione original, sia in versione 2003), “Qui non c’è il mare",
“Piera", “Ragazzo Ultrà" e, ancora, cover che dal vivo sono “pezzi
forti" degli Statuto tipo “Laura" (aka “Lorraine" dei Bad Manners) e
“One Step Beyond".
La carriera degli Statuto viene ripassata anche attraverso tracce meno
famose come “Vattene sceriffo" la cui iniziale ispirazione tra Western e
i The Beat rivela poi uno ska veloce alla Busters o la divertente
“Saluti dal Mare".
L’aspetto politicamente impegnato del gruppo torinese è più
rappresentato da canzoni non ska come “E’ tornato Garibaldi" e “Pugni
Chiusi" ma tra le mie favorite cito molto più volentieri “La Mia Radio"
cantata dalla Rettore, “Grande" dedicata al mitico Toro scomparso
nell’incidente aereo di Superga ed il soul beat militante “Ghetto".
Consigliato senz’altro a chi, anche per questioni anagrafiche, non
conosce la discografia degli Statuto e a chi, pur conoscendola, non
voglia mai farsi scappare l’occasione di tenerla amMODernata.
Sergio
Rallo
Skagnozzi - "Ranocchi
In Amore"- demo CD, autoprodotto, Italia, 2001
5 tracce di debutto
per i toscani Skagnozzi, nome nuovo dello Ska italiano che aspetteremo
volentieri al successivo passo discografico per giudicarli con maggior
completezza.
Per ora posso dirvi
che li trovo alquanto “acerbi" anche se si sentono bene i riferimenti
musicali: il two tone e certo Ska italiano che gli Skagnozzi si
divertono a suonare a loro piacere con un certo gusto per le tastierine
anni ’80. “Lascio Tutto" e “G.A.S.B." sono le 2 traccce che ho gradito
di più.
Melodie semplici ed
orecchiabili in italiano con testi che fanno riferimento a bevute,
immigrazione, servizio militare e fughe sognate è quello che gli
Skagnozzi offrono. Si segnala il tastierista e l’andamento mai agitato
dello Ska degli Skagnozzi in tutte e 5 le tracce che hanno sofferto,
però, di un lavoro poco accurato in fase di registrazione.
Da tenere d’occhio.
Sergio
Rallo
The 27 Red - "Make Your Game" - CD,
Elmo Records,
Germania 2003
Dei 27 red mi ero occupato all’epoca del loro debutto in vinile, ecco
ora la possibilità di giudicarli a fronte di un’opera completa come un
album di 12 tracce.
L’impressione al primo ascolto è positiva, "Make Your Game" inizia con
uno ska swing che sembra fare il verso ai Cherry Poppin’ Daddies
intitolato "Jonny Otherway", prosegue con uno ska alla Mr Reviews dal
titolo "No Time".
Giri di fiati nello stile del citato gruppo olandese sono i preferiti
dai 27 Red anche in "Secret Agent Man".
The 27 Red si emancipano, invece, da certi cliché con il rocksteady
"Better Watch" che è veramente un bel lento e con il gentile ska
"Never Forget" che convincono lo scrivente recensore della validità di
un gruppo che conferma comunque anche in queste tracce le proprie
referenze più dirette nello ska dell’89/’92. Eccoli quindi proporre ad un certo punto una divertente versione da vero
sconquasso di "Englishman in New York" di Sting opportunamente
reintitolata "Rude Boy".
Belle anche "Friends" (l’armonica a bocca ricorda ancora una volta Mr
Review) e il quasi strumentale intitlato "Autumn Ska".
Decisamente bella la veloce "Leavin’" che conclude un buon album di
una buona e capace Ska Band.
Shake it up!
Sergio
Rallo
The Skalatones
- "Ruder Than Roots" EP - Sidekicks Records 1997
Linvasione svedese di Ska non è terminata
eccovi
qui gli Skalatones! La canzone che dà il titolo all EP "Ruder Than
Roots", non particolarmente originale, bene rientra nella categoria Two-Tone Ska
piuttosto urlato. "4 Of Them Outta Jail" è un Rocksteady jamaican-style in
perfetta sintonia con quanto fatto dai giamaicani nel 66-67. Bella melodica
leggera e belle voci su un dondolantissimo e piacevole ritmo, decisamente in stile Mr.
Review, è invece la successiva "Do The Carnivala".
Non male affatto Hannibal (Se)Lectah la penultima traccia di questo EP, con inizio di
mandolino ma soprattutto perché ha un bellissimo ritmo al quale non riesco a dire di no.
Con le schitarrate non gradevolissime del Rock-ska "Rude Skank Wank" si conclude
il lavoro, un EP un po per tutti i gusti, che anche se no lascia una grandissima
impressione nellascoltatore, non dispiace affatto.
a cura di Sergio Rallo
Notevole 2° Long Playing da
parte di questa, ormai affermata, affermata formazione svedse.
"Notevole"sopratutto
se si tiene in considerazione che il loro debutto (By Public Demand,
stessa etichetta, 1997) mi aveva lasciato piuttosto indifferente...è
giunto il momento che mi ricreda: gran bell'album "Tune
In...".
Skalatones, che possono farsi
vanto di avere come cantante una vecchia conoscenza del'epoca Two
Tone qual'è Mr. Charlie Anderson ovvero il primo bassista dei
Selecter, propongono una musica Ska difficilmente categorizzabile,
dato che, con disinvoltura passano da uno Ska punk ragga quale
"Radio Ska", al Two Tone dall'atmosfera 80's tipo
"Common Fools" e "Slip Of The Finger" ed al
neo-tradizionale "di classe" come "Casino
Fatale".
Ok, non sono i primi e non
saranno gli ultimia far ciò, ma senza dubbi di sorta gli Skalatones
sono quelli che ci riescono meglio. A volte paiono, da traccia a
traccia, un gruppo diverso, vedi "Lipstick On My Mind",
con un ritornello che sembra preso da "Gray Day" dei
Madness.
12 canzoni tutte di buona
fattura in questo cd dell'estremo Nord tra le quali spiccano, per
ritmo: "5 O'Clock News", per simpatia: "Ayayay",
per armonie vocali "The Spirit" e, per nostalgia:
"Persuaders, ultima traccia, sigla del telefilm "Attenti
a quei due" con Roger Moore e Tony Curtis che io da pargolo
guardavo affascinato e ascoltavo quella sigla che, poi, come tante
altre cose rientranei ricordi e gli Skalatones me la ripropongono in
un SkaReggaedubstrumentale di lusso.
Charlie Anderson, oltre
che viaggiare tra Svezia e Italia, ha una bella casa a Negril, in
Norman Manley Blvd, chiedete dov'è Miss Mary's Palace ed Enjoy your
stay...a tempo di Ska-latones, ovviamente!
a cura
di Sergio Rallo
Skastori – "Bikini" – CD Autoprodotto – 2001
Buone notizie dagli Skastori, band del basso Lario
alla seconda produzione. E’ una degna e piacevole evoluzione rispetto
al loro primo CD uscito ormai il secolo scorso. Il disco ricorda
molto, nella grafica di copertina e nei contenuti del booklet quello
precedente, il che lascia, di primo acchito, poco fiduciosi sul
contenuto musicale. Poi però, saltano agli occhi alcune piacevoli
novità. La sezione fiati si è arricchita di un sax baritono, il cui
suono grave e imponente purtroppo si perde un pò nel disco e
soprattutto, Gio si è tagliato la barba ed ha un look finalmente da
persona civile. E con una premessa di questo genere non si può che far
girare il cd fiduciosi. Fiducia ripagata dalla qualità del disco, che
nel complesso penso di poter dire si pone su un livello medio alto tra
il novero delle ultime produzioni nostrane. Considerando lo sforzo
economico di chi si autoproduce i dischi, va detto che la qualità del
suono è valida, nonostante in alcuni momenti manchi di aggressività.
La voce risulta spesso forzata, dovendo forse acquisire ancora un
briciolo di personalità, mentre ciò che si nota maggiormente è una
certa latitanza nei fiati, che spesso vengono relegati a comprimari e
passano in terzo piano rispetto al resto; penso più per una questione
di missaggio che per lacune tecniche. Ciò che invece trabocca da
questo CD è una grossa dose di fantasia e originalità. Si passa così
da un rocksteady traditional o quasi (Susanna), ad un reggae di buona
qualità (vivere un sogno) al più classico third wave ska Italian Style
(“Spiagge", “Bei Tempi", “Big Brother") con qualche spruzzata di swing
qua e la (Friends), con ritmi ora più sostenuti ed ora più rilassati
con riffs, stacchi e cambi di tempo piacevoli e mai fuori luogo.
I pezzi sono 10, più un messaggio satanico subliminale in chiusura per
riconciliarsi con la vita, per una mezz’ora abbondante di musica. La
velocità di crociera è piuttosto sostenuta, un pò alla
Matrioska e Vallanzaska, per intenderci. Rare le intrusioni nello
ska-core, come in Scooter Boy, per altro piacevole.
In conclusione, un buon disco ed una buona band con ancora parecchio
margine di crescita, che da però l’impressione di trattenersi laddove
sarebbe preferibile dar fiato alle trombe, ai sax, e alla voce, che
con un pò di impegno si avvicina a quella di Mike Ness, mio idolo
adolescenziale. Come chi è?
Antonio Crovetti
Skatalites & friends "At
Randys" VP
Records 1998
Dei 20 pezzi contenuti in quella che da subito vi indico
come migliore raccolta di Ska originale, ne conoscevo solo uno ("John &
James" dei Maytals). Tutti gli altri sono rarità mai riapparse sul mercato dalla
loro prima uscita in vinile ben più di 30 anni fa.
Quindi se non avete gli originali e costosissimi 45 giri non cè altra ragione per
ascoltare alcuni tra i più eccitanti strumentali degli Skatalites ("Black Joe",
"Collie Bud", "Baby Elephant Walk", "Malcom X" e "Hello
Mother") nonché due sconosciute ed imperdibili composizioni di Don Drummond
("Machine Shop" e "Away From It All").Senza contare poi che i
"friends" del titolo sono Alton Ellis (con uno dei brani Ska più riusciti
"Mounth A Massy" e un infuocato "Ska Beat"), The Maytals ("Lost
Penny"), Ken Boothe e Stranger Cole ("Home Home Home"), Roland Alphonso
("Blow Roland Blow"), Baba Brooks (con la sua riposantissima versione do
"Portrait of my Love") e Arkland "Drumbago" Parks il cui eccellente
lavoro alla batteria (particolarmente nelle due canzoni di Alton Ellis) si può ascoltare
e paragonare a quello dellaltro maestro batterista del tempo Lloyd Knibb.
Credetemi, questa splendida raccolta accende un faro che getta nuova luce
sullimportantissimo contributo della comunità cinese allo sviluppo della musica
Ska. Infatti, se nomi di sicuro più familiari come quelli di Leslie Kong, Justin Yap,
Byron Lee, Lynn Tait si ritrovano spesso nelle varie compilazioni degli ultimi anni,
quello di Vincent Chin è più spesso ricollegato al Reggae ché allo Ska.
Ora non sarà più così, leccellente qualità del materiale riprodotto è alla pari
con il meglio che si è già avuto modo di conoscere di Studio One e Treasure Island,
innalzando il nome di Vincent "Randy" Chin tra quelli dei grandi produttori
della metà degli anni 60.
This is Ska at all!
a cura di Sergio Rallo
Skatalites - "From Paris With
Love" - CD 2002
Il
penultimo CD degli Skatalites
“Bashaka" (Marston Rec. 2000) non mi ha suscitato un grande entusiasmo
in paragone ai precedenti (forse
perché è stato anche il primo senza Roland Alphonso),
ma sono contento di non poter dire
lo stesso per questo nono
album dell’epoca moderna della band giamaicana per eccellenza che,
invece, mi entusiasma parecchio.
“From
Paris With Love", infatti, mi restituisce degli
Skatalites in splendida forma:
la produzione di “From Paris With Love" - a mio modesto parere - supera
di gran lunga anche quella del bel disco della Island “Balls Of Fire"
(che è essenzialmente un ottimo disco di jazz – soprattutto nel tipo di
produzione adottata - piuttosto che ska nel vero senso della parola).
A me
piace fare distinzioni, soprattutto laddove sono le distinzioni che mi
permettono di scegliere meglio e, non c’è dubbio, “From Paris With Love"
è senz’altro uno dei più convincenti e meglio riusciti album del nuovo
corso degli Skatalites (1983 in
poi).
Il
disco consiste in 14 tracce di ottimo Ska/rocksteady con i solitamente
splendidi solisti della vecchia guardia a farla da leoni ovvero Lester
Sterling e Cedric Brooks, ai quali si aggiunge (l’ultimo tour europeo
degli Skatalites ha lasciato
molti fan recenti della band col dubbio su chi fosse quel trombettista
manico!) con mia graditissima sorpresa l’ottimo “Dizzy" Moore. Questi ha
condiviso il posto di prima tromba negli
Skatalites con Percival Dillon,
David Madden, Harold McKenzie e, non ultimo, Baba Brooks oltre che
essere stato il trombettista dei Supersonics e dei Soul Syndicate ed
autore di un paio di album da solista veramente notevoli.
Immancabile, poi, la leggiadria e dolcezza del canto di Doreen Shaffer
con “Golden Love" di Lord Creator, “Thinkin’ Of Yoyu" di Porter e “When
I Fall In Love".
Della
nuova guardia sono sempre presenti il virtuoso trombonista Will Clark,
l’eccellente Devon James alla chitarra e l’impeccabile tastierista Ken
Stewart abilissimi ed ammirevoli nel loro lavoro agli strumenti mai
dissimile da quello svolto dal vivo.
La
ritmica, infine, per apprezzarla in tutta la sua reale “potenza di
fuoco" bisogna tenere presente che è quella che scaturisce dalle mani,
nel caso della batteria anche dai piedi, di Brevette e Knibb, una coppia
che, nonostante l’età (circa 140 anni insieme), ha swing e “tiro" da
vendere!
Detto
ciò, sono convinto che la ritrovata presenza di Moore abbia giovato
senz’altro alla formazione se non altro per tracce emozionanti e
godibilissime di super Ska come “Glory To The Sound" (divenuta
immediatamente la mia preferita), la splendida “Rock Fort Rock" pure
nella sua versione a 120 battute al minuto reintitolata “Ska Fort Rock"
e le splendide versioni di “African Beat", “Garden Of Love" e di “Pata
Pata" re-intitolata “Skata Skata" sulla cui scelta Moore avrà avuto
certamente il suo peso.
Alcuni ultra classici come “From Russia With Love", “Freedom Sounds",
“Trip To Mars" “River To The Bank" e “Guns Of Navarone" non stancano
mai, soprattutto quando gli arrangiamenti azzeccatissimi dei vecchi
Skataklites sono in grado di donar loro nuova, giovane ed irresistibile
energia.
La
musica di “From Paris With Love" è ska, rocksteady senza tempo, senza
scadenza e variegatissima. C’è il brano notturno, quello veloce, quello
più lento, il rocksteady, il reggae, le cover e gli originali il tutto
in un bel CD curato in grafica e contenuti che invoglia a possederne una
copia.
Ska
originale per appassionati di Ska originale e, come al solito, per chi
ama la buona musica in generale.
The Skatalites - "Guns Of Navarone" - CD
Trojan/Sanctuary,
Inghilterra, 2003
Grazie all’effettiva richiesta del mercato, molto materiale degli
Skatalites sta venendo ristampato in cd come nel caso di questo "Guns Of
Navarone" che raccoglie tutti insieme ben 25 strumentali della band
icona dello Ska.
Il cd, sia
detto per i patiti collezionisti, non offre alcuna novità o rarità di
sorta, mettetevi la coscienza in pace, ma contiene quasi il meglio che
gli Skatalites registrarono per Mr. Dodd, Mr. Reid e Mr. Yap che ora mi
accingo a commentare (quasi) pezzo per pezzo.
Comincio da
Eastern Standard Time che è uno dei capolavori della musica caraibica di
tutti i tempi senza alcuna esagerazione (il fatto che oltre ai
giamaicani la conosciamo solo noi appassionati di ska fa girar le balle
ma tant’è) e la cui melodia rilassante è benefica per il cervello, come
lo è quella di Garden of Love che la segue ed il cui titolo identifica
una melodia gioiosa e limpida, pregna di serenità quasi estatica che
raggiunge il culmine nel morbido solo del Don, suo autore in quel
momento certamente in grazia di Dio.
Sullo stesso
mood viaggia Latin Goes Ska, anche se per dare a Cesare ciò che è di
Cesare è lo ska ad essere creditore – anche – della musica latina (tanto
è vero che Latin Goes Ska è, in effetti, la cover di Pachito
Eche" di Beny More resa famosa da Perez Prado come "Pachito E Ché").
Segue Music Is
My Occupation, un vero e proprio motto di gente che può vantarsi di aver
inventato un nuovo genere ed un’altra melodia rilassante e senza tempo
spalmata su una ritmica pulsante al punto giusto in cui si ascolta uno
degli assoli più belli di Drummond il maestro trombonista che è il
leader anche nell’avvincente Street Corner ed in Musical Store Room.
Green Island è
il super burru/ska degli Skatalites che racchiude uno degli assoli
maggiormente significativi dello spessore artistico di Don Drummond.
Un’altra delle
composizioni che gronda musica latina è Musical Communion nel cui
caratteristico levare oltre all’immancabile Dennis "Ska" Campbell si
aggiunge Charlie Organaire entrambi immortalati nel loro sfiancante
lavoro al limite dell’enfisema.
Doctor Dekker,
con Baba Brooks, è sullo stesso stile di Man In The Street e stupendi
sono gli assoli di Alphonso e del Don, lirico come poche altre volte.
Don De Lion
che segue dopo Feeling Fine non è altrimenti commentabile: è il ruggito
del leone, musica immortale, quintessenza della potenza dello Ska in cui
Don Drummond si lascia andare in un assolo quasi magico.
Anche in
Stampade c’è Baba Brooks alla tromba e sembra esserci Drumbago al posto
di Knibb sullo scranno del batterista, mentre Silver Dollar che è tra le
mie preferite di sempre grazie ad una delle melodie più cattive dello
Ska in cui l’effetto devastante è amplificato nel momento in cui parte
l’assolo di Alphonso sul tappeto di note offerto da Drummond.
Non so per
quale ragione ma Alipanga, Alley Pang, Aliphang ed anche Halley Phang
vanta come si vede il maggior numero di storpiature del titolo tanto che
neppure io saprei indicare quale sia il giusto spelling ma, al di là di
questo particolare del tutto irrilevante, è la traccia il cui giro di
chitarra di Ranglin è tra i più campionati ed in cui Drummond (sempre
lui!) concede uno degli assoli più potenti ed esaltanti della sua
carriera ska.
Infine, per
concludere, esagero dicendo che amo lo Ska perché Throughfare appartiene
a tale genere e nessuno potrà mai sradicare tale mia convinzione:
nessuna musica ha mai prodotto dei giri così coinvolgenti e melodie così
trascinanti.
Mesopotamia e
Dragon Weapon che occupano gli ultimi due posti della raccolta chiudono
degnamente un’ottima collezione alla quale, per pignoleria quasi
gratuita, criticherei l’assenza di "Coconut Rock" ragione per cui
all’inizio ho scritto che raccoglie "quasi" il meglio.
Che questa
musica sia sempre con voi!
Sergio
Rallo
Skaos "Ham
& Eggs" + "Back To Live" Pork Pie/Vielklang/EFA 1997
Dopo una pausa che non li ha più visti sui palchi
di mezza Europa a suonare il loro potentissimo Ska bavarese, nel 1995 gli Skaos si
riuniscono (lultimo disco "Catch This Beat" era del 1989) ritornando negli
scaffali dei negozi di dischi con "Back To Live" edito sempre da Pork Pie.
Noi che siamo dei nostalgici, siam contenti di questo gradito ritorno.
Sul Cd Back To Live, potete trovare il già citato "Catch This Beat" più 12
brani live registrati a Berlino e tratti dai loro primi due album. Un lavoro non
essenziale per chi già ha i loro precedenti album, ma utile per chi non li ha mai sentiti
prima.
Sempre per la stessa etichetta, gli Skaos registrano nel 1997 un nuovo album,"Ham
& Eggs".
Limpressione generale è che il loro "sound" si sia indurito e
incattivito. Sempre inseriti in una tradizione ben nota agli appasionati di Ska tedesco in
generale, ci piace ricordare che gli Skaos sono da ritenersi tra i capiscuola della terza
ondata Ska dell89-90.
Nel loro agitatissimo Ska & Reggae si colgono le influenze più svariate, e i 16 brani
dellultimo Cd mettono unirresistibile voglia di skankeggiare inna Two-Tone
stylee!
Consigliato ai reduci dellOcktober Fest, ai Punk eclettici e agli skaters che ne
hanno le palle piene di Ska-core ma puntano sul teso.
a cura di Sergio Rallo
Skatrek – "Move Along" - Grover
Records, Germania, 2000
Ska trad. a manetta e, ovviamente, Rocksteady e Reggae a volontà.
Questo è ciò che offrono i tedeschi Ska Trek nel loro primo CD
ed Album dal titolo "Move Along".
Ska Trek sono una "cover band" che si dedica a tempo
pieno a risuonare molte splendide canzoni giamaicane per lo più
conosciute solo ai maniacali appassionati del genere. Ska Trek si
divertono un mondo nello scegliere accuratamente le canzoni da
rispolverare "da un dito di polvere" mettendo in risalto
la loro notevole ed apprezzata, sensibilità musicale.
Quanto detto si rivela subito alla prima traccia, "Hold
Down" di Harriott; seguita dalla bellissima "Woman A
Capture Man" degli Ethiopians e "Ride Your Donkey"
dei Tennors (anche se io avrei cantato la versione
"erotica" "Khaki").
Per quel che mi riguarda, poter riascoltare "perle"
della musica giamaicana come lo slow ska "Dinah" del
grande Joe Higgs, "True Confession" dei magici Silvertones
o "I Want Justice" che io credevo essere di Delroy Wilson
e che vedo invece accreditata ad Errol Dunkley (e, tanto per
aggiungere una nota di colore, accreditata nell'LP’dei Natural
Rhythms "Blue Beat & Ska" del ‘90 a tale F. Oscar)
o, ancora "Congo War" di Lord Brynner e "Blam Blam
Fever" dei Valentines è vera opera di divulgazione della
musica ska.
Le ritmiche sono prevalentemente quelle originali, il suono è
pulito e brillante e gli arrangiamenti sono stati fatti in maniera
da non violentare mai le composizioni originali.
a cura di
Sergio Rallo
Skavoovie & The Epitones Ripe Moon Ska Records 1997
Se hai stima di qualcuno, ascolta ciò che ti
dice
potresti scoprire nuove cose. Ed è propriamente così. Avevo comprato il primo
CD (Fat Footing Moon Ska 1995) di questa band dal nome piuttosto lungo, con poco
entusiasmo, già non avendoli ritenuti un "gran che" in alcune tracce sparse qua
e là nella miriade di "compile" made in USA. Ma mi sentivo di dargli una
chance, di giudicarli in un LP. Come al solito, non mi sbagliavo. E si che gli ingredienti
perché mi piacessero cerano tutti: Ska-jazz, Ska-Tradizionale, il tutto mischiato
con una piuttosto accentuata predisposizione allo Swing/Rnb. Ma qualcosa in quel Cd non mi
suonava bene
non sapevo cosa, e quindi, uscito quello di cui vi dovrei parlare in
questa recensione, non lho nemmeno tenuto in considerazione per un futuro acquisto.
Sennonché il nostro Ska-grafico Lele, una sera mi chiede, così, an passant: "Ma a
te piacciono gli Epitones?". Ed io, consapevole di sorprenderlo con una risposta
affermativa: "No, non mi piacciono
non so cosabbiano ma mi hanno lasciato
piuttosto indifferente". "Ueh" fa lui (sapete
si esprimono così a
Mezzago) "Ma sei tutto tuonato? Ma lhai ascoltato il nuovo Ripe? Ma lo sai che
è una figata?". Così, convinto da tanta foga, e piacendoci in gran parte la stessa
musica, il Rallo presto o tardi va da Stiv, là, in quel coacervo di generi, subgeneri, ma
soprattutto sub-sub-generi che è il negozio di dischi "Zab" e gli chiede
dascoltare un par di pezzi da Ripe.
Zak!
Il Rallo si prende il disco perché è una sciccheria, se lo va ad ascoltare nella
comodità del proprio giaciglio. Non ho dovuto far scorrere, nel lettore del mio CD, più
di tre pezzi, per rendermi conto che il CD era ben curato, prodotto, e arrangiato. E con i
suoni giusti al punto giusto, tanto da quasi non riconoscere nemmeno quel sound del loro
CD desordio.
E scopro anche il perché, al di là del fatto che i giovanissimi Epitones sono dei bravi
musicisti, i 14 brani di "Ripe" , compreso il delicatissimo Rocksteady
"Latvian Lullaby", la bellissima versione Ska di "Bli-Blip" di
Ellington, lelaboratissima e molto apprezzata da chi vi scrive "Acquam",
le divertentissime canzoni "Blood Red Sky" "Frog Spirit" e
"Drunk" (già nella compilation Skankaholics Unanimous) e la percussiva
"Burru Ska Plague" sono prodotti da Victor Rice, ex-bassista degli Scofflaws,
nonché uomo sempre più indaffarato nei progetti Ska Reggae del continente nordamericano
come bassista e produttore.
I dieci Skavoovie & The Epitones, ci invitano, a fine booklet, a suonare il disco
"Loud"
ad alto volume, e noi vi invitiamo a fare lo stesso!
a cura di Sergio Rallo
Skavoovie & the Epitones – "The Growler" –
Shanachie Records – USA 1999
Un pò datato come disco dato
che ha visto la luce nel lontano millennio scorso, però mi ero
dimenticato di averlo e quindi di recensirlo. Gli
Epitones si sono sempre contraddistinti per uno stile molto
personale nell’interpretazione dello ska. Come succedeva anche nei
dischi precedenti, si ha una ricerca di ritmi e suoni molto particolari
e complessi, tra il jazz, il reggae, il funk, lo ska traditional e uno
ska che definirei quasi sperimentale, se non altro perchè non so che
aggettivo dargli. Chi segue la band da qualche tempo, si fidi del fatto
che questo The Growler rappresenta la naturale evoluzione ai precedenti
lavori; chi invece non ha mai avuto la fortuna, o sfortuna, di
ascoltarli, è meglio che non si fidi di quanto scriverò. Direi che
l’impronta e la ricerca di suoni jazz è palpabile quasi in ogni pezzo
del disco, in modo quasi ossessiva a volte, tanto da ritrovarsi spesso
persi in sonorità quasi improvvisate. Ma se si trattasse solo di questo
uno recensisce il disco come un più o meno valido insieme di tracce
ska-jazz e poi va a dormire tranquillo. Il fatto è che qua ogni
tentativo di etichettare il disco risulta insoddisfacente e non
renderebbe giustizia alle proprie orecchie. Diciamo che c’è una discreta
alternanza di brani dalle ritmiche e dalle melodie tipicamente ska,
molto rocksteady, coi fiati sapientemente trascinatori di suoni
piacevoli e ballabili, con brani tremendamente complessi, con evoluzioni
stilistiche e assoli carpiati con avvitamento che destabilizzano un
attimino chi, come me, non è del tutto predisposto all’ascolto di
materiale troppo ardito. I brani sono 14 e di sicuro rappresentano un
qualcosa di nuovo e inesplorato nel panorama ska degli ultimi anni. Il
problema sta nel decidere se il prodotto sia soddisfacente o meno per le
nostre orecchie. Io ancora non l’ho capito del tutto, anche se in alcuni
brani come “Boyo", “theme from Foster’s ghost", “Salad Days", “Coffee
Connection", “Lucy", “Desert Gold", gli
Epitones riescono a raggiungere vette non da ridere, tanto che in
Desert Gold mi vengono alla mente suoni vellutati alla “Return of the
big guns" degli
Skatalites; altrove, la band rischia, a mio parere, di perdersi in
circumvoluzioni nelle quali faccio fatica ad orientarmi. Splendido l’uso
del flauto traverso in alcuni brani e sempre ottima la voce di Ans
Purins.
Non prettamente easy listening, ma di sicuro interesse e unico nel suo
genere.
Antonio Crovetti
The Slackers
- "Redlight" - Hellcat
1997
Stupendo.
Ecco, "stupendo", da solo, basterebbe come esauriente recensione del secondo
long playing dei nuova yorkesi Slackers: lo stupendo Redlight.
Il Cd in questione è etichettato Hellcat, che ha scoperto di recente che può fare i
soldi anche su musica migliore di quel rumoroso trash-metal-harcore-punk di cui la
suddetta etichetta è stata portabandiera negli ultimi anni.
Comunque, la Hellcat, con questo CD merita i complimenti perché è un CD ben curato, con
una bella confezione cartonata, ma soprattutto molto ben prodotto e mixato da Victor
Ruggiero cantante, pianista, tastierista DEI sorprendenti Slackers. sulla scia degli
insegnamenti di Victor Rice (bassista degli Scofflaws) che è stato produttore e mixerista
del primo album su Moon Records degli Slackers intitolato "Better Late Than
Ever", il gruppo stupisce con un disco di piacevole ascolto e ballo, caratterizzato -
come il primo - da un ricercatissimo sound.
Basso profondo e andamento tondeggiante sono la peculiarità dei 12 brani che scorrono nel
vostro lettore. tutti, si sente, con radici ben piantate nella Giamaica del Rocksteady e
nel Reggae degli inizi, in un colto RnB caldo e fumoso e, ovviamente nello Ska che gli
Slackers interpretano con un apprezzatissimo stile un po' retro.
Dal Rocksteady/Dj/ dolce e smussato di "Rude And Reckless", all'irresistibile
melodioso Reggae di "What's This" per passare alla fantastica mutazione di una
ballata sixties in Ska di "Married Girl" vi assicuro che tutti i brani
meriterebbero una nota, tanta è la creatività degli Slackers in un disco che vi fa
viaggiare lontano e che pare un'antologia di (Bella!) musica anni '60 ed invece è uno
stupendo disco di un gruppo Ska di fine millennio.
Viva la fantasia!
a cura di Sergio Rallo
The Slackers -
"The Question" - Hellcat 1998
Bene, siamo, come usuale, nel campo delle questioni
personali e, per parlarvi del nuovo CD degli Slackers, tali questioni le suddivido in
oggettive e soggettive.
Nelle prime rientra il fatto che "The Question" è un disco fatto bene, che si
presenta bene, mixato, oltre che dal cantante e tastierista Vic Ruggiero, niente po' po'
di meno che da Clive Chin (esatto, quello del famoso Randy's Studio che ha prodotto il
miglior Reggae dei '70) e Glen Adams (tastierista degli Upsetters di Lee Perry e
naturalizzato Nuovayorchese dal '75) che, per l'occasione è anche guest in un paio di
pezzi. Tutto il lavoro è poi dedicato (mi tolgo il pork pie) a Tommy McCook e al me
sconosciuto Dick Qualin.
Detto ciò, sulla scorta di qualche migliaio d'ore d'ascolto di questa musica e, quindi,
con in mente un'ampia casistica di dischi più o meno belli, penso che gli Slackers - pur
restando (come "live" ne hanno dato prova) tra le migliori Ska bands del mondo -
potevano evitare di inserire rispettivamente 6 e 7 brani in più dei precedenti
"Better Late Than Ever" e "Redlight". Così facendo, è successo
l'inevitabile: se ad un orecchio meno "esperto" il CD può riscuotere un alto
gradimento
al mio, usando come paragone i due album del 1996 e 1997 entrambi da 10,
se la cava con un 6.
La "title track", per esempio, la trovo noiosa e le preferisco di gran lunga la
bella Dj version, la prima traccia ("Manuel") ha una linea di fiati che mi
ricorda troppo quella di "Big Trombone" degli Skatalites, mi suona come una
scopiazzatura, "The Mummy" vince tranquillamente il posto di peggior brano
scritto dagli stessi autori della bellissima "Treat Me Good" e lo strumentale
"Motor City" non è lontanamente paragonabile a gioiellini dello Ska strumentale
che gli Slackers ci hanno regalato con "Work Song", "Cuban Cicar",
"Cookin' For Tommy" o l'eccezionale (bouncy yet sedate)
"Contemplation"
e può non essere personale opinione ma dato di fatto;
riascoltatevi e paragonate i pezzi citati.
Nonostante 19 pezzi per un totale di 68 minuti di musica non c'è traccia di canzoni belle
come "Soldiers" e "Come Back Baby".
Detto (di nuovo) ciò, in The Question ci sono però 10 pezzi che meritano di essere
ascoltati e riascoltati perché sono i "pezzi forti" di questo album: "Have
The Time" (con batteria Knibb Style) "And I Wonder ?", "Feed My
Girl", "Mountainside" "Power", "The Question
(version)", "Face In My Crowd", "Yes Its True", "Alone
Again" e "Make Me Smile" meritano il proprio posto nella collezione
dell'appassionato. Tra Ska, Rocksteady ed Early reggae c'è spazio per Garage, Blues,
Burru e Jazz nella musica degli Slackers che comunque risultano un pochino differenti
anche nel sound generale, leggermente meno cupo e po' più simile agli Hepcat dell'ultimo
disco.
Ora, per chi non ha ancora avuto la possibilità di conoscere la musica degli Slackers
consiglio l'acquisto di "The Question" dato che, affascinato dal genere, il
neo-fan vorrebbe presto procurarsi anche i precedenti per scoprire così quanto bravi
siano riusciti ad essere Ruggiero & C. e quanto più bravi potrebbero essere in un
loro 4° LP
Per chi non crede che la gatta frettolosa fa i micini ciechi.
a cura di Sergio
Rallo
The Slackers +
Friends - "Special Reggae Ska Rocksteady Party" - CD
Select Cuts
Germania 2003
E’ per me del tutto inaspettato questo
"Special RSR Party" (edizione europea del CD "Slackers and Friends",
uscito in USA per l’etichetta del gruppo Special Potato Records, alla
quale vengono aggiunti 2 bounus tracks non presenti nella prima uscita)
nuovo album degli Slackers.
Non è propriamente un album "degli
Slackers" ma bensì un album "con gli Slackers" che accompagnano una
serie di artisti di maggior o minor fama.
I "Friends" da
me artisticamente conosciuti, infatti, sono tutti ospiti di grande
riguardo tipo l’ottimo Cornell Campbell, la sempre gradita Doreen
Shaffer - che canta, tra l’altro, l’unico ska del disco - e ancora il
tastierista Glen Adams e, addirittura, la bravissima Susan Cadogan
nonché Chris Murray di fama King Apparatus e Rankin Joe a rappresentare
rispettivamente la media e la nuova guardia dello ska/reggae.
"Special Reggae Ska Rocksteady Party"
contiene prevalentemente ottimo reggae e dub (eccellente in quest’ultimo
genere "Schooling the Youth") ed è, quindi, un disco non propriamente
"ska" come i precedenti album.
Contiene, infatti, certo dancehall
cattivissimo che piacerebbe tanto anche a Kingston come "Matey
Exterminator" cantato da una bravissima, quanto a me sconosciuta Ariane
Foster, per una durata di ben 6 minuti. E’ tra i brani che ho apprezzato
maggiormente; ed anche un paio di ballate che non c’entrano nulla con
reggae & ska, però veramente belle, tra beat, "Sixities" e folk proposte
da Chris Murray.
Un disco, questo "Special R.S.R.Party",
che nonostante gli ospiti di riguardo e le "variazioni sul tema"
comunque non riesce ad entusiasmarmi e che vede la sua maggior
attrattiva nella presenza dei citati ospiti.
Non essenziale.
Sergio
Rallo
Slide - "Proto CD" - autoprodotto,
Italia, 2001
Ska veloce e “pulito" e repentini
stacchi di Hard Core al 100% è la formula ben applicata dai giovani
Slide che, con Proto - CD demo autoprodotto - cercano di far la
conoscenza con il pubblico dello Ska.
Gli Slide, fin dal primo superficiale ascolto di Proto, li ho trovati
molto melodici e con un buono spirito corale tanto che, a differenza di
altri gruppi dello stesso genere, mi sono proprio piaciuti.
Il cantante ha una bella voce, priva di inflessioni dialettali ed i
musicisti si divertono a miscelare in giusti rapporti Ska veloce, Reggae
e Punk.
Il loro lavoro, per essere un semplice Demo, si caratterizza per un bel
suono brillante, anche quando si passa nell’HC.
Molto carina la prima traccia dal titolo “0 Schemi" e la seconda “Luoghi
Sconosciuti", ma la più brillante ho trovato essere “Makkeroni
Elettronici" che non è per niente Ska ma che mi riappacifica con certe
sonorità Punk. Interessanti i testi.
Complimenti, quindi, agli Slide di cui attenderemo il primo vero album
con curiosità avendoli già trovati originali e divertenti.
E, anche se la ritmica degli Slide ha bisogno di una messa a punto,
posso dire che gli Shandon cominciano ad avere una concorrenza che sa il
fatto suo e non che li imita.
Sergio
Rallo
Stiliti
- "Nella Strada" - CD, Tube Records, 2001
Bella prova di maturità musicale
raggiunta dai piemontesi Stiliti, il loro ultimissimo CD “Nella Strada",
è veramente un disco di “street ska". Per tematiche e ritmi.
Gli Stiliti sono, infatti, incredibilmente bilanciati tra “pop ska" alla
Busters e ska-core alla
Persiana ed innestano su
ritmi - mai frenetici e decisamente “carichi" - orecchiabili melodie dai
testi neo esistenziali.
“Nella Strada" comincia alla grande con “Quello che mi piace", un
sostenuto ska moderno dal giro particolarmente felice e dal bridge
molto rock, prosegue con la canzone che sgancia il nome al disco, un
bello ska trasportato dai fiati con un testo cantato con passione dal
notevolmente migliorato Paolo Morello. Anche “Nella strada" ha il suo
bel passaggio di rock duro che fa la tendenza dei nostri giorni.
Al terzo posto, gli Stiliti giocano con le mie nostalgie
facendomi restare in stato di inerzia e coi pensieri rivolti ad una
delle più felici vacanze estive sul mare di Marsala quando la colonna
sonora era “L’estate sta finendo" dei Righeira che, all’epoca, tornavano
prepotentemente in classifica dopo la loro “Vamos a la playa"; già,
perché gli Stiliti, non solo ne traggono una versione Ska
particolarmente riuscita (anch’essa col suo bello stacco rock), ma anche
“attraggono" allo ska il fuorissimo Johnson Righeira!! Fa piacere
parecchio risentire la sua voce, soprattutto cantare ska.
Altra sorpresa è la divertente versione strumentale di “Venus", ancora
a sottolineare come Stiliti vadano egregiamente d’accordo col pop e,
essendo uno strumentale sottolinea come gli Stiliti siano un gruppo ska
in cui tutto funziona egregiamente.
La conferma a quanto appena affermato viene da un’altra cover,
ben riuscita, di un maestro della musica italiana come Battiato – e vai
nuovamente di nostalgia per gli anni ’80 (lo speldido album “La Voce del
Padrone" è del 1981) – “Centro di gravità permanente" in versione sempre
ska/rock potrebbe far innervosire il fan del maestro siciliano, certo
farà godere il fan dello ska!
Ben registrato, curato nell’aspetto grafico, ballabile, un po’ rock, un
po’ tecnologico, ma saldamente ska, “Nella Strada" è veramente una buona
prova di ska italico moderno che, giustamente, anela al grande
pubblico.
Sergio
Rallo
Tecnologici e pop, gli Stiliti sono una
band decisamente in continua evoluzione e la new wave rock di oggidì la
seguono e la interpretano proprio benino con gradevole stile ska che
colpisce l’ascoltatore immediatamente con le prime due tracce intitolate
"Nuvola" e "L’ultima tassa".
Stiliti si sforzano peraltro - e ci
riescono - di essere sempre diversi in ogni traccia, dalle più
rockettare "Nuovo Stato Mentale" e "Dimmi Che Cos’è" allo ska moderno di
"Che Cosa Sei" e di "Tempo Determinato".
Bella "Stella Artificiale" sullo stile
melodico di Morgan e "Video Game" che è la più rock e che terminano
l’ascolto di "Videogames" profilando gli Stiliti come i
Luna Pop dello
ska. Il loro precedente album paragonato a "Videogames" sembra già
passato remoto.
Non è certo il mio stile ma il lavoro è
senz’altro buono e curato.
Sergio
Rallo
A giudicare da questo 45 (che rappresenta il loro debutto europeo) i
texani Stingers ATX (che sta per Austin, Texas) sono da annoverare tra i
gruppi cui senz’altro dedicare attenzione.
Già con un bell’album in curriculum, questo sestetto offre uno stile
veramente originale le cui influenze maggiori sono da rintracciarsi
nell’early reggae-rocksteady, nello ska e nel cha cha cha ma anche, per
ciò che riguarda il cantato, nel soul e nel doo wop.
“Rich Boy" è un potente reggae-rocksteady con ritmica più che
tradizionale ed ottimo cantato.
Sul lato “B", che va a 33 giri, gli Stingers ATX offrono come saggio
della loro interpretazione dello ska una coinvolgente canzone dal titolo
“Mikey" che “viaggia" tra tradizionale e drum&bass con un piglio
punkeggiante che non stona affatto con “Just Ain’t Right" che conclude
il gradito EP e che è uno ska-cha cha dal gradevole cantato e notevole
solo di trombone. Sound caldo e pieno caratterizzano tutti e tre i
brani.
Molto interessanti.
Sergio
Rallo
Tra i migliori
debutti dell’anno appena terminato ci sono senza dubbio i texani
Stingers di cui mi ero occupato recensendo il loro 45 “Rich Boy" sempre
per la Grover.
Lo stile è un
notevole ska/soul melodiosissimo e affatto complicato. Linee semplici e
ottimo feeling tra i componenti della band mi fanno pensare al primo
rapido ascolto a dischi di debutto tipo quelli degli
Scofflaws o degli
Allstonians.
Molto bella la
traccia di apertura “Get Away" che è un Signor ska, ripetitivo ed
incisivo come piacciono a me. Ma la formazione, come avevo avuto modo di
scrivere per il singolo, è fautrice anche di piacevoli rocksteady e
reggae tipo “This Good Thing" ed il bell’early reggae “Your Patient
Ways", lo strumentale “Wonderful World" e la bella “The Story".
Il meglio,
comunque, per me gli Stingers lo concedono con i brillanti ska “She’s My
Only 16", “Artificial Tears", “Telephone Breakdown" e “Being Deceived"
dove si sentono palesemente influssi di formazioni come gli Slackers
anche se devo precisare che a farli assomigliare al gruppo di New York
può essere anche il lavoro del sempre bravissimo Victor Rice, anche
questa volta, impeccabile produttore ed ingegnere del suono.
Ghost track in
cui l’uomo appena citato si è divertito in alchimie sonore dopo l’ultima
traccia.
Bel lavoro, senza dubbio.
Stubborn
All-Stars
-
"At Version City"
- Grover Records 1999
-
Germania
Chi non conosce gli Stubborn All-Stars
alzi la mano. Vediamo….siete in pochi. Meglio così. Tanto per
rinfrescarci la memoria tutti quanti, diciamo che gli Stubborn sono
l’equivalente Ska di una nazionale di calcio. Una nazionale tutta
New Yorchese per essere precisi. Capitano e regista il poliedrico King
Django, già noto come voce degli Skinnerbox, Agent Jay (Agent 99)
alla chitarra, Vic Ruggiero (Slackers) alle tastiere e peccato non
canti mai, Sledge (Toasters) tromba (lo spero per lui), Victor Rice
(New York Ska-Jazz, Scofflaws) basso, tanto per citarne alcuni.
Numerosi anche gli ospiti, tra i quali spicca il nostro amico e peso
massimo Dr. Ring Ding col suo trombone. Il disco è bello e come da
ogni disco degli Stubborn ti aspetti sempre qualcosa di particolare.
Il filo conduttore è decisamente Rocksteady. Rocksteady con una
spruzzata di mille ingredienti diversi: Jazz, Rub-a-Dub, Reggae,
Rhythm and Blues e chi più ne ha più ne metta. Tanto per gradire,
King Django canta pure in tedesco, francese e spagnolo. Splendido
l’inizio con ritmi avvolgenti a partire da “From Time To Time",
per proseguire con la strumentale “Buccaneer Bay"
e la malinconica “Wash Away Evil". Il ritmo tende a
calmarsi abbastanza presto nel disco fino ad assumere sonorità
decisamente soft, pure troppo, nella maggior parte dei brani. La
scelta artistica è evidente. Ai riffs coinvolgenti e trascinanti si
preferisce far posto alla classe dei vari musicisti. A questo
proposito davvero notevole l’impronta lasciata da Vic Ruggiero con
la sua Korg.
Da segnalare “Rukumbine" e “Saturday Night" che da soli
valgono l’album, anche se mi rendo conto che la mia opinione vale
meno di zero. E sempre a questo proposito, segnalo una lieve caduta
negli ultimi tre brani. Eccessivamente Reggae-Dub. Pesanti. Nel
complesso carino. Avendo 5 stellette a disposizione, gliene darei 3 e
mezza.
a
cura di Antonio Crovetti
The Specials
- "Guilty 'till Proved Innocent" - MCA
Records USA 1998
E' facile che chi è fan degli Specials faccia la
semplice equazione: Specials = Jerry Dammers = Two Tone records. E non sbaglia.
Per fare un paragone calzante, è come per i fan dei Bad Manners quella: Buster
Bloodvessel = Bad Manners, con l'unica differenza che, se per quest'ultimo gruppo la mente
creativa (e voce!) è rimasta sempre al suo posto assicurando, come dire
una
continuità artistica del gruppo, per gli Specials questo non è avvenuto; anzi, già la
sola partenza di Terry Hall (voce) aveva cambiato tantissimo la fisionomia della band
inglese, e non certo in meglio dato che i risultati si possono ascoltare nell'ultimo disco
di Dammers & Co. Special A.K.A. In The Studio.
Da lì (1984) si arriva ai '90 con avventure "joint venture" tipo Special Beat
(da dimenticare) o l'esageratamente criticato Desmond Dekker & the Specials King of
Kings o, peggio, Big 5!
Dico subito che, in generale, senza aspettarsi nulla che regga il paragone con, che ne so,
Too Much Too Young, G.'T. P. I.! è un buon disco Ska. Anche con un notevole quantitativo
di musica se volete ( un'ora!). Ma a stento diresti che sono gli Specials, nome che negli
ultimi anni ha significato un riferimento e riconoscimento musicale solo per i 4 original
Specials Neville(voce), Horace(basso), Lynval(chitarra) e Roddy(chitarra), più che per
chi segue lo Ska dagli anni '80.
Comunque i complimenti ai quattro(e perchè no, anche al resto del gruppo) vanno fatti,
soprattutto laddove si notano maggiormente gli sforzi di tirare fuori "quel vecchio
feeling" d'una volta.
Call Me Names, Bonediggin', All Gone Wrong, No Big Deal, Leave It Out e le due che mi sono
piaciute di più, Fantasize e My Tears Falling e, infine, una "ri-version" di
Monkey Man dal titolo Running Away sono la coronazione dei suddetti sforzi nonché una
buona ragione per avere questo disco. Il resto, non è male (la copertina poi, è un
nostalgico tuffo al cuore), ma non impressionante; gli Speciali stanno nella media di
tanti altri loro colleghi americani meno famosi.
Fate attenzione, The Monkey Man Is Back!
a cura di Sergio Rallo
Spook & The Guay - "Mi
Tierra" Gridalo
Forte Records 1998
Con all'attivo più di duecento esibizioni, tra cui l'apertura dei
concerti dei Blues Brothers, Negu Gorriak, i francesi (di Tolosa) Spook & The Guay si
avvalgono al mixer della presenza del tecnico del suono dei Manonegra, a testimonianza
della loro eterogenea scelta musicale.
Sin dal primo ascolto questa produzione made in Italy (Roma) ci porta alla mente i Los
Fabulosos Cadillacs di "Rey Azucar" (il penultimo, in cui era registrata la
cover traditional Ska di "Strawberry fields" dei Beatles), per non parlare dei
già citati Manonegra.
Spook & Company non seguono un indirizzo preciso, nel senso che si aprono a 360° a
tutte le possibili contaminazioni, tenendo lontano da sé ogni più indomabile spirito
settario: fusi tra loro,ritroviamo, Ska, Reggae, Dub, Rock e sonorità latino-americane,
con testi in inglese, francese e spagnolo.
a cura di Tomaskarini per
Rockerilla
Stiliti
Promo Cd Autoprodotto 1998
Questi gruppi Ska nostrani sono sempre più nella, diciamo così,
direzione giusta.
Io che a certi "sound" sono molto avvezzo, trovo questi gruppo del Piemonte non
propriamente una novità. Musicalmente, parlando di similitudini, Stiliti ricordano da
vicino The Busters. I tre brani di questo promo ("Il Cassetto dei Sogni",
"Io sono Vero", "Cosa Sarà di Me") registrato bene e piuttosto curato
nei suoni, hanno comunque il pregio non solo di essere Ska al 100%, ma soprattutto di
avere dei testi in Italiano senza cadere nelle solite banalità e rivendicazioni politiche
di qualsivoglia etichetta, purtroppo così comuni. Il lavoro odierno degli Stiliti, mi fa
ben sperare in un prossimo prodotto di questa Ska band, più maturo
si sente che
hanno stoffa.
a cura di Sergio Rallo
Symarip -
"Skinhead Moonstomp, the best of Symarip/the Pyramids and 7Letters" -
CD, Trojan
Records, Inghilterra, 2004
Questo è da avere. Soprattutto per i
rudi malati di quelli che gli inglesi chiamano "chunky rhythms" ovvero
ritmi spezzettati. Ma anche gli appassionati di r&b e soul original
saranno soddisfatti (o meravigliati) dalle varianti offerte dai Symarip
dei suddetti generi.
Pochi altri gruppi hanno saputo variare
le ritmiche dell’early reggae e personalizzare le strutture dei pezzi
come hanno fatto Roy Ellis (cantante), Monty Neysmith (tastierista),
Joshua Roberts (chitarra) Frank Pitta (batteria) e Michael Thomas
(basso).
Andando al sodo, per aiutare gli
eventuali dubbiosi sull’acquisto, dico subito che questo abbondante cd
(25 tracce) contiene 7 tracce tratte dall’originale album del 1969
"Skinhead Moonstomp" (che ne conteneva 12) riedito nel 1980 con
pedissequa entrata in classifica sulla scia del "two tone movement" e
sono la potente title track, la fantastica "Skinhead girl", la
bella "Must Catch a train", lo ska "Phoenix City", "Skinhead Jamboree",
"Stay With Me" e "Fung Shu". Riascoltarle fa sempre bene, dovrebbero
prescriverle come terapia antidepressiva!
Le altre tracce variano abbastanza a
seconda che siano accreditate a Seven Letters (sono quattro: l’eccitante
reggae "Flour Dumpling", il reggae strumentale "The Fit", il soul reggae
"there Goes My Heart" e la semi cover "Bam Bam Baj" che inizia come la
famosa canzone dei Maytals ma riproduce melodicamente uno standard
calypso piuttosto famoso) o ai Pyramids (sono 11 e tra queste ci sono
potenti strumentali sullo stile di Freddie Notes & the Rudies tipo
"Geronimo" che si ispirano palesemente ai lavori giamaicani degli
Upsetters o "Stingo" che sulla stessa linea di basso che Jackie Jackson
creò per "54 46" dei Maytals si sviluppa in un lungo riff di piano o,
ancora, come la fantascientifica "Telstar" in cui è la tastiera a farla
da padroni).
Oltre alla citata "Flour Dumpilng" anche
la divertentissima "Mosquito Bite" oltre ad essere uno ska è una delle
tracce che meritano l’acquisto del cd in discorso insieme
all’incredibile "La Bella Jig", primo ed unico esempio di celtic reggae
nella storia del genere.
A concludere un cd dall’indubbio fascino
storico documentaristico c’è il discreto ska datato 2003 ed intitolato
"Back From The Moon" che segna il ritorno al genere di parte della band
dopo anni di afro rock. Bentornati Symarip!
Sergio
Rallo
The Termites - "Do The Rock Steady" - Heartbeat 1991
Dei tanti gruppi vocali giamaicani che lottavano tra il 66 ed
il 68 per "venire a galla", quello dei Termites, un duo composto da Lloyd
Parks ( noto poi anche come notevole bassista in "Double Barrel" e "Monkey
Spanner") e dal mai più sentito Wentworth Vernal, è uno dei pochi che arrivò a
registrare un intero ellepì ( leggasi: raccolta di 45 giri).
Intendiamoci, non è che fossero più bravi di gente come the Rulers, the Silvertones (
che riusciranno a fare il loro primo album nel 1972!) o the Overtakers, tuttaltro,
è che anche la fortuna, nel decretare il successo di un gruppo, gioca la sua dannatissima
parte e così, eccomi a scrivere delleTermiti invece che dei Sovrani, dei Tonalità
dargento o dei Sorpassatori!
Il cd contiene 12 brani, uno (Mommy Didnt Know ) in più rispetto alloriginale
vinile e ripescato negli archivi di Coxone da cui arrivano anche gli "extended
mixes" della banalotta canzone che dà il titolo al disco e della successiva e
decisamente migliore My Last Love.
Dalle citate prime due tracce si capisce subito che il duo è ispirato ai Techniques e non
è un caso che Parks sostituirà più tardi Pat Kelly proprio in quel gruppo. In
particolare, Lloyd Parks, sembra ispirarsi decisamente allo stile vocale di Slim Smith.
Veramente rilassato e rilassante in tutta la sua durata, precursore di un nuovo
rallentamento dei ritmi, come al solito, in quel periodo, elaborati dai Soul Brothers/Soul
Vendors, il disco fa lo strano effetto di risultarmi leggermente diverso ogni volta che
lascolto.
"Go Back To Your Country", "Have a Mercy Mr.Percy" e
"Heartaches" che
si sente che sono state registrate in altra occasione e, comunque, almeno qualche
mese prima delle altre canzoni, sono tra i miei brani preferiti, ed è da ascoltare
attentamente che cosa "tira fuori" Jackie Mittoo, come suono della tastiera,
nella traccia intitolata "It Takes Two To Make Love", giusto per dare la dovuta
dimensione del genio musicale del leggendario tastierista.
Lapparenza del Rocksteady, in maniera particolare quello di Do The Rocksteady, è
che sia musica "soave", delicata
ed è anche vero, se lo si ascolta a basso
volume, come sottofondo, magari mentre si scrive una recensione
ma appena alzi il
volume e pompi il basso, ecco che il soave Rocksteady dei Termites si trasforma in potente
ipnotico. Per tutti.
a cura di Sergio Rallo
Toasters - "Don't Let The
Bastard Grind You Down " - Moon Ska Records 1997
Ci sono gruppi che preferiscono registrare alla maniera dello Ska
tradizionale e del Jazz in presa diretta i propri lavori. Altri, come i Toasters, sudano
letteralemente le sette camicie dentro lo studio per suonare, risuonare, provando e
riprovando ancora. Questa, come dire, è la storia non scritta del loro ultimo CD.
Si sono sprecati, i nuova yorkesi di "Bucket" Hingley, con 17 pezzi di un
repertorio che ritmicamente è molto vario.
Il problema è, sono i Toasters diventati noiosi, pur essendo tecnicamente ,
qualitativamente e artisticamente molto più evoluti rispetto al loro Ska-rock melodico
degli inizi di "Pool Sharck", oppure siamo noi ascoltatori che ci annoiamo? Dopo
15 anni e soprattutto 8 LP come si fa ad avere sempre nuove idee per stupirci?
Beh, in fin dei conti penso che la bravura maggiore di questa band americana sia proprio
quella di racchiudere sempre nei propri dischi un buon numero di canzoni particolarmente
belle. Questo vale anche per DLTBGYD, che come i precedenti ha degli apici e delle cadute
di gusto. Certamente molto migliore del loro precedente album "Hard Band For
Dead" , questo disco vede i suoi cavalli di battaglia, ma sempre secondo la modesta
opinione del sottoscritto, nello strumentale "Jackie Chan" del trombonista
Faulkner, in "Bye, Bye Baby" dal sapore RnB, nella brillante e solare
"Today Is a Good Day" e nell'altro strumentale presente nel disco dal titolo
"Big Red".
E certo mi prenderò anche il prossimo disco, e il prossimo..e il prossimo ancora.
a cura di Sergio Rallo
Toasters -
Dog eat dog -
Grover Records 2000
Nuova
uscita, un pò in sordina, per gli inossidabili niuiorchesi. 4 brani per
un quarto d’ora di musica. La band si presenta con la miliardesima
formazione della sua storia. Dopo la dipartita di Malles, Reiter,
Faulkner, Mc Cain e the Sledge, è rimasto il solo Bucket, memoria
storica e non solo dello ska d’oltreoceano, del nucleo originario
della band. Devo confessare che negli ultimi anni il gruppo si è
trascinato con alti e bassi, senza mai uscirsene con prodotti da far
gridare al capolavoro. Qualche ottimo pezzo qua e la, ma mai vere e
proprie pietre miliari. E se penso che lo stratosferico “Dub 56"
risale alla bellezza di 7 anni fa, mi crescono ciocche di capelli
bianchi tutte all’improvviso.
Veniamo
a questo singolo, o mini cd che dir si voglia. Nonostante i
cambiamenti di formazione, li si riconoscerebbe tra mille band. Un
sound alla Toasters inconfondibile. La voce di Bucket è già gran
parte del brano, poi c’è che quel basso sincopato, sempre uguale a
se stesso, indipendentemente da chi lo suona. Ai fiati manca forse
qualcosa. Reiter e Faulkner, ecco cosa manca. Non so se mi spiego.
Si
inizia con il brano che da il titolo al disco. Uno ska allegro,
preciso, con stacchi, fiati puntuali e cambiamento di ritmo. Si prosegue con il rifacimento di un loro vecchio e splendido
pezzo: “Social Security". E qui manca qualcosa. C’è un
rallentamento generale, una stanchezza di fondo, la mancanza di
energia ed entusiasmo. Non mi piace.
Poi
si prosegue con “why oh why" un ragga-rap-ska cantato dal redivivo
Jack Ruby. Un pochino insipido.
Dulcis
in fundo, chiude il tutto “Barney". Un altro ragga, leggermente
dubbato. Non il mio genere.
Non
so, una parte di me ha un indefessa ammirazione per Buck e tutto
quello che fa, l’altra parte mi dice che qui c’è odor di riciclo.
Insomma, non ne sentivo il bisogno.
Però
non dispero e attendo impaziente l’uscita del “best of" della
band, che mi si dice ormai imminente, con cofanetto superlusso con
interni superaccessoriati. Quello si che sarà da non perdere.
A
cura di Antonio
Crovetti
The Toasters – The Best of The Toasters – 2000
Moon Ska Europe
Credo che nessuno abbia nulla da dire circa
l’importanza di questa band sulla scena Ska mondiale e di quanto Bucket
e soci abbiano fatto con la loro
Moon Records (RIP) nel lanciare e produrre gruppi sconosciuti.
Personalmente è da un pò di tempo che non riesco più ad annoverare la
band nella cerchia delle mie favorite. Come per tanti altri fan della
prima ora, all’ascolto di vecchi classici come “Run Rudy Run", “Decision
at Midnight", “East Side Beat" e “Shocker", un brivido riaffiora ancora
oggi, dopo tanti anni. Il problema è che i
Toasters ultima maniera, intendendo con questo gli ultimi 3-4 album,
non mi hanno più entusiasmato. La formazione che cambiava col volgere
della luna nuova, la migrazione verso altre terre dello ska di Reiter,
Faulklaner, Mc Cain e compagnia hanno, a mio parere, appiattito il suono
della band, rendendolo a tratti scontato e comunque, senza che
raggiungesse più quelle vette da brivido già citate. Quella batteria
pestata, il basso sincopato e una sezione fiati ridotta a comprimaria
dopo la perdita dei mostri sacri Faulkner e Reiter. Ad ogni modo, e che
piaccia o no, il disco si riconoscerebbe tra un milione, nella
collezione di CD del bravo rude boy. Si tratta di una confezione in
metallo, piacevole al tatto, il cui contenuto, però (in termini di
grafica e booklet) lascia alquanto delusi. Dentro infatti, 5 fotografie
modello “figurine
Panini" della band in diversi momenti della sua esistenza sul cui
retro è stampata una sorta di nota celebrativa di Bucket, dei
Toasters e della Third wave dello ska. Poco che già non si sapesse e
forse eccessivamente celebrativa nei confronti di Bucket, tanto che
altri elementi storici dei
Toasters, di cui ho parlato poc’anzi, non vengono mai nominati.
La scaletta dei 21 brani la si può immaginare: di tutto un pò, partendo
dai primi lavori ed arrivando in ordine sparso, agli ultimi. Il primo
approccio non è stato dei più felici. Non so voi, ma come prima cosa ho
notato l’assenza di pezzi inediti e la presenza di “Weekend In L.A.",
una delle mie preferite, nella orribile versione dell’album “Don’t Let
The Bastards Grind You Down. Anche il fatto che i brani siano buttati lì
senza un ordine preciso (mi piacciono le compilations cronologicamente
corrette, e allora??) ha fatto storcere le mie orecchione.
Poi però, l’ascolto dei vecchi classici “East Side Beat", “Thrill Me
Up", “Shocker", “Pool Shark" e delle altre 4 o 5 pietre miliari della
band mi hanno decisamente tirato su il morale. Poi, sull’onda degli
ultimi dischi dei
Toasters, è un alternarsi di alti e bassi.
Alti, se si tratta di materiale vecchio con qualche piacevole eccezione
come “Dub 56", “I Wasn’t Gonna Call You Anyway", “Talk Is Cheap",
“Social Security". Bassi non da poco riferiti ai vari “Ploughshares Into
Guns", “Havana", “Two Tone Army", “Weekend In L.A." (mi è rimasta di
traverso sta versione, si era capito?) e un paio di altri.
Alcune delle mie preferite non compaiono, ed ecco perché a me non
piacciono molto i “best of". No dico, voi avreste lasciato fuori “Go
Girl", “Manipulator", “Mr. Trouble", “Mona", “Speak Your Mind"? Beh,
ognuno dica la sua a questo punto.
Nel complesso un’opera sufficiente. Adatta forse più a chi non ha avuto
il piacere di seguire i
Toasters fin dagli esordi che al fan della prima ora. Sempre senza
dimenticare la gratitudine che lo Ska deve a Bucket e soci.
Antonio Crovetti
The Toasters – Enemy Of The System –
Asian Man Records - 2002
Tra
ristampe, edizioni speciali, stampe inglesi americane brsiliane,
edizioni limitate, compilations e quant altro, non so più a che numero
siano i dischi dei
Toasters. Diciamo che siamo attorno al quindicesimo album e non se
ne parli più. E insomma, ogni volta che si vede un nuovo album dei
Toasters, c’è di che essere contenti. Più per una questione di
affetto e di riconoscenza magari che per vera passione per la loro
musica. La riconoscenza verso questa band e in particolare verso
Bucket è universalmente nota e ne è partecipe qualsiasi rude boy del
pianeta immagino. Senza di lui, niente third wave (ma nemmeno niente
original style revival), niente moon records, probabilmente pochissime
band tra le centinaia nate grazie alla moon e a chi diffondeva questo
genere sarebbero esistite. E tutto questo trascende un po’
dall’effettivo piacere che può dare l’ascolto di un disco dei
Toasters.
Già perché a dire il vero amo tantissimo
i Toasters prima maniera, quelli di Frankenska, Skaboom, Pool Shark, ecc
ecc, poi mi sono un po’ staccato, anche se mai stancato dalla band.
Questo nuovo Enemy of the system porta
qualche novità, due direi. Innanzitutto, questo è il primo disco dei
toasters prodotto da un’etichetta che non sia la
Moon Records (fallita nel 2000). Esce per la solida Asian Man, nota
per alcune buone uscite punk e ska (MU330,
Let’s Go Bowling,
Five Iron Frenzy…), cinque anni dopo il loro ultimo studio album,
"Don’t Let The Bastards Grind You Down". Seconda novià è il rientro
nella band di personaggi come Sledge alla tromba e di Jack Ruby Junior
alla voce. Nella band anche Bufford O’Sullivan (Scofflaws,
New York Ska Jazz) al trombone.
Il limite dei
Toasters è che forse si può già sapere su quale falsa riga sarà il
disco, prima di ascoltarlo. Il livello è di quelli alti, come i
Toasters da sempre ci hanno abituati. Uno ska un po’ two tone, un
po’ third wave, sezione ritmica sincopata e fiati in abbondanza alla
menta piperita. Proprio nella sezione fiati, a mio parere, la sorpresa
più positiva: melodie finalmente degne di questo nome e virtuosismi in
quantità. La voce di Buck è nota a tutti, sempre più calda e sempre più
matura.
Le canzoni sono carine, a mio modesto
parere. Carine e nel tipico stile
Toasters che a volte trovo un po’ uguale a se stesso. Non ci sono
veri e propri picchi o brani che rimarranno in mente a lungo. Sono in
tutto 14: 12 “ufficiali" e due tracce nascoste, di cui una è un remake
di “Social Security".
Tra le migliori, “Pirate Radio", “Enemy
of the System", l’ottimo rocksteady “Pendulum", la raggamuffin inna Ruby
Stylee “Why oh Why" e “Barney", dedicata all’ormai leggendario
barbutissimo personaggio addetto al merchandise ai loro concerti. Chi
non gli avrà mai chiesto almeno una volta “what’s the price of that
t-shirt?".
Solite strizzatine d’occhio al blues con
un remake di Sweet Home Chicago, questa volta intitolata “Sweet Home
Town Jamaica".
Lunghissima vita ai
Toasters!!!!!
Antonio Crovetti
Top Cats - "Mr. Donkey Paradise" - Autoproduzione
CD Inghilterra 1999
Non si esagera quando si indicano i
Top Cats di Londra come la migliore formazione ska inglese dai tempi
dei Potato Five e ne ho avuto la conferma vedendoli ad un concerto a
Milano.
I Top Cats, infatti, sono stati
splendidi con la loro originalissima musica ska e proponendo cover di
brani tradizionali.
Il loro album di debutto, di cui ora mi
occupo, non raggiunge i 40 minuti di durata ma in compenso, i 9 brani
ivi racchiusi sono un concentrato di potenza musicale.
La maggiore originalità dei Top Cats è
data dalla particolare voce del cantante (che, alle volte, ricorda il
giovanissimo Errol Dunkley se non Delroy Wilson) e alla formazione in
sé, che vede l’assenza di tastiere e piano ma la presenza di 2 chitarre,
e 4 fiati che, insieme ad una batteria precisa e decisamente roots ed un
contrabbasso di piena ispirazione “Brevette" spaccano letteralmente il
c. !
Sul CD si possono ascoltare rotolanti
strumentali dalla cattiveria notevole come “Tear The Place Down", “Let
Them Go" o “The Chalice Of Fu Manchu" e bellissime canzoni come “Calling
Your Name" e “Caught In A Fire".
Selvaggi e originali fino al midollo
sono dunque i Top Cats che raggiungono il “top" con la potente “Lay Down
the Law" ed il rilassantissimo strumentale “Blue Lagoon".
Eccellente debutto ed immancabile
tassello della storia recente dello ska.
Sergio Rallo
Tokyo
Ska Paradise Orchestra – "Full Tension Beaters"
- 2000 Grover Records
E
con questo fanno otto! Ottava perla in levare in una dozzina d’anni di
attività per gli strepitosi Tokyo Ska
Paradise Orchestra, finalmente in stampa anche in Europa. Si perché
fino ad oggi, per recuperare un solo disco di questi rude boys del sol
levante bisognava esibirsi in salti mortali carpiatissimi con triplo
avvitamento. Popolarissimi nella madre Patria, i TSPO godono da qualche
tempo di un discreto seguito anche da noi, nel vecchio continente,
grazie ad un mini tour lo scorso dicembre per promuovere questo CD. Si
tratta di un album davvero variegato, come il gelato all’amarena.
Registrato alla stragrande; roba da veri professionisti.
Il
contenuto è versatile: si spazia dallo ska tradizionale, dai ritmi
piuttosto sostenuti e danzerecci tipici della band, a incursioni a 360
gradi in altri generi musicali, dal jazz allo swing passando attraverso
qualche dub sofisticato, che anche chi non ama il genere (io, ad
esempio) può apprezzare, come nel caso della fischiettabile “Skarada
Dub" e di “Jon Lord".
Quello
che la band ha saputo trasmettere con questo CD è la sensazione di
immediatezza che il gruppo sa infondere nei loro concerti. E’ un suono
avvolgente, caldo. Difficile da spiegare: la sensazione è quella di
avere la band che suona su un palco improvvisato in casa propria.
Veniamo
al contenuto: 15 brani di ska “in a sentimental mood". Brani con
trame diversissime tra loro, basati ora sui fiati, ora sulle tastiere,
ora sulle chitarre. Il mio preferito: “The BIG MAN Still Standing",
un brano sostenuto dai fiati in modo eccelso, con intermezzo fischiato
che gli dà un tocco in più. Ascolto il pezzo e vedo una folla ballare
all’unisono presa da una melodia ipnotica. “Monsoon Town" da
l’idea di un brano da colonna sonora di commedia americana anni ’60.
“5 Days Of Tequila" è uno ska divertente e veloce, con stacchi e
stop and go improvvisi. Un pezzo da “cichicì cichidà", per
intenderci. “Theme From Enter The Dragon" farebbe la sua porca
figura nel prossimo 007, mentre “Brave Eagle Of Apache" consiste in
5 minuti di fiati a manetta ai quali è praticamente impossibile
resistere.
“Guts
For Saxophone" e “Interlude" sono due swing un pò alla Royal
Crown Revue, con venature jazz.
Inutile
soffermarsi sui contenuti dei singoli pezzi, tutti estremamente
coinvolgenti e orecchiabili. Un’ottima orchestra con ottimi musicisti.
Tutto da godere, tutto da ballare. Unico neo, la scarsità di
informazioni nel booklet dell’album.
a
cura di Antonio
Crovetti
Toots & the Maytals - "Ska Father" - Artists
Only! Records USA 1998
La musica Ska è estremamente viva e pulsante in ogni paese del
mondo ormai e sempre più spesso enormi interpreti della musica giamaicana si stanno
proponendo come artisti Ska.
Non è il caso di Toots il quale nello Ska/rocksteady più che in certo
pop-rock-reggae ha sempre creduto come dimostrano i suoi molteplici dischi ( aggiungo: uno
più bello dellaltro).
Nonostante ciò, lemozione di ascoltare che Ska sia in grado di proporre
Toots nel 1998 cè stata ed il risultato è che devo segnalare Ska Father come uno
dei migliori dischi del genere in assoluto.
Mi pare ovvio che, se dovessi dilungarmi come faccio di solito, sul gruppo vocale
giamaicano per fama secondo solo a Marley, scriverei un libro, ergo, dando per scontato
che chi legge sappia almeno che si sta parlando di uno dei più dotati cantanti del mondo,
parliamo del disco.
Ska Father letteralmente scoppia al primo pezzo: You Really Got Me è lunica
canzone il cui autore non sia Frederick "Toots" Hibbert, ed è un grandioso Ska
che, come tutti quelli che lo seguono, ha le tinte spiritual/gospel della incredibile voce
del cantante. Se poi uno degli Ska del passato che vi piacciono di più è Broadway Jungle
(aka Dog War), bene, non potete assolutamente perdervi ( dopo la versione rocksteady del
68) la versione 1998, è più pulita e mancano gli urli della giungla allepoca
fatti da uno del terzetto, ma è altrettanto energetica e vitale; in vena di riproporre
"vecchie"( quando mai queste canzoni potranno mai diventare vecchie?) hit in
stile Ska, Toots ci travolge con una luminosa e sempreverde Pressure Drop che nessuno
potrebbe riproporre meglio ed, anzi, a me piace ancora di più delloriginale!
Cori, accompagnamenti di sezione fiati, melodie originali arrangiamenti semplici ma
efficacissimi assicurano voglia di cantare dietro al mitico Toots e di ballare a più non
posso per tutti gli altri 9 "gioielli" di questo nuovo album di Toots & the
Maytals.
Le ultime tre tracce sono le "version", strumentali, delle prime due e di
The Right and Wrong Way. Toots canta, comè sempre stato nello stile del gruppo,
anche un bel lento, una ballata; ed una più funkeggiante Do you belive ma, non contento,
ne approfitta per scrivere anche una delle più belle canzoni Ska dedicate alla notra
musica che io ricordi: Peter, James & John nel cui testo si può ascoltare quella che
per tanti come me è la verità delle cose "
in reggae music we find our
redemption, when youll listen to the beat it makes you want to dance when
youll remember it it make you feel allright, and it cant get it out your
mind..".
Agli strumenti poi, questo cd registrato in giamaica, elenca un nugolo di musicisti
molto familiari agli amanti del rocksteady giamaicano e dellearly reggae visto che
alla batteria ci sono Paul Duglas( che con i Maytals "fa coppia" da almeno 20
anni ) o Winston Grennan ( già batterista nei Caribbeats di Bobby Aitken), al basso
lunico fratello Barrett rimasto("Family Man"), Jackie Jackson ( già
Dynamites, per il quale vale più o meno quanto detto per Douglas), alla chitarra Red
Bryan, linossidabile Hux Brown (anchesso già Dynamites) ed alla tastiera
Winston Wright( ma non era morto nel 90?) e Harold Butler, alla sezione fiati Dean
Frazer al sax, Nambo Robinson al trombone nonché David Madden e Johnny Moore alle trombe.
Insomma, più dun motivo per andarselo a prendere dallo spacciatore di reggae
personale.
Prima di concludere, però, unultima considerazione: Darei per scontata
lincazzatura di Laurel Aitken nel momento in cui dovesse giungergli notizia o,
peggio, si trovasse in mano il cd che reca, sul cellophane che lavvolge, il bollino
con la dicitura: "All new album by the Godfather of Ska".
a cura di Sergio
Rallo
Tremende - "Accelerare e
Rallentare" - Gridalo Forte Records
1998
Le Tremende dovrebbe essere un gruppo al femminile ma la presenza di maschietti
nell'harem fa si che "dovrebbe" e non "è".
Il cd "Accelerare e Rallentare" che sta girando nel mio lettore, rientra nel
sempre più prolifico ribollire (era ora!) dello Ska nostrano; nel campo, Le Tremende,
musicalmente si presentano come "gruppo Ska" a tutto tondo, spaziando nel
rocksteady, nel reggae e nel dub quel tanto che basta ma, sia subito detto, senza
sorprendermi per originalità.
Il disco scorre via, traccia dopo traccia, facendosi ascoltare e facendoci ascoltare, a
partire dalla prima: un leggero Pop-Ska dalla natura swingheggiante ("Accelerare e
Rallentare"); un altro Ska d'atmosfera piuttosto "two
tone"("Sottofondo"); un piacevole Rocksteady-reggae meno semplice di quel
che sembra("Brand New Lovers"); a seguire, un veloce, sempre di ambiente
"two tone", che si scorda facilmente("Il 37"); un easy Ska che ricorda
da vicino gli Arpioni di qualche anno fa("Jah"); il vecchio giro di 54 46 dei
Maytals come intro al Reggae-ragga che invita tutti quanti a farsi un "porrone"(
il bolognese per "spinellone" e "cannone") che è, a mio avviso, il
brano "debole" dell'album in quanto, pur condividendo il discorso
antiproibizionista su canapa e derivati, trovo testo e melodia piuttosto brutti
("Emozione"); di nuovo, in accelerazione, il cd incalza con("Entra Sueño y
Realidad"), brano in spagnolo, che risulta essere uno dei migliori di Accelerare e
Rallentare; seguito da un carino, sonnolento e cool Rocksteady che funziona meglio
ascoltato ad alto volume ("Viaggiare"); dopo il "lento" che lo
precede, ben ci sta questo ("La Giostra") Ska a velocità crescente che cresce,
cresce e cresce e poi, mai impressionandomi, termina di botto; chiude la
"session" delle Tremende un reggae-dub dalla natura strumentale e caratterizzato
da un cantato che rende il tutto piacevolmente "etno" ("Dub Theme") mi
piace abbastanza da farlo rientrare anch'esso tra i migliori e più originali brani di
"A. e R." ma che, per quanto riguarda il dub pare cogliere un poco impreparati i
responsabili del mixing.
Consigliato a tutti i neo appassionati della musica che qui si ama ed agli appassionati di
lungo corso che hanno nella loro raccolta il settore "Ska italiano" e tengono al
suo continuo aggiornamento; sconsigliato a duri del Punk-oi!-hardcore.
a cura di Sergio Rallo
The
Upsetters - "Upsetters a go go" - Heartbeat
1995 USA
Sapete chi sono Aubrey
Adams, Theo Beckford, Jackie Mittoo, Winston Wright, Ansell Collins o
Lloyd Charmers?
Bene, se sì, vuol dire che avete un notevole interesse per i
pianoforti e tastiere dello Ska e del Reggae e, pertanto, non può non
interessarvi questa raccolta dal titolo "Upsetters A Go Go"
che è anche la prima traccia, subito coinvolgente, di questo cd
Heartbeat. Se non lo sapevate, ora siete a posto, avete recuperato
velocemente.
Ad essere sinceri, detta raccolta dovrebbe ragionevolmente intitolarsi
:"Glen Adams & The Up.s", visto che dei 16, inediti,
brani solo uno, "No Joke", è accreditato a Lee Perry gli
altri essendo, o originali composizioni di Glen Adams, o suoi
riarrangiamenti su ritmi preesistenti.
Ah, Glen Adams, ovviamente, è un tastierista. Ma non solo.
Inizia la sua carriera come cantante dei più che illustri Pioneers,
in compagnia dei due fratelli Crooks e con alterne vicende
discografiche e molte partecipazioni in altre formazioni come Reggay
Boys e Soulmates; membro alternativo a Winston Wright e Gladstone
Anderson al piano e tastiere negli Upsetters/Hippy Boys con cui
registrerà, oltre che le precedenti mitiche sessions dei
Wailers per Perry, il leggendario "African Herbsman" di
Marley. Questo per dare pochi cenni della "carrierina" di
Mr. Glen Adams fermandomi ai primi ’70!
Glen Adams, come un mago dal cilindro, tira fuori dai suoi personali
archivi, lavori in studio, complici i suoi amici Upsetters (i fratelli
Barrett, Alva Lewis e Dave Barker, tra gli altri) di una qualità
notevole, ma soprattutto mai pubblicati precedentemente. Reggae con la
erre maiuscola non solo perché prima c’è il punto.
"Soul Constitution", parlando della musica contenuta, è un
"parto" a quattro mani di Adams ed Aston Barrett (è il
bassista), in cui la tastiera di Glen Adams è "nevralgica"
per creare quella strana atmosfera sognante che caratterizza il brano.
Se uno ama il Reggae, lo ama per le soluzioni ritmiche che è in grado
di devolvere questo genere: "X- Ray Vision", per esempio, è
dominata dalla melodia insistente della tastiera che ha un effetto
veramente "devastante" sopra gli accompagnamenti delle
infuocate chitarre di "Reggie" Lewis e Ronny
"Bop".
La voce del fuorissimo Perry introduce, poi, un "classico"
strumentale degli Upsetters rivisitato da Adams: "Cypriano",
esempio massimo di "heavy, heavy Reggae" in cui il nostro
Adams si produce con una tastiera ritmica avvelenata dal Soul.
C’è un po’ di tutto, in questo cd, un pugno di canzoni
interpretate da Adams come la bella "Rise & Shine",
peculiare per i ritmi sincopati del basso da ragga ed il sound anni
’80. E se vi piacciono certe atmosfere "acide", cattive,
tipiche di certe composizioni degli Upsetters, bene, a soddisfare la
vostra anima ed il vostro corpo c’è un pezzo veramente ipnotico,
potente nella sua incalzante lentezza ed esplosivo con l’arrabbiata
chitarra di Alva Lewis dal titolo "Looking Dread".
Da aggiungere alla vasta discografia accreditata agli Upsetters,
sicuri di non avere doppioni nè altro materiarle remixato dallo
stesso Adams come questo Upsetters A Go Go.
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