Peackocs "Come With Us" Tudor Rock 1995
Questo trio svizzero dal nome che, tradotto nella lingua di Dante,
significa i Pavoni, è molto meno "stronzo" di quanto tale nome faccia pensare.
Anzi, i Peacocks non sono affatto male, ed io, che ho una cultura di Rockabilly limitata a
due canzoni dannata e conosco quasi solo di nome formazioni storiche come Meteors e
Straycats, rimango affascinato dalla capacità di questo si ripete trio di
trarre fuori buona musica solo con 1 chitarra, 1 contrabbasso e batteria (e talvolta una
tastiera). a cura di Sergio Rallo
The Peacocks - "It’s Time For" - CD, 808 Records, Svizzera, 2004 "It’s
Time For The Peacocks" è il quarto album dell’agguerrito terzetto
svizzero nato come unico rappresentante a me conosciuto di
psycho-ska-billy (i Monroes tedeschi erano ska/billy [!]) e rigeneratasi
in una rock-a-punk-billy (!) band. Persiana Jones - "Brivido Caldo", UAZ Records/Moon Ska 1997 Da Rivarolo Canavese, in provincia di Torino lirrefrenabile quasi
isterico ritmo dei Persiana Jones, ha fatto proseliti, in quasi un decennio, in tutto lo
stivale. Da un originario Ska veloce demenziale anche nel nome della band che
allepoca era per esteso "Persiana Jones e le tapparelle maledette", in
questo periodo Silvio alla voce e Beppe al basso sono passati ad uno stile molto più
aggressivo con abbondanza di distorsioni e ritmi a 180 BPM. In questo, precursori almeno
in Italia, di una moda molto seguita allestero. Sarà anche la voce particolare di
Silvio a far la sua parte, ma non vè dubbio che nel panorama dello Ska più tirato,
i Persiana hanno creato uno stile personalissimo e immediatamente riconoscibile. a cura di Sergio Rallo
Persiana Jones - "Live a El Paso" - Autoprodotto El Paso 1999 12 tracce live, esclusivamente su vinile, in tiratura
che diventerà limitata perché le produzioni del "covo"
Anarchico di Torino, là in Via Passo Buole n.° 43, diventano sempre vere
rarità. a cura di Sergio Rallo
Persiana Jones - "Puerto Hurraco" - Uaz Records 1999 Italia Nuova esplosiva raccolta di ben 14 brani per i
prolifici Persiana. a cura di Sergio Rallo The Pietasters - Awesome mix tape #6 – CD - Hellcat records Gruppo
strano quello dei Pietasters, giunti al loro quinto CD. Li incontrassi
per strada credo che cambierei marciapiede, visti gli sguardi poco
raccomandabili dei ragazzotti in questione. Ascoltando i loro dischi
invece mi vien voglia di prendere un aereo e godermeli dal vivo, dove mi
si racconta diano luogo a concerti al limite di una Sodoma e Gomorra in
levare. In questo senso consiglio il loro splendido live “strapped"
su Moon Records. La stranezza della band sta nella difficoltà, per chi
recensisce, nell’etichettare i loro dischi: intendiamoci, l’impronta
è nettamente ska, forse un po’ grezzo, ma sempre ska. Sono le
divagazioni e le intrusioni verso altri mondi che a volte lasciano un
pochino perplessi. Difficile classificarli nello ska-core o simili; poi
ti rendi conto che questa smania di classificare tutto e tutti non ha
alcun senso, e allora apprezzi i Pietasters semplicemente come band
dalle mille risorse e dalle notevoli qualità. a cura di Antonio Crovetti
The Pietasters – "Turbo" – Fueled By Ramen Records – 2002 E rieccoli!!! Dopo mille vicissitudini, compresa la scomparsa del loro bassista storico Todd Eckhardt lo scorso anno, i Pietasters tornano con un nuovo album. Bellissimo!! Bello fin dal primo ascolto: fresco, pulito, coinvolgente, originale, melodico. Mi aspettavo che nella evoulzione che li sta portando verso un sound diverso dalle origini, i Pietasters avrebbero sfornato qualcosa di originale, un po’ come per gli ultimi due dischi del resto. Così bello però non me lo aspettavo proprio. Non si illudano però i puristi dello ska. Qui il levare non manca, anzi, però non è certo il filo conduttore di questo album. E ad ogni buon conto, quello che di ska è presente tra le 13 tracce è di ottima fattura. La base infatti è quella di un sound molto stile motown, northern soul, attorno alla quale si spazia a 360 gradi pescando dal reggae al jazz, dallo ska al pop fino al funky. Il mix è ottimo. Non ci sono due canzoni simili e l’album risulta ascoltabile più volte senza che la noia abbia il sopravvento. La voce di Steve Jackson è come sempre grezza, ma incisiva, i fiati sono tutt’altro che comprimari e tutto il prodotto risulta molto pulito, con nulla lasciato al caso. Si inizia con un classico attacco alla Pietasters, con i primi due pezzi a metterti sulla strada di quello che stai per assaporare. E quindi, fiati belli pieni batteria cattiva e voce bella gutturale. Poi arriva “Drunken Master", un reggae un po’ alla Hepcat con intrusioni Ragga, poi ancora northern soul di quello fresco, con melodie orecchiabili, divertenti. E’ il caso di “Rachel", di “Every Afternoon", “Nothing Good To Eat" (scritta da Vic Ruggiero), “Got To Stay". E’ bello vedere che una band cambia nel tempo. Che non rimane sempre uguale a se stessa sfornando fotocopie dello stesso disco nel corso del tempo. Ancor più bello è vedere come dopo anni e anni, c’è sempre un ritorno alle origini e alla musica da cui si è partiti. I Pietasters lo fanno con alcuni brani ska rocksteady e reggae splendidi come “Mellow Mood" (vagamente Bob Marleyana), la skankeggiantissima strumentale “Step Right Up", “Trust Yourself" e all’ultima, emozionante “How We Were Before", cover degli Zombies. Un
ultima nota, poco importante, riguarda il cambio di etichetta
discografica. Dalla
Epitaph si passa alla, per me sconosciuta,
Fueled By Ramen Records. Se tutto ciò abbia importanza è del tutto
irrilevante, anche se forse renderà il disco più difficile da trovare.
Un vero peccato.
Planet Smashers - "No Self Control" - Leech Records CH 2001I Planet Smasher sono una formazione canadese che conosco dalla metà degli anni ’90 per il loro potente Ska Pop dall’impostazione molto punk rock. Potenti giri di fiati usati alla maniera dei cari vecchi Mr. Review sono tra le caratteristiche di questo gruppo, su basi che spaziano dallo Ska Punk “ordinato" di “Evaluation Day" allo Ska Reggae Rock i “Wish I Were American" al Punk Ska di “Blind". Ogni tanto mi ricordano i Bim Skala Bim, alle volte, come in “Stupid Present" e “Struggle", colgo reminiscenze dei Parka Kings, forse perché sono tra le meno rockettare di No Self Control. Incredibile, poi, “It’s Over" che, sulla stessa linea “morbida" di quelle appena citate è un brano che per canto e atmosfera generale ricorda da vicino gli inglesi Reluctant Stereotypes d’epoca Two Tone. Se non erro No Self Control è addirittura il 3° Cd dei Planet Smashers e, conseguentemente il loro è un sound formato, maturo e, per ulteriore conseguenza, nel CD ascolto sia “Hey Hey" “Goin’ Out" “Record Collector" che sono molto influenzate dall’anima rock dei P.S. ma anche un lineare Ska tipo Two Tone come “She’s Late" e dei “pestoni pestati" come “Rambler" che, fortunatamente, è la traccia più breve del disco. La più veloce, martellante canzone, anch’essa con fiati a tutto spiano e pesante fine pestatissima, è l’ultima di No Self Control ed anche l’unica di cui non riesco a leggere il titolo! La prima traccia è quella che m’è restata nel cuore e si intitola “Fabricated". Potenti e di tendenza, i Planet Smashers possono attrarre accoliti e fan nell’ambiente già frequentato da Mighty e compagnia HC cantando. Potshot "RocknRoll" Asian Man Records 1999 I ventitre minuti di durata totale di questo cd contenente tredici pezzi la dicono lunga sul genere di questa band di sei elementi proveniente dal Giappone, una buona definizione potrebbe essere Melo-Ska-Core, una miscela in cui lo ska viene suonato alla velocità dellhard-core e cantato con tanti coretti fatti di "aahh" e "oohhh". Potrei stare qui ad elencarvi le canzoni una per una come sono solito fare ma la media del minuto e mezzo a pezzo non mi permette di notare qualcosa di originale su questo fronte, forse dilatando di un altro minuto le canzoni qualcosa di innovativo sarebbe venuto in mente a qualche componente dei Potshot. I canoni del Punk-Ska sono pienamente rispettati; le chitarre si alternano in velocissime cavalcate per poi rallentare sino ad arrivare al ritmo in levare, la batteria si mantiene per la maggior parte oltre il limite di velocità consentito dal codice stradale con saltuari rallentamenti nel cambio di ritmo (avrà incontrato una pattuglia della stradale???), i fiati fraseggiano qua e la oppure tengono anche loro il tiro indiavolato degli altri strumenti e la voce si inserisce in questo contesto con gli "oohhh" e "aahhh" di cui vi ho parlato prima forse perché è difficile inserire una parola in tutto questo marasma. Lavoro abbastanza minimalista per quanto riguarda la lunghezza delle canzoni o loriginalità ma che si difende molto bene sotto laspetto tecnico sia per esecuzione che per registrazione. Adatto per una ginnastica decisamente anaerobica, per pogatori scatenati o per chi, come il popolo del Sol Levante ha sempre fretta. Provate a ballarvelo tutto e poi mi direte. Dimenticavo, il tredicesimo pezzo non presente nella lista sul retro è un unplugged chitarra, voce e coretto che ricorda vagamente i Beach Boys (se vi può interessare). a cura di Massimo Boraso
Quatre in Toulouse - "Four Legs" - CD, Leech Records,, CH, 2002 Se la prima impressione su un nuovo
disco la dà, inevitabilmente, il primo brano che si ascolta, la prima
impressione sugli svizzeri Quatre in Toulouse è ottima.
Radici nel Cemento - "Guns Of Brixton" - Gridalo Forte 1998 CD "triplo singolo" in cui i R.N.C.
"rispolverano", con ottimi risultati, la mitica "Guns of Brixton" (se
non sai di chi è vattene immediatamente dal sito!) [e cercatela in www.allmusic.com] facendola cantare al
"Godfather" Laurel Aitken (li avete visti accompagnati live, la scorsa stagione
[1998] dall'ex voce e chitarra dei Kortatu, il gruppo Punk-ska basco più militante di
tutta la Spagna, Fermin Muguruza). I fan di entrambi (che sono abbastanza) sono avvisati.
Ascoltando la "version" di quest'ultimo (all'interno ci sono i testi in inglese,
italiano e basco) si capisce il detto che dice che Dio, per punire il diavolo, lo
costringe a studiare il basco! Radici Nel Cemento - "Occhio!" - CD Ass. Cul. Radici Nel Cemento/V2 Records Italia 2004 Il nuovo album della migliore formazione reggae del Lazio (e, a parere i scrive, tra le migliori dell’Italia del sud), intitolato "Occhio!" merita veramente, scusate lo scontato gioco di parole, un occhio di riguardo. Non solo per l’aspetto prettamente "tecnico" che me lo ha fatto ritenere già al primo ascolto un prodotto "con le palle", curatissimo nei suoni (di cui si sono occupati in fase di registrazione Bruno Avramo e Leonardo Bono i quali hanno anche lavorato di mix su 6 brani di 14 che ne contiene il cd lasciando gli altri 8 al sempre apprezzatissimo Madaski) e nell’aspetto, oltre che nei contenuti. Radici Nel Cemento ci tengono - e ci riescono perfettamente - a caratterizzare ogni traccia con ritmi sempre diversificati, melodie mai monotone ed originali, strizzando l’occhio (!) al folklore capitolino ed utilizzando al meglio tutti gli stilemi del genere: reggae, ragga, rocksteady, dub, ska perfettamente puntellati da cori e sezione fiati ineccepibili. Influenzati (tra le altre cose) dal reggae della prima metà degli anni ’70, Radici Nel Cemento offrono all’ascolto del loro disco come prima traccia la gioiosa "Ansai come ce piace" (riproposta pure in una super version jazz dub ragga con Roy Paci in tromba e voce come traccia n. 11) che ha una struttura felicemente funky. Ma divertenti, ascoltabilissime sono tutte le tracce di "Occhio!" tra le quali oltre a quella appena citata brillano senz’altro il reggae "Er traffico de Roma", l’ottimo ska "La riva del mar", il soave ed entusiasmante rocksteady "Dalla terra" di cui ho particolarmente apprezzato l’inizio di flauto traverso, la veloce ed elegante "La mia radio" (tra le più belle) la cui conclusione strumentale (con la tromba di Paci che ha arrangiato la sezione fiati in tutto il disco), con fiati in levare, dub e con citazione mi è piaciuta, da 1 a 10, 11. Non affatto male anche l’altro ska di Occhio!, intitolato "Centocinquantasette" e la traccia "tecnologica" (almeno rispetto al complessivo andazzo del cd), che ammicca al pop italico degli ultimi anni, e che pone fine all’ascolto del cd, intitolata "E’ la mia vita". Belli i testi e le voci degli ottimi Adriano Bono e "Rastablanco". Occhio! è un gran bel disco che conferma lo spessore artistico raggiunto dai Radice Nel Cemento in oltre un decennio di attività dedicata al ritmo che, almeno qui a SkabadiP, sapemo bene quanto ce piace!
Radio Babylon - "Buska"- CD Arte Nomade, Italia 2002 Anche a Macerata pulsa lo ska che è quello
casereccio dei Radio Babylon che fin dal 1997 se la skancheggiano in
quella provincia.
Ramiccia - "Balli?" - Gridalo Forte Records 1999 Da Viterbo, i Ramiccia pare esistano da più tempo di quanto la loro assente
notorietà dalle parti nostre faccia supporre. a cura di Sergio Rallo
Ramiccia - Ramiccia meets Begona - Gridalo Forte Records Terzo
lavoro per i granitici e prolifici Ramiccia, originators del bifolk ska
sound system nell’idioma Valleranese (provingia de Viderbo,
gnorandi!!). Questa volta, smessi i panni goliardici a cui ci hanno
abituato, propongono un dischettino di cover (nove tracce su dieci) in
collaborazione con Begona Bang Matu, voce degli ispanici Malarians le
cui capacità canore abbiamo già avuto modo di apprezzare tempo fa
durante il tour di Laurel Aitken coi Radici nel Cemento e gli
Skarlatines. Ottima la produzione, gli arrangiamenti e la qualità del
suono; ottimi i contenuti. Bene bravi, sette più.
Ernest Ranglin - "Below the Bass Line", Island Jamaica Jazz 1996 "Ernie", come viene simpaticamente chiamato
nellambiente musicale, è colui che, seondo le cronache, ha fatto fare per la prima
volta il suono Ska!, Ska!, Ska! alla sua chitarra (vedi storia dello Ska). È anche
colui che alla chitarra ha fatto fare tutti quei tipici suoni entrati a far parte
indelebilmente del colore della musica giamaicana. Sia essa Ska, Rocksteady o Reggae. a cura di Sergio Rallo
Radio Active - "Skarussel" - Leech Records 1998 Sarà una mia impressione, ma le funzioni dello stereo - in cui
sto ascoltando quello che risulta essere l'album di debutto di questa formazione svizzera
- mi dicono che per l'ascolto ottimale di "Skarussell" è meglio regolare
l'equalizzatore su "rock". a cura di Sergio Rallo Rebel Dës "Margini", Autoprodotto 1997 Il gruppo comasco di ben dieci elementi autore di questo cd ci
ha sorpreso. Più consci di avere a che fare con un gruppo noto per proporre Ska-punk e
Ska molto veloce in genere, ci siamo sorpresi di ascoltare Margini. a cura di Sergio Rallo
Rebel Des - "Up Players Up Lovers" - CD Etnagigante, Italia 2001 Lo ska tradizionale,
classicheggiante, non frenetico e solidamente ancorato alle ritmiche che
lo caratterizzano è l’ingrediente di base della ricetta ska dei Rebel
Des. Reel Big Fish "Why Do They Rock So Hard?" Mojo Records 1998 Strano nome per una Ska band, non riesco proprio a capire se deve essere
interpretato sotto il profilo ittico o sotto quello anatomico, comunque its Reel Big
Fish. a cura di Masimo Boraso Reel Big Fish – "Cheer Up" – Jive Records – 2002 Lo si aspettava da tempo, diciamo 4 anni buoni questo nuovo disco dei californiani Reel Big Fish, paladini dello ska punk metà anni 90. Originali e divertenti (dementi sarebbe più indicato), veloci ma melodici quanto basta, una buona sezione fiati, uno ska core più che accettabile. Insomma ero curioso di sapere, dopo anni di silenzio cosa avrebbero fatto uscire. Da notare che il loro “Everything Sucks" del 2000 è in realtà la ristampa del loro primo album (1995), mentre il cd “Favourite Noise" del 2001 è praticamente un best of. Quando ho visto per quale etichetta sarebbe uscito ho strabuzzato gli occhi. La Jive Records….Possibile?? La stessa dei Backstreet Boys, dei NSYNC, di Jennifer Love, Britney Spears. Se volete continuo. Non sapevo cosa aspettarmi. Invece, ascolto e riascolto il disco e l’impressione che ne ho è che questo sia il mio disco preferito della band. Il migliore, a mio avviso. Non so fino a che punto la major abbia influenzato positivamente o negativamente il suono del gruppo, fatto stà che se da un lato si trovano certi riff un po’ inflazionati da modern punk bands alla Blink e via dicendo, è anche vero che il sound dei Fish è decisamente migliorato, più preciso, più potente, con una sezione fiati davvero ad ottimi livelli e la voce di Aaron Barrett in ottima grazia. Si ha una perdita di velocità, a vantaggio di pezzi più melodici, pur sempre con una chitarrona un po’ metallara e spacca timpani. E lo ska?? Beh, lo ska, o meglio, lo ska core è messo decisamente in disparte. I primi accenni si hanno dopo 8 tracce, precisamente con “what are friends for" e poi subito dopo con la divertentissima “A Little Doubt Goes Along Way". Poi il disco procede sempre su un livello ottimo di buon punk melodico, con degli ottimi fiati a trascinare quasi ogni brano ed illudendoci che siamo di fronte ad una ska band. Splendida la versione a capella di “New York New York". Ancora un po’ di ska in “Boss DJ", qualcosina in “Sayonara Senorita" poi basta. Come detto, questo è un ottimo disco di punk melodico, con più di un riferimento a gruppi che vanno per la maggiore oggi. “Valerie" o “Brand New Hero", potrebbero tranquillamente far parte del prossimo disco dei Blink 182, dei MxPx o degli American Hi-Fi, ma tutto sommato ci stanno bene. Poi non c’è solo quello. Certe divagazioni scanzonate nel glam rock (“Rocknroll is bitchin") non sfigurano affatto. Difficile trovare due brani simili tra i 17 presenti. Trovo i Reel Big Fish più maturi rispetto agli ultimi lavori, anche se mi chiedo se sia merito loro o se sia loro malgrado; la qualità e davvero ottima, ma si sente la mancanza di un pezzo che rimanga in mente come “Sell Out", “She has a girlfriend now" o “Everything sucks" brani che emergevano in album buoni ma non eccezionali. Chi ha apprezzato i dischi precedenti, amerà questo Cheer Up!!
Victor Rice - "In America" - CD Grover Records Germania 2003 Registrato tra i gloriosi Stati Uniti d’America (New York) ed il vivace Brasile (San Paolo, dove l’album è stato overdubbato e mixato) il nuovo, brillante disco di Victor Rice – ex bassista degli Scofflaws ai tempi del loro esordio con l’allora Moon Records (1991) – intitolato appunto "In America" è un lavoro tanto sofisticato quanto di immediato ascolto e fruizione. L’ultima volta che mi sono occupato in queste pagine di Victor Rice è stato per la recensione degli Stingers ATX del cui brillante album di debutto "This Good Things" è stato il bravo produttore e supervisore. "In America" è, dunque, un degno distillato dell’esperienza ormai più che decennale del buon Victor nell’ambito di ska, reggae e dub, generi ai quali il musicista di New York non ha mai voluto rinunciare (grazie!) e ai quali sta senz’altro dando artisticamente parecchio. "In America" è un album prettamente strumentale dalle svariate atmosfere che spaziano dal cupo e stordente andamento dello ska "Commit" all’ipnotico e sognate skank intitolato "Toque" o all’ottima "Lazy River NYC" che sembra uscita da una session dei Supersonics o dei Caribbeats. Il tutto, sempre su ritmi palesemente ispirati alla grande tradizione delle session band della fine degli anni Sessanta/inizio Setttanta ma mai da queste scopiazzati. Rice è, come intuibile, attaccato alle corde del basso dal quale fa scaturire linee mai scontate e comunque efficaci ed incisive che, per tutta la durata del CD, sorreggono nella maniera migliore ritmi ska come quello di "The Whip" che apre l’ascolto del disco o di notevoli reggae come la splendida "Fique" che, oltre a vedere la presenza del veterano percussionista Larry Mcdonald (nella precedente suona il guiro), conferma la natura del suo autore quale valente polistrumentista (è al basso, all’organo ed alla melodica ma, in altri brani, suona anche le percussioni, la chitarra ed il piano). Supportato nel lavoro in studio dall’ottimo batterista Eddie Ocampo, Victor Rice ci offre 16 tracce (di cui 3 sono le versions) di gran musica che, come detto all’inizio, risulta immediata e coinvolgente nonostante sia quanto di più lontano dalle registrazioni dal vivo si possa ascoltare. Questa mia impressione è confermata da tracce semplici e brevi come l’early reggae "The Ring" ove la tastiera suonata dal Nostro la fa da padroni non diversamente da quanto faccia nella successiva "Parabéns". Tra le tracce preferite c’è il grande dub che si sviluppa per ben 4 minuti e ½ in "Drum Thief" una traccia sulla falsariga di certi lavori di King Tubby e lo ska "Choki" in cui Victor Rice si diverte producendo una pulsante linea di basso per una traccia con effetti dub, violino, piano ed un’insistente batteria alla Lloyd Knibb veramente coinvolgente. Da non perdere.
I Rimozionekoatta sono la classica
skaband dalle basi rock, dai ritmi tendenzialmente veloci e dallo stile
piuttosto urlato che fa pensare a concerti sudati ed abbondantemente
innaffiati di birra.
Rico Rodriguez - That Man Is Forward Reggae Retro Record Era ora che qualcuno ci pensasse. Ecco la ristampa, - abbellita nella versione CD di due brani ("Oh Carolina" e "Sea Cruise") apparsi precedentemente solo in 45 Two Tone del disco che non può mancare nella collezione di qualsiasi Reggae Ska fan che si rispetti. T.M.I.F. fu nel 1980 uno dei più grossi successi di critica e non certo di vendita della Two Tone di Dammers. Limportanza di tale disco risiede nellessere stato di fatto la "memoria storica" dello Ska negli anni in cui nessuno, eccetto quelli dellambiente Reggae inglese, avrebbe mai detto che lo Ska fosse il nonno del Reggae e non una càcchio di derivazione del Punk o una nuova musica inventata dai Madness. Prima che gli Skatalites si riunissero nell83, Rico nel 1980 con il suo amico trombettista Dick Cuthell tira su una piccola folla di musicisti giamaicani tra i più bravi e quotati del momento e caccia fuori quello che a ragione è il primo bellissimo LP di Ska tradizionale moderno. Così in alcuni pezzi potrete ascoltare Sly Dunbar alla batteria, con ovviamente Robbie Shakespeare al basso. Ansell Collins allorgano e loriginale percussionista degli Skatalites Neol "Skully" Simms. In altri brani si può ascoltare Jah Jerry alla chitarra (che era la bellezza di 15 anni che non suonava professionalmente, anche lui chitarrista negli Skatalites), Carlton "Santa" Davis già batterista degli Aggrovators, il mitico Wiston Wright tastierista supremo di fama Upsetter-Dynamites-Supersonics e via dicendo e, infine, accanto a Rico e Dick nella sezione fiati ci sono Glen Da Costa tenore già di Byron Lee, Cedric Brooks tenore e Deadly Bennet alto sax, David Madden tromba e Nambo trombone; tutta gente già navigata in storiche formazioni come Sound Dimension, già Soul Vendors già Soul Brothers. Tutti questi ti portano lontano, facendoti fare un viaggio di tonalità mistica nel sound più sound che ci sia. Ed anche stavolta, in totale rilassatezza, puoi scegliere se ascoltare la musica sorseggiandoti il beverone (freddo!) preferito o con il corpo ballando sinuosamente insieme alla tua donna in un susseguirsi di strumentali Ska/Rocksetady e Reggae pieni datmosfera. Da non perdere la versione di Rico di "Red Top" di Lionel Hampton. a cura di Sergio Rallo Rico Rodriguez - "Roots To The Bone" - Mango/Island 1995 Al Padre/padrone di SkabadiP (intendo il Melazzini) questo disco
strumentale è piaciuto tanto che, nonostante sia già vecchio di 4 anni, nonostante sia
esclusivamente Reggae, ha voluto che lo recensissi! A riascoltarlo, mentre sto scrivendo
queste parole, non posso che dare ragione ad Alessandro; in primis perché, tanto, Roots
to the Bone, non è che un raccolta ( 7 tracce sono tratte dal disco "culto" Man
From Wareika, registrato per la stessa Island nel 1976 negli studi Randy's e di Joe Gibbs;
le altre 7 sono tratte da singoli, sempre Island, registrati tra il '76 e il '79 in
differenti sessions con una impeccabile ritmica fornita nientedimenoche da "Sir"
Sly Dumbar e "Sir" Robbie Shakespeare) di materiale che nel '95 aveva già
vent'anni, quindi
; in secundis perché, nonostante l'età, la musica contenuta in
questo CD resta tra la miglire musica Reggae strumentale mai registrata; e che
registrazione, ragazzi! Negli anni settanta di meglio, non potevano veramente fare. a cura di Sergio Rallo
Rico Rodriguez All Stars "Ricos Message" Jet Set Records 1997 Chi lo sapeva che nel 97 era uscito questo ottimo CD del
maestro trombonista Rodriguez? a cura di Sergio Rallo Rico
& His band - "Get Up Your Foot" - Grover
Records,
Germania 2000
Il
nome di Rico Rodriguez acquista un prestigio notevole al seguito del
successo dell’album del 1976 Man From Wareika, ma a quell’epoca il
trombonista giamaicano aveva già quasi un onorevolissimo trentennio di
carriera alle spalle, carriera comprensiva di partecipazione a quasi
tutte le primissime registrazioni di quel R&B che sarebbe diventato
lo Ska. I
requisiti per diventare un disco di culto c’erano tutti in “Man From
Wareika": il ritmo “giusto" che proprio in quegli anni impazza; il
Jazz che rende il ritmo ancora più interessante per una vasta categoria
di pubblico poco avvezza a certe canzoni ed alle tematiche da esse
trattate; un titolo che richiama una località ed una cultura religiosa
e musicale che lega parecchi dei musicisti di Kingston e, infine, ma non
ultimo, titoli come “Free Ganja" e “No Politician" ad
assicurarne il fascino della ribellione che, per un verso od un altro,
è da sempre legato alla musica Reggae (e, ovviamente, Ska). “Man
From Wareika" è un eccellente disco di Reggae strumentale di
altissimo livello con una ritmica da spavento servita da Sly &
Robbie, ma anche per i
fanatici dello Ska e del Rocksteady il Maestro Rodriguez ha provveduto a
registrare un vero capolavoro ad
hoc, tanto più capolavoro in quanto vi figurano 2 differenti
formazioni che, a loro volta, raccolgono praticamente 16 “stelle"
della musica giamaicana: Jah Jerry, Winston Wright, Glen Da Costa e
David Madden per citarne solo alcuni, sto parlando del disco “That Man
Is Forward", album di estremo pregio registrato in Giamaica ed
etichettato Two Tone. Passano
gli anni e Rico, dopo le esperienze con gli Specials (con alcuni dei
quali registrerà anche il suo secondo album per l’etichetta di
Dammers dal titolo Jama Rico che non ebbe buone critiche) e successive
collaborazioni live con band
di mezza Europa (anche gli Ngobo Ngobo), lo troviamo saldamente alla
guida degli ottoni degli inglesi Jazz Jamaica del bassista Gary Crosby
nell’omonimo disco di splendido Jazz Ska del 1993. Registra,
poi, un ottimo live che la dice lunga sull’esperienza di leader e formazione (Rico & His Band “You Must Be Crazy",
CD/LP, Grover, 1995) e con la medesima formazione, ma per diversa
etichetta (Jet Set Records 1997), registra Rico’s Message Jamaican
Jazz accreditato a Rico Rodriguez All Stars, anch’esso, come i
precedenti, con una particolare inclinazione allo Ska/Rocksteady. Dati
giusto questi due cenni su vita ed opere del Maestro Rodriguez ora mi
occupo della sua ultima uscita come Rico’s All Stars “Get Up Your
Foot", un disco che non raggiunge le vette di gradimento toccate dai
primi due dischi citati ma che non manca di suscitare il dovuto
apprezzamento per un decano del genere Ska. Innanzitutto,
però, una critica alla Grover: chi scrive non capisce perché si debba
negare a chi ascolta la musica di attribuire un nome e cognome o solo un
soprannome a chi suona gli strumenti. Pensavo che fosse una sgradevole
abitudine della cara, vecchia e pur insostituibile Trojan non
accreditare i musicisti che partecipano alla registrazione.
Ovviamente,
ciò, non dipende certo da Rico ma noto una minor cura nel prodotto
finale che fa rimpiangere le belle ed interessanti note ad ogni brano
presenti proprio nel live di
cui ho parlato prima. Detto
questo, la musica di Rico, come stavo dicendo, è senza dubbio ok
piaccia o non piaccia il suo fraseggio al trombone. Mi
pare di cogliere una diversa ispirazione, molto più “reggae"
rispetto agli ultimi dischi. C’è
molta più tranquillità ed una diversa
ricerca ritmica in Get Up Your Foot, se è vero che, dei primi 4
brani nessuno è Ska, e, sia il primo - la title
track - che il quarto hanno forti influenze Burru, anzi,
quest’ultimo, “Weep" è proprio un canto Burru sul genere, per chi
la conosce, di “Chubby". Si
deve aspettare il brano n.5 per avere uno strumentale un poco più
sostenuto intitolato “Runaway" mentre il primo brano veramente Ska
– che definirei “Old Style" sullo stile di “Exodus" di Ranglin
del 1963 – è “Easy Does It" uno Ska Jazz notturno certamente
efficacissimo come colonna sonora di viaggi dopo le 22. Trovo
anche una maggiore tendenza a melodie dalle sfumature piacevolmente
latine, come conferma il lento reggae “Lambs Brad" che si “apre"
in un inatteso dub prima di riprendere la melodia e chiudere. Reggae
è anche la successiva in ordine di ascolto intitolata “Slim &
Sam" e la melodia è particolarmente latina, tanto da far venire in
mente una stanca festa messicana dove fa troppo caldo per muoversi più
velocemente del lentissimo ritmo del pezzo. Molto carino il solo di
piano e quello, a seguire, del sax. Tipico
Reggae strumentale alla Tommy Mc Cook & the Supersonics dell’album
Top Secret è il successivo “Casha Macaa" con i fiati a fare
l’amato levare ed il Dub a scomporre la ritmica e le melodie. Una
vecchia hit , di quelle alla
radici stesse del genere Ska, non poteva mancare e la rivisitazione in
chiave 20000 dello shuffle
della fine degli anni ’50, scritto da Rico, dal titolo “Blackberry
Brandy" prende nuova vita e ricomincia a pulsare col suo morbido
swing. Il
successivo brano, “Symphony", anch’esso caratterizzato da
un impatto “latin", è uno scherzoso Rocksteady rotolante e con
facile melodia di fiati. Rico
ripropone anche uno dei pezzi migliori del primo dei dischi citati
all’inizio di questa lunga, pallosa, ma dovuta “bio-recensione",
ovvero “Children Of Sanchez", paga inoltre il proprio tributo al
calypso/mento con la sua versione di “Matilda" e conclude G.U.Y.F.
con una cover di “Fatty
Fatty" degli Heptones opportunamente dubbata. Una
critica ai suoni usati la ritengo infine necessaria perché non riesco a
capire se il suono “sporco" che sento nel progredire dell’ascolto
di “Get Up Your Foot" sia voluto o dovuto ad una minor cura nella
fase di registrazione o di mixsaggio, anche se, ovviamente, nulla vien
tolto al valore della musica di Rico che, con un totale di 14 nuovi
brani, va ad aggiungersi alla sua già vasta e pregevole discografia. Molto
roots.
RimozioneKoatta - "Accetta la Panchina" - Autoprodotto 1999 Ma quanti sono ormai i gruppi Ska? Un bel po: ormai
non passa mese che non arrivi qualche novità nostrana da recensire a SkabadiP. a cura di Sergio Rallo
RimozioneKoatta - "Senza Tregua" - Autoprodotto I 2000 Rude Boys, Mods, Scooters,
Sixties, sole, donne e tanta buona musica compongono questo lavoro dei
torinesi RimozioneKoatta. Analizzando questi punti vediamo Rudies e
Mods che convivono a Torino sin dal tempo degli Statuto e che i nostri
hanno preso ad esempio, Scooters perché Vespe & Lambrette (e non
gli ammassi plasticosi del giorno d’oggi) sono da sempre il mezzo di
trasporto preferito sia per scorrazzare in città sia per raid marini
o raduni, Sixties per la copertina ed il look del cd, ma anche perché
questo disco ricorda molto le atmosfere balneari con annessi Juke Box
nei baretti delle spiagge anni sessanta/settanta in cui canzoni come
“tremarella" ponevano le basi del sound che con pochi
arrangiamenti sarebbe diventato una vera miniera di ska-hits (vedi
anche Quattrocentocolpi). Sole e caldo sono quelle cose che qui al
nord si vedono per circa tre mesi l’anno ed ancor meno sotto la
cappa di smog del cielo sabaudo, mentre per le donne ognuno di voi
potrebbe completare la recensione con le proprie vicissitudini con
l’altro sesso (parte dedicata ai Rude Boys, per quanto riguarda le
Rude Girls aspettiamo un gruppo femminile che ci racconti di come
siamo fatti noi maschietti). P.S. Altro particolare degno di nota è il logo di SkabadiP sul retro del cd, non so che accordi siano intercorsi tra Alessandro e i Rimozione, comunque ci sta proprio bene. [lo vengo a sapere da Massimo ma benedisco caldamente l'iniziativa..aspetto di vedere il CD!!!] a cura di Massimo Boraso
The Robustos - "The New Authentic" - Beatville Rec., Olanda, 1999 "The New Authentic" è un gran bel disco, credimi. A cominciare dal titolo, un vero manifesto programmatico per musicisti "robusti" come quelli che compongono questa formazione di Washington. Ritmi, feeling, "tiro" sono quelli giusti; così come i suoni di un mixaggio da "dieci e Lode" ed una voce come quella della a me precedentemente sconosciuta Tonya Abernathy la quale dimostra di avere talento da vendere. Lei ha il "Soul", te lo dico io, a convincerti basta la prima canzone da lei interpretata: "My Heart & Soul", appunto; dal punto di vista strumentale puoi contare su di un travolgente ritmo, puntuali arrangiamenti di fiati e bella chiusura inna soul stylee!. Dunque, "New Authentic" contiene 12 brani di cui 2 strumentali originali in vena ska/jazz con dj toasting (il reggae"Lloyd’s Choice" e lo ska "Brumby St.") e 2 cover: un’eccellente versione dei Robustos di "I Heard It Through The Grapevine" ed un’altrettanto notevole "Lullaby Of Birdland", con ampio spazio per soli nell’apertura ed un’ennesima prova di bravura da parte di Tonya. The Robustos, propongono divertenti canzoni come in "Creepin’ Around" che è un sostenuto rocksteady/soul con influenze anni ’70, bello sotto tutti i punti di vista compresa la voce maschile, apprezzata anche nel pezzo che chiude "New Authentic" dal titolo evocativo di "The Train Song", pezzo che definirei reggae/soul/blues. Molto carine sono poi la brillante "Don’t Be Down" e la mia preferita "King Of Thieves". Ulteriore prova di capacità d’adattamento di ritmi e generi "classici" come il jazz degli anni ’30 alla musica Ska i Robustos me la danno, poi, con "Purse String Blues". Che posso dirti d’altro? Ah, sì, i Robustos con "New Authentic" mantengono fede al titolo: questo è veramente Novo Ska Autentico! a cura di Sergio Rallo Rotterdam Ska Jazz Foundation - "Shake Your Foundation" - CD Grover Records, Germania 2003 Fine, colto ska jazz dal piglio hard bop è lo stile generale con cui si esprime la Rotterdam Ska Jazz Foundation nel suo "Shake Your Foundation", nuovo CD per la Grover Records. Un merito indiscutibile della formazione di cui trattasi è l’aver riproposto per prima uno strumentale bello e potente come "Lonely Man" del trombonista Ron "Willow" Wilson, riuscendo a conferirgli, rinnovata, quella godibilmente ripetitiva energia che caratterizza l’originale. Un demerito (ma piccino piccino picciò perché sono, di fatto, veramente degli ottimi strumentali sui quali i rispettivi originali autori non avrebbero avuto sicuramente nulla da eccepire) invece, è l’aver la RSJF riproposto brani obbiettivamente inflazionati come "Shot in the Dark" e "Night in Tunisia" nonostante il jazz sia un genere pieno di brani altrettanto belli che aspettano la loro brava versione ska/reggae. Ma non è tutto e solo ska jazz la musica della RSJF, c’è anche un ottimo ska toast come "Dreyfuss Is Gone"; c’è ska più tradizionale come "Slaviska", oltre ad un’ottima cover (sentita alla fine degli anni ’80 anche dagli Ska Flames) di "Old Rockin Chair" di Jackie Opel. Si arriva, così, ad ascoltare una bellissima versione di "Sidewinder" del bravissimo trombettista Lee Morgan (famoso il suo lavoro con i Jazz Messengers del batterista hard bop Art Blakey) resa in uno stile tra ska jazz e soul r&b che mi ha entusiasmato per tutti gli oltre 4 minuti e mezzo della sua durata. Ad onor di cronaca anche gli Skatalites si cimentarono molto bene col pezzo di Morgan reintitolandolo "Malcom X" per l’etichetta Randy’s. Una ritmica classica sostiene lo strumentale abbastanza originale "Snake Tie" al quale segue l’unica altra traccia (semi)cantata di "Shake Your Foundation". Veramente cool ho trovato essere, infine, la penultima traccia intitolata "Oublihorns" in cui l’intro di tromba ricorda lo stile saltellante di Brooks ed il tappeto ritmico fornito da piano, tastiera e chitarra crea il tipico effetto ipnotico per cui amo lo Ska. Concludono l’album le dub version di "Lonely Man" e "Sidwinder" con nuovi, inaspettati effetti. Veramente buono, a tal proposito, il lavoro fatto nel The Box Studio dove il cd è stato registrato e mixato. Sicuramente "Shake Your Foundation" è, concludendo, un bell’album di "spessore" e di grande interesse per chi già si muove a proprio agio tra sigle come EST, NSJE, TSPO, JJ, TSA, MrT-Bone e via Skajazzando!
The Rough Kutz - "A Bit O'Rough" - Skanky 'Lil Records 1999 Nuova formazione, inglese, di otto elementi debutta
con questo A Bit O Rough sulletichetta di Mark Foggo. a cura di Sergio Rallo |