
Peackocs "Come With Us" Tudor Rock 1995
Questo trio svizzero dal nome che, tradotto nella lingua di Dante,
significa i Pavoni, è molto meno "stronzo" di quanto tale nome faccia pensare.
Anzi, i Peacocks non sono affatto male, ed io, che ho una cultura di Rockabilly limitata a
due canzoni dannata e conosco quasi solo di nome formazioni storiche come Meteors e
Straycats, rimango affascinato dalla capacità di questo si ripete trio di
trarre fuori buona musica solo con 1 chitarra, 1 contrabbasso e batteria (e talvolta una
tastiera).
Ma se non ho la conoscenza necessaria del genere per commentare con competenza i brani
più tecnicamente RockPunkPsychobilly (che sono tutti molto orecchiabili, e alcuni come
"Waiting" sono proprio trascinanti), ho la competenza per giudicare i brani più
influenzati dalla musica che ci riguarda. "In Any Café" , "Living In
Town" (Reggae), "Our More Chance" e "Look Away" sono in linea con
quanto sopra detto e cioè sono buona musica, con un sound molto particolare visto che
allinfluenza della musica Rockabilly si uniscono quelle di Clash, Specials, Madness.
Non male, particolari i Peacocks di questo "Come With Us" che sono contento vada
ad ampliare la mia collezione.
Consigliato al Teddy Boy che dentro di voi manda a cagare [sic] tutti quanti.
a cura di Sergio Rallo

The Peacocks -
"It’s Time For" - CD,
808 Records,
Svizzera, 2004
"It’s
Time For The Peacocks" è il quarto album dell’agguerrito terzetto
svizzero nato come unico rappresentante a me conosciuto di
psycho-ska-billy (i Monroes tedeschi erano ska/billy [!]) e rigeneratasi
in una rock-a-punk-billy (!) band.
I Peacocks, infatti, non ci offrono neppure una traccia skanchettosa
come erano soliti fare ai sempre movimentati concerti una decina di anni
fa ma si impegnano in uno sfrenato rock’n’roll con una buona dose di
punk e di sound rock-a-billy che travolgerà, durante lo scorrere delle
13 tracce del disco, gli appassionati del genere e, ovviamente, chi sa
chi sono i Meteors o gli Stray Cats.
"It’s Time For The Peacocks" è, insomma, un disco duro, dai ritmi
frenetici e, tra questi, tracce che risultano immediatamente "catchy",
per dirla all’inglese, sono "Too Good", la divertente "Older Than Punk",
"I Can Do A Lot For My Size" e "I Wanna Be A Cop Too".
Chitarra, batteria essenziale e contrabbasso danno il ritmo a testi
seri, ironici ed arrabbiati e cantati con forza da Hasu Langhart che da
più di un decennio conduce con passione i suoi Peacocks.
Potrebbe sicuramente piacere oltre che agli amanti dello psychobilly
pure agli appassionati di ska-punk o ska-core anche se il tentativo dei
Peacocks di pescare pubblico in tutt’altro ambito è palese.
Sergio
Rallo

Persiana Jones - "Brivido Caldo", UAZ
Records/Moon Ska 1997
Da Rivarolo Canavese, in provincia di Torino lirrefrenabile quasi
isterico ritmo dei Persiana Jones, ha fatto proseliti, in quasi un decennio, in tutto lo
stivale. Da un originario Ska veloce demenziale anche nel nome della band che
allepoca era per esteso "Persiana Jones e le tapparelle maledette", in
questo periodo Silvio alla voce e Beppe al basso sono passati ad uno stile molto più
aggressivo con abbondanza di distorsioni e ritmi a 180 BPM. In questo, precursori almeno
in Italia, di una moda molto seguita allestero. Sarà anche la voce particolare di
Silvio a far la sua parte, ma non vè dubbio che nel panorama dello Ska più tirato,
i Persiana hanno creato uno stile personalissimo e immediatamente riconoscibile.
"Live" fanno P-A-U-R-A: sono una vera e propria esplosione di energia, ed
anche per questo sono seguiti da tantissimi giovani. Brivido Caldo porta letichetta
della UAZ Record che è la casa con cui i Persiana si autoproducono, ma anche quella della
Moon Ska, conseguenza di accordi "distributivi" con Robert Hingley dei Toasters.
Quattordici canzoni dai testi ottimistici e positivi e dalla musica potente che ispira
balli sfrenati. Divertimento Divertimento Divertimento!
a cura di Sergio
Rallo


Persiana Jones
- "Live a El Paso" - Autoprodotto El
Paso 1999
12 tracce live, esclusivamente su vinile, in tiratura
che diventerà limitata perché le produzioni del "covo"
Anarchico di Torino, là in Via Passo Buole n.° 43, diventano sempre vere
rarità.
Per Persiana, quasi un atto introduttivo del loro nuovo album, ripescando,
anche, nei vecchi" successi di quando Persiana Jones era più noto
come P.J. e Le Tapparelle Maledette. Il genere è quello, unico, dei
Persiana, ché di epigoni ne hanno veramente parecchi.
Registrato il 9 maggio dell’anno scorso, senza alcun compenso per
Silvio, Beppe & C., questo disco è Ska-core targato Persiana che
trasuda tutta l’energia che, da sempre, contraddistingue la band
piemontese.
Un vero tripudio di ritmi devastanti, tesi come Masakela, Un’Altra Vita
e Sempre di Più; Monotona, Tremarella e Preziosa, restano le mie
preferite; sull’esecuzione, al solito, nulla da dire.
Ed ancora non vi siete ascoltati Puerto Hurraco, il nuovo cd in studio!
a cura di Sergio
Rallo

Persiana Jones -
"Puerto Hurraco" - Uaz Records 1999 Italia
Nuova esplosiva raccolta di ben 14 brani per i
prolifici Persiana.
Le novità, se vogliamo, consistono in un orecchio maggiormente votato
alla influenza Ska, piuttosto che al tipico sound dei Persiana
dell’ultimo album (Brivido Caldo); il suono del disco è ottimo, i
livelli ed il tipo di suoni usati denotano un lavoro di fino anche
dietro i mixer che si riscontra in una pienezza e potenza degli
strumenti perfettamente calibrata.
Brani da segnalare: l’esagitata versione rinnovata del vecchio leone
di battagla dei Persiana "Tremarella"; il delizioso duetto
con Vic Ruggero degli Slackers dal titolo "15";
"Diverso da Me" che conferma la sottile "devianza"
verso lo Ska di Puerto Herraco del quale il brano che gli dà il
titolo (appunto Puerto Herraco alla traccia n.° 10) è quello in cui
tutte insieme si profondono le schitatrrate da rock durissimo; ed
infine, merita un cenno il brano preferito di tutto il cd: "Come
Vuoi", un saltellantissimo, potente, swing ska che pone in
diversa luce la band piemontese.
Molto raccomandato per il moto e la conseguente attività aerobica che
si compie, quasi senza accorgersene, dall’inizio del primo brano.
a cura di Sergio
Rallo

The
Pietasters - Awesome
mix tape #6 – CD - Hellcat records
Gruppo
strano quello dei Pietasters, giunti al loro quinto CD. Li incontrassi
per strada credo che cambierei marciapiede, visti gli sguardi poco
raccomandabili dei ragazzotti in questione. Ascoltando i loro dischi
invece mi vien voglia di prendere un aereo e godermeli dal vivo, dove mi
si racconta diano luogo a concerti al limite di una Sodoma e Gomorra in
levare. In questo senso consiglio il loro splendido live “strapped"
su Moon Records. La stranezza della band sta nella difficoltà, per chi
recensisce, nell’etichettare i loro dischi: intendiamoci, l’impronta
è nettamente ska, forse un po’ grezzo, ma sempre ska. Sono le
divagazioni e le intrusioni verso altri mondi che a volte lasciano un
pochino perplessi. Difficile classificarli nello ska-core o simili; poi
ti rendi conto che questa smania di classificare tutto e tutti non ha
alcun senso, e allora apprezzi i Pietasters semplicemente come band
dalle mille risorse e dalle notevoli qualità.
Anche Awesome Mix Tape #6 contiene due caratteristiche comuni a tutti
gli album della band: errori sistematici nella numerazione delle tracce
e copertine bruttissime. Il contenuto del disco è inversamente
proporzionale a quanto appena detto e anche i più ignobili strafalcioni
possono essere perdonati. Quattordici brani, molto variegati, come il
gelato all’amarena (questa è bruttissima lo so. Scusa Ale). Come
detto, l’impronta è decisamente ska. Almeno nel 60% del disco. E
questo non vuol dire nulla, mi rendo conto, quindi entriamo più nello
specifico e partiamo da quel 40% di non-skankeggiante. Si tratta di
pezzi come “What I Do", “Yesterday’s Over", “Somebody", in
puro stile punk-rock, quando non addirittura Hardcore, o di un dub
(“Dub-fi") di una noia mortale, o ancora di una funkeggiante e
piacevole “Can’t stand it". Personalmente, dopo tanti anni di
militanza, mi capita ancora di apprezzare del sano punk-rock, quindi una
fetta di quel 30% non mi infastidisce affatto, ma la mia opinione non
credo che conti molto.
La parte del disco etichettabile come ska, comprende di tutto un po’.
Un buon rocksteady come “crying over you",
del gagliardo ska-quasi-core in “Everyday With You", e del
100% ska di quello che piace a grandi e piccini, allegro e spensierato,
fischiettabile e ballabile come nei tre pezzi preferiti del disco:
“Chain Reaction", “Spiderview" e “Take Some Time". Notevole
anche “Crawl Back Home" con tastiere e sezione fiati piacevolmente
in levare e a ricordarci da che parte sorge il sole (mah!).
Testi nel più classico ed inconfondibile stile dei Pietasters, tra cui
la rima del passato millennio: “I know, I play the wrong role, she
said, you’re in the wrong hole".
In sintesi, buon disco ma forse non adatto ai puristi del genere ska.
Allargare i propri orizzonti, in ogni caso, non fa mai male.
a cura di
Antonio
Crovetti


The Pietasters – "Turbo" –
Fueled By Ramen Records – 2002
E rieccoli!!! Dopo mille vicissitudini, compresa la
scomparsa del loro bassista storico
Todd Eckhardt lo scorso anno, i
Pietasters tornano con un nuovo album. Bellissimo!! Bello fin dal
primo ascolto: fresco, pulito, coinvolgente, originale, melodico. Mi
aspettavo che nella evoulzione che li sta portando verso un sound
diverso dalle origini, i
Pietasters avrebbero sfornato qualcosa di originale, un po’ come per
gli ultimi due dischi del resto. Così bello però non me lo aspettavo
proprio. Non si illudano però i puristi dello ska. Qui il levare non
manca, anzi, però non è certo il filo conduttore di questo album. E ad
ogni buon conto, quello che di ska è presente tra le 13 tracce è di
ottima fattura. La base infatti è quella di un sound molto stile
motown, northern soul, attorno alla quale si spazia a 360 gradi
pescando dal reggae al jazz, dallo ska al pop fino al funky. Il mix è
ottimo. Non ci sono due canzoni simili e l’album risulta ascoltabile più
volte senza che la noia abbia il sopravvento. La voce di Steve Jackson è
come sempre grezza, ma incisiva, i fiati sono tutt’altro che comprimari
e tutto il prodotto risulta molto pulito, con nulla lasciato al caso.
Si inizia con un classico attacco alla
Pietasters, con i primi due pezzi a metterti sulla strada di quello che
stai per assaporare. E quindi, fiati belli pieni batteria cattiva e voce
bella gutturale. Poi arriva “Drunken Master", un reggae un po’ alla
Hepcat con intrusioni Ragga, poi ancora northern soul di quello fresco,
con melodie orecchiabili, divertenti. E’ il caso di “Rachel", di “Every
Afternoon", “Nothing Good To Eat" (scritta da
Vic Ruggiero), “Got To Stay".
E’ bello vedere che una band cambia nel
tempo. Che non rimane sempre uguale a se stessa sfornando fotocopie
dello stesso disco nel corso del tempo. Ancor più bello è vedere come
dopo anni e anni, c’è sempre un ritorno alle origini e alla musica da
cui si è partiti. I Pietasters lo fanno con alcuni brani ska rocksteady
e reggae splendidi come “Mellow Mood" (vagamente Bob Marleyana), la
skankeggiantissima strumentale “Step Right Up", “Trust Yourself" e
all’ultima, emozionante “How We Were Before", cover degli
Zombies.
Un
ultima nota, poco importante, riguarda il cambio di etichetta
discografica. Dalla
Epitaph si passa alla, per me sconosciuta,
Fueled By Ramen Records. Se tutto ciò abbia importanza è del tutto
irrilevante, anche se forse renderà il disco più difficile da trovare.
Un vero peccato.
Antonio Crovetti


Planet Smashers - "No Self
Control" - Leech Records CH 2001
I Planet Smasher sono una formazione
canadese che conosco dalla metà degli anni ’90 per il loro potente Ska
Pop dall’impostazione molto punk rock.
Potenti giri di fiati usati alla maniera
dei cari vecchi Mr. Review sono tra le caratteristiche di questo gruppo,
su basi che spaziano dallo Ska Punk “ordinato" di “Evaluation Day" allo
Ska Reggae Rock i “Wish I Were American" al Punk Ska di “Blind".
Ogni tanto mi ricordano i Bim Skala Bim,
alle volte, come in “Stupid Present" e “Struggle", colgo reminiscenze
dei Parka Kings, forse perché sono tra le meno rockettare di No Self
Control. Incredibile, poi, “It’s Over" che, sulla stessa linea “morbida"
di quelle appena citate è un brano che per canto e atmosfera generale
ricorda da vicino gli inglesi Reluctant Stereotypes d’epoca Two Tone.
Se non erro No Self Control è
addirittura il 3° Cd dei Planet Smashers e, conseguentemente il loro è
un sound formato, maturo e, per ulteriore conseguenza, nel CD
ascolto sia “Hey Hey" “Goin’ Out" “Record Collector" che sono molto
influenzate dall’anima rock dei P.S. ma anche un lineare Ska tipo Two
Tone come “She’s Late" e dei “pestoni pestati" come “Rambler" che,
fortunatamente, è la traccia più breve del disco. La più veloce,
martellante canzone, anch’essa con fiati a tutto spiano e pesante fine
pestatissima, è l’ultima di No Self Control ed anche l’unica di cui non
riesco a leggere il titolo!
La prima traccia è quella che m’è
restata nel cuore e si intitola “Fabricated".
Potenti e di tendenza, i Planet Smashers
possono attrarre accoliti e fan nell’ambiente già frequentato da Mighty
e compagnia HC cantando.
Sergio
Rallo

Potshot
"RocknRoll" Asian
Man Records 1999
I ventitre minuti di durata totale di questo cd contenente
tredici pezzi la dicono lunga sul genere di questa band di sei elementi proveniente dal
Giappone, una buona definizione potrebbe essere Melo-Ska-Core, una miscela in cui lo ska
viene suonato alla velocità dellhard-core e cantato con tanti coretti fatti di
"aahh" e "oohhh".
Potrei stare qui ad elencarvi le canzoni una per una come sono solito fare ma la media
del minuto e mezzo a pezzo non mi permette di notare qualcosa di originale su questo
fronte, forse dilatando di un altro minuto le canzoni qualcosa di innovativo sarebbe
venuto in mente a qualche componente dei Potshot. I canoni del Punk-Ska sono pienamente
rispettati; le chitarre si alternano in velocissime cavalcate per poi rallentare sino ad
arrivare al ritmo in levare, la batteria si mantiene per la maggior parte oltre il limite
di velocità consentito dal codice stradale con saltuari rallentamenti nel cambio di ritmo
(avrà incontrato una pattuglia della stradale???), i fiati fraseggiano qua e la oppure
tengono anche loro il tiro indiavolato degli altri strumenti e la voce si inserisce in
questo contesto con gli "oohhh" e "aahhh" di cui vi ho parlato prima
forse perché è difficile inserire una parola in tutto questo marasma. Lavoro abbastanza
minimalista per quanto riguarda la lunghezza delle canzoni o loriginalità ma che si
difende molto bene sotto laspetto tecnico sia per esecuzione che per registrazione.
Adatto per una ginnastica decisamente anaerobica, per pogatori scatenati o per chi, come
il popolo del Sol Levante ha sempre fretta. Provate a ballarvelo tutto e poi mi direte.
Dimenticavo, il tredicesimo pezzo non presente nella lista sul retro è un unplugged
chitarra, voce e coretto che ricorda vagamente i Beach Boys (se vi può interessare).
a cura di Massimo Boraso

Quatre in Toulouse - "Four
Legs" - CD,
Leech Records,,
CH, 2002
Se la prima impressione su un nuovo
disco la dà, inevitabilmente, il primo brano che si ascolta, la prima
impressione sugli svizzeri Quatre in Toulouse è ottima.
"Four Legs" inizia, infatti, con lo ska "Trip Stop", un bel connubio
di ritmica tradizionale e contenuti melodici moderni dotati di propria
originalità.
"My Season", secondo brano di un disco che ne contiene altri 14, è
molto più tradizionale e decisamente meno originale, vantando nel
bridge le medesime note del bridge di Madness di Prince Buster. Ma può
essere solo indice della seria ispirazione tradizionale del gruppo
piuttosto che un plagio volontario.
Quatre in Toulouse fanno attendere solo fino al terzo brano per
propinarci un bello strumentale ska con ospiti di tutto riguardo
ovvero il jazzista Will Clark, pure trombonista ufficiale degli
Skatalites, e Creg Classman trombettista che negli ultimi live europei
affianca Will Clark negli Skatalites sostituendo Nathan Breedlove, si
intitola "Condor" ed è uno strumentale di ispirazione giamaicana dal
giro non particolarmente complesso.
Una sterzata di divertente ska moderno, che ricorda leggermente i
Madness e con buone trovate ritmiche, è "No direction".
Rocksteady/reggae, strumentale anch’esso, è invece "Joe Trap",
dominato da una bella tastiera e impreziosito da buoni assolo che ne
fanno una traccia da non perdere. Come la successiva, vi dirò, che
brilla per la completa ed originale ispirazione
tradizional-folkloristico-percussiva tratta con classe dallo ska
tradizionale.
Segue uno ska dal titolo "Beromünster", questa volta del tutto
moderno, cantato in francese, con un accompagnamento di fiati
decisamente two-tone, che possiede una bella parte strumentale oltre
che un ritornello che si memorizza facilmente.
Molto bello il reggae strumentale "My Bed Is Not For Free", un brano
ispirato decisamente a certo fantastico reggae strumentale degli anni
’70 in cui brilla, tra gli altri, il dotato trombonista Hene Casser.
La calma che lascia dietro di sé "My Bed Is Not For Free" viene
sconvolta subito da un altro strumentale ska tradizionale di fattura
allegramente festaiola e dal titolo "Five ‘O’ Clock".
Altro brano, altra atmosfera. "Newbridge" è uno strumentale che inizia
cupo, si illumina un attimo nel bridge e ripiomba nel cupo di un
piacevole giro sulla base del quale si ascoltano volentieri gli
assolo.
Approccio allo ska alla Mr. Review ho riscontrato in "Vollmond", unica
traccia cantata dai Q.I.T. in tedesco [Schweizerdeutsch!] che ha
l’inevitabile effetto di ricordarmi i vecchi El Bosso & Die Ping Pong.
Un disco vario "Four Legs", che non annoia e che dà spazio a momenti
di esaltazione per la musica ska, consigliato a tutti gli appassionati
di neotradizionale ed oltre.
Sergio
Rallo

Radici nel Cemento - "Guns Of Brixton" - Gridalo Forte 1998
CD "triplo singolo" in cui i R.N.C.
"rispolverano", con ottimi risultati, la mitica "Guns of Brixton" (se
non sai di chi è vattene immediatamente dal sito!) [e cercatela in www.allmusic.com] facendola cantare al
"Godfather" Laurel Aitken (li avete visti accompagnati live, la scorsa stagione
[1998] dall'ex voce e chitarra dei Kortatu, il gruppo Punk-ska basco più militante di
tutta la Spagna, Fermin Muguruza). I fan di entrambi (che sono abbastanza) sono avvisati.
Ascoltando la "version" di quest'ultimo (all'interno ci sono i testi in inglese,
italiano e basco) si capisce il detto che dice che Dio, per punire il diavolo, lo
costringe a studiare il basco!
Quanto al brano "La Vita è 'na Guera" in cui il gruppo romano è presente sia
in musica sia in voce, non entusiasma...date le capacità di questa band, ci si aspettava
qualcosa di più coinvolgente! Militante.
Sergio
Rallo

Radici Nel
Cemento - "Occhio!" - CD Ass. Cul. Radici Nel Cemento/V2 Records
Italia 2004
Il nuovo album della migliore formazione
reggae del Lazio (e, a parere i scrive, tra le migliori dell’Italia del
sud), intitolato "Occhio!" merita veramente, scusate lo scontato gioco
di parole, un occhio di riguardo.
Non solo per l’aspetto prettamente
"tecnico" che me lo ha fatto ritenere già al primo ascolto un prodotto
"con le palle", curatissimo nei suoni (di cui si sono occupati in fase
di registrazione Bruno Avramo e Leonardo Bono i quali hanno anche
lavorato di mix su 6 brani di 14 che ne contiene il cd lasciando gli
altri 8 al sempre apprezzatissimo
Madaski) e
nell’aspetto, oltre che nei contenuti.
Radici Nel Cemento ci tengono - e ci
riescono perfettamente - a caratterizzare ogni traccia con ritmi sempre
diversificati, melodie mai monotone ed originali, strizzando l’occhio
(!) al folklore capitolino ed utilizzando al meglio tutti gli stilemi
del genere: reggae, ragga, rocksteady, dub, ska perfettamente puntellati
da cori e sezione fiati ineccepibili.
Influenzati (tra le altre cose) dal
reggae della prima metà degli anni ’70, Radici Nel Cemento offrono
all’ascolto del loro disco come prima traccia la gioiosa "Ansai come ce
piace" (riproposta pure in una super version jazz dub ragga con Roy Paci
in tromba e voce come traccia n. 11) che ha una struttura felicemente
funky.
Ma divertenti, ascoltabilissime sono
tutte le tracce di "Occhio!" tra le quali oltre a quella appena citata
brillano senz’altro il reggae "Er traffico de Roma", l’ottimo ska "La
riva del mar", il soave ed entusiasmante rocksteady "Dalla terra" di cui
ho particolarmente apprezzato l’inizio di flauto traverso, la veloce ed
elegante "La mia radio" (tra le più belle) la cui conclusione
strumentale (con la tromba di Paci che ha arrangiato la sezione fiati in
tutto il disco), con fiati in levare, dub e con citazione mi è piaciuta,
da 1 a 10, 11.
Non affatto male anche l’altro ska di
Occhio!, intitolato "Centocinquantasette" e la traccia "tecnologica"
(almeno rispetto al complessivo andazzo del cd), che ammicca al pop
italico degli ultimi anni, e che pone fine all’ascolto del cd,
intitolata "E’ la mia vita".
Belli i testi e le voci degli ottimi
Adriano Bono e "Rastablanco".
Occhio! è un gran bel disco che conferma
lo spessore artistico raggiunto dai Radice Nel Cemento in oltre un
decennio di attività dedicata al ritmo che, almeno qui a SkabadiP,
sapemo bene quanto ce piace!
Sergio
Rallo
 

Radio Babylon - "Buska"- CD Arte
Nomade, Italia 2002
Anche a Macerata pulsa lo ska che è quello
casereccio dei Radio Babylon che fin dal 1997 se la skancheggiano in
quella provincia.
Quello dei Radio Babylon è un pulito ska moderno dal piglio rock che
scorre bene per tutte le 11 tracce di Buska, loro primo album.
Le varie sfaccettature della formazione sono ben riassunte dal grintoso
ska “Se, Ma…Forse" e da “Buska" che inizia come reggae strumentale per
trasformarsi in un veloce ska in cui la chitarra solista la fa da
padrone sorretta da incisivi giri di fiati che ricordano molto da vicino
lo ska two tone degli anni ’80, come fanno anche le omologhe “Skomodo" e
“Senza Ali Senza Volto".
Un’anima maggiormente folkloristica i Radio Babylon la rivelano poi con
“Guadalajara" e con lo ska lento “Il Regno" che ricorda certe melodie di
Vecchioni.
Altro reggae i Radio Babylon lo propongono con “Ballata di Una Fuga"
mentre lo ska/reggae dal titolo scalfariano “Non ci sto" precede il
reggae roots non particolarmente fantasioso intitolato “Tiki Bambù" che
conclude l’ascolto di BUSKA.
Testi impegnati ne fanno un album “militante" che oltre l’intento di far
ballare rivela anche quello di far pensare.
Consigliato ai frequentatori – pensanti – di centri sociali e collettivi
no global.
Sergio
Rallo

Ramiccia - "Balli?" - Gridalo Forte Records 1999
Da Viterbo, i Ramiccia pare esistano da più tempo di quanto la loro assente
notorietà dalle parti nostre faccia supporre.
Offrono 11 brani di Ska non particolarmente "fine" ma neppure rozzo come certi
gruppi rientranti più nellarea "Punk" fanno quando suonano la LORO
interpretazione del Ritmo.
Anzi, cè una ricerca di melodie dirette, semplici con richiami alla canzonetta,
come la presenza di testi "leggeri" ed ironici.
La parlata dialettale dona a "Balli?" una coloratura casereccia da trattoria
dove ha cominciato a pulsare il ritmo della Giamaica, lo ska, la musica senza la quale i
Ramiccia "nun posson sta".
Canzone che vale il disco: Caraibica con tanto di mare in sottofondo; inflessioni dure qua
("Balli") e là che io non godo tantissimo perché le trovo un po da
"boro"; forte presenza di fiati e ritmi potenti ma mai velocissimi, con salti
nel Reggae, in certo Rock anni 70 ("Show man"), rockenrolle in "La
Lipra", Reggae sofisticato in "Sulla strada"ed altro occhio strizzato al
dub in "Est" strumentale piuttosto particolare è ciò che si trova o mi passa
per la mente ascoltando quest album dei Ramiccia
e tu che stai a fa?, Balli?
a cura di Sergio Rallo

Ramiccia
-
Ramiccia meets Begona
- Gridalo Forte Records
Terzo
lavoro per i granitici e prolifici Ramiccia, originators del bifolk ska
sound system nell’idioma Valleranese (provingia de Viderbo,
gnorandi!!). Questa volta, smessi i panni goliardici a cui ci hanno
abituato, propongono un dischettino di cover (nove tracce su dieci) in
collaborazione con Begona Bang Matu, voce degli ispanici Malarians le
cui capacità canore abbiamo già avuto modo di apprezzare tempo fa
durante il tour di Laurel Aitken coi Radici nel Cemento e gli
Skarlatines. Ottima la produzione, gli arrangiamenti e la qualità del
suono; ottimi i contenuti. Bene bravi, sette più.
Covers a 360°, da Bob Marley ai Mano Negra passando per i Casino Royale
e gli immancabili Laurel Aitken e Prince Buster.
Si va dallo ska bello allegro e spensierato, che poi è quello che
preferisco, di “Rude Girl", “Sexy Eyes" del padrino,
“Shame and Scandal" e della splendida “Peligro" dei Mano
Negra, a sonorità molto più rocksteady e reggaeggianti come in Bad
Card di Marley o “Everything I Own" cantata in modo superbo da
Begona, o ancora in “Is It Because I’m Black" dove Begona si
mostra anche nella sua anima soul.
Tanto piacevole quanto nostalgica la sorpresa di “Re Senza Trono"
dei Casino Royale che riporta alla mente gli anni che furono quando la
band milanese furoreggiava con uno ska magistrale e forse mai più visto
e sentito.
Stuzzicante la strumentale (o quasi) “No Frontiere" del prode
Antonozzi.
Essenziale per non dire un pochettino scarna la copertina e relativi
contenuti. Fa nulla, per maggiori informazioni sulla band si consiglia
l’acquisto dei precedenti CD.
Consigliato.
a cura di Antonio
Crovetti

Ernest Ranglin - "Below the Bass
Line", Island Jamaica Jazz 1996
"Ernie", come viene simpaticamente chiamato
nellambiente musicale, è colui che, seondo le cronache, ha fatto fare per la prima
volta il suono Ska!, Ska!, Ska! alla sua chitarra (vedi storia dello Ska). È anche
colui che alla chitarra ha fatto fare tutti quei tipici suoni entrati a far parte
indelebilmente del colore della musica giamaicana. Sia essa Ska, Rocksteady o Reggae.
Ernest Ranglin ha suonato praticamente con tutti i musicisti giamaicani in tantissime
formazioni diverse, prediligendo le registrazioni per la casa madre Studio One.
Ha suonato poi con un cospicuo numero di jazzisti mondiali, ed ha laura di un
artista che vive e si realizza prevalentemente suonando dal vivo; ciò non è in contrasto
con il fatto che, per quel che ci è dato da sapere, lalbum di cui si parla, è il
primo accreditato a suo nome da ben più di un lustro.
In "Below the Bassline", non scherzo, ci sono ben quarantanni di musica
giamaicana e, siccome il tutto è letto in chiave molto, ma molto jazz, anche
centanni di musica afroamericana.
Veramente molto bravi i musicisti coinvolti in questalbum, tra cui spicca il
veterano pianista e compatriota di Ernie Monty Alexander che ne è pure il
produttore - e lospite Roland Alphonso che suona sia il sax tenore sia lalto
nella versione "Rangliniana" della "Balls of Fire" dei vecchi
Skatalites.
Brano preferito degli undici proposti è "Surfin" la traccia numero due del
disco, un brano scritto da Ranglin nei primi anni 70 e qui riproposto con tutta la
carica onirica delloriginale intatta.
Consigliato a tutti i patiti di jazz, che così si avvicineranno alla musica di cui
SkabadiP si occupa. Consigliato anche a tutti i patiti della musica giamaicana in senso
ampio, e dei "Sound Dimension" in particolare, che così si avvicineranno al
jazz. Di sicuro sconsigliato ai fan dello Ska-core, del Two Tone, e allo Speed/Punk/Ska
statunitense germanico.
a cura di Sergio
Rallo

Radio Active - "Skarussel" - Leech Records 1998
Sarà una mia impressione, ma le funzioni dello stereo - in cui
sto ascoltando quello che risulta essere l'album di debutto di questa formazione svizzera
- mi dicono che per l'ascolto ottimale di "Skarussell" è meglio regolare
l'equalizzatore su "rock".
Tutto l'impianto del disco (ci mancherebbe altro, con quel titolo...) ruota su
ritmi Ska/Reggae ma appunto con una spiccata tendenza al Rock con certe venature Funk e
molto "folklore" dato dall'armonica che nel "combo" sostituisce la
tastiera.
Radio Active sono un tipico gruppo Ska influenzato ancora dal Two Tone tipo:
"All Through the Night", un lento e malinconico Reggae-pop, ricorda i Reluctant
Stereotypes anche se Radio Active, magari, non sanno chi siano) e, prevalentemente, dallo
Ska mittel-europeo ( "the Game" traccia n.2 ricorda certe cose di gruppi
tedeschi ma anche dei compatrioti the Ventilators).
Oltre la prima traccia "Routekiller", il primo brano che incontro e che
mi piace senza riserve è - incredibilmente, perchè è cantato in francese che ho sempre
trovato, chissà perchè, poco adatto per 'sta musica - "L'Etat Sauvage" che
ricorda anch'esso qualcosa di gruppi della fine '80 ma che scorre
veramente bene; a seguire, la tranquillissima "Funny Day" anch'essa tra
le più "catchy" del disco di cui non apprezzo certi ritmi da marcetta militare
come in "Arc En Ciel"; mentre incontro un motivo veramente familiare e, quindi,
non brillante per originalità, per il cantato di un'altra delle più ballabili creazioni
dei Radio Active, e cioé "Why Did July", con la fisarmonica a dare
quell'atmosfera da osteria della Borgogna cara ai fan dei Negresses Vertes; mi annoiano,
invece, i Funky/soul/reggae anche se sono suonati bene come "My Dream" e, come
poc'anzi scritto, non apprezzo lo Ska in francese come la penultima traccia "Ma Belle
Brigitte" ed i "giri" d'accordi triti e ritriti come in "Criminal
Skango", 15° ed ultimo pezzo, di un disco che m'ha lasciato tiepido.
Per chi è tiepido di sua natura ed ama le osterie della Borgogna.
a cura di Sergio
Rallo

Rebel Dës "Margini", Autoprodotto 1997
Il gruppo comasco di ben dieci elementi autore di questo cd ci
ha sorpreso. Più consci di avere a che fare con un gruppo noto per proporre Ska-punk e
Ska molto veloce in genere, ci siamo sorpresi di ascoltare Margini.
La band è andata diciamo subito con buoni risultati alla ricerca di un
differente sound, allorecchio dellascoltatore molto più alle radici dello
Ska, ma senza proporsi come gruppo tradizionale e strizzando locchio allo Ska
Two-Tone. Evoluzione artistica che qui a SkabadiP tutti condividiamo.
12 sono i brani che possiamo ascoltare in Margini, che spaziano come generi dal Reggae al
Rocksteady allo Ska con qualche distorsione di chitarra che però non disturba.
Che siano semplici incitazioni alla danza come laffascinante "Nobody
Cares", o abbiano riferimenti autobiografici come in Kingston Chiama i pezzi dei
Rebel Des sono tutti molto orecchiabili e "guidati" da una solida sezione fiati.
Sapendo quanto hanno speso nella produzione del cd tra laltro molto curato
nella veste grafica il risultato è pienamente soddisfacente.
a cura di Sergio Rallo


Rebel Des - "Up Players Up Lovers"
- CD Etnagigante, Italia 2001
Lo ska tradizionale,
classicheggiante, non frenetico e solidamente ancorato alle ritmiche che
lo caratterizzano è l’ingrediente di base della ricetta ska dei Rebel
Des.
“Up Players Up Lovers" non è un disco che colpisce al primo ascolto,
caratterizzandosi per linee facili e semplici che scivolano via
abbastanza facilmente, vuoi per l’assenza di “trovate" seriamente
originali, vuoi per la poca incisività delle melodie, tra le quali,
infatti, nessuna si fissa in testa con particolare vigore.
Intendiamoci, Rebel Des non sono dei virtuosi degli strumenti ma il loro
lavoro (anche dal vivo) lo sanno fare e “Up Players Up Lovers" è un
disco leggero, lineare, pulito, in 2 parole: ben fatto e gradevole; con
buona presenza di reggae, tanto tradizionale come dicevo sopra che si
sviluppa per tutte e 13 le tracce.
Strumentalmente i Rebel Des mi piacciono parecchio in brani come “Blue
Afternoon", anche se all’orecchio balza la somiglianza sospettata del
giro del cantato con quello di “No No No" di Down Penn, cosa che,
comunque, non sminuisce la bellezza del pezzo.
Il primo brano dall’emblematico titolo “Rocksteady Time" è indicatore
dell’esperienza cui si rifanno, ogni tanto con gusto un po’ pop tipo in
“Femme fatale", i Rebel Des.
Il primo reggae di cui ci offrono l’ascolto i Rebel Des l’hanno
intitolato “Can’t Stop My Music" la tastiera anni ’70 che ne fa il
sottofondo e l’arrangiamento dei fiati che sostengono una morbida
melodia rendono bene anche negli effetti dub e fanno competere molto
dignitosamente Rebel Des con i tanti gruppi esclusivamente reggae del
Veneto.
Non apprezzo fino in fondo la miscela italiano inglese con cui sono
cantati la maggior parte dei brani ma potrebbe rivelarsi una scelta
caratterizzante per la band soprattutto quando il risultato è gradevole
come nel caso dell’allegro ska “Sensi". Ritmicamente molto buono anche
il notturno reggae “Metropolis", anche se l’avrei ascoltato meglio tutto
in inglese.
Il terzo brano reggae di U.P.U.L. è, al contrario di quello che lo
precede, allegramente luminoso ed è cantato tutto in inglese. Buon
accompagnamento dei fiati.
Arrivando al brano che ho apprezzato di più, cioè “I Will Sing", l’ho
trovato un brillante ska sinceramente ispirato ai classici del soul ska.
Ultimi brani che, a mio personalissimo giudizio, meritano l’ascolto di
questo U.P.U.L. sono “Resti solo tu (Allo Specchio)" un altro di quegli
ska che ritengo caratterizzanti lo stile dei Rebel Des e “Paradise Vs.
Hell" quello che ritengo il pezzo ritmicamente più interessante ed
originale nella melodia.
Nessuno strumentale e nessuna cover sono scelte precise del gruppo
piuttosto apprezzabili in considerazione del fatto che il mondo della
musica pop sembra stia sopravvivendo solo su cover.
Sono una band trasversale i Rebel Des, questo loro disco, sul quale mi
sono dilungato, può piacere sia ai fan colti dello ska (quelli che
ascoltano solo ska jazz), sia ai patiti del two tone, sia ai neofiti del
Genere ed aprire, anche, nuove prospettive ai pestoni all’hard core!
Sergio
Rallo

Reel
Big Fish "Why Do They Rock So Hard?" Mojo Records 1998
Strano nome per una Ska band, non riesco proprio a capire se deve essere
interpretato sotto il profilo ittico o sotto quello anatomico, comunque its Reel Big
Fish.
Partiamo quindi dal look di questa band, i sette componenti ci vengono presentati uno ad
uno in un ricco booklet dalle molte stelle e dai colori che si avvicinano alla
psichedelia, testi e ringraziamenti con annessa foto del ringraziante ci mostrano
musicisti che, come la loro musica, escono dagli stilemi del Traditional Ska, bermuda,
camicie hawayane e colori sgargianti si discostano un tantino dal "three pieces
suit" con cui "Rudy got married" come diceva Laurel Aitken.
Comunque chi lo dice che per suonare Ska labbigliamento sia importante, meglio un
largo camicione che ti permetta di scatenarti sul palco e scarpe comode per ballare come
insegnano i Punk californiani che vanno molto di moda di questi tempi.
Lidea principale di questo gruppo proveniente da Orange County, terra fertile che ha
visto crescere molti gruppi famosi (e se non sbaglio anche qualche altro gruppo Ska di cui
non ricordo il nome), era quella di suonare qualche cover metal e di arpionare qualche
pulzella quando circa otto anni fa vennero illuminati dalla luce in levare e si diressero
sulla retta via. Una buona dose di metal comunque è rimasto nelle loro chitarre e nei
loro cuori insieme ad una buona dose di Punk addolciti dai fiati che raramente hanno vita
propria e che per lo più si adattano a segnare il tempo.
Il Reel Big Fish style è un Punk-Ska che in certi punti rallenta sino a rasentare il
Reggae per poi ripartire sgommando verso velocità al di sotto dello Ska-core, Dub e Ragga
fanno solo delle brevi apparizioni nei sedici pezzi di questo loro lavoro.
Si parte con "Somebody Hate Me", brano che mette in mostra il loro stile
alternando veloci schitarrate con fiati al rallentatore, inizio molto metal per
"Brand New Song" che si diluisce nel Punk-Ska con assolo di tromba.
"Shes Famous Now" è un Punk melodico con inserimento di fiati mentre
"You Dont Know" rallenta e si avvicina maggiormente allo Ska ma sempre con
la chitarra incazzata, "The Set Up (you need this)" rallenta ulteriormente con
picchi di Punk-ska ,2Tone e inserto Ragga in "Thank You For Not Moshing".
Il Dub esordisce in "Im Cool" con andamento Reggae e fiati quasi
traditional per farci riprendere fiato, aumentiamo di nuovo il ritmo con "I Want Your
Girlfriend To Be My Girlfriend Too" che passa dallinizio 2Tone al Punk-Ska per
ritrovarsi nel metal verso la fine. Metal che contraddistingue "Everything is
cool" con ritornello Ska, un tocco di Raggamuffin con echi di Dub e di scratch
impreziosisce "Song #3" forse la migliore del disco grazie a questi mix, di
"Scotts a Dork" non saprei cosa dire se non che sembra un Pop-Ska fatto
per piacere alle masse. Altra invenzione dei Reel in "Big star" che parte come
una dolce ballata unplugged per poi esplodere ad un minuto dalla fine, "The Kids
Dont Like It", "Down In The Flames" e "We Care" ribadiscono
il Reel Big Fish style. "Victory over Peter Bones" è uno strumentale da big
band in cui jazz, swing ed, in minima parte, Ska convivono tra fiati e chitarra elettrica.
Come pare dobbligo ultimamente esiste anche una traccia nascosta, a voi il piacere
di scovarla.
Why do they rock so hard? È il titolo del cd e la domanda che mi sono posto anche io, e
volete sapere la risposta? Perché è il genere che piace a loro con tutte le influenze ed
i gusti di un gruppo formato da sette elementi, provate ad ascoltarlo e divertitevi a
coglierne le sfumature.
a cura di Masimo
Boraso

Reel Big Fish – "Cheer Up" –
Jive Records – 2002
Lo si aspettava da tempo, diciamo
4 anni buoni questo nuovo disco dei californiani
Reel Big Fish, paladini dello ska punk metà anni 90. Originali e
divertenti (dementi sarebbe più indicato), veloci ma melodici quanto
basta, una buona sezione fiati, uno ska core più che accettabile.
Insomma ero curioso di sapere, dopo anni di silenzio cosa avrebbero
fatto uscire. Da notare che il loro “Everything Sucks" del 2000 è in
realtà la ristampa del loro primo album (1995), mentre il cd “Favourite
Noise" del 2001 è praticamente un best of.
Quando ho visto per quale etichetta
sarebbe uscito ho strabuzzato gli occhi. La
Jive Records….Possibile?? La stessa dei
Backstreet Boys, dei
NSYNC, di
Jennifer Love,
Britney Spears. Se volete continuo. Non sapevo cosa aspettarmi.
Invece, ascolto e riascolto il disco e
l’impressione che ne ho è che questo sia il mio disco preferito della
band. Il migliore, a mio avviso.
Non so fino a che punto la major abbia
influenzato positivamente o negativamente il suono del gruppo, fatto stà
che se da un lato si trovano certi riff un po’ inflazionati da modern
punk bands alla
Blink e via dicendo, è anche vero che il sound dei
Fish è decisamente migliorato, più preciso, più potente, con una
sezione fiati davvero ad ottimi livelli e la voce di Aaron Barrett in
ottima grazia. Si ha una perdita di velocità, a vantaggio di pezzi più
melodici, pur sempre con una chitarrona un po’ metallara e spacca
timpani. E lo ska?? Beh, lo ska, o meglio, lo ska core è messo
decisamente in disparte. I primi accenni si hanno dopo 8 tracce,
precisamente con “what are friends for" e poi subito dopo con la
divertentissima “A Little Doubt Goes Along Way". Poi il disco procede
sempre su un livello ottimo di buon punk melodico, con degli ottimi
fiati a trascinare quasi ogni brano ed illudendoci che siamo di fronte
ad una ska band. Splendida la versione a capella di “New York New York".
Ancora un po’ di ska in “Boss DJ",
qualcosina in “Sayonara Senorita" poi basta.
Come detto, questo è un ottimo disco di
punk melodico, con più di un riferimento a gruppi che vanno per la
maggiore oggi. “Valerie" o “Brand New Hero", potrebbero tranquillamente
far parte del prossimo disco dei
Blink 182, dei
MxPx o degli
American Hi-Fi, ma tutto sommato ci stanno bene. Poi non c’è solo
quello. Certe divagazioni scanzonate nel glam rock (“Rocknroll is
bitchin") non sfigurano affatto. Difficile trovare due brani simili tra
i 17 presenti.
Trovo i
Reel Big Fish più maturi rispetto agli ultimi lavori, anche se mi
chiedo se sia merito loro o se sia loro malgrado; la qualità e davvero
ottima, ma si sente la mancanza di un pezzo che rimanga in mente come
“Sell Out", “She has a girlfriend now" o “Everything sucks" brani che
emergevano in album buoni ma non eccezionali.
Chi ha apprezzato i dischi precedenti,
amerà questo Cheer Up!!
Antonio Crovetti

Victor Rice -
"In America" - CD Grover
Records Germania 2003
Registrato tra i
gloriosi Stati Uniti d’America (New York) ed il vivace Brasile (San
Paolo, dove l’album è stato overdubbato e mixato) il nuovo, brillante
disco di Victor Rice – ex bassista degli
Scofflaws ai
tempi del loro esordio con l’allora Moon Records (1991) – intitolato
appunto "In America" è un lavoro tanto sofisticato quanto di immediato
ascolto e fruizione.
L’ultima volta che
mi sono occupato in queste pagine di Victor Rice è stato per la
recensione degli
Stingers ATX del cui brillante album di debutto "This
Good Things" è stato il bravo produttore e supervisore.
"In America" è,
dunque, un degno distillato dell’esperienza ormai più che decennale del
buon Victor nell’ambito di ska, reggae e dub, generi ai quali il
musicista di New York non ha mai voluto rinunciare (grazie!) e ai quali
sta senz’altro dando artisticamente parecchio.
"In America" è un
album prettamente strumentale dalle svariate atmosfere che spaziano dal
cupo e stordente andamento dello ska "Commit" all’ipnotico e sognate
skank intitolato "Toque" o all’ottima "Lazy River NYC" che sembra uscita
da una session dei Supersonics o dei Caribbeats.
Il tutto, sempre su
ritmi palesemente ispirati alla grande tradizione delle session band
della fine degli anni Sessanta/inizio Setttanta ma mai da queste
scopiazzati.
Rice è, come
intuibile, attaccato alle corde del basso dal quale fa scaturire linee
mai scontate e comunque efficaci ed incisive che, per tutta la durata
del CD, sorreggono nella maniera migliore ritmi ska come quello di "The
Whip" che apre l’ascolto del disco o di notevoli reggae come la
splendida "Fique" che, oltre a vedere la presenza del veterano
percussionista Larry Mcdonald (nella precedente suona il guiro),
conferma la natura del suo autore quale valente polistrumentista (è al
basso, all’organo ed alla melodica ma, in altri brani, suona anche le
percussioni, la chitarra ed il piano).
Supportato nel
lavoro in studio dall’ottimo batterista Eddie Ocampo, Victor Rice ci
offre 16 tracce (di cui 3 sono le versions) di gran musica che, come
detto all’inizio, risulta immediata e coinvolgente nonostante sia quanto
di più lontano dalle registrazioni dal vivo si possa ascoltare.
Questa mia
impressione è confermata da tracce semplici e brevi come l’early reggae
"The Ring" ove la tastiera suonata dal Nostro la fa da padroni non
diversamente da quanto faccia nella successiva "Parabéns".
Tra le tracce
preferite c’è il grande dub che si sviluppa per ben 4 minuti e ½ in
"Drum Thief" una traccia sulla falsariga di certi lavori di King Tubby e
lo ska "Choki" in cui Victor Rice si diverte producendo una pulsante
linea di basso per una traccia con effetti dub, violino, piano ed
un’insistente batteria alla Lloyd Knibb veramente coinvolgente.
Da non perdere.
Sergio
Rallo

Rimozionekoatta - "Matti da levare" - CD
Decibel
Records 2004 Italia
I Rimozionekoatta sono la classica
skaband dalle basi rock, dai ritmi tendenzialmente veloci e dallo stile
piuttosto urlato che fa pensare a concerti sudati ed abbondantemente
innaffiati di birra.
Matti da Levare, ultimo loro lavoro, fatto di 10 tracce, rispecchia lo
stile appena accennato in cui il comun denominatore è, manco a dirlo, la
"fierezza ska" sotto ogni aspetto possibile: la passione per la musica,
i concerti, i rude boys.
Giri di fiati non particolarmente originali condiscono ogni traccia, tra
le quali quelle che ho gradito di più sono state "Allo Specchio",
"Sensazione Positiva" e "Libertà".
Le schitarrate potenti e tipicamente rock non trascendono mai nell’HC
dato che fonte primaria di ispirazione ritmica per i Rimozione sembrano
essere i gruppi del dopo Two Tone piuttosto che quelli ska core, mentre
quella melodica sembra giungere ogni tanto dagli
Statuto e dai
Persiana dei primi tempi (per
esempio l’ultima traccia "Solo a Me").
Un gruppo come quello dei Rimozionekoatta non poteva, poi, esimersi dal
propinare almeno uno strumentale, cosa che la band piemontese
puntualmente fa con la penultima e potente traccia intitola "Paprika" e
dove i musicisti trovano lo spazio di far sentire singolarmente la
propria voce passando da ska a reggae e viceversa.
Non posso che lodare il genuino entusiasmo ska dei Rimozionekoatta
quanto meno per uno dei titoli più azzeccati dati ad un album ska che io
mi ricordi.
Sergio
Rallo

Rico Rodriguez - That Man Is Forward Reggae Retro Record
Era ora che qualcuno ci pensasse. Ecco la ristampa, -
abbellita nella versione CD di due brani ("Oh Carolina" e "Sea
Cruise") apparsi precedentemente solo in 45 Two Tone del disco che non può
mancare nella collezione di qualsiasi Reggae Ska fan che si rispetti.
T.M.I.F. fu nel 1980 uno dei più grossi successi di critica e non certo di vendita
della Two Tone di Dammers. Limportanza di tale disco risiede nellessere
stato di fatto la "memoria storica" dello Ska negli anni in cui nessuno, eccetto
quelli dellambiente Reggae inglese, avrebbe mai detto che lo Ska fosse il nonno del
Reggae e non una càcchio di derivazione del Punk o una nuova musica inventata dai
Madness.
Prima che gli Skatalites si riunissero nell83, Rico nel 1980 con il suo amico
trombettista Dick Cuthell tira su una piccola folla di musicisti giamaicani tra i più
bravi e quotati del momento e caccia fuori quello che a ragione è il primo bellissimo LP
di Ska tradizionale moderno.
Così in alcuni pezzi potrete ascoltare Sly Dunbar alla batteria, con ovviamente Robbie
Shakespeare al basso. Ansell Collins allorgano e loriginale percussionista
degli Skatalites Neol "Skully" Simms. In altri brani si può ascoltare Jah Jerry
alla chitarra (che era la bellezza di 15 anni che non suonava professionalmente, anche lui
chitarrista negli Skatalites), Carlton "Santa" Davis già batterista degli
Aggrovators, il mitico Wiston Wright tastierista supremo di fama
Upsetter-Dynamites-Supersonics e via dicendo e, infine, accanto a Rico e Dick nella
sezione fiati ci sono Glen Da Costa tenore già di Byron Lee, Cedric Brooks tenore e
Deadly Bennet alto sax, David Madden tromba e Nambo trombone; tutta gente già navigata in
storiche formazioni come Sound Dimension, già Soul Vendors già Soul Brothers.
Tutti questi ti portano lontano, facendoti fare un viaggio di tonalità mistica nel sound
più sound che ci sia.
Ed anche stavolta, in totale rilassatezza, puoi scegliere se ascoltare la musica
sorseggiandoti il beverone (freddo!) preferito o con il corpo ballando sinuosamente
insieme alla tua donna in un susseguirsi di strumentali Ska/Rocksetady e Reggae pieni
datmosfera.
Da non perdere la versione di Rico di "Red Top" di Lionel Hampton.
a cura di Sergio Rallo
Rico Rodriguez - "Roots To The Bone" - Mango/Island 1995
Al Padre/padrone di SkabadiP (intendo il Melazzini) questo disco
strumentale è piaciuto tanto che, nonostante sia già vecchio di 4 anni, nonostante sia
esclusivamente Reggae, ha voluto che lo recensissi! A riascoltarlo, mentre sto scrivendo
queste parole, non posso che dare ragione ad Alessandro; in primis perché, tanto, Roots
to the Bone, non è che un raccolta ( 7 tracce sono tratte dal disco "culto" Man
From Wareika, registrato per la stessa Island nel 1976 negli studi Randy's e di Joe Gibbs;
le altre 7 sono tratte da singoli, sempre Island, registrati tra il '76 e il '79 in
differenti sessions con una impeccabile ritmica fornita nientedimenoche da "Sir"
Sly Dumbar e "Sir" Robbie Shakespeare) di materiale che nel '95 aveva già
vent'anni, quindi
; in secundis perché, nonostante l'età, la musica contenuta in
questo CD resta tra la miglire musica Reggae strumentale mai registrata; e che
registrazione, ragazzi! Negli anni settanta di meglio, non potevano veramente fare.
Ogni traccia è un viaggio musicale che ognuno può compiere nella maniera che più gli
aggrada: perdendosi, come bambini, nella meravigliosa interpretazione che Rico fa di
"Children of Sanchez", skankeggiando lentamente negli anni Novanta ormai alla
fine con "This Day" o magari togliendosi cattivi pensieri con "Free
Ganja" o, ancora, cullandosi dolcemente l'un l'altro (San Valentino è appena
passato..) con "La" cover della "Take Five" di Paul Desmond o con
l'altrettanto accattivante composizione di Rico dal titolo "Midnight in
Ethiopia".
I 14 brani, molto "cool "e notturni, possono essere in grado di illuminare chi
non impazzisce per le sonorità Reggae della seconda metà dei Settanta, categoria nella
quale rientravo anche io, mentre le note di copertina (di Steve Barrow) non illuminano per
niente su tutto il personale che ha suonato la musica di Roots to the Bone
quella
tastiera la suona Ansell Collins? Il piano lo suona Glen Adams? Ed alla chitarra, chi c'è
alla chitarra? Earl Smith?, Alva Lewis? Oppure
Vabbuòh, comunque
che musica
ragazzi, che musica!
a cura di Sergio Rallo

Rico Rodriguez All Stars "Ricos Message"
Jet Set Records 1997
Chi lo sapeva che nel 97 era uscito questo ottimo CD del
maestro trombonista Rodriguez?
Lui, con il resto della sezione fiati dei Jazz Jamaica ed un gruppo di otto musicisti come
Allstars e tra i quali ci sono quelli dellultimo LP live per la Grover, è sempre il
solito: affezionato alle radici della sua musica ecco proporci o riproporci, con i suoi
validissimi Allstars, Reggae strumentali dal fascino tipicamente caraibico come "Fu
Man Chu", sue vecchissime composizioni risalenti al periodo pre-Ska dello Shuffle o
Boogie giamaicano come "Luke Lane Schuffle" e "Bridge View Shuffle",
Roots Reggae come "I Have The Right" che è, di fatto, un Rasta chant, Ska-jazz
come "Over The Rainbow", "Work Song" e "Stardust" e
affascinanti Burru come "Ricos Message" e sorprese come "What A
Wonderful Word" cantata dal trombonista come in "I Have The Right"
(lunico altra cantata delle 11).
Nessun patito di Rico resterà deluso, questo è il messaggio!
a cura di Sergio Rallo

Rico
& His band - "Get Up Your Foot" - Grover
Records,
Germania 2000
Il
nome di Rico Rodriguez acquista un prestigio notevole al seguito del
successo dell’album del 1976 Man From Wareika, ma a quell’epoca il
trombonista giamaicano aveva già quasi un onorevolissimo trentennio di
carriera alle spalle, carriera comprensiva di partecipazione a quasi
tutte le primissime registrazioni di quel R&B che sarebbe diventato
lo Ska.
I
requisiti per diventare un disco di culto c’erano tutti in “Man From
Wareika": il ritmo “giusto" che proprio in quegli anni impazza; il
Jazz che rende il ritmo ancora più interessante per una vasta categoria
di pubblico poco avvezza a certe canzoni ed alle tematiche da esse
trattate; un titolo che richiama una località ed una cultura religiosa
e musicale che lega parecchi dei musicisti di Kingston e, infine, ma non
ultimo, titoli come “Free Ganja" e “No Politician" ad
assicurarne il fascino della ribellione che, per un verso od un altro,
è da sempre legato alla musica Reggae (e, ovviamente, Ska).
“Man
From Wareika" è un eccellente disco di Reggae strumentale di
altissimo livello con una ritmica da spavento servita da Sly &
Robbie, ma anche per i
fanatici dello Ska e del Rocksteady il Maestro Rodriguez ha provveduto a
registrare un vero capolavoro ad
hoc, tanto più capolavoro in quanto vi figurano 2 differenti
formazioni che, a loro volta, raccolgono praticamente 16 “stelle"
della musica giamaicana: Jah Jerry, Winston Wright, Glen Da Costa e
David Madden per citarne solo alcuni, sto parlando del disco “That Man
Is Forward", album di estremo pregio registrato in Giamaica ed
etichettato Two Tone.
Passano
gli anni e Rico, dopo le esperienze con gli Specials (con alcuni dei
quali registrerà anche il suo secondo album per l’etichetta di
Dammers dal titolo Jama Rico che non ebbe buone critiche) e successive
collaborazioni live con band
di mezza Europa (anche gli Ngobo Ngobo), lo troviamo saldamente alla
guida degli ottoni degli inglesi Jazz Jamaica del bassista Gary Crosby
nell’omonimo disco di splendido Jazz Ska del 1993.
Registra,
poi, un ottimo live che la dice lunga sull’esperienza di leader e formazione (Rico & His Band “You Must Be Crazy",
CD/LP, Grover, 1995) e con la medesima formazione, ma per diversa
etichetta (Jet Set Records 1997), registra Rico’s Message Jamaican
Jazz accreditato a Rico Rodriguez All Stars, anch’esso, come i
precedenti, con una particolare inclinazione allo Ska/Rocksteady.
Dati
giusto questi due cenni su vita ed opere del Maestro Rodriguez ora mi
occupo della sua ultima uscita come Rico’s All Stars “Get Up Your
Foot", un disco che non raggiunge le vette di gradimento toccate dai
primi due dischi citati ma che non manca di suscitare il dovuto
apprezzamento per un decano del genere Ska.
Innanzitutto,
però, una critica alla Grover: chi scrive non capisce perché si debba
negare a chi ascolta la musica di attribuire un nome e cognome o solo un
soprannome a chi suona gli strumenti. Pensavo che fosse una sgradevole
abitudine della cara, vecchia e pur insostituibile Trojan non
accreditare i musicisti che partecipano alla registrazione.
Ovviamente,
ciò, non dipende certo da Rico ma noto una minor cura nel prodotto
finale che fa rimpiangere le belle ed interessanti note ad ogni brano
presenti proprio nel live di
cui ho parlato prima.
Detto
questo, la musica di Rico, come stavo dicendo, è senza dubbio ok
piaccia o non piaccia il suo fraseggio al trombone.
Mi
pare di cogliere una diversa ispirazione, molto più “reggae"
rispetto agli ultimi dischi.
C’è
molta più tranquillità ed una diversa
ricerca ritmica in Get Up Your Foot, se è vero che, dei primi 4
brani nessuno è Ska, e, sia il primo - la title
track - che il quarto hanno forti influenze Burru, anzi,
quest’ultimo, “Weep" è proprio un canto Burru sul genere, per chi
la conosce, di “Chubby".
Si
deve aspettare il brano n.5 per avere uno strumentale un poco più
sostenuto intitolato “Runaway" mentre il primo brano veramente Ska
– che definirei “Old Style" sullo stile di “Exodus" di Ranglin
del 1963 – è “Easy Does It" uno Ska Jazz notturno certamente
efficacissimo come colonna sonora di viaggi dopo le 22.
Trovo
anche una maggiore tendenza a melodie dalle sfumature piacevolmente
latine, come conferma il lento reggae “Lambs Brad" che si “apre"
in un inatteso dub prima di riprendere la melodia e chiudere.
Reggae
è anche la successiva in ordine di ascolto intitolata “Slim &
Sam" e la melodia è particolarmente latina, tanto da far venire in
mente una stanca festa messicana dove fa troppo caldo per muoversi più
velocemente del lentissimo ritmo del pezzo. Molto carino il solo di
piano e quello, a seguire, del sax.
Tipico
Reggae strumentale alla Tommy Mc Cook & the Supersonics dell’album
Top Secret è il successivo “Casha Macaa" con i fiati a fare
l’amato levare ed il Dub a scomporre la ritmica e le melodie.
Una
vecchia hit , di quelle alla
radici stesse del genere Ska, non poteva mancare e la rivisitazione in
chiave 20000 dello shuffle
della fine degli anni ’50, scritto da Rico, dal titolo “Blackberry
Brandy" prende nuova vita e ricomincia a pulsare col suo morbido
swing.
Il
successivo brano, “Symphony", anch’esso caratterizzato da
un impatto “latin", è uno scherzoso Rocksteady rotolante e con
facile melodia di fiati.
Rico
ripropone anche uno dei pezzi migliori del primo dei dischi citati
all’inizio di questa lunga, pallosa, ma dovuta “bio-recensione",
ovvero “Children Of Sanchez", paga inoltre il proprio tributo al
calypso/mento con la sua versione di “Matilda" e conclude G.U.Y.F.
con una cover di “Fatty
Fatty" degli Heptones opportunamente dubbata.
Una
critica ai suoni usati la ritengo infine necessaria perché non riesco a
capire se il suono “sporco" che sento nel progredire dell’ascolto
di “Get Up Your Foot" sia voluto o dovuto ad una minor cura nella
fase di registrazione o di mixsaggio, anche se, ovviamente, nulla vien
tolto al valore della musica di Rico che, con un totale di 14 nuovi
brani, va ad aggiungersi alla sua già vasta e pregevole discografia.
Molto
roots.
Sergio
Rallo

RimozioneKoatta
- "Accetta la Panchina" - Autoprodotto 1999
Ma quanti sono ormai i gruppi Ska? Un bel po: ormai
non passa mese che non arrivi qualche novità nostrana da recensire a SkabadiP.
R.K. debuttano con questo demo che non brilla come è tradizione italiana che siano
i demo. Cultura diversa, mezzi diversi ed una indubbia maggior cura continuano a
distinguere i demo che pervengono dallestero dai nostri.
Ska dallapproccio piuttosto Punk (le sonorità, la voce) è,
comunque, quello che propongono Dario Lambarelli (voce e autore di tutti i
7 pezzi contenuti in Accetta la Panchina) ed il suo gruppo.
Qualche problema di intonazione e qualche "uacciuuari" in meno avrebbero
dato una diversa fisionomia al gruppo che, vuoi per la presenza di un solo sax, vuoi per
il riverbero un po ovunque, risulta (è sempre un complimento) inquadrabile nel
sottogenere "two-tone".
Melodie vocali piuttosto da stadio, una non particolare predisposizione per le
"raffinatezze musicali" fanno dei R.K. un gruppo di Ska "duro" e crudo
che,
come tanti altri gruppi, dovrebbe andare a caccia di stelle per
aver la certezza, anche non prendendone nessuna, di non tornare con un pugno di fango.
Nondimeno la passione per questa nostra musica viene fuori e, se sarà duratura,
sentiremo presto qualcosa di più maturo musicalmente da parte dei Rimozione Koatta. Se.
a cura di Sergio
Rallo

RimozioneKoatta
- "Senza Tregua" - Autoprodotto I 2000
Rude Boys, Mods, Scooters,
Sixties, sole, donne e tanta buona musica compongono questo lavoro dei
torinesi RimozioneKoatta. Analizzando questi punti vediamo Rudies e
Mods che convivono a Torino sin dal tempo degli Statuto e che i nostri
hanno preso ad esempio, Scooters perché Vespe & Lambrette (e non
gli ammassi plasticosi del giorno d’oggi) sono da sempre il mezzo di
trasporto preferito sia per scorrazzare in città sia per raid marini
o raduni, Sixties per la copertina ed il look del cd, ma anche perché
questo disco ricorda molto le atmosfere balneari con annessi Juke Box
nei baretti delle spiagge anni sessanta/settanta in cui canzoni come
“tremarella" ponevano le basi del sound che con pochi
arrangiamenti sarebbe diventato una vera miniera di ska-hits (vedi
anche Quattrocentocolpi). Sole e caldo sono quelle cose che qui al
nord si vedono per circa tre mesi l’anno ed ancor meno sotto la
cappa di smog del cielo sabaudo, mentre per le donne ognuno di voi
potrebbe completare la recensione con le proprie vicissitudini con
l’altro sesso (parte dedicata ai Rude Boys, per quanto riguarda le
Rude Girls aspettiamo un gruppo femminile che ci racconti di come
siamo fatti noi maschietti).
Passiamo ora all’unica pecca di questo disco……….. ci sono solo
tre canzoni, sarà solo l’aperitivo per un lavoro un po’ più
corposo? Speriamo proprio di si. I tre pezzi sono: “Senza Tregua"
che è un saltellante e danzereccio Two Tone dedicato ai nostri
cavalli di latta, segno distintivo di quell’underground giovanile
dedito allo Ska (chi scrive è un fiero possessore di una Vespa 180 SS
del 1964). “Aspettando il sole" è il segnale d’inizio di tutte
quelle cose belle della vita tipo guardare le ragazze con la minigonna
o vagare per la città e dintorni in sella alla fida Lambretta, il
ritmo è più lento e reggheggiante per evitare di sudare ballando
questa canzone sotto il sole tanto atteso. “Disperato, Libero e
Felice" narra di una cosa che tutti noi almeno una volta nella vita
abbiamo provato, cioè il ritorno in caccia dopo la fine della
depressione per essere stati mollati da una ragazza, e se per caso
c’è qualcuno di voi con questo tipo di postumi il consiglio è di
ascoltarla per partire a razzo verso nuove conquiste con le tasche
piene di Hatu (consiglio dei RimozioneKoatta per un sesso sicuro).
I miei complimenti vanno alla special guest Lauretta, chi è
Lauretta??? Comprate il cd ai concerti dei RimozioneKoatta e la
sentirete “cantare".
P.S. Altro
particolare degno di nota è il logo di SkabadiP sul retro del cd, non
so che accordi siano intercorsi tra Alessandro e i Rimozione, comunque
ci sta proprio bene. [lo vengo a sapere da Massimo ma benedisco
caldamente l'iniziativa..aspetto di vedere il CD!!!]
a cura di Massimo
Boraso

The Robustos - "The New Authentic"
- Beatville Rec., Olanda, 1999
"The
New Authentic" è un gran bel disco, credimi.
A cominciare dal titolo, un vero manifesto
programmatico per musicisti "robusti" come quelli che
compongono questa formazione di Washington.
Ritmi, feeling, "tiro" sono quelli
giusti; così come i suoni di un mixaggio da "dieci e Lode" ed
una voce come quella della a me precedentemente sconosciuta Tonya
Abernathy la quale dimostra di avere talento da vendere. Lei ha il
"Soul", te lo dico io, a convincerti basta la prima canzone da
lei interpretata: "My Heart & Soul", appunto; dal punto di
vista strumentale puoi contare su di un travolgente ritmo, puntuali
arrangiamenti di fiati e bella chiusura inna soul stylee!.
Dunque, "New Authentic" contiene 12 brani
di cui 2 strumentali originali in vena ska/jazz con dj toasting (il
reggae"Lloyd’s Choice" e lo ska "Brumby St.") e 2
cover: un’eccellente versione dei Robustos di "I Heard It Through
The Grapevine" ed un’altrettanto notevole "Lullaby Of
Birdland", con ampio spazio per soli nell’apertura ed
un’ennesima prova di bravura da parte di Tonya.
The Robustos, propongono divertenti canzoni come in
"Creepin’ Around" che è un sostenuto rocksteady/soul con
influenze anni ’70, bello sotto tutti i punti di vista compresa la
voce maschile, apprezzata anche nel pezzo che chiude "New
Authentic" dal titolo evocativo di "The Train Song",
pezzo che definirei reggae/soul/blues. Molto carine sono poi la
brillante "Don’t Be Down" e la mia preferita "King Of
Thieves". Ulteriore prova di capacità d’adattamento di ritmi e
generi "classici" come il jazz degli anni ’30 alla musica
Ska i Robustos me la danno, poi, con "Purse String Blues".
Che posso dirti d’altro? Ah, sì, i Robustos con
"New Authentic" mantengono fede al titolo: questo è veramente
Novo Ska Autentico!
a cura di Sergio
Rallo

Rotterdam Ska
Jazz Foundation - "Shake Your Foundation" - CD
Grover Records,
Germania 2003
Fine, colto ska jazz dal piglio hard
bop è lo stile generale con cui si esprime la Rotterdam Ska Jazz
Foundation nel suo "Shake Your Foundation", nuovo CD per la Grover
Records.
Un merito indiscutibile della
formazione di cui trattasi è l’aver riproposto per prima uno
strumentale bello e potente come "Lonely Man" del trombonista Ron
"Willow" Wilson, riuscendo a conferirgli, rinnovata, quella
godibilmente ripetitiva energia che caratterizza l’originale.
Un demerito (ma piccino piccino picciò
perché sono, di fatto, veramente degli ottimi strumentali sui quali i
rispettivi originali autori non avrebbero avuto sicuramente nulla da
eccepire) invece, è l’aver la RSJF riproposto brani obbiettivamente
inflazionati come "Shot in the Dark" e "Night in Tunisia" nonostante
il jazz sia un genere pieno di brani altrettanto belli che aspettano
la loro brava versione ska/reggae.
Ma non è tutto e solo ska jazz la
musica della RSJF, c’è anche un ottimo ska toast come "Dreyfuss Is
Gone"; c’è ska più tradizionale come "Slaviska", oltre ad un’ottima
cover (sentita alla fine degli anni ’80 anche dagli Ska Flames) di
"Old Rockin Chair" di Jackie Opel.
Si arriva, così, ad ascoltare una
bellissima versione di "Sidewinder" del bravissimo trombettista Lee
Morgan (famoso il suo lavoro con i Jazz Messengers del batterista hard
bop Art Blakey) resa in uno stile tra ska jazz e soul r&b che mi ha
entusiasmato per tutti gli oltre 4 minuti e mezzo della sua durata. Ad
onor di cronaca anche gli
Skatalites si cimentarono molto bene col pezzo di Morgan
reintitolandolo "Malcom X" per l’etichetta Randy’s.
Una ritmica classica sostiene lo
strumentale abbastanza originale "Snake Tie" al quale segue l’unica
altra traccia (semi)cantata di "Shake Your Foundation".
Veramente cool ho trovato
essere, infine, la penultima traccia intitolata "Oublihorns" in cui
l’intro di tromba ricorda lo stile saltellante di Brooks ed il tappeto
ritmico fornito da piano, tastiera e chitarra crea il tipico effetto
ipnotico per cui amo lo Ska.
Concludono l’album le dub version
di "Lonely Man" e "Sidwinder" con nuovi, inaspettati effetti.
Veramente buono, a tal proposito, il
lavoro fatto nel The Box Studio dove il cd è stato registrato e
mixato.
Sicuramente
"Shake Your Foundation" è, concludendo, un bell’album di "spessore" e di
grande interesse per chi già si muove a proprio agio tra sigle come
EST,
NSJE,
TSPO, JJ, TSA,
MrT-Bone e via Skajazzando!
Sergio
Rallo

The Rough Kutz
- "A Bit O'Rough" - Skanky 'Lil Records 1999
Nuova formazione, inglese, di otto elementi debutta
con questo A Bit O Rough sulletichetta di Mark Foggo.
Lo stile è Two tone "arrabbiato", con sax tenore che richiama alla mente i
Madness, i Beat e tutti quei gruppi che nell80 fecero del sound di un solo tenore
una caratteristica quasi imprescindibile della musica Ska come Akrylykz e Ska-Dows e,
senza andare lontano, come i Loafers.
Dei 14 brani - tutti ad un buon tempo Ska con passaggi nel Reggae/Rocksteady - sono molto
carine Reggae Feeling, l'inflazionata cover di Johnny Too Bad, Hurt Again che poi sono
proprio le più "reggae", Crazy About You e Run Around Sue ( molto
rocknroll-eggiante). Traccia n.13 è Skinhead Symphony autocelebrazione di un
culto cui appartengono gli stessi componeneti dei Rough Kuts.
Nonostante un interessantissimo strumentale dal titolo Gob Iron e il Reggae Loving You il
disco, però, non mi entusiasma per quella sensazione di "già sentito" e
"familiare" che lo pervade ma brani "martello" come Him A Rude Boy o
Fistful Of Ska oltre a farti apprezzare la solidissima ritmica della band, non mancheranno
di mandare in ipnosi musicale gli stessi che sono od erano soliti andarci con One Step
Beyond o RankinFullstop.
Questo è Street Ska At All!
a cura di Sergio
Rallo

U primu discu di Roy Paci &
Aretuska passau senza granni entusiasmu dintra u meu litturi cd picchì
mi lassau indifferente. Un sacciu picchì, ma nonostanti ca era
registrato bono e ca Roy Paci è senza dubbiu nu ran trummittista, un mi
piacìu: l’attruvai - ca è u colmu per dei siciliani - senza caluri.
"Tuttapposto", il nuovo album degli
Aretuska di cui con qualche ritardo mi occupo ora, con i suoi 15 brani
di ska e reggae, è senza ombra di dubbio migliore anche se qualche
critica me la fa muovere senza difficoltà soprattutto laddove le belle
canzoni popolari come "Ciuri Ciuri" (musicalmente un bello ska
latineggiante) o "Vitti Una Crozza" (un lento reggae colto in
percussioni e cori) sono state completamente snaturate dell’originale
melodia, trattamento che non è stato invece riservato ad un’altra cover
"Teresa, non sparare" la cui melodia inventata dal veramente leggendario
Buscaglione è stata giustamente riprodotta su di un gran arrangiamento
ska swing di tutto rispetto.
Ancora meglio Roy e band fanno quando
affrontano la splendida "Moanin" del maestro batterista dell’hard bop
Art Blakey con insistente piano alla "El Pussycat Ska" ed eccellenti
assoli sino alla ripresa del tema.
L’ipnotico reggae moderno "E’ Troppo
Tardi" dall’atmosfera cupa ed apocalittica non raccoglie il mio
apprezzamento più della luminosa "Sicilia Bedda", un veloce e breve ska
cavalcato da un Roy Paci in piena forma. Se, poi, "La Vita è Bella" mi
ha annoiato, a risvegliare la mia attenzione è stata "Radio Turi", un
discreto strumentale jazzoso di Roy che passa direttamente senza pausa
alla successiva traccia "Rasta Sempre" che, a sua volta, si trasforma
direttamente nell’unica altra cover di Tuttapposto una bellissima
versione di "Portami con Te" splendidamente interpretata da una voce
femminile. Ottima anche la velocissima, swingosissima "Etnasherpa",
strumentale a base di scat e l’elegante ska "Un Colpo di…" cantato da
Roy in duetto con un’altra voce femminile di tutto rispetto.
"U Mercatu", infine, che si basa su di
un tema familiare ai siciliani e facente parte della tradizione
folkloristica canora isolana, è un vero martello ska di gran potenza che
mi è piaciuta subito e che ben completa un album che riesce ad
appassionare.
Detto questo del disco, mi sia permesso
– da siciliano a siciliano - un appunto al leader.
Se, infatti, il bravo Roy Paci mettesse
da parte la caricatura di siciliano che si ostina a portare sul palco
(sono, però, certo che lo fa in buona fede) renderebbe un gran servizio
alla propria regione sfatando un’immagine completamente falsa fatta di
film e luoghi comuni (qualcuno di voi lo sa che la mafia – come camorra
e ‘ndrangheta – non è affatto fenomeno autoctono ma fu importata dagli
spagnoli che già nel 1412 d.c. avevano "onorate società" formate da "uomini d’onore" ?!!) che non onorano certo quella Sicilia che, invece,
è stata il centro della civiltà e della cultura del mediterraneo per
secoli oltre che madrepatria della lingua italiana!
Ed ora abbiamo pure il Palermo in serie
A!
Sergio
Rallo
Rude Agents - "Heaven In The Sky" -
Nutty Life Records. 7"
Già dai tempi degli Spy Eye (ormai quasi una decina
danni fa), la parte nordoccidentale dello Stivale è stata una fucina in piena
attività per il ritmo di stampo giamaicano. La Nutty Life Records, una piccola, ma
dinamica etichetta milanese, sempre attenta a cogliere i nuovi fermenti dello Ska targato
Italia, lancia oggi i friulani Rude Agents.
Il disco è un sette pollici di colore smeraldo, registrato in provincia di Udine e
realizzato in sole mille copie; i pezzi sono due: "Heaven in the sky", e
"Meretrice", uno per lato. Con queste due pistolettate gli autori esprimono la
rabbia, quel disagio esistenziale, che non può non esplodere in una realtà sociale che
si affaccia alle soglie del terzo millennio. I testi colpiscono allo stomaco e lasciano
senza fiato per le riflessioni non scontate e per lapproccio deciso, duro, quasi
spavaldo della band.
Il primo brano, con ritornello in inglese, ha il ritmo giusto, un suono aggressivo, di
denuncia. La cantante Manuela Morana, dotata di forte personalità, stupisce per un timbro
e uno stile alla "Siouxsie", che dà un taglio cupo, quasi sepolcrale, alla
traccia sonora. Si narra dellallucinante esperienza di chi si è trovato in un
manicomio fin da ragazzino: il "paradiso nel cielo" è allora quel luogo ideale
in cui i sogni nel cassetto si realizzano, è lessere liberi, orgogliosi della
propria personalità, la stella polare che ci permette di vivere quotidianamente in questo
mondo di pazzi che si affannano ad inseguire falsi valori. "Meretrice" ha invece
una struttura più confusa, superficiale, meno originale, anche per il testo.
Questo disco è la prima raffica di avvertimento: i Rude Agents attendono fibrillanti il
momento buono per uscire allo scoperto e svuotare il caricatore dei loro Tommy
gun.
a cura di Tomaskarini
per Rasta Snob

Rude & Visser - "Red Rum" - CD singolo,
Grover Records,
Germania, 2002.
Dopo il live “Keep The Fire
Burning" del 1995 ed il successivo “Best of", entrambi Grover, non
avevo sentito più nulla dei Mr. Review se non notizie, per me
sconfortanti, che alcuni della gloriosa formazione olandese erano
confluiti nei Baby Shakers di
Mark Foggo
ed in Rude Rich and the Highnotes, facendomi intendere che erano
definitivamente spariti.
Al crepuscolo del 2002, però, è con
estremo piacere che scopro di essermi sbagliato ritrovando Dr. Rude
(voce) e Arne Visser (chitarra, voce, armonica) ovvero i due leader
dei Mr. Review (accompagnati dal fedele Remco Korporaal al sax alto
come unico altro membro dell’originale formazione), alla guida di una
nuova band.
Rude & Visser riescono a riprodurre
senza alcuna difficoltà quello stesso ska moderno ed un po’
malinconico che tanto ho apprezzato fin dal 1989 e che, ancora oggi,
apprezzo incondizionatamente.
Quello ska, sempre un po’ notturno,
mai troppo veloce (come i reggae che non sono mai troppo lenti) e
sostenuto da ritmici “tappeti" di organo è, infatti, tutto nelle 4
tracce nuove di zecca di questo Cd/Ep intitolato “Red Rum" che inizia
con la bella “When Feeling Run too High", continua col rocksteady
“Fear the River" (si cita la Lambada!), prosegue con lo ska veloce
“Shake and Shiver" (sullo stesso stile di favoritissime dal pubblico
come “Every Day Another day" o “Another Town") e si conclude con un
tipico strumentale alla Mr. Review intitolato “Letter in the Mail".
Un’occasione per i sempre più numerosi
affezionati dello ska di conoscere una formazione che ha ispirato
molti più gruppi di quanto ci si potrebbe immaginare.
Rude and Strong!
Sergio
Rallo

Rude Rich and the High Notes
- "Change the Mood" (featuring Rico) CD - Grover
Records, Germania,
2001
Rude Rich and the High Notes mi sono piaciuti
subito, fin dallo strumentale “Intro" con cui aprono sempre i
concerti ed anche questo loro secondo long
playing.
Dietro un nome in perfetto stile anni ’60 ed
una copertina in stile opportunamente anticata si nasconde una
eccellente gruppo di musicisti olandesi.
Come accade sempre più spesso, anche i membri
di questo gruppo paiono conoscere alla perfezione ritmi, melodie ed
atmosfere della musica del passato e ce li ripropongono con tutti i
crismi in un disco “Change the Mood" che spazia dallo Ska
strumentale al Rocksteady al Reggae e che arriva anche a quelle
ballate Soul che ogni tanto si trovano nelle collezioni di musica
giamaicana.
In “Change the Mood" ci sono molte cover
di canzoni poco conosciute e che, in effetti, meritavano proprio di
essere suonate e riportate a nuova vita come il tardo Ska “Hey
Senorita" delle Soulettes, l’early Reaggae “Ten times sweeter
than you" di Tony Gordon, il Reggae “Anywhere you want to go" di
John Holt, il lento “calypseggiante" e sconosciuto “Beyond" di
Lord Creator, o i Reggae dominati dalla tastiera come “Change the
Mood" e “Melodies of War" rispettivamente di Jackie Mittoo e
degli Upsetters. Giusti i suoni usati. Brillanti i solisti.
Rude Rich & the High Notes, però, non si
presentano solo come cover band ma anche come autori di notevoli
strumentali tra i quali, oltre alla bella “Intro", l’eccellente
“Black Starliner" (la compagni di navigazione di Marcus Garvey che
avrebbe dovuto riportare i neri giamaicani in Africa), “The Cat" e
“Grandma Ska".
Le versioni dub del pezzo di Holt e dello Ska
da ultimo citato concludono una soddisfacente registrazione che
possiede pure l’attrazione della presenza di Rico come ospite in 4
brani, oltre che il fascino impartito dai bravi musicisti degli High
Notes tra i quali quel Nico Maruanaya già bassista dei famosi Mr
Review.
Estremamente collezionabile è già tra i miei
preferiti del 2001.
Sergio
Rallo
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