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David Madden - "Cyber Charged Ska (interpreting the Skatalites)" - Large Medium and Small Music 1997

Una sorpresa, proprio una sorpresa! In un mondo dove lo Ska è suonato perfino da filippini, giapponesi e neozelandesi all'appello mancava soltanto la Giamaica che, pur avendo tantissimi musicisti attivi sul fronte del "Blue Beat", era priva, nella discografia più recente, di un intero disco "Ska". Ecco quindi David Madden (se il nome vi dice poco sappiate che lui, con Raymond Harper, Baba Brooks, Bobby Ellis e Dizzy Moore rientra nel novero dei più famosi tombettisti giamaicani avendo suonato con tutti i nomi più famosi del Reggae - Skatalites, Marley, Cliff, Burning Spear etc.- ed essendo a voi tutti familiare per il solo in "No,No,No" di Dawn Penn, in vetta a tutte le classifiche mondiali del 1994!) far venire meno tale mancanza con questo Cyber Charged Ska, suo 5° LP.
Cyber Charged Ska, nato negli studi di Boris Gardener a Kingston, si vanta di essere il primo disco Ska /Dub a venire fuori dalla Giamaica negli ultimi 30 anni! E così è, nove brani, originariamente strumentali degli Skatalites, reinterpretati in chiave vocale dall'eclettico trombettista con l'accompagnamento di uno sconosciuto e ottimo quintetto vocale (Touch Of Quality), seguiti o anticipati dalla propria, brava, "version", diventano (quasi) il doppio per il piacere ed il godimento dell'ascoltatore. Non aspettarsi Ska tradizionale da un disco intitolato così è il minimo, ma quello che c'è di "cyber" nell'LP di Madden, non disturba per niente il mio orecchio notoriamente intollerante verso tutto ciò che suona elettronico, anzi! La Dub version di Confucious (traccia 4) è bellissima, gli arrangiamenti vocali sono ottimi, il ritmo è Ska/Rocksteady al 100% ed il resto del personale (Dean Fraser e Glen Da Costa ai sax, Vin "Don D Junior" Gordon al trombone) è al meglio di sé, sia in sezione che negli a-solo. Ottima anche la scelta dei brani quasi tutti famosissimi ("Fredom Sound", "Tear Up", "Occupation","Resisting" ed "Eastern Standard Time" tra questi ultimi, mentre "Hold You Forever", la bellissima e "superelaxing" "Changing Times" - ascoltata anche alla radio in Giamaica - e la "carichissima" "Love Is All I Bring" risultano sconosciute). A raccontarlo, dico di un disco con strumentali degli Skatalites in cui la melodia dei fiati è cantata, potrebbe sembrare un'impresa difficile da portare a termine con buoni risultati, soprattutto per chi pensa pure che Ska e Dub non vadano d'accordo...David Madden è qui a smentire ogni convinzione sull'argomento ed in piena sintonia con il compilatore delle note di copertina di tale disco vi riporto la sua conclusione: "Listen…jump or dance and make merriment to Cyber Charged Ska".

a cura di Sergio Rallo


Madness - "Wonderful" - Virgin

Leggiti la recensione di un concerto dei Madness


Tommy Mc Cook & the Supersonics - "Top Secret" -  Beatville Records 1999 Holland 

"Green Mango" il brano che apre, a parer di chi scrive, il miglior disco strumentale mai registrato dal mitico sassofonista, è solo la prima di altre 13 perle musicali che, grazie a questa sconosciuta etichetta dei Paesi Bassi, è possibile ora godersi senza i fruscii (quando non vere "grattate") che caratterizzano la stampa giamaicana dell’epoca come le ristampe.
Non solo, il set originale di composizioni è di 10 tracce, ergo si trovano, in questa riedizione, con piacere altri 4 brani-bonus che fino ad oggi erano rimasti solo sul retro di 45giri pagabili a peso d’oro per la loro rarità.
I musicisti coinvolti nella registrazione di questo splendido esempio di Reggae strumentale sono, ovviamente, tutti personaggi "chiave" del periodo dello Ska e dell’"Early Reggae": Lloyd Nibbs, Drumbago & Sly alla batteria, Jackie Jackson, Brevette, Shakespeare al basso, Jah Jerry, Lynn Tait e Earl "Chinna" Smith alla chitarra, Wright, Gladdy Anderson e Mittoo alle tastiere. Alla tromba c’è Bobby Ellis che è partner fidato di Mc Cook in tutti i dischi degli anni 70 (Cookin’, Brass Rockers, Hot Lava etc.).
Il trombonista nella "line up" elencata nel cd non c’è ma di sicuro si tratta di Vin Gordon.
Come si vede ci sono ben tre differenti sezioni ritmiche è questo è probabilmente dovuto all’essere "Top Secret" prodotto da Winston Riley non nuovo a fare delle raccolte con brani registrati in diverse session e con personale variabile ( come per "Double Barrel").
Perso tempo in dati pseudo-tecnici, se devo dire qualcosa sulla musica contenuta in questo cd, posso assicurare che è un meraviglioso viaggio attraverso la quasi totalità di ritmi Reggae possibili ed immaginabili o quasi; tutti con linee di basso potentissime, levare di fiati, e tastiere sempre in movimento e poi il "veleggiare" del nostro Tommy con i suoi assolo pieni di sentimento...vi basta?
"Wild Bunch" è un Reggae notturno in cui la sezione fiati ad un tratto si "incendia" per poi tornare a cullarti nel "notturno" con un conciso solo di Mc Cook.
La successiva "Green Apple" è solare e piena di Soul, con la esse maiuscola.
È ovvio che potrei andare avanti a parlare con tutto questo entusiasmo di ogni brano dell' album  in discorso che contiene anche alcuni ritmi familiari a chi non abbia una passione poco più che superficiale per "da Muzik", ma per chi è interessato all’Artista bastano i titoli "Jungle Skank", "Big Bad & Bold", "Midnight Time", "Sweet Soul Special" è quello che cercavate: Super Reggae Instrumentals Supersonics Stylee!!!

 a cura di Sergio Rallo

 



 

Tommy McCook - "Blazing Horns/Tenor in Roots" - CD, Blood and Fire, Inghilterra, 2003

Proprio all’inizio della mia passione per lo ska alla fine dei gloriosi anni’80 mi era capitato di incontrare nei cataloghi dei mail order che frequentavo l’album datato 1979 "Blazing Horns" accreditato a Tommy McCook e Bobby Ellis (rispettivamente sax tenore e flauto traverso nonché leader di Skatalites e Supersonics il primo e prima tromba dei Soul Brothers, Dynamites e Crystalites il secondo) ma non lo presi affaccendato com’ero (e come lo sono tuttora) in blues, ska (two tone, original o contemporaneo che fosse), jazz e soul/r&b.
Non colsi l’occasione di acquistarlo neppure nei primi ’90 quando, gradualmente, l’album cominciò a sparire dai cataloghi e quando ormai tra le mie passioni rientrava anche tutto il reggae.
Ovviamente, in armonia con la legge di Murphy, pochi anni dopo, quando cercai "Blazing Horns" per approfondire doverosamente la mia conoscenza dell’opera del "Tenor Titan", l’album era sparito. Succedeva una decina di anni fa!
Finalmente, grazie all’etichetta inglese Blood and Fire Ltd, posso oggi ascoltare "Blazing Horns", per la prima volta non solo rimasterizzato (peraltro dallo stesso Kevin Metcalfe che masterizzò l’originale edizione del 1979) ma anche con l’aggiunta di quello che è un vero e proprio "ghost album" prodotto da Glen Brown anch’esso composto di 9 tracce, di cui due registrate nel 1972 e le altre negli anni successivi intitolato "Tenor in Roots". Quest’album, cito dalle note del booklet, non è mai stato pubblicato ufficialmente, essendo stato stampato solo una volta con etichetta anonima nel 1977.
Inoltre la traccia che dà il titolo all’album è in una fantastica versione estesa di 8 minuti e 20 di dub sopraffino non presente nell’originale set, mentre altre due tacce, che portano a 20 il contenuto del cd, sono un "b" side di un 45 giri intitolato "Lamb’s Bread" versione strumentale di una canzone di Glen Brown e il 12" "Riding West".
Insomma, dati i "bonus tracks" l’attesa è stata ripagata ampiamente: questa edizione 2003 di "Blazing Horns" con l’aggiunta di "Tenor in Roots" è un album speciale come speciale è la musica che scorre per ben 75 minuti consecutivi.
La line up indicata nelle note al cd (ma solo per le prime 10 tracce) è fornita da Sly & Robbie con Clinton Fearon ed Albert Griffiths dei Gladiators rispettivamente chitarra solista e chitarra ritmica ed Ansel Collins all’organo mentre il comun denominatore di tutte e 20 le tracce è il trattamento al mixer eseguito da King Tubby e Prince Jammy nei Tubby’s Studios di Kingston.
Tra le tracce che da sole valgono senza dubbio l’acquisto di "Blazing Horns" consiglio "Mine Eyes", "Ites Of Zion", "Jah", "More Music", "Tubby’s Control", "South Side Feeling", "Gold Street Skank", "Everyday Sax" e "Harry Meet Tommy" con l’alto sax Dirty Harry a duettare con Tommy. Nelle tracce facenti parte di "Tenor in Roots" laddove non v’è il solo McCook, si coglie la presenza del trombonista Vin Gordon e di diverse sezioni ritmiche.
Ogni brano di "Blazing Horns/Tenor in Roots" è caratterizzato da melodie coinvolgenti, effetti dub di notevole fascino, assoli e ritmiche potenti ed incalzanti non dissimili da quelle create per album famosi di McCook come "Top Secret" o "Cookin’".
"Blazing Horns" è, per concludere, un disco che colpisce per quella sua perfetta attualità che mi permette di dire – retorica post mortem a parte - che nonostante siano già passati sei anni (5 maggio 1998) dalla scomparsa di McCook, il suo sax sia oggi più fiammeggiante (blazing) che mai!
Consigliato oltre a tutti i fan ed estimatori di uno dei più famosi musicisti giamaicani agli appassionati dell’opera di King Tubby e ai maniaci di reggae strumentale.

 Sergio Rallo
 


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Mark Foggo’s Skasters – "The St. Valentine's Day Massacre" – Skanikin ‘Lil Records 1998

Quello di cui tra poco vi parlo è il devastante ultimo disco degli olandesi Skasters, capitanati dall’inossidabile e irrefrenabile Mark Foggo. Egli è un’istituzione dello Ska europeo, risalendo il suo debutto discografico al 1980 (l’introvabile album "Speeding My Life Away" che, saggiamente, verrà presto ristampato e qui recensito) e portando da allora alta la bandiera dello Ska con centinaia di concerti in tutto il vecchio continente, un’etichetta discografica che di nome fa Skanking ‘Lil Records ed un negozio di dischi specializzato, indovinate un po’, in musica Ska ad Eindhoven, Olanda, paese in cui Mark Foggo si trasferì nel 1979 dall’Inghilterra e dal quale non pare aver intenzione di muoversi.
"Dato a Cesare quel che è di Cesare" veniamo al CD.
S.V.D.M., dopo il troppo digitale "Haircut" che mi è piaciuto poco, segna il ritorno di Mark Foggo’s Skasters al loro tipico sound che piace tanto ai fan diventati tali dopo l’ascolto degli esagitati precedenti "Ska Pig" e "Couldn’t Play Ska"; un concentrato di Ska moderno e veloce, melodico ed insistente il cui comune denominatore è la voce dal particolarissimo timbro dell’inimitabile Mark Foggo, ironico, comico ed inquietante in quest’ultimo disco come agli inizi del ’90.
Dei 14 brani (tutti cantati) conosco solo "Ramona", qui in una versione diversa e "It’s You", cover del famoso Ska-spiritual dei Maytals; non mi piacciono "Road Rage" e "Stand And Deliver" perché le trovo di una durezza atipica per i Mark Foggo Skasters che conosco io ma, detto questo, il mio entusiasmo per S.V.D.M. è altissimo. "Pussy Cat", "Big Red Cars", "Fat Girl", "Car  On A Train", "Ramona", "It’s You", la mia preferita "Knifeman Jack", "One", "Volvo" e la divertentissima "Mame Don’t Like", sono Ska-pop – per usare il termine il cui contenuto spesso sfugge a chi l’adopera – di altissimo livello, Ska al 100% che non smetteresti di ballare e di cantare perché orecchiabilissimo.
Consigliato a chi non gliene frega nulla che la mamma non vuole si suoni lo Ska!

a cura di Sergio Rallo  

Leggiti la recensione di un concerto a Mannheim


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Mark Foggo - "Speeding My Life Away/A State of Mind" - Skanky 'Lil Records 1999

Se il mio rispetto per Mark Foggo era già ad un buon livello, ascoltare il Mark Foggo di un passato ormai remoto ( quasi vent’anni fa ) fa crescere quel rispetto di molto.
E’ vero che in Olanda lo Ska ha avuto diffusione ed è stato suonato da gruppi locali fin dagli inizi degli anni ’70 e forse è per questo che i 2 dischi di Mark Foggo risultano di particolare interesse musicale ma, nondimeno, "Speeding My Life Away" e "A State Of Mind", dell’80 il primo e dell’83 il secondo, raccolti in un unico cd, costringono a riconsiderare l’anglo-olandese Foggo, come uno dei più talentosi Ska-men nati all’epoca della TwoTone.
Speeding My Life Away è influenzato dal Punk alla maniera di Specials e Selecter e, come questi ultimi, con una propria, distintissima personalità. New Shoes, Ace Of Spades ( per me una delle più belle), il Reggae The Religious Song, Pushing Me, It’s Allright, Is It Wrong sono pezzi Ska che si dovrebbero ricordare come classici di quell’epoca alla stessa stregua di Too Much Pressure, My Girl o Night Club.
Passando al secondo "set" di canzoni ("A State Of Mind"), la sorpresa è maggiore, anche perché ci si trova dinanzi ad un disco al 100% Ska, con ritmiche ricercate, "carico", con testi sempre interessanti e melodie mai scontate. Mi vien fatto di pensare: se nello stesso anno gli Specials "mettevano una pietra tombale" sulla Two tone( e sulla loro musica!) con l’ellepì "In Studio" che tutto era meno che "Ska", Mark Foggo sfornava un disco modernissimo - se paragonato a tanti gruppi del Nord Europa di 6 anni dopo – con le radici profondamente ancorate nello Ska e nel Reggae. Bellissime sono State Of Mind, You Know Who, Miss Understanding, The Innocence Of Youth, la modernissima I Do ( se non fosse che è improbabile che in USA conoscano questo disco parrebbe che molte formazioni del nuovo Ska d’Oltroceano si siano ispirate proprio a Foggo!) e la "cattiva" Very Busy, tutte canzoni dall’irresistibile ritmo che mi rende difficile scrivere la recensione perché continuo a muovermi a tempo.
C’è poco da fare, la musica di Mr. Foggo è "Uno Stato Mentale".

a cura di Sergio Rallo

Leggiti la recensione di un concerto a Mannheim


Bob Marley & the Wailers - "Destiny: Rare Ska Sides From S.O." -  Heartbeat USA 1999

"Destiny". Il Destino ha voluto che certi generi musicali si evolvessero in un nuovo, entusiasmante beat e che questo, a sua volta, si evolvesse in un considerevole numero di sottogeneri e che questi ultimi, infine, influenzassero la musica di questo nostro mondo pulsante.
Il Destino ha voluto, così, che una popolazione – sia detto tra noi: particolarmente dotata – avesse la possibilità di esprimere alcuni inusuali ed inusitati talenti. E sempre il Destino ha voluto che si rendesse l’omaggio di fine Millennio ad un nutrito gruppo dei suddetti talenti con questa "sesta puntata" su Bob, Bunny, Peter dell’americana ed onorabilissima etichetta Heartbeat.
Sui Wailers s’è detto e scritto parecchio. Poco, invece, s’è scritto su quello che suonavano durante la metà degli anni Sessanta ovvero: poco s’è scritto di quello che io avrei voluto leggere conoscendo bene il periodo pre-reggae dei Wailers. Adesso li conosco ancora meglio.
Ascoltare la raccolta "Destiny", ti porta alle radici del Ritmo, suonato dai musicisti che l’hanno creato (ci sono gli Skatalites in formazione completa) e cantato dal gruppo vocale che indubbiamente ha dato maggior lustro alla terra di Giamaica.
19 tracce di cui l’ultima (bonus) è la ricercatissima rarità "White Christmas", sì, quella di Natale di Bing Crosby, interpretata da un intenso e giovane Marley, supportato dalle armonie vocali di Peter e Bunny. Vere rarità quasi tutte direi le canzoni presenti in questo cd, a cominciare dalla festosa title track per arrivare alla danzereccia "Rock Sweet Rock" (non dimentichiamoci che per i giamaicani lo Ska ed i generi successivi non sono altro che musica "pop", nel senso letterale di popular ). Ma anche "What’s New Pussycat" di Tom Jones è meritevole di nota in questa recensione, se non altro per il fatto che vi appare l’oscuro Cherry Green in una delle pochissime incisioni come parte dei Wailers.
Poi c’è una splendida "Wages Of Love" in cui il ragazzo Robert dimostra già tutte le sue eccezionali capacità canore e tante, tante altre canzoni indimenticabili quanto quelle che hanno reso famoso in tutto il mondo il nome dei Wailers.
 Ottima raccolta.

 a cura di Sergio Rallo


Maroon Town - "One World" - Grover Records, 2001, Germania

Gli inglesi Maroon Town, che pensavo erroneamente si fossero sciolti da tempo, sono invece vivi, vegeti e skancheggianti come non mai! Ne sono profondamente lieto.

Maroon Town, infatti, gruppo di punta della seconda ondata dello Ska (il loro LP di debutto per Link/Staccato Records “High & Dry" è del 1990), dopo il loro secondo album, di cui in tutta onestà non ricordo il titolo ma nel quale ricordo perfettamente che prevaleva il lato funky/hiphop della band, si sciolgono. Era il 1992.

Nel 1994 si riuniscono in formazione parzialmente mutata e pubblicano il loro terzo album, un CD dal titolo “New Dimension" nel quale si sentiva la mancanza di Stevie B e si sperimentava anche la Cumbia. Apprendo invece solo ora dell’esistenza di un album intitolato “Don Drummond" precedente quello di cui qui mi occupo e che vorrò al più presto ascoltare dopo aver apprezzato tanto questo nuovissimo, scintillante “One World".

“One World" è un disco estremamente e piacevolmente dance le cui basi sono prevalentemente Ska e Reggae ma dove brilla una sezioni fiati che spazia dal Soul al Funky senza problemi.

Noto che Maroon Town, probabilmente nell’intento di portare a conoscenza di un pubblico più vasto i loro brani più riusciti del decennio scorso, ripropongono in versioni “rafforzate" da azzeccate varianti negli arrangiamenti “Prince of Peace", il Reggae “Pound To the Dollar" e la potente “Nostalgia" (la prima tratta dal mini LP “Pound To The Dollar" le altre 2 dal citato primo LP). E hanno fatto bene i Maroon Town che, oltre ai loro “classici" che è giusto vengano goduti dai più recenti fan dello Ska in queste eccellenti nuove versioni, propongono anche una godibilissima title track; solo un terzetto di brani funkeggianti a tutto tondo (“Vision of Hope", “ Fix the Future" e “Streets of  San Francisco"); un solare Soul/Rocksteady/Rap come “Every Little Step"; una cover di “Return of  The Django" che funge da base ad un Rap.

Caratteristica dei Maroon Town è sempre stato, infatti, rappare su ritmi famosi dello Ska e del Reggae come nel caso di “Nostalgia" o di  “Swing Easy" una delle mie preferite di questo CD One World.  Ah, grande il nuovo tastierista/pianista!

Dai Maroon Town, che al tempo della seconda ondata Ska ebbero tra i primi il coraggio di miscelare funky e rap con lo Ska riuscendo ad imporre con successo la formula, non ci si poteva aspettare di meglio: sono loro, più skancheggianti che mai nel nostro One World!  

Sergio Rallo


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Matrioska e la Buz Band - "Passi se è la Prassi" - Riot Records Italia 1999

A neppur un anno di distanza dall’uscita del singolo che in queste pagine ho recensito, ecco che Matrioska si ripresentano con un intero ellepì dal titolo Passi se è la Prassi.
Lungi dal controllare cosa scrissi all’epoca di quella recensione, mi basta ascoltare la prima traccia per rendermi conto che, quanto ad impegno, Matrioska non hanno scherzato: i suoni del disco, 11 tracce di Ska veloce festaiolo e frenetico, questa volta sono più "carichi" e rispondenti a come Matrioska risultano poi dal vivo, si sente che – questa volta – al Settenote studio hanno fatto del loro meglio.
Molto più demenziali dei Vallanzaska del nuovo disco ma con una innegabile stessa vitalità, Matrioska non deluderanno certo i loro fan; e per andare subito al sodo parlo subito della musica di Passi se è la Prassi: il cd parte in quarta con Veritiero Gionatta, un brano sostenuto da una bella melodia dei fiati che sembrano cercare ‘sto Gionatta che sarà, alla fine dei conti, da qualche parte a fumare; segue Il Coccodrillo, anch’esso pieno d’ottoni e con una fine fulminante non foss’altro per il funerale (del cocco?); 5% è il successivo brano che nonostante io odi tutto ciò che ha a che fare con la matematica, bene esprime l’angoscia numerale cui tutti noi s’è sottoposti; L’Arca di Noè, potente traccia n.° 4, ricorda da vicino i Busters; unica cover La Partita di Pallone mentre Turbe e il semi-strumentale Moonska, uno a seguire l’altro, sono i brani che mi sono piaciuti di più forse perché sono anche i più "differenti".
Il mio orecchio critico, non sostenuto ahimè, dalla dovuta preparazione teorico/musicale, s’insospettisce in qualche "passaggio"durante l’ascolto in cuffia; meno, dallo stereo e ad un adeguato volume che è comunque il modo migliore per apprezzare Mr. Durante (basso) & Friends (tutti gli altri strumenti, voce compresa)…CHI M’HA MESSO IL GATTO NELLA TURCA?!!!!

a cura di Sergio Rallo  

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Matrioska - “Stralunatica"- CD, Sonora, Italia, 2001

Sono tornati e, forse, non ce ne libereremo più! Matrioska, ridotti di numero e, conseguentemente, di uno strumento (la tastiera, ahi!, ahi!), hanno avuto nuovamente la sfrontatezza di mandarmi il loro nuovo CD, Stralunatica che, tosto, recensisco.

Comincio col dire che, esteriormente, è curato e leccato, con foto e testi per cantare tutti insieme.

Musicalmente, Stralunatica, con i suoi 11 pezzi si distingue dai precedenti lavori del gruppo milanese per un impatto d’ascolto generale molto più rockettaro/punk, vuoi per l’accennata assenza della tastiera che era solita fare un “tappeto" tipicamente Ska, vuoi per una tendenza più modaiola ma al passo coi tempi e con le preferenze musicali dei più giovani cui Matrioska da sempre si rivolgono.

E così, le prime 5 tracce scorrono veloci su di un ritmo basic piuttosto veloce con abbondanza di schitarrate di cui la title track è la più vivace e la più adatta ad una classifica.

Il primo – breve – rallentamento dopo ritmi da collasso lo trovo in “Mia madre dice…" che prelude ad uno Ska swingato dal titolo “La mia città" col quale si sposa perfettamente il singin’style di Rocco che fa molto canzonetta nella migliore tradizione italiana.

Alcuni brani sono già parte del repertorio dal vivo dei Matrioska da lungo tempo, tipo Paola, Uomo nel pallone e Cinque percento qui in versioni più dure ed “asciutte".

In Stralunatica si trova qualche accenno a Persiana Jones qua e là, con la basilare differenza dai piemontesi che Matrioska non si prendono mai troppo sul serio.

Molto carina la canzone intitolata “Ai vostri posti" che ricorda vagamente qualcosa dei Vallanza di Cheope e la citata skatenata “Cinque percento" in versione corale a rendere bene l’idea del fuorissimo Ska/Pop/Rock dei Matroska.

Essenziale durante le okkupazioni per la stagione 2001/2002.  

Sergio Rallo

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Matrioska - "La Domenica Mattina" -  CD, Doc/Alternative, Italia 2002


I Matrioska sono vivaci, allegri e rumorosi e, con quest’ultimissimo album dal titolo “La Domenica Mattina", confermano la traiettoria musicale intrapresa con “Stralunatica" che li porta verso lidi più vicini al punk rock melodico che allo ska in senso stretto come dimostrano la veramente graziosa “Non Voglio Più" (uno ska punk rock - con ottimi fiati ska - che apre l’ascolto dell’album) e l’ultima traccia “Mentre Tutto Cambia" (un punk rock).
Quella dei Matrioska, è una miscela di ska, punk, pop e rock limpida, pulita e dall’impianto solido come solo certe band ska-core hanno, non è mai grezza e colpisce nel segno: melodie di istantanea orecchiabilità e testi adatti a liceali di ogni età fluiscono velocemente da strumenti e voci della band milanese (a proposito, le interpretazioni del lead vocalist Antonio Di Rocco, come il buon vino, migliorano sempre di più man mano che passa il tempo).
Il CD, con pregevole artwork “domenicale" con tutti i testi delle canzoni a mo’ di articoli giornalistici, contiene tracce energetiche in battute al minuto ed ampie schitarrate distorte, il tutto spinto da incisivi riff di ottoni alla Bosstones.
Matrioska offrono con “La Domenica Mattina" sana adrenalina di cui fan parte “Non Voglio Più", la title track, “Lezioni di Mineralogia" (grande ska-pop-trash ed una delle migliori tracce del disco per originalità) e “Mi viene naturale" (ska/rock) e “E’Solo Un Gioco" (altro potente punk rock). Non male, poi, il punk “Immagini" ed il bello ska rock pop “Senza Scampo" nel quale si apprezza al meglio quel buon sapore di canzonetta italiana che pervade tutta la produzione musicale dei Matrioska e che, probabilmente, è alla base del successo del gruppo.
Il mixaggio è “cristallino" ed esalta il lavoro della band, i suoni sono quelli giusti per la miscela skatrashcorerock dei Matrioska che, inoltre, non paiono neppur aver accusato l’uscita di scena di Gabriele Durante (basso storico).
Unico difetto di “La Domenica Mattina" è che dura solo 28 minuti anche se ho il sospetto che sia una decisione tattica: pochi ma buoni.
Consigliati agli appassionati di ritmi tesi e veloci e pogo sfrenati.

Sergio Rallo

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Mighty Mighty BossToneS –  "Pay Attention"  – Island Def Jam 2000

Se un giorno i MMB dovessero uscirsene con un doppio cd nel quale non si sente altro che il cantante Dicky Barrett mentre fa i gargarismi nel bagno di casa sua per due ore filate, credo che griderei al capolavoro.  Confesso che ogni disco della band ha per me un sapore tutto suo e non riuscirei, anche sforzandomi, a paragonarlo agli altri lavori, e tanto meno a parlarne male. Questo cd era attesissimo dai fans da un sacco di tempo. Annunciato, poi posticipato, mentre membri del gruppo lasciavano la band in circostanze misteriose. Dopo i dischi di platino ricevuti per “Let’s face it" si può immaginare come l’attesa fosse alle stelle.

Eccolo finalmente. 16 pezzoni alla Bosstones, col loro inconfondibile mix di ska, punk, hardcore, metal, rock e quant’altro. Particolarità e abilità degli otto ragazzoni di Boston è sempre stata quella di riuscire a frullare generi diversi tra loro nello stesso brano. Magari partendo in quarta con chitarrone arrabbiatissime per passare senza alcun trauma a riffs puramente ska. Il look è quello di sempre giacche cravatte e Doctor Martens regolamentari. Quanto basta per farsi amare da rudies e punkabbestia. Testi che vanno dal personale al sociale, all’impegnato.

Veniamo alla musica: se si guarda il disco secondo una logica evoluzione della musica della band, non stupisce che la musica si sia leggermente “raffinata" (ma non infighettata) rispetto ai precedenti lavori. La stessa cosa si era detta a suo tempo per “Let’s Face It". E la stessa cosa la dirò ancora per il prossimo album. C’è sicuramente meno ska rispetto al passato, forse più rock di quello arrabbiato, anche se il costante uso degli imperiosi ottoni non mentono sulle origini del gruppone.

Si inizia con l’adrenalinica “Let me be" con tratti molto ska, intervallati da parentesi metal. Si prosegue con “The skeleton song"; un pezzo per nulla ska, ma coi fiati protagonisti di intermezzi che potrebbero venir buoni in un qualsiasi disco di quelli che ascoltiamo da mattina a sera. Ska puro in tutto il suo godereccio levare e con l’aggiunta di percussioni puntuali ed un korg da brivido mi commuove in “All things considered", dal testo strappa lacrime. Fiati a farla da padrone in “so sad to say", mentre passa piuttosto inosservata la successiva “Allow Them", uno ska-rock senza infamia e senza lode. Si sprecano i fazzoletti nella malinconica “High school dance", mentre viene da cantare all’infinito sul ritornello di “She Just Happened" un brano con un non so che di Springsteeniano, Altra caduta in “Finally", ma ci si rimette in piedi con lo ska-core di “I know more"; si resta poi piacevolmente stupiti dall’originalità di “Riot on board street" brano assolutamente inclassificabile, nel quale spicca un energico fiddle irlandese e riffs folkeggianti alternati a ska-core di prima classe. Si prosegue a corrente alternata con brani che andrebbero riascoltati altre mille volte, all’apparenza anonimi, ma che in realtà nascondono novità e trovate geniali ora nei fiati, ora nei cori, ora nel testo. E’ questo che mi piace dei Mighty Mighty Bosstones. Canzoni che conosco a memoria per averle ascoltate migliaia di volte nascondono sempre qualcosa di nuovo. Segno che questa è una grande band. E i loro sono, per chi scrive, grandi dischi. Ancora degno di nota lo splendido “Where You Come From" ed il brano che chiude l’album “The Day He Didn’t die", scritto e dedicato ad un amico scomparso. Toccante. Album finito? No, si ricomincia daccapo è lo stesso disco, ma quasi non lo riconosco.

 A cura di Antonio Crovetti


Mighty Mighty Bosstones – A Jackknife To A Swan  -  Sideonedummy Records – 2002

E rieccoli, finalmente!! I BossToneS ritornano dopo poco più di un anno dal loro ottimo Pay Attention con un album tutto nuovo e con qualche novità. Beh, innanzitutto siamo arrivati al decimo disco in più di 15 anni di attività. Non male coi tempi che corrono. Fino ad ora, nonostante gli alti e bassi, i BossToneS sono usciti indenni da mode passeggere, meteore dello ska-core, e non per ultimo da alcuni anni passati nel limbo del pieno successo commerciale (1997, anno di uscita dello strepitoso “Let’s Face It").

La prima grossa novità che salta all’occhio, e in seguito pure all’orecchio, è una sorta di ritorno al passato con l’abbandono della Major, la Island Def Jam, per la piccola e indipendentissima Sideonedummy Records, etichetta con un occhio, anzi due, strizzati al punk hardcore. Poi? Alcuni cambi di formazione: primo disco senza il chitarrista Nate Albert, sostiuito da Lawrence Katz, senza Dennis Brockenborough (trombone) e al suo posto Chris Rhodes (the Hippos), mentre già da un annetto buono, un nuovo sax tenore, Roman Fleysher (ex Spring Heeled Kack, ricordate la Moon Records??), è andato a sostituire Kevin Lenear. Che altro? Una grafica essenziale, poche note di copertina, i testi delle 13 canzoni ed una copertina disegnata da Chrystian Clayton, già noto per milioni di altre copertine in giro qua e la (ha l’esclusiva per i Voodoo Glow Skulls ad esempio).
Veniamo al disco.

I brani son 13, già detto. Il clima è quello che si respira su per giù in ogni album dei BossToneS: chitarrone poco gentili, ritmi sostenuti, la classica voce gutturale del buon Dicky Barrett, sapientemente mixate e alternate ad un buon ska, ora più lento, ora più arrabbiato, sostenuto da una discreta sezione fiati. Ascoltando il disco non si ha l’impressione che la band voglia saltare sul treno del facile successo proponendo punk rock melodico di sicuro richiamo, specie tra i teenagers. Piuttosto, a lungo andare si assaporano vecchi suoni presenti nei loro vecchi album. Forse non nei primissimi e storici More Noise and… ma in quelli intermedi come “Question the Answers" e “Don’t Know How To Party". Si inizia con un paio di sparate molto punk rock che ti fanno pensare……."adesso arrivano un paio di riff coi fiati" e infatti, puntuali e abili come nessun altro, ecco che tra le distorsioni della chiatarrona del neoacquisto Lawrence Katz, si fanno largo i due sax ed il trombone. Miscela esplosiva………

Scorrono con classe le prime canzoni, la title track, A Jackknife To A Swan, seguita da Mr Moran. Brani potenti, in chiave decisamente più punk rock che altro. Quasi si sente la mancanza dei primi riff decisamente ska, ed eccoli puntuali a metà della terza traccia, You Gotta Go! (scaricatevi il video dal loro sito, solo 8mega in formato real). Poi, puntualissima una traccia 100% ska….. Ska alla BossToneS, intendiamoci, rilassata, tranquilla e pronta ad un sing along in crescendo che non può non provocare i primi movimenti sussultori del mio corpo. Il cd procede, a mio parere, su un livello mediamente alto, intendendo con questo una buona dose di originalità, pur senza distaccarsi troppo dalle sonorità alle quali ci hanno abituati da tempo. Si riconoscerebero tra mille e anche per questo è difficile descrivere cosa viene fuori dall’impianto stereo. Banalizzando, si può dire che su 13 canzoni, circa la metà ha un impronta ska molto forte. In questo senso, “Chasing The Sun Away" e “S#!%t Outta Luck" sono forse gli esempi più lampanti. Il resto….beh il resto è tutt’altro che fuffa, come si dice. La miscela di cui ho straparlato e sulla quale non mi dilungo oltre di cui la band di Boston è maestra, oltre che creatrice. Divisioni di questo genere servono per cercare di dare un’idea, molto vaga mi rendo conto, di cosa sia questo disco. Disco chiuso da un rhythm & blues un po’ così così per la verità.

In una parola, è Ska-Core. Ma ska-core alla Mighty Mighty BossToneS. 

 Antonio Crovetti

 


 

Monocromo - "Quante Verità" - CD, Mono, Italia, 2002

Monocromo, con “Quante verità", loro vero primo album, rivelano un’inaspettata dose di energia ed una notevole capacità creativa nell’interpretare la musica Ska che mi è piaciuta subito.
Il loro è un bello Ska, veloce al punto giusto, non esasperato e melodico, cattivo quanto basta con accenni di rock sparsi qua e là.
Il disco inizia con “Urlava", una traccia tra Ska, Rock e Reggae, l’assenza dei fiati non è una “mancanza" ma una precisa scelta artistica; segue “Mario", bell’intro, Ska veloce con ritornello che fa un bell’effetto in crescendo, risalta il buon uso della tastiera e risulta pregevole il solo di pianoforte che, nella sua semplicità, partecipa notevolmente nel dare una personalità ricercata ad un gruppo di Ska moderno, non solo in questo pezzo; “Quante verità", la traccia che dà il titolo al CD, è uno Ska dalla struttura precisamente tradizionale, con un testo molto buono ed una melodia che a me è piaciuta parecchio e da subito. Il solo Rock di chitarra, poi, rende questo brano molto interessante per l’effetto che fa.
Con “What Can I Say", si ritorna allo Ska modero e veloce, sul ritmo del quale “viaggia" - con ottimi risultati all’ascolto - un preciso violino che dona un “qualcosa in più" ad una traccia il cui scopo, pienamente raggiunto, è la danza pura. L’apprezzamento per il lavoro dei Monocromo è totale, poi, per la canzone dal titolo “Yuri", dove il violino si conferma strumento che, grazie ai Monocromo, sembra essere nato per lo Ska.
Ska sempre moderno e lineare ma questa volta accompagnato da una bella sezione fiati è “Quello che Sei" che possiede un andamento molto coinvolgente e ha anch’essa un testo particolarmente significativo.  
“Studio" è un brevissimo “stacco" di Reggae original cui segue, il bel Reggae/Ska “It’s Over" divertente e solare con ritornello in inglese e, anche qui, intervento gradito del violino.
Grande inizio per “L’albero di vetro" con una tastiera “perfetta" in quel che fa, presenti i fiati.
“Lolita" è uno Ska dagli accenni Rock e ha un’abbondanza di suoni, sax in levare, violino, sezione fiati, che lo differenzia dal resto dell’album, cantato tutto in spagnolo devo ammettere che preferisco l’italiano.
“Stella Cometa", l’ultima traccia ed unico brano non Ska dei Monocromo, già la conoscevo nella sua versione originale Reggae dal demo che pure recensii su queste pagine web. A differenza di allora è in versione acustica e devo dire che la  trovo molto migliore di quanto l’avessi precedentemente giudicata anche se preferisco il cantante Fabio De Bernardi nei predetti Ska stormer piuttosto che nei lenti.
L’entusiasmo che mi ha suscitato “Quante verità" è sincero e scaturisce dall’apprezzamento per la creatività della formazione Lecchese che è riuscita ad ottenere in breve tempo un proprio personalissimo suono, vuoi per la particolare voce del cantante in grado di esprimersi con intensità, vuoi per le trovate musicali ben inserite nello Ska come l’uso del violino di cui ho detto, vuoi per i testi, apolitici, esistenziali, seri.
A fare i pignoli, i Monocromo non sono precisissimi, ma se è per questo non lo erano neanche gli Specials!
Monocromo sono senza dubbio tra le formazioni da tenere d’occhio sulla sempre più fervida scena ska, promettono bene, garantito.

Sergio Rallo



 

The Moon Invaders - "Same" - CD, Grover Records, Germania, 2004

Fino a poco tempo fa se qualcuno mi chiedeva qualcosa dello ska belga non avrei saputo indicare alcun nome oltre a quello dei Simka’s del 1980! (Okkei, sarò anche "Da Profet" ma mica riesco a seguire tutte le band ska del mondo intero!).

Da qualche anno (due per l’esattezza) conosco invece i Moon Invaders che, quanto a ska, sanno decisamente il fatto loro.

L’omonimo album di cui ora mi occupo, primo long playing dei Moon Invaders, è una vera e propria "opera ska" constante di prologo, tre interludi ed un epilogo oltre che di due "bonus track" probabilmente non presenti sull’originale album uscito, in realtà, l’anno scorso e che portano ad un totale di 50 minuti e 45 secondi la sua durata.

Saldamente ancorati all’alveo dello ska rocksteady puro come il brevissimo "Prolog" dà subito ad intendere, i Moon Invaders si pregiano di una sezione fiati notevole e cool, una ritmica piena di tiro e di validi solisti pronti ad abbellire l’andamento dei pezzi con pregevoli riffini oltre che di un cantante di prim’ordine sempre accompagnato da cori mai barocchi.

Moon Invaders, oltre ad essere veramente bravi, non propongono neppure una cover ma solo originali sui quali ora vi do un paio di dritte.

"Finger Poppin’ Foot Stompin’" è uno ska brillante in melodia ed arrangiamenti, sullo stile degli Hepcat per intenderci; "City Of Fire" è un gran bel reggae moderno che potrebbe consolare gli "orfani" dgli apprezzatissimi Court Jester’s Crew; "Fool Again" è uno slow ska che non ho imbarazzo a definire splendido, interpretato dal Matthew Hardison alla grande e del quale ultimo si apprezza l’intensità del canto.

Si arriva, così, al primo interludio "Lude #1" è un dub dominato dalla melodica di eccezionale spessore che dura quasi 2 minuti; "Shame and Sorrow" è uno ska/rocksteady sullo stile delle classiche ballate che tra il 1966 e 67 venivano dedicate ai rude  boys; "Castaway" è un altro ska in cui oltre al cantato sempre brillante si apprezzano tastiera e trombone ed è tra le migliori dell’album; "Besides" è una ballata reggae che ci porta al secondo interludio, "Lude #2" che, questa volta, è un early reggae alla Dynamites in cui nuovamente entusiasma il tastierista il cui organo dolcemente ci culla; "Guardian Angel" ricorda qua e là le melodie dei Wailers del periodo ska fino al "bridge" che si gonfia con il levare dei fiati per lasciare la scena ad un bell’assolo di sax; "Congo Square", lo dico subito, è uno strumentale che dell’album è uno dei pezzi migliori oltre ad uno dei più bei pezzi originali che abbia ascoltato recentemente, e non sto esagerando. Mitico, ancora una volta, il tastierista.

"Love Her Soul" è il bello ska che indico tra i cantati dei Moon Invaders che mi hanno solleticato di più e che precede il terzo ed ultimo interludio, nuovamente reggae strumentale per 42’’ che introduce la soulful "Blue" dalle intense venature r&b/doo wop e che rappresenta un’altra grande interpretazione del bravo cantante; "Devil in disguise", che si caratterizza per l’introduzione veramente soul, è l’altra traccia che mi è piaciuta subito e che merita di essere conosciuta da chi apprezza Scofflaws, Slackers e i citati CJC; l’epilogo, infine ma non ultimo, riprende lo ska strumentale del prologo dall’assolo di trombone che si cimenta in citazioni apprezzate. "City of dub" è la version della terza traccia e "Huston Dub", che è la traccia da cui è stato estrapolato il primo interludio, concludono più che degnamente l’ascolto.

Anche ai Moon Invaders spetta un dieci e lode in ska applicato, il loro disco è veramente bello, prodotto, registrato e mixato dal solito Victor Rice.

L’invasione dei Moon Invaders è cominciata.

 Sergio Rallo

 

 


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Derrick Morgan - "Original Reggae Recordings from '68-'70" -  Trybute Reggae Records/Topbeat Records 1997

Seconda raccolta di Early Reggae dalla Top Beat Records che si sta specializzando nel ristampare raro materiale Reggae Inglese. C'è gente che ha pagato alcuni 45 giri raccolti in questa compilation il prezzo di 100/200 mila lire l'uno! Ventitrè brani del mitico cantante giamaicano, vero mito degli Skinheads trai quali è famosissimo per la sua immortale Moon Hop, che è la #20 in ordine d’ascolto.
Si può ascoltare una versione 1970 di uno dei suoi primi successi, la latineggiante "Fat Man", un’intrigante cover –in stile Reggae pesante- di Stand By Me.
Ventitre pezzi di storia della musica giamaicana, immancabili nella collezione di qualsiasi appassionato del genere.

a cura di Sergio Rallo


 

La Mosca Tzè Tzè  -  "CD"  -  EMI Music 1999

E vi pareva che Skabadip non volesse dire la sua sul fenomeno dell’estate 2000? Non capirò mai chi decide che un brano avrà successo durante l’anno. Non so. E’ più forte di me. Cioè, io mi immagino un tizio, sicuramente grasso, sudato e con la faccia da citrullo che un giorno, stanco delle varie Macarene, delle varie “ti amo ti amo, I love you!" (a proposito, complimenti al paroliere), delle “però mi piaci" e meteore simili, si mette una mano sul cuore e decide che per una volta, il pubblico può essere deliziato da qualche suono diverso. Non vale solo per lo ska, intendiamoci, però fa piacere vedere che ogni tanto qualcuno ci da credito. Di “Para no verte mas", giuro che non dirò nulla, visto che cominciavo a credere che ormai fosse stato adottato come inno nazionale. Non ne parlerò anche perché quest’album è anche altri 13 brani. 14 con la cancion escondida. Non ci sono due brani simili, e questo lo rende un disco interessante. Come prima cosa, si ha la conferma che lo ska sudamericano è, lo si dice da sempre, troppo sottovalutato. Anche perché lo ska di quelle parti ha delle sonorità uniche. Ricordano un pochino i primi “Fabulosos Cadillacs". Io impazzisco per la lingua: trovo lo spagnolo molto musicale; poi la ritmica. Coinvolgente. Se chiudo gli occhi mi pare di essere al carnevale di Rio.  Da quelle parti hanno una bravura unica nell’infilare percussioni al fulmicotone da tutte le parti. Credo sia uno dei loro punti di forza. Come ritmi, qui si spazia verso tutte le direzioni dello scibile umano. Dal rocksteady andante come in “gira el ventilador", a brani festaioli tipo “yo te quieto dar",  ad atmosfere swingheggianti in “sobre illuminados e illuminadores", a ska di quello del genere 1000% ska. Da ballare allo stremo come in “balla para mi", “No te enamores de mi" dove spicca un trombone da oskar, “marineros", “Magalì", il mio preferito, “no te despiertes mi amor"; non mancano interessanti escursioni reggae come in “no dejarè", e ritmi molto sudamericani come “chà-chà-chà" e ammiccamenti verso i Fabulosos Cadillacs come in “Sin Carnaval", con grandi cori.
Un disco per nulla commerciale, musicalmente vario, intelligente, divertente.
Complimenti allo chef. Ottimo. Faccio il bis.

   A cura di Antonio Crovetti


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Matrioska & la Buz Band – "Can Che Abbaia Divora" – Autoprodotto 1998

Anche se ha le stesse misure di tutti gli altri compact recensiti fin qui (a me non la si dà mai a bere) "Can Che Abbaia Divora" è, in realtà, un mini CD.
Contiene infatti 3 brani ("Scusacara", "Coccodrillo" e Paola") di vero (Matrio)-Ska a tempi sostenuti e reminiscenze qua (Coccodrillo) e là (Paola) di Vallanzaska e Persiana Jones.
Si tratta della prima registrazione seria dei Matrioska, giovane band milanese che si bea di un crescente successo di pubblico non solo nella propria regione. Forse anche in considerazione di questo, per l’occasione il gruppo ha ampliato la sezione fiati con tromba e trombone, quest’ultimo suonato per l’occasione da Gigi De Gaspari, unico vero trombonista Ska italiano [e ora i Matrioska girano con due fiati fissi].
Motivi "easy" che si fissano velocemente in memoria come "Scusacara" che (Rocco e Gabriele stupite!) è la mia preferita (ma è Rocco che canta?). Con testi decisamente disimpegnati e ironici e momenti di delirio come la chiusura di coccodrillo è quello che propongono i Matrioska. Io che li ho visti più volte dal vivo devo notare che il sound dei Matrioska ha risentito della purtroppo comune inesperienza di chi sedeva alla console il quale, se della nostra musica capisce qualcosa, sarà certo mesto Ska-pop dei primi anni ’80…e aggiornati no?
Consigliato a tutti gli studenti lavoratori!

a cura di Sergio Rallo


The Maytals - "Monkey Man / From the Roots" - Trojan 1999 UK

Due elleppì in un cd sono già abbastanza allettanti, nel rapporto qualità/prezzo, per un qualsiasi fanatico di Reggae – meglio: Reggay, nel suo primo "spelling" – che potrebbe non aggiungersi altro per invogliare a comprarlo. Ed allora, che recensirei a fare?
Di tutti gli eccezionali terzetti vocali giamaicani quello formato da Toots Hibbert, Henry "Raleigh" Gordon e "Jerry" Mathias Mc Carthy è, senz’altro, quello che trasmette le vibrazioni più intense, vuoi per le loro commoventi per quanto belle armonie vocali - sempre intensamente colorate da una spiritualità coinvolgente e meditativa - vuoi per l’incomparabile ed irraggiungibile modo di cantare di Toots che profonde nella sua musica così tanto sentimento e gioia di vivere da farmelo personalmente ritenere una delle poche personalità veramente "mistiche" di tutta la musica di cui sono a conoscenza.
I 26 brani della raccolta di cui al titolo non faranno altro che confermare quanto sopra, con l’addizionale sorpresa di farci ascoltare parecchi brani di una certa rarità come "Gonna Need Somebody" e "I Alone", mai pubblicati prima fuori della Giamaica e datati 1969/70, ovvero l’epoca più creativa del trio nero sotto la direzione del leggendario produttore Leslie Kong.
I due originali LP, Monkey Man e From the Roots, non erano altro che raccolte, preparate su iniziativa della Trojan, dei numerosissimi 45 giri pubblicati dal gruppo noto, tra l’altro, per essere tra i più prolifici.Ottima la proto-versione di "Peeping Tom" ed i lenti "I Shall Be Free" e " The Preacher"; eccellenti la terza versione di "Never You Change" a mia conoscenza e le sconosciute "Sun Moon & Stars", "Gold & Silver", "A Time To Love", "Got To Feel (It)" nonché la "preghiera" Thy Kingdom Come".
Con questa collezione di inizio millennio, conto ben 18 LP/raccolte "principali" dedicati ai Maytals che, anche in questo caso, sono accompagnati dalle impeccabili, caldissime ritmiche della potentissima "studio band" di Leslie Kong: Gladston Anderson al piano, Paul Duglas alla batteria, "Hucks" Brown alla chitarra che trasuda blues, Winston Wright all’organo e Jackie Jackson al basso ovvero: The Dynamites.
Toots & The Maytals dovrebbero essere oggetto di studio nelle scuole.

 a cura di Sergio Rallo


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Jackie Mittoo & The Soul Vendors - "Evening Time" - Studio One 1968

Della discografia più vecchia di Jackie Mittoo, pianista e tastierista degli Skatalites, Evening Time è uno dei miei favoriti.
Mittoo è esaltante in questo secondo album a suo nome ( il primo è "In London", registrato dopo il grande successo del tour dell’Inghilterra coi Soul Vendors), pieno di tanti ritmi differenti che, negli anni successivi, si sentiranno ripetere parecchie volte come nel caso di One Step Beyond, che sarà la base per la Bobby Babylon di Freddy Mc Gregor.
Quattordici sono gli strumentali contenuti in Evening Time che inizia proprio con l’omonimo pezzo e aggiunge però 2 brani non nell’originale in vinile non ci sono: Loving You, immediatamente riconoscibile come la No,No,No di Dawn Penn e Dancing Mood di Delroy Wilson sui cui originali ritmi Jackie aggiunge il suo "soulful" hammond dal notevole potere evocativo.
Dicevo che ci sono vari ritmi, a cominciare dal Soul strumentale intitolato Hip Hug, traccia n.6 del disco che tocca il momento più entusiasmante nel bel solo di chitarra dello Skatenatissimo Ernest Ranglin.
Quello che mi colpisce maggiormente di quasi tutta l’opera di Mittoo è che quando lui dà il titolo ad un suo brano, per fare un esempio del disco in discorso, Autumn Sounds, ecco che l’atmosfera si trasforma: cadono le foglie, la luce è grigia e pioviggina fuori della finestra.
Per chi volesse poi farsi la colonna sonora "giusta" per un vero matrimonio "rude" Rocksteady Wedding è il suo brano.
I Soul Vendors, come usuale, in grande forma, da lì a meno di un anno dopo sarebbero diventati Sound Dimension il cui "sound" appunto sembra anticipato nella magica Drum Song, uno dei capolavori di Mittoo al quale mando il mio devotissimo saluto.
Concludo riportandole ultime righe della nota al cd: "Soul Beat! Rock Steady! Big Beat! Big Pleasure! That’s what you get consistently, when you’re hearing the sensational sound called Evening Time."

a cura di Sergio Rallo



The Moon Invaders - "First Wave" -  CD autopr., Belgio, 2002

Era da secoli che non ascoltavo ska proveniente dal Belgio e devo ammettere che l’attesa è stata ripagata dai Moon Invaders.
Il loro mini CD First Wave, che contiene solo 5 brani tra cantati e strumentali, è ricco di melodioso Ska tradizionale di ottima fattura. Pure con piacevoli e perfettamente contestualizzate citazioni come l’inizio della bella “Brighter Days". “Tropical Punch" invece è uno strumentale jazzoso, mentre “Land Of Dreams" è un bello Ska/Swing dominato dalla saltellante tastiera che adoro, dallo stile molto blues e dal divertimento assicurato.
Suoni belli pienotti e stile sempre mirato allo Swing caratterizzano “Gone Tomorrow". Chiude questo piacevole “First Wave" il lungo e notevole reggae tra two tone ed original dal titolo “Twenty Four Seven".
Veramente convincenti i Moon Invaders e, anche loro, da tenere bene d’occhio da parte del fan di ska tradizionale. 

Sergio Rallo


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Monkey Shop – "Monkey Business" – Grover 1998

Molto divertente, non c’è che dire. Moneky Business (seconda fatica dei tedeschi Monkey Shop) è senz’altro uno di quegli album che fin dal primo ascolto ti fa pensare che le tue convinzioni sulle eccezionali potenzialità dello Ska sono, una volta ancora, confermate.
A confermarle sono gruppi come Moneky Shop, gruppi cioè che considerano i molteplici "groove" creati in Giamaica come un vero tesoro di ritmi da cui attingere a piene mani per divertirsi a trovare nuovi effetti, nuove suggestioni mischiandoli con RnB, Swing, Soul, Jazz, Pop, Two Tone e Dub.
Risultato di questa attività i 18 pezzi del presente Cd di sicuro sono uno dei più collezionabili prodotti di "Ska moderno" (ascoltate lo Ska Dub Soul dal titolo "Weird Company"). E con Ska tra virgolette perché fra Rocksteady (superrilassante "Routine"), Ska tradizionali ("John Major"), Early reggae (da non perdere "Killer") e Two Tone (bella canzone "No Time" c’è solo l’imbarazzo della scelta.
Imbarazzo che non c’è sulla scelta di questo godibilissimo CD e…occhio alla scimmia!

a cura di Sergio Rallo


Monocromo - "Monocromo" - Progetto Sottosuono, Italia, 1999

Monocromo è un sestetto della Provincia di Lecco che propone una miscela di punk rock e Ska confezionata in un cd (tanto per cambiare) a scacchi bianchi e neri sulla cui copertina campeggia la "m" in stile Madness del nome della band.
Con i Madness, i Monocromo, non hanno però nulla a che fare come si deduce dalle canzoni "Stelle Musicali", "Nun Mitrà" e "Punk’m People", musica punk che ricorda altre formazioni già affermate con testi (condivisibili quanto banalotti)) contro uso di droga ed alcool.
Per fare una breve carrellata sugli altri brani (6) non punk, basti dire che l’unico pezzo che non mi è dispiaciuto è "Sogni" ("intimista" come il reggae "Come Noi" e le prime due punk citate) nonostante, anche lì, il problema dei Monocromo, sia la "rhythm guitar" che il levare della musica Ska non sa decisamente dove si trovi.
Se la cava meglio nel punk.
Oltre che con una "Bella Ciao" Ska, del tutto evitabile perché proposta da quasi tutti i gruppi Ska che orbitano nel circuito dei centri sociali da 20 anni a questa parte, Monocromo riempiono il cd con gli Ska in lingua inglese "I Love You" e "Ska in Your Mind", anche qui: condivisibile impegno ed entusiasmo ma pochino il contributo artistico che rivela come i Monocromo siano ancora un gruppo acerbo, che deve ancora farsi le ossa.
Mi vien da citare, giusto per incitare Monocromo a suonare il più possibile, Virgilio: "Labor omnia vicit improbus" ed una miglior recensione potranno ottenere.     

a cura di Sergio Rallo



Mr. Fly Ska Band - "Musical Store Room" - CD Autoprodotto, Spagna, 2002

Bel debutto estremamente ispirato quello dei Mr. Fly e la sua Ska Band, ispirato, ovviamente, allo Ska tradizionale in tutti i suoi migliori risvolti.

Bello il suono, la registrazione, gli Ska ed i Rocksteady nei quali ultimi sembra di percepire l’influenza degli inglesi Intensified il cui cantante Paul Carter, non a caso, presta la voce in alcuni brani ed ha collaborato attivamente alla registrazione di questo gradevolissimo “Musical Store Room".

Melodie fresche e accattivanti come in “Good Time" e “Mama Says" sia che si tratti di cantati “Jewish Girl" come di strumentali piacevolmente latineggianti tipo “The Sleeping Cat" caratterizzano il bel lavoro di Mr. Fly & Co. Ascoltando lo strumentale da ultimo citato si può inoltre apprezzare il talento del flautista Albert Font (ospite di altra affermata e colta band spagnola, gli Amusic Skazz Band) che arriva a citare “Pierino e il Lupo" di Prokofiev.

Ottima la sezione fiati nella quale brilla un trombonista fan di Don Drummond ed ottimo l’uso della tastiera che risalta nel reggae “The Night".

“Musical Store Room" è un bel disco di Ska tradizionale che si fa ascoltare con piacere e ballare con analoga impressione, un CD da non perdere per chi ama il “classico" (i fan di Intensified, T. Bone, Blue Beaters, Aitken e Ring Ding sono avvertiti!).

Sergio Rallo


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Mr. Review – "One Way Ticket To Skaville" – Grover Records 1998 

Sono un fan di lungo corso dei Mr. Review, lo dico subito, e dico subito che li adoro.
Mr. Review è la numero uno Top Ska-band dei Paesi bassi, nonché una delle migliori e più durature (ci sono dall’83) formazioni del mondo Ska.
O.W.T.T.S. è una "compila" (leggasi, per chi li segue dall’89, "nessuna canzone che sia già in vostro possesso") che raccoglie circa il meglio dei Mr. Review, rappresentato da 18 brani tratti dalla loro sparuta discografia (2 LP in studio, un live e tre o quattro 45 giri); infatti al lavoro "in studio" Mr. Review hanno sempre preferito di gran lunga quello "live", e non è un caso che Dr. Rude e amici si siano fatti la nomea di essere una delle più coinvolgenti band sul palco.
Cosa si intende per Ska Two-Tone? Esattamente quello dei Mr. Review che, insieme ai Busters e No Sports, sono da considerarsi tra i capiscuola dello Ska ispirato a quello del ‘79-’80 ed al contempo tra le più copiate formazioni del vecchio continente.
Che dire del CD? I classici "Tarzan of the ‘80s", "Another Town", la bellissima "Everyday Another Day" (io preferisco la versione originale, un poco più lenta) e la fantastica "Raining Day" ci sono tutte e se le ascoltate e pensate che Mr. Review non assomigliano affatto a Specials e compagnia bella vi rispondo: appunto. Two-Tone Ska non significa assomigliare a qualcuno: significa avere un proprio "sound". I Mr. Review, anche quando la ritmica si produce in ritmi tecnicamente Ska tradizionale, di giamaicano hanno solo quello. La musica dei Mr. Review è piuttosto fredda, sia negli strumentali ("Virgin Ska" e "Summertime" sono quelli che trovate nel CD), sia nei cantati sempre orecchiabili e caratterizzati da un "velo" malinconico. I testi poi, non sono mai banali e le potenti linee della mitica sezione fiati sono anch’esse tra le più imitate o emulate.
Ben venga quindi questo primo "best of" dei Mr. Review che, si spera, anticipi l’uscita di un attesissimo nuovo album.
Per chi avesse avuto la sfortuna di non averli conosciuti prima un’occasione da non perdere per saltare sul treno in corsa che da Skaville indietro più non torna.

a cura di Sergio Rallo



 

Mr. T-Bone & the All Stars - "Mr.T-Bone Sees America" - CD Venus Italia 2004

Vado subito al sodo e comincio con l’illustrare il personale dell’inedita All Stars Band che Luigi De Gaspari è riuscito a mettere insieme appositamente per la registrazione del suo secondo album da solista intitolato "Mr T.Bone Sees America". E’ utile per capire che gran bel disco è.
Gli All Stars comprendono innanzitutto Larry Mc Donald, ovvero un vero veterano della musica giamaicana che suonava professionalmente le percussioni già al tempo in cui a Kingston le musiche di moda erano il Jazz, lo Shuffle ed il Calypso/Mento e che ha registrato con chiunque di importante vi venga in mente dello ska e del reggae giamaicano tipo, che so, Skatalites, Supersonics, Dynamites, Hippy Boys, Chrystalites, Marley, Tosh, Bunny e Jimmy Cliff, possono bastare come esempio?; ci sono poi Freddie Reiter, sax tenore e flauto traverso dei Toaster fin dal 1992, nonché fondatore della New York Ska Jazz Ensamble e gli altri suoi due colleghi dell’Ensamble: Peter Truffa pianista e tastierista veramente notevole ed Andy Stack chitarrista eclettico che passa con naturalezza da Hendryx ad Elmore James a Ranglin; poi c’è Vic Ruggiero, tastierista, pianista, chitarrista e fondatore degli Slackers che, oltre a partecipare in veste di musicista e di produttore, ha fatto in fase di registrazione di "Mr. T.Bone Sees America" anche da esperto tecnico del suono negli studi dove è solito registrare con la sua band a Brooklyn; David Hillyard, già sax tenore dei famosi Hepcat e da tempo negli Slackers e leader nel proprio progetto Rocksteady Seven; poi, come ritmica, Mr TBone ha messo su la coppia inedita e veramente tosta costituita nientemeno che da Ferdinando "Bombadrummer" Masi dei Blue Beaters (un vero maestro del one drop) e da Sheldon Gregg il pallutissimo bassista dei NYSJE. Alla chitarra, infine ma non ultimo, Merigo dei Reggae National Ticket ovvero la reggae-band italiana più nota dopo Africa Unite.
Le tracce di "Sees America" sono state poi mixate e dubbate al famoso Version City Studio (regno di reggae, ska, dub, dance hall, ragga e funk da paura) con King Django (a.k.a. Jeff Becker anch’egli un veterano dello ska di New York fine ’80) al mixer.
Le partecipazioni di quell’ottimo sassofonista che è Parpaglione (sempre dai Blue Beaters), di Bunna (Africa Unite) e del DJ Raymond Wright aggiungono, infine, ulteriori validi motivi per considerare "Sees America" un album estremamente collezionabile.
Detto questo, passiamo alla musica che gli illustri musicisti di cui sopra hanno suonato per TBone, e che non poteva non essere grandiosa: si tratta di 14 tracce di cui 12 completamente originali ovvero scritte, cantate e suonate da Mr TBone.
Una nota sulle 2 tracce non scritte da TBone: una è l’esaltante versione riveduta e corretta in ska di "Good Bye To My Pork Pie Hat" (era ora che qualcuno ci pensasse!) uno strumentale di cui Mingus rimarrebbe soddisfatto; l’altra è "Never Get Enough" una canzone di gran taglio blues il cui autore è Peter Truffa, scorre su una potente base rocksteady/early reggae tradizionali e mentre l’autore duetta con TBone. Una delle mie preferite.
La lingua prevalente in "Sees America" è l’inglese ma "E Lo Sai" e "Ferma Il Tempo" (con la partecipazione del citato Wright) sono senza dubbio, oltre che belle canzoni luminose ed intense, espressione della capacità di TBone di passare disinvoltamente dall’inglese all’italiano e viceversa utilizzando con efficacia e senza ripetersi stili che passano dal più moderno dance hall ("Ferma il Tempo") e dal più classico reggae lover ("Let Me Cross The Sea") allo skalypso ("Bring Me Back") ed al rocksteady estremamente soulful ("Easy"), più tradizionali e caldi che mai.
Ma ascoltando l’ultimo disco di TBone si possono ballare anche un primigenio e bollente Shuffle/R&B ("Give Me a Call"), un vero ska tradizionale che melodicamente ricorda Opel e i Wailers del 1965 e che è invece interpretato con passione da Bunna nel 2004 ("Everyday") ed uno splendido reggae anni ’70 caratterizzato da grande dub e da una melodia di grande originalità ("Sweet Child") veramente da non perdere.
Insomma in "Sees America" c’è, tutto insieme, tutto quello che un vero appassionato di ska e reggae impara ad apprezzare di questa musica! E c’è, pure, un secondo strumentale, intitolato "Comunque, dunque, contemporaneamente" uno ska jazz caldo e soft con melodia da anni 60 che farebbe impazzire un patito di musica lounge.
E adesso, per concludere, veniamo a Lui, MrTBone il trombonista, armonicista, compositore, arrangiatore, paroliere, solista e, se non bastasse, cantante che è andato a "Vedere l’America" e che è da ritenersi uno dei maggiori interpreti moderni dello "ska" in Italia oltre ad essere tra i più stimati dai suoi stessi colleghi italiani e da quelli della costa atlantica degli USA.
Il De Gaspari, oltre all’indubbia padronanza del suo strumento, canta alla grande e riesce a trasmettere con i suoi arrangiamenti tutta la passione entusiasmante, vitale e sincera per una musica bella, calda, avvolgente, più moderna che mai e di cui il cd "Mr TBone Sees America" è senz’altro un ottimo esempio.
Dieci e lode!

Sergio Rallo

 


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MU330 - "MU330" –   Asian Man Records 1999

Ennesimo cd per i MU330, sigla di cui ignoro la provenienza così come ignoro il numero totale di prodotti sfornati dai nostri baldi giovani della terra dello zio Sam (per favore, non dite ad Alessandro che ho perso il materiale che mi ha spedito con il cd durante le pulizie tardo-primaverili dell’ufficio).Alt, fermi tutti sono riuscito a ritrovare il tutto e quindi si ricomincia da capo.
Quarto lavoro per i MU330 (continuo ad ignorare cosa significhi), band di cinque elementi proveniente da St. Louis e che vede lo Ska come una miscela formata aggiungendo punk e rock in parti quasi uguali il tutto eseguito a velocità moderata.
Copertina tratta dall’album di famiglia di qualche componente della band (credo) con gita fuoriporta dove garrisce la bandiera stelle e strisce sul davanti e una simpatica nidiata di biondi all american boys and girls sul retro.
Si parte con "vow vow" con attacco veloce di chitarra, tamburi quasi tribali ed un bel sottofondo di basso dove i fiati si inseriscono raramente, un assolo di chitarra distorta chiude questo primo pezzo, inizio più lento per "favourite show" in cui scopriamo che i MU330 sono dotati anche di organo che si sente appena sotto il tappeto sonoro creato da batteria e chitarra, fiati che si fanno sentire in maniera maggiore e diversi cambi di tempo con chitarra che passa dal punk allo ska saltellante. "Pool party" picchia duro cominciando già dall’inizio con chitarra distorta ed una voce che non mi convince, fiati periodici ed abbastanza inutili in questa canzone, in "stagnant water" finalmente appare lo Ska in tutto il suo splendore 2Tone, aumenta di nuovo la velocità in "hot cheese" ma lo ska resta l’interprete principale. "Quick" a dispetto del titolo è un lento reggae, raggiungiamo "San Francisco" un pezzo neo punk americano con inserti degli ottoni su di un jet propulso da "rocket fuel", carburante composto in buona dose da danzereccio 2Tone. "Stick it" vira di nuovo verso il punk fatto di basso, chitarra e batteria con il nostro amato ska che fa capolino raramente. Discorso a parte merita "Lincoln" un pezzo che mi è piaciuto al primo impatto per il suo inizio di fiati e quell’aria vagamente triste che emana come potrete notare anche voi, o assidui lettori, nel Real Ska posto nella pagina di apertura (se poi non vi piace potete anche dirmelo visto che dal level del registratore potete comunicare direttamente con me via e-mail). Anche l’intro di "baby rats" è abbastanza simile a "Lincoln" ma non mi ha dato le stesse sensazioni del suddetto brano, bella anche "float trip" e "hoops" sempre sul MU330 style delle ultime canzoni ma con velocità lievemente aumentata la prima più tendente al punk la seconda. Arrivo in volata con "32 cents" che alterna chitarra saltellante e svisate sempre di chitarra coperte dai fiati. Tutto sommato un buon album per i cinque di St. Louis, godibile nei momenti veloci e danzerecci che va migliorando quando la velocità si abbassa ed i fiati prendono il sopravvento. Forse l’unico neo è la voce in un paio di canzoni.

a cura di Massimo Boraso

 

 


Nagel Market - "Supernova" - CD Autoprodotto Italia 2003

Nagel Market è una nuova formazione di skacore/ softcore per autodefinizione all’interno del logo e che per suonare detto genere si avvale, oltre che della ritmica di prassi, di tromba e trombone.
E se la prima traccia di questo CD intitolta “Alibabà” è effettivamente un ska core, la seconda, intitolata “Marylin Monroe Song” è un particolare ska/ska core in cui prevale decisamente lo ska, non è un caso che sia quella che mi è piaciuta di più.
A metà tra hard core e bello ska medio tempo è, invece, la traccia che dà il titolo al disco dei Nagel Market, anch’essa dotata di buona originalità che è una caratteristica che condivide con un’altra traccia ancora più divertente intitolata “Sk8ing”.
Interessante anche la canzone che chiude l’album “Cappotting” in cui Nigel Market si concedono oltre allo ska core anche al reggae passando dall’italiano al francese e cambiando ritmi una miriade di volte.
Concludendo, i Nigel Market sono senz’altro un’altra formazione italiana che non può non suscitare interesse ed il loro “Supernova” è un mini album curato e dai suoni giusti.
Collezionabile e divertente.
 

Sergio Rallo

 


 

 

The Neurodisney Band -  "Demo CD" -  live Autoprodotto 2001

Simpatica copertina ispirata a quelle della Two Tone.La follia del Two Tone è, poi, nella musica dei Neurodiney che suonano uno Ska agitato, un po’ troppo pestato e punkettoso per i miei gusti.
I Neurodisney band non sono precisissimi, pecca che pagano maggiormente riempiendo di stacchi e cambi di ritmi le loro canzoni.
Scarsino è il cantante che non capisco se è senza voce, se è stato registrato male, o semplicemente se non canta nel microfono.
Simpatica la cover “Cannabis" degli Ska P di cui non conosco l’originale ma di cui certo condivido il messaggio.
Delle 4 tracce del CD l’ultima “Mambo Vaccanze" (tra ska, disco-funky e casini vari) non giustifica i 6 minuti e passa della sua durata  anche se l’idea non sarebbe male.

Sergio Rallo


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New York Ska-Jazz Ensemble - "Get This" - Moon Ska/Grover 1998

Rieccoli, madre di Dio! Riecco la dimostrazione che se il Jazz vuole uscire dai locali dove la gente sta ferma ad ascoltarlo come se fosse musica classica o ricominciare a scalare le classifiche come negli anni '40 e '50 non ha altro da fare che affidarsi a questa Ensemble.
I nuovayorchesi, in questo 3° long playing ci riempiono, ma non stancano, di ottimi Ska strumentali, "Arachnid", "Buttah", "Get This" e un entusiasmante "Mood Indingo". Sarà un caso, ma in certi pezzi si sente una buona influenza degli Scofflaws, come in "Call Me" (cantato) e nello strumentale "Tilt-A-Whirl". Mentre le performance vocali di Caz Gardiner in "See Saw" (Soul) e "Comes Love" (Jazz) sono una piacevolissima dimostrazione di come uno stesso monotono ritmo, possa cambiare, ad ogni traccia, atmosfera e colore.
Molto graditi poi sono il Rocksteady "Moby Dick" e il Calypso/Mento "Morningside" con splendidi solo di questa N.Y.S.J.E. che, al solito, registra in presa diretta e dal vivo è dinamite pura!
Questo loro nuovo "Get This" contiene 14 brani per 50 minuti di musica Jazz da ballare Cool & Easy!

a cura di Sergio Rallo

Leggiti la fantastica intervista fatta dagli Articles per SkabadiP!Leggi i diari di T-Bone in tour con i NYSJE


New York Ska-Jazz Ensemble - "Live In Europe" - Grover Germania 2000

Un po’ live, la musica dei NYSJE lo è sempre stata visto che i bellissimi tre cd che precedono "Live In Europe" ( "NYSJE", ’95, "Low Blow", ‘96 e "Get This" ‘98) sono stati registrati sempre in presa diretta.E’ ovvio, però, che per un gruppo "jazz", prima che "ska", qual’è NYSJE, la "realizzazione" massima è il concerto dal vivo nel quale l’improvvisazione e l’umore del momento decidono tempi e note. La musica suonata dai bravissimi Reiter (ten.sax e flauto), Faulkner (trombone) e Johnnathan (sì, con 2 enne) Mc Cain (batteria e voce) durante le loro scorribande degli ultimi 3 anni per il Vecchio Continente è, se possibile, ancora più coinvolgente ed immediata. 
I 10 brani del disco, (4 registrati al Tenax Firenze), comprendono pure una canzone inedita registrata in studio nel ’97 con Vic Ruggiero (Slackers) alla chitarra dal titolo "Time of Day" molto carina anche se, avendola sentita suonare allo splendido concerto del 14 aprile al Bloom, avrei maggiormente gradito la sua versione live. 
Gli altri 9 brani ("Time Of Day" apre il CD) fanno parte del solidissimo curriculum vitae del gruppo: le 3 cover "I Mean You", "Harlem Nocturne", quest’ultima in una differente e pregevole versione meno rocksteady di quella del disco d’esordio e molto più reggae grazie all’uso peculiare della tastiera, diversa linea di basso ed inspirata conclusione solistica del bravissimo e simpatico Fred Reiter, e "More Whisky" sono seguite dai brani originali della formazione "niuiorchese" "Don Tojo" e l’esaltante "Elegy" in cui veramente entusiasmanti sono le prestazioni di Reiter al flauto traverso e di Faulkner al trombone che "viaggiano" su un dub di notevole forza evocativa/contemplativa. Cuccatevi la conclusione: ruggito di trombone da una parte e squillo di flauto che risponde dall’altra, improvvisando fino allo sfumare. 
Al concerto del Bloom, Cary Brown, l’originale tastierista, non c’era, (sostituito da un altrettanto valido musicista nero, dall'aspetto, consono, rasta/70's e dal tocco perfetto) ma lo possiamo ascoltare ed apprezzare al piano nella sua "Thilt - a - Whirl" mentre si destreggia nel solo. 
Chiude il Cd il feroce strumentale scritto da Reiter dal titolo "Low Blow" per gli ultimi 3:58 di musica ska a 24 Karati e jazz al 100%. 
Ultime note che possono interessare: non in tutti i brani c’è il chitarrista Devon James (degli Skatalites), come non in tutti c’è il basso di Victor Rice (Scofflows), egregiamente sostituito da uno – prima d’ora - sconosciuto Sheldon Gregg il quale si spera venga acquisito stabilmente in quello stesso mondo dei migliori strumentisti ska nel quale fermamente si stagliano i talenti di Mc Cain & amici. 
Per chi ha uno stereo con modalità d’ascolto per genere regoli l’impianto per il jazz, pompi un po’ il basso e si goda lo spettacolo!

a cura di Sergio Rallo 

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New York Ska Jazz Ensamble - "Properly" - CD singolo Grover, Germania 2000

Sono gli eroi dello skajazz, e lo sono del reggae made in USA ma i NYSJE sono, fuor di dubbio e soprattutto, dei veri stacanovisti del palco e, fortuna per noi, del palco europeo.

Quindi, sempre "dal vivo" (tanto, anche in studio registrano "dal vivo") ecco un minisingolo con splendide versioni live di "Properly" (già nell’ultimo CD "Live in Europe" e di cui è stato fatto un video molto carino rintracciabile in SkabadiP) e di un altro brano cantato il cui titolo "Danger In Your Eyes" rivela un’ottima cover dei Paragons.

In mezzo a due reggae sostenuti, uno strumentale di notevole effetto in cui i nostri eroi si divertono, ancora una volta, a giocare con il portentoso ritmo Ska di "JL" (questo è il titolo del brano) sul quale galoppa, eccellente come pochi, il micidiale flauto traverso di Freddy Reiter!

Nota bibliografica: il trombone lo suona Mark Paquin, trombonista di ruolo dei Bim Skala Bim il quale se la cava così egregiamente che non fa sentire la mancanza del bravissimo Faulkner.

Non è consentito rimanerne sprovvisti!

a cura di Sergio Rallo

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New York Ska jazz Ensamble - "Minor Moods" - CD, Produzioni Alternative, 2002 Italia 

Il quinto disco della più famosa ed apprezzata band di ska/jazz del mondo, ovvero “Minor Moods" dei NYSJE, possiede tre rilevanti novità rispetto ai precedenti album del gruppo.

La prima è che è stato distribuito da un’etichetta italiana in anteprima mondiale proprio qui da noi, fatto che la dice lunga sull’affetto della band di Freddie “Rocksteady" Reiter per la nostra nazione che, in effetti, li ricambia costantemente con un pubblico particolarmente caldo ovunque abbiano suonato e suonino.

La seconda è che al trombone, in qualità di trombonista di ruolo e come hanno apprezzato i fan all’ultimo tour europeo del gruppo, c’è Mr TBone (Africa Unite, Bluebeaters, Jamaican Liberation Orchestra) la cui bravura è stata premiata ed implicitamente riconosciuta proprio da un musicista di enorme esperienza come Freddie che l’ha voluto nel suo gruppo dopo averlo sentito suonare con la sua Jamaican Liberation Orchestra.

La terza, infine, è che alla batteria non compare più Mc Cain ma un eccellente Yao Dinizulu che non ne fa sentire la mancanza.

Detto ciò, “Minor Moods" è decisamente quanto di meglio un fan del gruppo si possa aspettare: 13 tracce di ska, reggae e rocksteady suonate e registrate con la passione e lo swing tipico delle migliori ensamble del jazz.

Come i migliori jazzisti e come loro costante abitudine, i NYSJE propongono innanzitutto alcune cover ricercate come “Nardis" di Miles Davis, che diventa un soave rocksteady/reggae veramente cool e come la coinvolgente versione di “Bemsha Swing" nella quale la splendida melodia scritta da Monk si trasforma in un veloce ska che esalta il lungo solo del piano. Altra cover, inaspettata ed in stile da slow ska, oltre che cantata e non strumentale, la propongono con “Cecilia" di Paul Simon.

Inoltre, tra i pezzi “conosciuti" in “Minor Moods" ci sono la versione aggiornata dello strumentale “Mouse" originariamente scritto nel 1996 da Freddie per l’album dei Toasters “Hard Band For Dead" (Moon Ska) che, grazie al solo di chitarra dell’ammirevole Andy Stack e all’assenza di “overdubing", risulta decisamente migliore dell’originale, oltre all’apprezzabile versione dal vivo (che non c’era in “Live in Europe" [Grover 2000]) dello strumentale “Buttah" scritto dall’originale chitarrista dei NYSKE Devon James, notoriamente lead guitar di ruolo degli Skatalites.

A dimostrazione che Freddie, nel dover trovare sostituti all’originale line up, ha scelto veramente bene, si possono ascoltare anche due notevoli tracce scritte da Peter Truffa (tastiere e piano), la prima è “Zinc" ed è un rocksteady sostenuto in cui un giro di fiati estremamente coinvolgente ed avvolgente lascia spazio a riffini di chitarra per scivolare in un lungo ed affascinante assolo di Freddie e dell’autore del pezzo ed apre l’ascolto dell’album; l’altra è anche uno dei brani migliori del disco, intitolato “Brain Freeze" ed è un potente ska veramente “da antologia".

Tre sono, poi, le tracce scritte dal giovane chitarrista Andy Stack, la latineggiante “Kaného" che è quella meno “ska" del disco ed in cui Freddie si esibisce alla grande al flauto traverso; lo ska notturno dal gusto molto anni ’60 “Sticks" ed il melanconico rocksteady/ragga (“ragga" solo per le ritmiche del bridge) dallo stesso interpretato intitolato “Street of NYC".

L’unica altra canzone di Minor Moods (la terza), poi, la propone lo stesso leader della band con il rocksteady/reggae intitolato “Your Love For Me".

Freddie, inoltre propone due strumentali pienamente ska intitolati “Lullaby of Skaland" e “This I Like", quest’ultimo dedicato proprio a Mr. TBone ed in cui, ovviamente, il primo solo è proprio del trombonista lombardo.

Minor Moods è veramente un viaggio attraverso i vari “moods" dello Ska, rigorosamente con la “S" maiuscola. 

 

Sergio Rallo

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Ngobo Ngobo - "Daily Talk" -  Grover 1998 Germania

"Daily Talk" ha cominciato ad attrarre la mia attenzione appena la testina laser del mio lettore ha cominciato a scorrere sulla terza traccia. "Wednesday Man", infatti, è uno Ska-soul di 4 min. ed 8 sec. caratterizzato da un basso pulsante, una sezione fiati in basso registro, una batteria tradizionale, un accompagnamento di cori calzante e, soprattutto, con un testo da 10 con lode.
Ci sono tradizioni e tradizioni, nati nell’aveo dello Ska di tradizione Two Tone, e ben conoscendo lo Ska tradizionale, gli Ngobo Ngobo pagano il loro tributo ai Madness, con "Ghost Train" che, di fatto, è la rivisitazione di uno dei più ballati successi del gruppo londinese, "Night Boat To Cairo". "Stay Away" è un saltellante Ska-rock & roll che scorre veloce come i suoi 2 minuti e qualche secondo di durata. Rimembranze ritmiche dei Mr. Review, invece, trovo in "Bored Beyond Belief" dove i "Bored" siamo noi della generazione dei Settanta di cui, su una melodia spensierata e solare, Urs Hamaekers (che ha scritto e cantato tutti i brani di Daily Talk) traccia un – vedete voi se condivisibile – schizzo e cogliendo, magari senza accorgersene, un certo "malessere" (?).
"Meet My Magnum" è un classico Ska-swing, cantato dalla tastierista che non mi impressiona particolarmente mentre la traccia successiva, "Evryday man", con il toasting di Dr. Ring Ding, con citazione di Sua Maestà Marley, in stile reggae dub, è un pezzo notevole che, invece, mi impressiona; ottimo "mood" dei cori degli Ngobo Ngobo, ineccepibile la ritmica.
"Kraut Holiday", è il mio brano preferito: il gruppo ha voluto prendere allegramente in giro i tipici turisti "Crucchi" con calzetta bianca, sguaiati e fastidiosi che a chiunque è capitato di incontrare esattamente come si incontrano italiani altrettanto truzzi all’estero e non solo.
Ngobo Ngobo si divertono a rendere in stile rocksteady la mitica Blank Expression degli Specials con tanto di intro dei fiati che "cita" "You Fight Too Much" di Justin Hinds; non c’entra nulla con l’originale se non nel testo, molto bella la ritmica.
I suoni di ‘sto cd, 3° album della band, sono azzeccatissimi, avvicinandosi a quelli che per me sono i "Suoni" della musica Ska: tondeggianti, pieni, a rendere il tutto ancor più rotolante su se stesso, come piace a me.
Infine, m'ha fatto ghignare abbastanza la divertente sfilata dei membri del gruppo che rispondono al perché suonano lo Ska.
Consigliato a chi ha di simili "orgasmi".


Nguru - "Timezone II" - CD, Leech Records, CH, 2002

Come in Italia, anche nella vicina Confederazione Elvetica il nuovo Millennio è caratterizzato da uno “sbocciare" di formazioni ska. Ne sono un talentuoso esempio gli Nguru. Nome che ricorda una tribù africana che non si addice un granché allo ska di III generazione suonato dalla band.
Nguru suonano, infatti, uno ska moderno e divertente ben riassunto dalla brillante traccia che apre questo loro Timezone II, dal titolo “The Way It Is" un brano veloce con melodia originale e voci alla ska twotone.
Nguru oltre a suonare ska, ska punk, ska rock propongono anche momenti di grande reggae come “Wake Up" mentre battaglieri risultano con la punkeggiante e veloce “Fight for Your Right" bella melodia anche per questa.
Nguru propongono anche brani più vagamente ispirati dall’Hip Hop come la canzone che dà il titolo al disco o ispirati all’HC come la pestatissima “Coming Home" di cui Nguru propongono anche la versione reggae con ottimi risultati.
I brani che si fanno ascoltare meglio e che mi sono piaciuti maggiormente sono stati “Mr. Cooper", “Harlem Overheard" e la prima traccia “The Way It Is".
Verso la fine del disco trovo, invece, i brani che mi hanno impressionato meno, ovvero il puro HC “Arrogance Coloniale" e il brano intitolato “Ali Shuffle", banalotto e poco incisivo e, in definitiva, in contrasto col resto di Timezone II che si conclude, poi, con una lenta ballata dal titolo “Proud Like a Peacok" che, tristissima, lascia una vaga sensazione negativa alla fine del suo ascolto. E non è una buona cosa.
Decisamente consigliato agli appassionati del nuovo ska!

Sergio Rallo



Nguru - "Songs From The Boondocks" - CD Leech Records, Svizzera, 2004

Il precedente lavoro degli Nguru "Timezone II" è diventato l’album ska più venduto in Svizzera e questo loro secondo long playing intitolato "Songs From the Boondocks", e che ho ritenuto fin dal primo ascolto decisamente superiore, potrebbe ottenere ancor maggior successo.

Un successo che alla formazione degli Nguru già sorride atteso che sono stati invitati ad aprire i maggiori festival estivi dell’Estate 2004.

"Songs From The Boondocks" comunque è veramente un disco più che godibile di buon ska-rock non banale e scontato in cui gli Nguru palesano un notevole impegno nella ricerca di un loro sound originale. Riuscendoci, per quel che mi riguarda, pienamente.

L’impegno profuso, infatti, è stato ampiamente ripagato dalla buona riuscita di tracce ska/rock belle come "Bad Mission" o reggae/rock come "The Die Is Cast" ma anche di canzoni particolari come il lento con sola chitarra acustica intitolata "The Last Song" e posizionata nel cd come traccia n.° 5 intensamente interpretata dal lead vocal.

Agli Nguru, poi, piacciono da matti gli inizi tranquilli come in "Hungry Barracuda" che rivela poi un veloce ska, ma anche inizi estremamente rockettari che introducono rocksteady veloci come "Walkin’ On Air".

Un reggae notturno dominato dalla melodica come "Same Destination Same Place" ed uno ska dalle rimembranze Two Tone come "Beyond The Bend" oltre ad indicare quanto ampie siano le fonti di ispirazione del gruppo raggiungono lo scopo di rendere questo nuovo album mai noioso. 

Il pizzico di punk rock sparso qua e là nell’album si concentra, infine, nella penultima traccia intitolata "The Wave", l’unica canzone completamente punk rock di Songs from The Boondocks, cd che si conclude con un’altra canzone indicatrice della capacità degli Nguru di miscelare sapientemente ska e rock intitolata "Sorry Mr.".

"Songs From The Gboondocks" è un concentrato di ska e rock vitale e divertente, peccato perderselo.     

 Sergio Rallo

 




No Authority - "No Authority" -
CD, Leech Records (CH) 2000

Giovanissimi e già virtuosi dell’Hard Core a 180 battute al minuto.

Quello dei N. A. è uno Ska Core melodico, come si usa, trasportato dai fiati, sia in piacevoli strumentali come Toast Core, sia in canzoni come My Favour dove risalta la potente e chiara voce del cantante che non storpia pronunce e non gargarizza le note neppure quando urla a tutto decibel come in Archibald’s Law.

I fiati restano onnipresenti e potenti anche nelle tracce più prettamente Punk. Insomma, con un totale di 7 brani tra cui si contraddistinguono Still Remember e In Vitro Veritas i No Authority si presentano come una delle nuove forze della scena Ska Core europea con un’ottima dose di energia vitale quale propulsore. 

Astenersi  i “No Pogo", non è roba per loro.

Sergio Rallo


 

Nunc Bibendum Est - "L’Uomo Che faceva Esplodere i Lampioni" - Demo CD happymanrecords/white and black 2001

Ska con tendenza alla canzonetta pop è il genere che esprimono i Nunc Bibendum Est (NBE) tra i loro 13 pezzi tra i quali alcuni si aprono in potenti rock/punk.
Un poco di demenziale qui, un po’ di Vallanza là, di idee buone i NBE ne hanno comunque parecchie come “LSD", “John Lennon C’è" o la swingheggiante “Superfigo".
Qualcosa di noiosetto come “Visnashock" o “Max col Sax" c’è pure, come ci sono brani più aggressivi come il trash ska “Bokolika".
Bella “Piangi pure" in cui risalta la squillante voce del cantante e che ricorda certe canzoni anni ‘80  specialmente nel bridge. Strana ed inusuale non solo per il testo è “Abbraccia Lo Sbirro" anche se, nel caso specifico, i NBE sembrano un gruppo Pop e basta.
Con la title track gli NBE si affermano come cultori dello Ska moderno a tutto tondo caratterizzata com’è da giro di fiati e di chitarra di ispirazione HC.
Simile alle altre con “max" nel titolo è la penultima canzone di questo demo “Max in Cina", mentre la cover di “Wish You Where Here" l’avrei lasciata stare.
Vari e particolari NBE vanno in cerca di una loro seria identità.

Sergio Rallo


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Ocean 11 - "Ocean 11" - Autoprodotto 1995 (?)

Anche se questo cd sta diventando vecchio prima di ricevere una recensione che lo renda noto ai più, non è mai tardi per aprire nuovamente la vecchia polemica: "Ocean 11" è una vaccata di prodotto poiché sono (quasi) tutte cover anche se suonate, sia però detto ad onor del vero, con una
meticolosa pignoleria per "l'original sound"?; od è un ottimo disco Ska-trad.?
Vediamo di risolvere la "vessata quaestio" dando un'occhiata a tale disco che, senza data e senza referenze agli artisti di cui viene risuonata la musica, ha l'aspetto di un bootleg.
Innanzi tutto Ocean 11, che originariamente sono in 7, hanno registrato l'omonimo disco (4 anni fa?) servendosi di altre 13 persone ( tra cui le voci degli Hepcat [in "Rocksteady" e "Let's Start Again"] e Chris "Venice Shoreline" di King Apparatus [fa la parte di Lee Perry in "Solid as a Rock"] ) che intervengono qua e là nei vari pezzi; i brani sono 18 di cui uno è "live" e 4 sono composizioni originali del gruppo (Night of the Dragon, Hong Kong Low Driver, Stone Boat e Cairo East pt.II); 9 sono strumentali e 9 cantati.
Le cover sono abbastanza ben distribuite tra ricercate ("Solid as a Rock" di Lee Perry, "Ska-Go-Mambo" di Alphonso, la meravigliosa canzone di Cornell Campbell "Let's Start Again") e famose("Housewife's Choice" di Morgan, "Confucius", "From Russia With Love", "Rockfort Rock", "Take it Easy" di Hopeton Lewis re-intitolata "Take it Cheazy").
E' un buon disco di musica tradizionale con tutti i soliti "rivoli" di rocksteady '67, dub, early reggae, '70s reggae eseguiti tutti con vigile occhio ROOTS: i suoni sono "quelli" e, dei generi citati, questi
californiani sono di sicuro cultori. Se una critica però voglio tirare fuori potrei dire che il suono "sporco", quella patina un po' cupa che avvolge tutti i brani del cd, risulta un poco infastidente durante il primo ascolto,dandoti l'impressione di aver gli equalizzatori del tuo HI-FI da regolare.
Gli appassionati della musica d'annata troveranno sempre gli originali migliori delle cover, gli appassionati di musica tutta, troveranno in Ocean 11 un prodotto differente da quanto mai fatto fin qui nel nostro campo; "Night of the Dragon" vince come migliore strumentale dell'album "Solid as a
Rock" è meglio ascoltabile dell'originale e "Let's Start Again" resta comunque uno dei reggae più belli dei primi 70. L'unico senso che ha questo disco è il divertimento di chi l'ha voluto fare: amici
appassionati di Ska.

a cura di Sergio Rallo


The Orobians"Jamaican Tunes"-  Gridalo Forte Records

 

Divertente ed originalissimo primo lavoro per gli orobici Orobians. Bergamo si conferma una città tutta in levare e dalle mille e inaspettate risorse musicali. La band è formata da personaggi poco raccomandabili dalle discendenze orobico giamaicane militanti in gruppi eversivi noti come Arpioni, Kontea e da qualche libero pensatore, tanto per non dare troppo nell’occhio. Noti malviventi, pericolosi gangsters in doppio petto anni ’60, gli Orobians seminano il panico con 13 avvertimenti di stampo giamaicano che lasciano il segno anche nel più incallito difensore della legge. 13 tracce che confonderebbero anche il tenente Sheridan [Antonio, ti sei fumato i gerani del balcone percaso?]. La scena del delitto si apre con una “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto". Meglio guardarsi alle spalle, c’è nell’aria il fantasma di Gian Maria Volontè. Colpito nel segno; come nel film, la traccia ha un non so cosa che ti avvolge. Un brivido freddo. Atmosfere poco tranquille quando appare Bond, James Bond, col celeberrimo tema de “dalla Russia con amore". Giusto il tempo di rilassarsi un attimo con la “Sentenza" dei Kontea, e la storica “the Mooche" di un vecchio e roccioso Duke Ellington che il panico mi assale e mi sembra di rivedere Marlon Brando ne “il Padrino" ordinare la mia condanna a morte.

 Un disco dalle sonorità che trasudano di vecchia Giamaica, ma con un ché di personale che fa apprezzare il disco oltre lo stereotipo della band “Jamaican Stylee". Sfumature ed incursioni nel jazz e nello swing sorprendono favorevolmente.

Un disco davvero ben studiato, che penso ponga gli Orobians in una posizione preminente nel panorama ska italiano. Intendiamoci, gli Orobians possono facilmente non piacere, specie al neofita dello ska, detto senza snobismo, ma è da riconoscere una vera boccata d’aria fresca, quanto ad originalità. Gli Orobians si immergono in acque territoriali pericolose sfidando grandi compositori del calibro di Wagner in “così parlò Zaratustra" (“2001 odissea nello spazio", gnoranti!!), e niente meno che Chopin, nel preludio numero 4 dell’opera 28, che di preludi ne ha 24. Molto bello, quest’ultimo. Generalmente sono contrario alle incursioni “leggere" nella musica classica; però questa versione ha un che di molto rispettoso nei confronti di Frederic, dunque, ben venga pure questo.

“Chez tante Elize" di Legrand, tema di un film francese anni ’60, è tra le mie preferite, con la simpatica chitarrina del nobile Conte Arnaldo e gioioso corettino a render l’atmosfera ancor più parigina.

“Summertime" è in una versione a tratti poco riconoscibile e che me la rende di non facile ascolto. La preferivo più fedele all’originale. Di Christine Keeler, pezzo di Ben Tucker, già presente in qualche album degli Skatalites spicca ancora la chitarra di Arnaldo.

Chiudono le allegre e spensierate “the Chicken" di Pee Wee Ellis e un vecchio classico della canzone napoletana, “Guaglione". Bel disco. Gli Orobians raggiungono spesso vette non indifferenti. Consigliato.

Antonio Crovetti



 


The Orobians - "Jamaica Italia Connection" - CD Gridalo Forte Records Italia 2004

"Jamaica Italia Connection", nuovissimo album dei lombardi Orobians, è un brillante disco ska (prevalentemente) strumentale, molto ben registrato in presa diretta e di cui – lo dico subito - la band può essere fiera.

Gli Orobians sono una "cover band" non a caso, infatti la musica ska è diventata famosa anche per la sua spiccata natura, se mi è concesso il termine, "coveristica" e, a dare un esaustivo esempio di ciò bastano, tra le decine e decine di cover eseguite dai maestri dello ska giamaicano, "James Bond" "Ball Of Fire", "Guns Of Navarone", "El Pussycat" o "Phoenix City". Gli Orobians, consci di ciò e, soprattutto, consci di quanta ottima musica contemporanea può essere felicemente rispolverata per essere riarrangiata in ska, provvedono a dare un ottimo trattamento in levare (in nessun caso scontato) a, tra quelle che conosco, "Bop Train" di Gillespie, "Under My Thumb" dei Rolling Stone, "Exotica" di Richards  "They Call Me Mr. Tibbs" di Quincy Jones e "Li Vidi Tornare" di Tenco. E, tra quelle che non conoscevo, a "J’Lrai Cracher Sur Vos Tombes"  di Alain Goraguer, "A Mi Manera" di Marcelino Guerra, "Something Are better Left Unsaid" dei Weeks e "La Ragazza con La Pistola" di De Luca. Quest’ultima, insieme alla funkeggiante "They Call Me Mr. Tibbs" sono tra le tracce migliori di Jamaica Italia Connection un disco che raggiunge gli apici con "Bop Train" ed "Under My Thumbs" e con tracce del tutto originali (sono le uniche) come "Bike Baba" e "I Remember Treviglio" che la dicono lunga sulla bravura della band che vanta una sezione ritmica più che convincente e dei solisti veramente apprezzabili.

Preferisco gli strumentali ai cantati tra i quali comunque segnalo l’unica canzone tratta dagli Orobians dal repertorio ska "Old Rockin Chair" (fossi stato il pur bravo cantante ci avrei pensato due volte a confrontarmi con una canzone di uno come Opel) "A Mi Manera" e quella di Tenco "Li Vidi Tornare" che mi riappacifica decisamente col vocalist. 

Il cofanetto cartonato con pieghevole come booklet è, inoltre, molto carino e denota la cura con cui è stato prodotto Jamaica Italia Connection, un disco per insaziabili di ska, jazz, r&b.

 Sergio Rallo

 

 


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