Jamaica All Stars - "Back
To Zion" - CD (Live) Passage Production/Melodie Distr. Francia
2003
L’immediatezza e
la leggendaria vitalità della musica giamaicana in tutti (ma proprio
tutti) i suoi migliori aspetti sono racchiusi in "Back To Zion", il
primo album ufficiale dei Jamaica Allstars.
La formazione, capitanata da quattro grandi come Johnny Moore (tromba),
Justin Hinds (voce), Skully Simms (percussioni e voce) e Sparrow Martin
(DJ, voce), non dovrebbe avere bisogno di presentazioni per chi avesse
letto il mio reportage del concerto estivo dell’anno scorso a Cuneo a
cui qui rimando.
Perfettamente accompagnati da una poderosa ritmica costituita dal figlio
di Hinds, Jerome, alla batteria, da Adolphus Lewis al basso,
dall’ottimo Brian Alvrick alla chitarra e Junior Herbert alla tastiera i
4 propongono 15 tracce del loro variegato repertorio che spazia (come
recita il sottotitolo del cd) dal calypso, al reggae, al rocksteady, al
mento allo ska, al r&b al dub (che a me, soprattutto dal vivo, fa
impazzire).
Una menzione meritano senz’altro anche il trombonista Carron Mc Gibbon
(veramente degno discepolo di Don Drummond) e l’unico bianco della
formazione l’alto sassofonista Stepper, entrambi lodevoli in formazione
come da solisti.
E non è difficile letteralmente perdersi negli ipnotici loop
delle versioni che i Jamaican Allstars propongono di brani infinitamente
belli e che non stancano mai come gli strumentali Alipang (a.k.a. Alley
Pang), Burning Torsh, Occupation e Rockfort Rock, o i cantati The Higher
The Monkey Climbs, Simmer Down, Rocksteady (quella di Alton Ellis),
Carry Go Bring Come.
Tutti, nessuno escluso, riproposti con uno stesso originale sentire che,
come ebbi occasione di scrivere a proposito del concerto di Cuneo, è in
grado di trasportarti nella Kingston del 1965.
Quello che troverete in "Back To Zion", insomma, è lo ska nel suo stato
migliore riproposto da alcuni dei suoi fantastici ed originali
interpreti.
La varietà dei ritmi, delle melodie e degli stili praticati da Jamaica
All Stars non permettono di annoiarsi neppure per un istante, sia quando
si assiste ai loro entusiasmanti concerti, sia ascoltando quest’ottimo
"Back To Zion" che non potrà che andare ad aumentare la propria
collezione dei più rappresentativi dischi dal vivo di musica giamaicana.
Jamaica
All Stars - "Right Tracks" CD, Passage Production/Melodie Francia
2004
I Jamaican All Stars hanno debuttato
discograficamente l’anno scorso con un’ottima registrazione live
intitolata "Back To Zion" che pure (per vostra fortuna) trovate
recensita su queste pagine.
"Right Tracks" è,
invece, il loro primo, eccellente album registrato in studio.
La formula utilizzata
dai Jamaica All Stars è – e non potrebbe essere diversamente – quella
già ottimamente collaudata dal vivo: un avvincente percorso attraverso
tutte le strade della musica giamaicana d’annata e comprendente
splendidi mento tipo "Linstead Market", entusiasmanti reggae come "See
Them A Come", soavi rocksteady come "On The Last Day" o veri e propri
skalypso tipo "Shake Sinora", vitali DJ come "Armagideon" e saltellanti
ska original come "Army Man" (ma non si intitolava "Satan"?), passando
da strumentali senza tempo come i rocksteady "Heavy Rock", "Swing Easy"
o il super ska "Coconut Rock".
Se negli strumentali chi
la fa da padrone è, manco a dirlo, Johnny Moore sempre accompagnato dai
bravi Mc Gibbon (trombone), Stepper (sax alto) e (a differenza del Live)
con l’aggiunta di un altro sax tale Laraque, al canto si danno, invece,
il cambio Sparrow, Hinds e Skully per un godimento senza mezzi termini
che si snoda per 12 tracce per una durata di poco più di 40 minuti di
grandissima musica.
Sarebbe veramente un
peccato perderselo.
Jamaica Red Stripe
- "Demo CD" -
Italia Autoprodotto 2002
Ska,
ska puro come pochi è quello che suonano, bene e con gran gusto, i
Jamaica Red Stripe per tutta la durata delle 6 tracce del loro demo
senza titolo appioppatomi da un membro della band l’ultima volta che mi
sono recato al Bloom di Mezzago.
Fin dal primo ascolto questa formazione m’è piaciuta subito.
Lo Ska dei JRS, è lineare, avvolgente come una nuvola di fumo,
percussivo e senza alcun indugio sugli stilemi più efficaci dello ska
tradizionale: martellante levare dei fiati, riffini di pianoforte che si
slanciano sulla ritmica, melodie dei fiati cariche e circolari, batteria
di sincera ispirazione Skatalites laddove si dà al burru e che viaggia
in sintonia con un contrabbasso col giusto groove e spazio per gradevoli
soli. E poi c’è il “sound" scelto, un “sound" pieno, che vien fuori
bene.
2 delle 6 tracce sono cantate, con buona voce femminile, “Nessuno" della
Mina e, con voce maschile, “The Fool" canzone di David Hillyard tratta
da “Playtime". Gli altri 4 brani, tutti ska strumentali, sono,
nell’ordine, una valida versione di Cantalupe Island e 3 validissime
tracce di originale – credo – composizione ed ispirate a certi
strumentali cattivi d’epoca che mi piacciono tanto e la cui sostanza è
ben riassunta da “Pechino" e “Mezzanotte".
Senza averli mai visti dal vivo segnalo i Jamaica Red Stripe con
convinzione perché mi ricordano gli appassionati di certo ska cattivo
quali sono i Top Cats inglesi e che personalmente adoro. Ottimo inizio,
direi.
Sergio
Rallo
Jimmy
Weed & The Strabadil Band - Autoprodotto 1999
Demo-cd di tre pezzi di questa
nuovissima formazione di Ska tradizionale, sorprendente esordio che fa
sperare molto bene per il futuro di Massimo & comp. Oltre ad aver
scelto un nome simpatico il gruppo propone 2 canzoni originali - in
inglese -"Kingston Streets" e "Drivin’ Me Mad" ed
una cover di "Baby Elephant Walk" con citazione di Prince Buster
annessa: dei cultori in coltura mi vien fatto di pensare… Coltivate così,
no ,cioé : continuate così! È proprio Ska!
a cura di Sergio
Rallo
Mr. T Bone, al secolo Luigi De Gaspari, trasuda una passione per la
musica in generale ed un amore per il genere da lui prediletto che non
ha eguali.
Queste sue caratteristiche si incontrano sia laddove egli contribuisce a
progetti già formati e dotati di un loro percorso preciso come i
Blue Beaters di Palma o gli
Africa Unite, sia - e con ovvia
maggior forza - nel suo progetto personale, quello dei suoi Jamaican
Liberation Orchestra.
Con i dieci brani che costituiscono il “corpus" del suo album di debutto
intitolato “That’s It", Mr. T Bone vuole renderci edotti di che “pasta"
è fatta la sua musica, anzi, la Sua musica.
Ci riesce benissimo, vuoi per la particolarità dei musicisti di cui si è
attorniato (il bravissimo Finoli al tenore, l’eclettico Marsòn al
contrabbasso ed alla tromba, il dotatissimo Mancini al piano e tastiere
e gli “original" Lollo alla batteria e Massimo alla chitarra), vuoi per
le proprie, indubbie, capacità di compositore e solista. La “pasta" è
buona! Non è insipida come spesso accade a chi vuole imitare.
E come Mr T Bone trasuda passione ed amore per il ritmo giamaicano, così
That’s It, album di debutto di questa sorprendente Jamaican Liberation
Orchestra, trasuda entusiasmo ed energia.
In 10 tracce, di cui 5 cantate e 5 strumentali, JLO passano da Ska Swing
di notevole fattura come Every Where a strumentali coinvolgenti come
Lonesome Road, da reggae meditativi e notturni come Libertango a brani
tranquillamente ballabili come I Got U e la vitale You Must Say.
Certo, si converrà, oggigiorno un disco con la metà dei brani
strumentali non è certo un trampolino di lancio per i primi posti in
classifica ma, fregandosene delle logiche che portano artisti a
modificare il proprio stile in ottiche prevalentemente da businness,
“That’s It!" è certamente un elemento prezioso ed irrinunciabile per chi
abbia quella stessa passione, quello stesso amore per un ritmo, per dei
musicisti, per delle atmosfere che continuano a rivivere grazie alla
musica.
Every Where, September, You Must Say e the Lonesome
Road sono le tracce più interessanti del disco che consiglio ai
nostalgici dei defunti Hepcat,
ai fan dei NYSJE
e dei Jazz Jamaica, ai collezionisti di
Skatalites ed affini.
Sergio
Rallo
10 tracce tra ska veloce e hc col piglio
dei primi gruppi americani rappresentanti del genere che vi vengono in
mente sono le credenziali dei Juda’s Kiss giovane formazione che fa del
punk rock potente e italianissimo.
Se per il primo genere l’esempio è
"Germogli" ascoltabile al numero 1 del primo album della band intitolato
"Skannati", per il secondo è la seconda traccia che si incontra ovvero
"Sedici Anni" il cui testo è piuttosto inquietante.
Ska veloce alla maniera dei
Matrioska
riscontro in "Doppiopetto Blu" che è in realtà uno ska punk non affatto
male e non c’è bisogno di precisare qual’è il doppiopetto preso di mira.
Il meglio i Juda’s Kiss lo offrono alle
mie orecchie con "Joe’s Tune" un divertente misto di hard rock e punk
"Baldoria" sembra iniziare tipo una
ballata del compianto
Gaber ma si
trasforma velocemente in un punk rock tipo ultimi dischi di
Persiana,
mentre "Rock’n’Roll" è tendenzialmente più ska come lo è "Animaskarica"
la quale ultima, di tutto Skannati, è risultata essere la mia preferita
pur in presenza di ponte quasi trash e impreciso ritorno all’originale
ritmo.
Grandi dosi di
Skiantos possono
balenare in "Sangue Su Sangue" ed ogni tanto Juda’s Kiss mi ricordano i
milanesi Skantinato come in "Patè D’Anima".
Juda’s Kiss hanno parecchie buone idee
ed il cantante è un valido interprete punk però Skannati, pur avendolo
trovato un lavoro più interesse della media dei demo ska/punk che ho
ascoltato ultimamente, non è certo quel che si dice un prodotto maturo.
Sono comunque pronto a scommettere che sentirò ancora parlare dei Juda’s
Kiss.
Se vi piace lo ska punk Skannati
potrebbe far per voi.
Sergio
Rallo
Los Fastidios -
"Contiamo su di Voi" - Kob Records 1999
Questo disco esula un po dalla linea di SkabadiP,
ma penso che Alessandro mi passi questo attimo di nostalgia, già proprio quel sentimento
che ti prende quando ascoltando un disco, guardando un film o delle fotografie indietreggi
nel tempo sino ad arrivare ai tempi che queste azioni evocano. Quei tempi in cui dopo la
sotterranea invasione Punk-Oi britannica iniziavano ad uscire allo scoperto le prime band
italiane, Nabat, Dioxina, Klasse Kriminale, Klaxon e molti altri che purtroppo la mia
veneranda età non riesce a focalizzare. Ebbene si a quei tempi non avevo ancora
ventanni e i gruppi sopra menzionati erano la colonna sonora della mia giornata
insieme al Two-Tone prima ed al Traditional poi, tempi di feste e birra (non che ora non
abbondi con questa bevanda), tempi in cui lavere la testa rasata ti bollava come
fascista e non come naziskins, tempi in cui eri guardato male solo perché al posto del
piumino e delle timberland, simbolo della gioventù che allora contava, portavi bomber e
Doc Martens su jeans e bretelle.
Ma vediamo di scrivere qualcosa di più su questo disco che ha provocato codesto
sconvolgimento emozionale: la prima canzone che dà anche il titolo al cd, "Contiamo
Su Di Voi", è una bella Punk-Oi song tirata con il testo che chiama a raccolta le
"nuove generazioni di ribelli" per lutopica rivolta di cui già ai miei
tempi si parlava, la seconda canzone è un inno contro il razzismo ed è intitolata
"S-H-A-R-P" sigla del movimento Skinhead Against Racial Prejudices musicalmente
abbastanza simile alla precedente ma con un uso maggiore dei cori, "Cani
Sciolti" si avvicina maggiormente al Punk e lancia un messaggio che mi è sempre
piaciuto NO POLITICA. "Vecchio Skinhead" è un ritmo Ska lento ritmato dalla
chitarra, vista letà non posso fare commenti sul testo, il testo di "Scooter
Bastards" mi lascia un po dubbioso, non riesco a capire se sia a favore degli
Scooter Boys e contro i Mods o viceversa oppure ancora contro tutti o contro nessuno o a
favore degli uni e degli altri, Boh!!
In "Con Voi" mi sembra di sentire leco di una vecchia canzone Oi di cui
non ricordo il nome e neanche chi la suonava, comunque dovrebbe essere il resoconto della
serata che ha dato inizio alla band, lutopia prende di nuovo il sopravvento sulle
note di uno Ska più veloce del precedente in "Sogno Giamaica", i centri
sociali, odierno terrore della borghesia, sono al centro dellattenzione in
"Spazi di Libertà", "Rudy Rude Boy" è indovinate
cosa
.bravi è uno Ska che parla di vita grama e di battaglie passate.
Per la decima ed ultima canzone del disco i Los Fastidios pagano un degno tributo ai padri
fondatori dellOi italico con "Tempi Nuovi", canzone apparsa
sullultimo lavoro dei Nabat prima della reunion che mi sembra si intitolasse
"Un altro giorno di gloria", degno finale nostalgico per un disco che come
dicevo prima mi ha fatto fare un salto allindietro nel tempo.
a cura di Massimo Boraso
Jazz Jamaica
"Double Barrel" Hannibal 1998
Il primo disco di Jazz Jamaica si intitolava "Skaravan" dal
titolo della più che famosa composizione degli anni 30 di Duke Ellington e non a
caso, dato che lalbum è un ottimo disco di Jazz caraibico e, solo in secondo luogo,
un ottimo disco di Ska per amanti degli Skatalites vecchi e nuovi, big band nipponiche e
Ska-jazz in generale.
Questo secondo lavoro si intitola invece "Double Barrel" e, non a caso, è un
ottimo disco di Ska e, solo in secondo luogo, un ottimo disco di jazz caraibico (chi
capisce queste sottili distinzioni mi telefoni!).
Questa volta senza il trombettista Rico Rodriguez ma sempre con Michael "Bammie"
Rose ed Eddie "Tan Tan" Thorton saldamente ai rispettivi Sax tenore e tromba ed
un bravissimo sostituto di Rico che di nome fa Dennis Rollins. I Jazz Jamaica, sotto la
guida di Gary Crosby peraltro bassista Jazz molto noto in Inghilterra - ci offrono
10 strumentali molto curati negli arrangiamenti e jazzisticamente eccellenti
nellesecuzione. Il tutto con un "sound" molto meno "Blue note"
di "Skaravan" e molto più "Reggae"; i suoni sono più rotondi e
profondi sia in pezzi veloci come "Confucious" (a sottolineare la stima di cui,
tuttora, gode Don Drummond tra i musicisti) sia nella bellissima Reggae version di "I
Heard Through The Gravepine". Oltre ai suddetti, il disco si rivela una pregevole
collezione di musica per la scelta dei brani, dalla inflazionata
"Exodus" (sì, lo so, cè la versione di Ranglin, degli Skatalites e dei
Bad Manners [e cè anche quella di Monty Alexander
], alla versione
strumentale di "Monkey Man", alla title track (riuscitissima) "Double
Barrel" dellex Techniques Wiston Riley. Giudicate voi come i Jazz Jamaica
abbiano interpretato questi famosi "Dance Hall Stomper" perché io li ho trovati
perfetti!
Con "Shank Kai Check" (a.k.a. "Chang Kai Chek") del mio trombettista
Ska preferito "Baba" Oswald Brooks, i J.J. cominciano a proporci brani che,
eccetto "Night Dreamer" di Wayne Shorter (se non erro già a suo tempo rifatta
dai Dynamites), è la prima volta che sento nella loro versione Ska. Oltre al suddetto
strumentale in cui Eddie Thorton compie il suo tributo a Baba, cè una sublime cover
di "Butterfly" di Herbie Hancock", "Marcus Junior" ancora di Don
Drummond che addirittura risulta molto più "Skatalites" degli odierni
Skatalites stessi! Ed un ennesimo tributo a Charlie Parker con la luminosa "Dewey
Square", suonata brillantemente dagli artisti di primo livello che compongono i Jazz
Jamaica.. Artisti che, oltre la già citata Reggae version di "I.H.I.T.T.G" ci
propongono anche "Walkon By" di Burt Bacharach in coinvolgente Ska style.
Sarà un caso, ma lunico negozio a Milano che aveva (ed ha) il CD Double Barrel
(addirittura in vetrina!) si chiama, mi crederete? Proprio Double Barrel!
Quindi se voleste anche voi ascoltarlo, vi basta andare in Via Coni Zugna (quasi) angolo
via Savona e dare i nostri saluti a due brutti ceffi che troverete dietro, davanti o sopra
il bancone e poi deciderete se accattarvi il migliore disco strumentale del 98 o
meno.
Ed adesso, se permettete, vado a skankeggiare un po.
a cura di Sergio Rallo
Jump With Joey - "Swingin' Ska
Goes South of the Border" - CD, Will Records, USA, 1999
JWJ è una delle più importanti
formazioni ska degli Stati Uniti del “Far West", un West che, scusatemi
il gioco di parole, è così West da essere addirittura Est!
Infatti, JWJ sono senza dubbio più famosi in Giappone che nella loro
nativa California (figuriamoci da noi) avendo pubblicato solo per il
Paese del Sol Levante i propri primi 3 (memorabili) album (Ska Ba 1991;
Generations Unite 1993; Strictly For You vol 2 1994, tutti saggiamente
ripubblicati per gli USA da Rycodisc nel 1997).
Nati nel 1989 dalle ceneri di un gruppo punk rock, guidati dal
talentuoso contrabbassista Joey Altruda e dal notevole batterista Willie
McNeil già dei famosi Untouchables (grupo SkaSoul di epoca Two Tone),
JWJ sono sicuramente alla radice della moda dello Ska Swing che
imperversò in California nella prima metà degli anni ’90.
La loro presenza nel panorama ska cui un giovane fan qual’ero io si
rivolgeva una decina di anni fa è stata segnalata solo dallo splendido
strumentale “El Diablo Ska" pubblicato all’interno della famosa raccolta
Moon “California Ska Quake" (1992) di cui
era, insieme a quella degli Hepcat, la traccia migliore. Recentemente,
li si è potuti anche ascoltare ed apprezzare sulla compilation
Ska Island (Island Rec. 1997)
accompagnati da Ernie Ranglin e dal cantante Dan I nelle 2 tracce Konky
Tonk e Barefootin’.
Quello dei JWJ è uno splendido Ska influenzato a piene mani dai ritmi
latino americani/afro cubani, dal jump blues e dal jazz, non molto
diverso da quello che si può godere anche in questo ultimo loro disco e
da quello che caratterizza le tracce citate.
“Swingin’Ska Goes South of the Border" merita, pertanto, la presente
recensione seppur terdiva per due ragioni, la prima che è un disco
stupendo di una formazione da noi del tutto sconosciuta e che, in
realtà, ha un pedigree di tutto rispetto vantando collaborazioni con
molti grandi della musica ska (Skatalites,
Rodriguez, Prince Buster, Ranglin, Coxone, Mayall, Alex Desert) alcuni
dei quali accompagnati anche dal vivo nei loro tour nipponici; la
seconda che è possibile ancora trovarlo e goderselo grazie ad internet
ed alla globalizzazione.
Le dodici tracce di “Swingin’ Ska Goes South of the Border" sono dunque
il distillato dello stile di JWJ cui si aggiungono nuove e gradevoli
influenze tipo il Cha cha cha “Nuevo Ritmo Ska-Chacha" e “Skood’s Jazz
Den", il mambo “Rigor Mortis" e “Dig That Rock", il Latin Swing
“Undecided", il bolero “Uncle Ratso" e, naturalmente lo Ska “Dancin’
Feet", “Skatrina" “Tv Trat", tutte canzoni e musiche che fanno di
“Swingin’ Ska Goes South of the Border" un album degno di entrare
nell’ottima discografia di Altruda & Co e nella discoteca
dell’appassionato di buona musica.
Che dire di più?
Sergio
Rallo
Kalles Kaviar "Marokko
172 90, Ska x 7" Autoprodotto 1996 Cassetta
Lo Ska tradizionale sta prendendo sempre più piede, o come dicono gli
anglofoni, trad-Ska rules!
Anche in Svizzera molti gruppi si rifanno chiaramente alla sonorità "roots". E
i Kalles Kaviar di Basilea rientrano tra questi. I sette brani che troviamo in questa
cassetta - che segue la loro comparsa su le compilation Skampler - denota
uninfluenza dello Ska Two-Tone piuttosto pesante. La ritmica però è quella giusta,
quella insegnata da Lloyd Brevette e Lloyd Knibbs. Il colore "Two Toneggiante"è
dovuto più che altro ai suoni scelti per la registrazione che rispecchiano un approccio
più moderno e sono piuttosto freddi. La voce poi, piuttosto stridula, ricorda di più
quella del McPherson che di Alton Ellis.
Tre cover su 7 brani sono "Water Mellon Man" di Herbie Hancock,
"Was It Me" di Rudy & Sketto e "Madness" di Prince Buster
sottolineano il genere di riferimento di questi musicisti svizzeri.
a cura di Sergio
Rallo
Kalles Kaviar
– "Make Wonder" LP Leech
Records,
Svizzera, 2000
"Make Wonder" è il primo vero e proprio
album della formazione svizzera Kalles Kaviar, nonostante,
discograficamente, il gruppo sia già conosciuto ben oltre i confini
dello Stato d’appartenenza.
Comincio subito col dire che con questa
registrazione i Kalles Kaviar si meritano un 10 con lode.
"Make Wonder" contiene 12 tracce tra cui
non ce n’è neppure una debole; variamente ispirati al meglio della
musica tradizionale giamaicana, in linea con quanto già fatto dagli
Intensified inglesi, è evidente che Kalles Kaviar sono migliorati
parecchio dai tempi dei loro esordi sotto ogni aspetto: ritmiche,
tiro, arrangiamenti e composizione in generale.
Quanto detto si può verificare, sia ascoltando la
loro versione del classico di Mancini "A Shot In The Dark"
ispirata all’interpretazione leggendaria di Alphonso e Taitt, sia
ascoltando uno Ska più moderno come "The Inspector". Ed il
giudizio resta immutato cambiando leggermente di
"sottogenere", come nel caso dello Ska R&B dal titolo
"Go His Way" o come l’ottimo (anche perché è una
composizione originale) "Nine Feet Tall", un
"jerky" Early Reggae che alle mie orecchie ha sussurato:
"questi ska men svizzeri hanno LE PALLE".
Molto bello, anche perché familiarmente
orecchiabile, è poi lo strumentale "Havana Jetstream" in
cui la citazione di Don Drummond da parte del trombonista dei Kalles
Kaviar è un omaggio al controverso musicista giamaicano, membro degli
Skatalites ai quali, peraltro, tutto "Make Wonder" è
dedicato.
A legittimare ancor di più il giudizio positivo
che do a "Make Wonder", oltre la title track, una
buona interpretazione di una delle canzoni (eccellente ska/spiritual)
di Prince Buster che amo di più: "Wash Wash".
Bella anche la copertina che strizza l’occhio
agli anni ’60 ma che è secondaria all’ottima musica contenuta in
"Make Wonder":
Da collezione.
a cura di Sergio
Rallo
Kalles Kaviar -
"Early Bird" - Cd
Leech Records, Svizzera, 2003
Mi occupo sempre
volentieri dei Kalles Kaviar, band svizzera con i piedi ben piantati
nello ska tradizionale, e sue dirette derivazioni rocksteady ed early
reggae, come conferma questo loro nuovo album intitolato "Early Bird".
E’ passato un decennio dall’epoca in cui i Kalles
Kaviar mi fecero avere la cassetta/demo "Marocco 172.90" (era il 1996!)
e di ska/reggae la band ne ha macinato veramente parecchio.
"Early Bird" consiste in 14 tracce
rilassatamente godibili tra cui cover di classici non dissimili dagli
originali tipo "A Thing Of The Past" della Dillon o la bella "Cleopatra"
dei Tennors, pezzi propri come l’early reggae "She’s a Scorcher" (sulla
falsariga di "Engine 54") o lo ska (che mi è piaciuto maggiormente)
intitolato "Flying On Cloud Nine" e vede anche le prestigiose
partecipazioni di King Django (Stubborn/Skinnerbox) nella bella canzone
tra rocksteady e dance hall intitolata "Fooled and Punished" e di Mr
Symarip/Pyramids ovvero Roy Ellis che canta i tre early reggae "Must
Catch A Train", "Try Me Best" (due classici presenti nel mitico album
Skinhead Moonstomp) e quella che dà il titolo all’album.
Bella la voce femminile che canta il
rocksteady "It’s Gone" e la cover della Dillon, come ottima è la ritmica
che sorregge l’intero album e che dà buona prova di sé anche nell’unico
strumentale ska "Centoneando" degno delle migliori performance di band
come i New York Ska jazz Ensemble.
"Early Bird" è un buon disco che
conferma la linea artistica dei Kalles Kaviar già ampiamente palesata
con l’album Make Wonder e la formazione di Basilea come la risposta
svizzera agli inglesi
Intensified.
Da seguire.
Sergio
Rallo
Kebana - "Nirja" - CD,
Etnagigante, 2003 Italia
Se volete godervi ottimo Ska, eccellente
Reggae, notevole Rocksteady e validissimo Dub, il tutto perfettamente
ancorato alla tradizione musicale che adoriamo e tenuto insieme da testi
esclusivamente in dialetto siciliano carichi di immagini che, per
giunta, facilmente raggiungono la poesia, bé “Nirja" dei Kebana è
l’album che fa per voi.
Sono, infatti, rimasto seriamente
impressionato da “Nirja", da ognuno dei 10 brani in esso contenuti, fin
dal primo ascolto.
E se già mi ero esaltato per le cover
offerte recentemente dai Ferraresi
Cookoomackastick,
il godimento dato dal disco dei Kebana, che contiene tutti originali
prevalentemente farina del sacco di un dotato Alessandro Faro, autore di
quasi tutti i pezzi, mi rende ancor più fiero di essere italiano e,
ovviamente, siciliano, dato che l’Italia sta esprimendo negli ultimi
anni, sempre più numerosi e validi talenti ed i Kebana ne sono un altro
esempio.
La musica dei Kebana, infatti, si
avvantaggia di una sezione fiati “colta", perfettamente dosata nonché di
arrangiamenti apprezzabili sotto tutti i punti di vista (si ascolti
l’affascinante Ska “60 Anni" con la geniale citazione di “Ciuri Ciuri"
proposta dalla tromba suonata da Mr. Roy Paci).
Tutto è tenuto su da una ritmica
classica e precisa, dotata di “tiro" e sulla quale i solisti (in
particolare il piano di “Rootska"), la chitarra (“Funeral Ska") ed i
tromboni si muovono a proprio agio, facendolo sempre con stile; una
ritmica che passa da esaltanti Ska come quello citato o come “Ramuni
Vessu" o quello altrettanto bello che apre l’ascolto di Nirja intitolato
“Strana Avventura", a profondi Reggae Roots pregni di dub come
“Giubileo" o a Rocksteady/Ska d’ispirazione Marley come “L’isola" che si
è attestata subito tra le mie preferite (contrappunti di tastiera e
piano, fiati, cori: tutto esaltante) insieme ad “Ultimo Amico".
I testi, come accennato sopra, sono poi
veramente belli – i migliori che abbia ascoltato da tempo immemore -
ricchi di sentimento ed in nessun caso ideologici.
Su “Nirja" ci sono, poi, anche due
validissimi Ska strumentali citati prima “Rootska" e “Funeral Ska" in
cui l’attenzione si sposta dal convincente cantante/batterista ai
musicisti di una formazione che si becca senza pensarci due volte il
bollino di qualità di SkabadiP.
Garantisce “Da Profet".
Sergio
Rallo
Reggae Reggae Reggae! Per chi non lo avesse capito, quello di cui mi
occupo ora è un ottimo disco di Reggae.
Alla voce di King Django (che mi è familiare fin dal 1988 quando
capitanava i The Boilers) non si può opporre alcuna critica: canta
veramente alla grande, scrive gran belle melodie e se non bastano le
innumerevoli prove di ottima composizione che ha dato con
gli Stubborn Allstars ecco a confermare tali impressioni il presente
album con gli Scrucialists.
12 canzoni, una più bella dell’altra, tra puro reggae, dancehall, un
poco di ragga, Dj, rockstesady, dub e D&B è il frutto di questo felice
incontro.
Le prime tre tracce "I Don’t Wanna Work That hard", "This Pain" e "Love
Ain’t Weak" sono veramente una più bella dell’altra. Nonostante lo siano
perché suonano al mio orecchio più classiche, non sono da meno "Feast"
un vero raggattone con la partecipazione di
Dr. Ring Ding che può farvi danzare
sul tavolo più vicino…mica c’è solo Sean Paul, no? e "Dancehall Rock"
(sempre con Dr. Ring Ding).
C’è poco da fare: questo disco è dinamite in ogni traccia ed i testi non
sono mai "cazzoni", ascoltarsi "Youths Don’t Give Up" per capire.
Ma King Django (vero nome Jeff Baker) si rivela pieno di vero "blues" in
una canzone bella e "sentita" come "Turnings". C’è anche una sola
traccia Ska dal titolo "Really" dedicata al periodo dello Ska Two Tone,
anchèessa molto carina.
Ineccepibile l’accompagnamento della band che si rivela formidabile
sotto ogni punto di vista e che rende quest’album uno dei migliori
dischi di reggae moderno.
Da avere.
Il sottotitolo di questa compilation
"Select Recordings 1992 – 2003" non tragga in inganno: Jeff Baker in
arte King Django si occupa di ska almeno dall’86 e, quindi, era ora che
uscisse una raccolta come "A single Thread" che, figurato, significa
"un’unica linea di pensiero che collega le parti di una storia" (Oxford
Advanced learner’s Dictionary,
Oxford University Press
1990).
La storia è
quella di King Django da New York, iniziata nei Too True nel 1985,
proseguita nell’ottima band di Olivier Rhee e John Patterson the Boilers
(1988), per passare a creare gli
Skinnerbox prima e gli
Stubborn
Allstars dopo; l’unica linea di pensiero, manco a dirlo, la musica
giamaicana.
Tutta la musica giamaicana, ovviamente,
tenuto in considerazione che, come molti fan si possono aspettare, "A
single Thread" passa in rassegna ska tradizionale, rocksteady, reggae,
ragga, dub, dj, hip hop ed anche funk, saccheggiando il repertorio di
Skinnerbox a cominciare dal bel rocksteady "Does He Love You" che apre
l’ascolto più altre 7; ma anche di Stubborn di cui la bellissima "Rise
to Find You" ed "Open Season" tratte dal primo album intitolato appunto
"Open Season" sono tra le migliori.
Grande Ska strumentale sempre gli
Skinnerbox lo offrono con "Falafel Hoummous", mentre con gli sconosciuti
Don Khumalo King Django propone uno ska in spagnolo "No Mas Errores".
Melanconico è lo ska che dà il titolo
alla compila, canzone nel cui arrangiamento bene sta il violino che la
caratterizza.
Quasi folk è lo strumentale percussivo
"Lifeboat" con flauto e armonica mentre un gran bel reggae moderno è
"Move Like Ya Gone" al quale preferisco il "rootsy" "Precipice" che
anch’essa annovero tra le migliori del disco.
Sorprendente ho trovato essere
"Shtiklakh" che, cantata in tedesco (!), possiede una chitarra che
sembra mutuata dal sirtachi greco, si tratta di un’altra canzone di
impatto decisamente folk ma sempre su ritmi skanchettosi.
Il ragga/dancehall "LKO" è un martello
degno di quanto ultimamente si ascolta provenire dalla Giamaica mentre
"Hepcat Season", che prende in giro gli
Hepcat
all’apice della loro fama, è un talkin/dj sulla ritmica di uno ska
tradizionale che conclude l’ascolto.
Chi conosce già King Django e ne
apprezza le doti di ottimo cantante ed autore non mancherà di reperire
"Single Thread", chi non conosce né lui, né le band con cui ha suonato o
suona potrà cogliere l’occasione ampliare i propri orizzonti musicali.
Fedele alla linea.
Sergio
Rallo
King Stitt "Reggae Fire Beat"
Jamaica Gold 1997
Non si discute, quello che potete ascoltare in questo ennesimo, splendido CD della Ja
Gold, è veramente Reggae Fire Beat!
Suonato, con quel particolare Swing giamaicano, da una delle formazioni (anchessa
molto mobile visto che nella lista di musicisti che nel booklet di tale etichetta
sono sempre molto dettagliati e precisi risultano ben quattro batteristi!) più
ipnotiche del Reggae, The Dynamites. Sotto tale nome si cela la "studio band" di
Clancy Eccles che tra il 69 e il 70 ha avuto la brillante idea di registrare
16 tra le poche (circa 30) performance su vinile che abbia mai lasciato il padre di tutti
i Dj (il nonno era un più oscuro ma senza ombra di dubbio più bello Count Machuki)
ovvero sua maestà King Stitt.
Descrivere il suo stile non è facile, ma a me pare di cogliervi addirittura
lantenato della parlata Ragga. È declamatorio, fa degli annunci, spesso dicendo
cose che risultano oggi difficili da comprendere ma la voce di Stitt tendente al rauco e
reminiscente di certi Talkin Blues, la si può apprezzare in pieno nel bellissimo
Reggae dal titolo "Oh Yeah" dove il "Re" si produce in un bellissimo
cantato in duetto con Clancy Eccles! Allascolto del brano (originariamente
interpretato da Peggy Lee e Bunny Goodman Orchestra) si capisce ancora meglio la scorza
dellartista, del toaster che, per una volta, dice ai cantanti: "sono capace
anchio". Per tutti voi che avete vissuto fino ad adesso senza conoscere King
Stitt, uno dei più brutti uomini della terra, perché, se è vero che il Rap è nato dal
toast che i giamaicani immigrati a New York serano portati dietro, merita molta più
considerazione di quel che gli è stata tributata fino ad oggi. E come direbbe
lamico Vito War: "Rispetto per "The Ugly One"!
a cura di Sergio Rallo
Kontea – Solo Questa Notte – Autoproduzione 2000
Non sarebbe una cattiva idea
quella di consorziare lo ska ed il rocksteady orobico, proprio come si
fa col
Parmigiano e col
Gorgonzola. Un marchio che certifichi la provenienza prealpina del
prodotto. La qualità va tutelata, per bacco! E insomma, eccoci di fronte
ad un prodotto, uscito già da tempo a dire il vero, allevato in terra
bergamasca, come tanti altri prodotti di qualità, vedi gli
Orobians ed gli
Arpioni e la polenta taragna.
Siamo seri per favore adesso. Ultimamente la band non brilla per la sua
attività itinerante, tanto che qualche dubbio sulla loro esistenza è
lecito.
Il sound è quello classico
appartenente alla branca dell'orobic ska. Un filo sottile lega
vicendevolmente i
Kontea con
Arpioni e
Orobians, ricordando in alcune cose, ora gli uni, ora gli altri.
Amando da sempre queste band, non posso apprezzare tantissimo anche
l’album di questi
Kontea. Registrazione non impeccabile, ma nel complesso un prodotto
decisamente sopra le righe. L’impronta è quella di uno ska che ricorda
molto gli
Arpioni di qualche anno fa, quelli di Papalagi, per intenderci:
ascoltando “La strada per due" e “Dalle meteore a Istanbul" o “Mi
aggiro", il riferimento viene naturale.
Altrove, alcune sonorità e
alcuni riffs degli ottoni ricordano da vicino i suoni gravi e profondi
degli
Orobians. La similitudine è quasi scontata se si pensa che la
sezione fiati è composta da due quinti di quella degli orobians. Se poi
si aggiunge che in più d’un brano, la sezione si ritrova al gran
completo, allora si capisce bene il perchè delle similitudini di cui
sopra. Ma non si pensi che i
Kontea non abbiano una propria personalità. Ognuno dei 10 pezzi del
disco si regge bene sulle proprie gambe e gli arrangiamenti sono tutto
sommato originali e niente affatto scontati, anche nelle impegnative
covers presenti sul disco e nelle intrusioni jazzistiche ben supportate
da una chitarrina sicura (Chameleon).
Una nota più che positiva riguarda la bellissima voce di Alessandra
davvero ottima e piacevole da ascoltare in “Secret
agent man" e “Love
For Sale", due delle tre cover del cd.
Ska di origine controllata.
Garantito a vita. Davvero buono.
Antonio Crovetti
Les 100 Grammes de Tetes - "Tit’Jamaique" - CD Crash Disques, Francia
2002
Nonostante un curriculum di tutto rispetto che li vede autori di un
album che ha venduto più 6.000 copie (“Qui Ska? Version Studio",
medesima etichetta) e con alle spalle più di 400 concerti, io gli ottimi
100 Grammes de Tetes non li conoscevo ancora. Non è mai tardi per farne
la conoscenza grazie a questo loro secondo album intitolato
“Tit’Jamaique" che mi è piaciuto tantissimo.
Con le 14 tracce contenute in un CD
bello anche per la grafica e ricco di testi, il gruppo dimostra di
essere una delle formazioni più originali e ricche di idee nate in
Francia negli ultimi anni e, certo, tra le più interessanti del nostro
continente.
Oltre ad una scelta di suoni pressoché
perfetti, i 100 Grammes si producono con “Tit’Jamaique" in una brillante
miscela di Be Bop, Salsa, Swing, Ska Two Tone, Reggae tradizionale e
Ragga senza eguali, facendolo con una gradevolezza ritmica e melodica da
fargli raggiungere facilmente l’apice delle mie preferenze.
A tale determinazione sono giunto
ascoltando, tra le altre, l’eccellente “Maria" che è una delle tracce
più interessanti del CD con i suoi continui e mai noiosi cambi ritmici e
che sta a metà tra un cantato dall’atmosfera gitana ed un sofisticato
quanto piacevolissimo strumentale che spazia dal jazz allo ska alla
salsa al reggae.
La cosa divertente di “Tit’jamaique" è
che non c’è neppure mezzo minuto di noia in un CD che ne dura ben 58 e
mezzo e che non contiene neppure una traccia debole.
Dal morbido ska/reggae che dà il titolo
al disco allo ska two tone “Give Me Some Bread" all’ottimo
rocksteady/reggae “Bad Boy" (con uno splendido bridge ed ottima fine in
sfumare di soli) per arrivare agli originali strumentali “Guarana" (gran
tributo agli
Skatalites) o “Cab Calloway" (che la dice lunga sul background
culturale dei 100 Grammes) la band lascia piacevolmente affascinati
anche per l’uso multiplo di inglese, francese e spagnolo.
Insomma “Tit’Jamaique" non deluderà
all’ascolto nessun appassionato di ska che si rispetti, sono pronto a
scommetterci.
Consigliato senza riserve.
Sergio
Rallo
Hopeton Lewis - "Take It Easy" - K&K Records 199?
Se nella Rough Guide of Reggae ( Rough Guides, UK,1997) questa
ristampa del rarissimo disco del 1967 di Hopeton Lewis, non è citata ed anzi è auspicata
nel trafiletto di commento del suddetto disco, linterrogativo, là sopra, sulla sua
data di uscita, potrebbe risolversi con un 1998.
Ma potrebbe anche essere sfuggita agli per lo più attentissimi
autori del suddetto testo( Steve Barrow e Peter Dalton), tanto frammentaria è la
distribuzione di certi dischi, soprattutto e sfortunatamente per il nostro genere
Ho perso tempo a spiegarti ciò caro/a Skabadipper, solo perché, di fatto, quello
di cui si parla è uno dei capolavori del Rocksteady, anzi, E IL Rocksteady e, di
conseguenza, ci vuole la dovuta e rispettosa precisione nello scriverne.
Take It Easy è un disco di Rocksteady nella sua scorrevolissima, swingosissima
forma primigenia: solo un pochino più lento dello Ska di neppure 6 mesi precedente e solo
un pochino più veloce del Rocksteady che avrebbe prevalso alla fine dello stesso anno.
Ad onor del vero, come ultima nota "esteriore", non posso non appurare
come tanto è il mio rispetto nel parlare del disco, tanto poco è stato però quello
profuso dalletichetta nelloccuparsene dato che si è "sprecata"
facendo un cd senza neppure mezza nota di copertina che è, nella faccia interna, un
tristissimo quadrato bianco!
Detto questo, come si è già capito dal mio tono, dal punto di vista della
splendida musica in esso contenuta, Take It Easy è un capolavoro: senza dilungarmi molto
sulle qualità vocali del veramente ottimo Hopeton Lewis ( che dopo questo disco
diventerà il cantante in Byron Lee & the Dragonaires e vincerà il Festival della
canzone nel 70 con Boom Shacka Lacka per Duke Reid) i 10 brani contenuti sono tutti
irresistibilmente belli.
Apre le danze la "title track", un vero classico della musica Ska e
affini, di cui mi vengono in mente, tra le numerose versioni, quella immediatamente
successiva di Prince Buster e, ai nostri giorni, quella di Steady Earnest; la chitarra di
nientemeno che Nearlyn "Lynn" Taitt ed il piano di Gladstone Anderson sono però
ciò che fa la differenza nella "original version". Sound and Pressure è un
caldissimo "body shaker" dominato dal pianoforte di Anderson che si accende in
un ritmatissimo solo per poi rilasciarti cullare dalla melodia blues-eggiante cantata da
Lewis; più "sostenuto" è Deh Pon Dem che ha il suo ritmo più percussivo
spiegato nel colpo di rullante su ogni battuta ed il suo momento più alto nel solo del
leader dei the Jets (già Comets); il successivo brano, Crying Crying - una
"sentimental ballad" in stile americano, cantata in duetto con unaltra
bellissima voce maschile di cui non so dirvi nulla di più - ci dona il momento di
tranquillità prima di ricominciare a dondolarsi in altro Rocksteady, questa volta una
cover, dal titolo Let the Little Girl Dance, un pezzo in cui il solo di sax sembrerebbe di
Mc Cook anche se Taitt usava anche Headley Bennett; non poteva mancare, in un disco
giamaicano del 1967, un pezzo intitolato "Rocksteady",giusto? ed ecco, sesta
traccia di questo disco, People Get Ready ( This Is Rocksteady), ed immediatamente a
seguire quello che, a mio spassionato giudizio, è il migliore pezzo del disco: Cool Cool
Collie, una canzone che, oltre ad essere caratterizzata dal delicato e sognante cantato di
Hopeton Lewis il quale, a questo punto dellalbum, già rientra tra i tuoi artisti
preferiti, è anche la prima canzone giamaicana dedicata alla ganja a questo punto
costringendomi a ricordarti che "collie, is not a dog"; avvicinandosi la fine di
questo cd che dura solo poco più di mezzora, cè la bellissima This Music Got
Soul, e sta pur certo che Lewis è in grado di convincere chiunque lascoltasse anche
distrattamente
per me, ovviamente, non cè dubbio: THIS MUSIC GOT SOUL!; come
penultimo brano cè una più sedata What You Gonna Do con il suo penultimo, grande
accompagnamento di chitarra da parte di Taitt; il disco si conclude con il pezzo This Poor
Boy, la cui base ritmica fornita dai Jets, simile a quella della traccia # 3, viene
cavalcata dallultima apprezzata performance vocale e dallultimo amabile solo
di chitarra.
Senza dubbio un valido esempio di che musica ottima veniva prodotta dalla
Merritone, nei Federal Records studios di Ken Khouri; da procurarsi!
a cura di Sergio
Rallo
a cura di Sergio
Rallo
Liberator
"Worldwide Delivey" Burning
Heart 1998
Lestremo nord è scosso da uno Ska-quake senza precedenti!
La Svezia vibra investita dalle onde sonore dei bravissimi Liberator. Chi conosce i loro
primi due dischi rimarrà entusiasta dellultimo CD, appena sfornato per la Burnig
Heart.
Letichetta specializzata in Punk, negli ultimi anni sè resa conto delle
potenzialità della musica dorigine giamaicana, producendo i Chickenpox, i Tic Tox e
i Liberator appunto. La loro è una musica potente, con influenze di tutti i generi,
tenute insieme da arrangiamenti accattivanti, da "colori" ricercati e da
soluzioni ritmiche particolarmente seducenti e provenienti dal Reggae dallo Ska, dal
Rocksteady. La produzione è cristallina, il booklet ricco di foto e testi, e parlare di
ogni singolo pezzo richiederebbe lo spazio di un intera pagina su SkabadiP, tanta è la
varietà musicale infusa nei 14 brani che abbiamo trovato in "Worldwide
Delivery". Siamo certi di non sbilanciarci affatto nel poterlo già ritenere uno tra
i migliori dischi Ska del 1998.
Consigliato a tutti: da quello vestito in completo nero con pork pie, a quella testa
rasata dallaria incazzata, alla sensuale modette meravigliosamente "60s",
al punk che ha esagerato col piercing per finire allo skaters adolescente che, armato di
spray, dipinge la facciata del mio palazzo a suon di Ska-core
maledizione a lui
Lets skank con i Liberator till the morning comes!
a cura di Sergio
Rallo
Liberator
- "Too Much Of Everything" / "Everybody Wants It
All" (cd singolo) - Burning
Heart, Svezia, 2000
Su 11 tracce contenute in
"Too Much Of Everything", nuovissimo e curatissimo cd
degli svedesi Liberator, ho dovuto constatare, con mia amara
sorpresa, la presenza di soli 4 brani direttamente riconducibili
alle sonorità Ska/reggae.
Il resto, pur ben prodotto e non stupendoci troppo consci come siamo
dell’eclettismo dei Liberator, nulla o poco ha a che fare con la
musica che ci occupa.
Registro, così, la netta sterzata dei Liberator nella direzione di
un punk/hard-rock caratterizzato da influenze svariate e perciò
difficilmente classificabile (molto più in linea, si dirà, con il
materiale usualmente prodotto dalla Burning Heart Rec.), componente
musicale che, certo, non è mai stata assente nel lavoro dei
Liberator ma che in questo "Too Much
Of Everything" ha preso decisamente
il sopravvento.
Sì, ok, Liberator sono ancora in grado di creare sempre
interessantissime canzoni "Ska", estremamente
collezionabili, come la balzellante "Once You Start (You
Can’t Stop)" o la bellissima e terribilmente melanconica
"21st Anniversary", e, ancora,
"Cutback" o l’emblematico slow reggae "Love Strikes
Rarely", ma è un dato di fatto che la "vena
creativa" della band svedese stia attingendo ad altre fonti
primarie.
Una considerazione va fatta, però, ed è che i Liberator, oltre a
dar sfogo alla propria, legittima ed insindacabile scelta creativa e
seguire la direzione musicale che più gli aggrada, cercano con
"T. M. Of E." una nuova, differente e, soprattutto (spero
per loro), più numerosa fetta di pubblico. Ad onor del vero, lo
fanno bene (la loro bravura non è in discussione, soprattutto dopo
averli visti dal vivo), proponendo un prodotto di grande qualità ma
che mi ha visto addirittura in dubbio sull’opportunità di essere
recensito sulle pagine di SkabadiP, ché, è intuitivo, se dovessimo
recensire tutti i dischi in cui ci sono 4 pezzi dai ritmi Ska e
reggae, avremmo dovuto recensire anche Morcheeba, Chemical Brothers
o, peggio, il figlio di Higlesias e Ricky Martin!
Le speranze di ascoltare in un prossimo futuro grandi pezzi Ska/reggae come quelli cui i Liberator ci hanno abituati fin dal
mini cd "Freedom Fighters" (1995) restano comunque
aggrappate al singolo tratto da "T. M. Of E." dal titolo
"Everybody Wants It All".Infatti, oltre al non Ska che gli
dà il titolo, "E.W. It A." contiene 2 tracce non presenti
nel "Long Playing" di cui sopra e che sono 2 godibilissimi
e, come è usuale per i Liberators, particolari brani: uno è una
canzone reggae dal titolo "It Hurts So Good",
caratterizzato da una conclusione di grande respiro
"soul", l’altro è un piacevole strumentale
dall’inizio dub e robusta struttura early reggae, opportunamente
intitolato "Heatwave" trattandosi veramente di
"un’ondata di caldo".
Quindi, in detto cd singolo (trascurando il fatto che contenga 3
tracce) prevale il genere che ci piace ed è per questo che sono
speranzoso di poter ascoltare in un prossimo futuro qualcosa più
propriamente Ska da parte dei Liberator.
In conclusione, consiglio il singolo a chi apprezza più il lato
reggae dei Liberator, mentre consiglio "Too Much Of
Everything" a chi già apprezza le loro composizioni non Ska tipo quelle presenti nel mini cd "Carefully Blended".
Arrivederci, Liberator.
a cura di Sergio
Rallo
Loaded "More Midnights Than Mornings" Grover
Record 1998
Ci sono gruppi Punk che talvolta suonano Ska e gruppi Ska che
talvolta suonano Punk. Loaded rientrano nella seconda categoria.
Non fossaltro che per la formazione (un trio, ma per questo CD i Loaded si sono
serviti anche di un sassofonista e delloccasionale intervento di Richie aka Dr.
Ring-Ding e della tastierista dei Ngobo Ngobo) questo gruppo americano perché americani i
membri e tedesco perché nato e formatosi in Germania potrei descriverlo come i Police
dello Ska ma senza influenze New Wave del gruppo di Sting.
Il retroterra culturale dei Loaded è, infatti, il variegato mondo del Two-Tone Ska, con
approccio musicale poco più punkeggiante di quanto era quello di Selecter e Specials.
M.M.T.M. è un disco potente, in cui si può trovare dellinfiammato Ska-rock come
"Ska City Rockers", Two-Tone Ska come "What Were You Thinking" (grande
testo con cui sono in sintonia), la "nutty sound" di ispirazione Madness
"Ten Beers Later", strumentali dai ritmi incalzanti sui quali prendono il volo
alcuni assoli di chitarra e trombone che vale veramente la pena ascoltare, come in
"Colt Seavers: Bounty Hunter", e ancora Dub particolari, Oi! e un pizzico di
Punk-rock per un totale di 13 brani tra cui non cè nessun riempitivo.
Potrebbe (dico potrebbe) non essere gradito ai "fighetta" che hanno scoperto
ieri lo Ska-trad o il Rocksteady e non ascoltano altro per ristrettezza di vedute ma ciò
non toglie la convinzione di avere ascoltato un disco veramente Loaded!
a cura di Sergio Rallo
Lord Tanamo with Dr.
Ring-Ding & the Senior Allstars - "Best Place in the
World" - Grover records,
Germania, 2000
Credo di poter dire con una
certa dose di sicurezza che Joseph Gordon, in arte "Lord
Tanamo", sia uno dei pochi artisti conosciuto per un solo disco,
ovvero "In the Mood for Ska", uscito ben 7 anni fa per
l’etichetta Trojan.Detto ciò, constato
come, alle soglie di questo terzo Millennio, Lord Tanamo non si
preoccupi minimamente di ripetersi e, mantenendo un piglio da
conservatore, della suddetta vecchia raccolta ci ripropone addirittura
la metà dei brani.
Parte, infatti, il suo nuovissimo LP "made in Germany"
proprio con la notoria "In the Mood for Ska" e, sempre nel
lato A, trovi anche "Rainy Night In Georgia" e "Come
Dung" ( di cui scopro solo ora il titolo giusto dato che, tanto
per la cronaca, nel disco Trojan era intitolata "Come
Down"); mentre nel lato B ci sono "Keep On Moving" (per
me, da sempre, uno dei suoi migliori brani) "Mother’s
Love", "I Had a Dream" e l’altro "cavallo di
battaglia" del Tanamo, "Iron Bar".
Eccetto per "Keep On M.", in una versione più Ska che
reggae psichedelico come in origine, queste nuove versioni non si
distaccano molto dagli originali nell’effetto d’insieme.
C’è un altro brano che Mr. Gordon ha deciso di rispolverare facendo
raggiungere il numero di 8 ai brani già noti di questo ellepì che ne
contiene 12, parlo di "Big Trombone".
Rimangono dunque 4 inediti: la canzone che dà il nome al disco,
"Out Of This Big World" (che è entrata subito tra le mie
preferite), una particolarissima versione in stile Burru di "Hard
Man Fe Dead" ed il Mento-Calypso dal titolo "Mussu"
(per non dimenticarsi le origini).
Sempre notevole interprete della Sua musica, Lord Tanamo conserva la
stessa distinguibile voce che ce lo ha reso familiare non certo per
virtuosismi ma per un senso del tempo veramente unico ed uno stile che
affonda le sue origini nel popolarissimo genere da ultimo citato.
Impeccabili i Senior e Ring Ding che accompagnano, con la solita
precisione a noi nota, il cantante naturalizzato canadese e, per una
volta, No Ragga At All!
Ska tradizionale e reggae per le nuove generazioni mentre le vecchie,
che pur lo acquistano motu proprio per fini collezionistici,
attendono un album solo di novità.
a cura di Sergio
Rallo
Los Hooligans
"Traditions" Moon Ska 1997
Dodici tracce in questo disco di debutto dei californini Los Hooligans, una
più avvincente dellaltra. Una formazione, quella dei Los Hooligans, il cui sound si
rifà, partendo dallo Ska tradizionale, più allo Swing anni 60 e alla Latin-Music
che alle sonorità più tipicamente giamaicane. Un ottimo "tiro", arrangiamenti
accattivanti della sezione fiati della quale fanno parte ottimi solisti
luminosi strumentali e canzoni molto diverse tra loro sono le peculiarità di questo cd.
Lassenza di Rocksteady e Reggae fa supporre una scelta artistica precisa che non si
risparmia brani molto veloci e moderni come"Wrong Side of The Tracks", la molto
latineggiante "Lady In Red" e il bellissimo strumentale "Sonora".
Se doveste trovare questo cd sul bancone del vostro negoziante di fiducia, acquistatelo
senza timore e che lo Ska sia con voi.
a cura di Sergio Rallo
Luana Point – "Two Is
Better Than One" 45, Leech Records,
Svizzera, 2000
E sì, certi 45 giri, non volendo diventare una
forma desueta di ascoltare musica (anche solo per registrarli in
cassetta per poi accuratamente conservarli) li devo recensire per
forza. Sono troppo belli.
Come questo "Two Is Better Than One"
degli svizzeri Luana Point che offrono due tracce di gradevolissimo
ska trad. bello caldo.
La prima, "Les Liaisons
Dangereuses", è una canzone (cantata però in inglese) con
grande prevalenza della parte strumentale, forti influenze latine ed
un eccellente colore anni ’60. Ampio spazio alla nutrita sezione
fiati, bel solo di chitarra e brillante piano ska; notevole la
conclusione sambeggiante.
La seconda registrazione è uno
strumentale dal titolo "In Flagranti Ska", un bello
strumentale nella cui seconda parte del tema dei fiati è evidente l’ispirazione
tratta dagli Skatalites – che, sia detto in quest’inciso,
cominciano ad essere onnipresenti nel lavoro di centinaia di
formazioni di ska trad - e che è arricchito da pregevoli soli di
chitarra e tastiera di ambiente soul/r&b.
Un pezzo di vinile da avere nell’attesa
di un atteso già da adesso LP.
a cura di Sergio
Rallo
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