Vallanzaska

100% Demential Ska



200% Demential Ska

Ero già riuscito a beccare i Vallanzaska qualche tempo fa, ad una serata di presentazione di SkabadiP. Quello che ne era uscito era però troppo demenziale, anche per loro, anche per me. Ora li ritrovo più seri che mai, pronti ad una sfilza di domande sul loro passato, presente e futuro. Ah, e anche sugli Ottagoni Netti.



Attenzione! quest'intervista è viva. Pericolo di salto nell ipertesto.


scaricati il videoclip di Cheope!

Come nascono i Vallanzaska?

I Vallanzaska nascono dal desiderio di imitare i gruppi Ska di fine anni ‘70. Quello era un periodo di entusiasmo e gioia trasmesso attraverso lo Ska. In realtà noi non conoscevamo neanche il Rocksteady. È stato quello dei Madness e degli Specials lo Ska delle origini dal nostro punto di vista.

Tornando da un viaggio in Brasile, Gianluca e Davide, con le cuffie nelle orecchie, mentre ascoltavano il primo disco degli Specials, sognarono di fare delle cover Ska e si ripromisero di creare una formazione. Prima di costituire il gruppo nel 1991, i cinque elementi base dei Vallanzaska avevano già suonato assieme, eseguendo cover del Rocky Horror. Gianluca e Davide contattarono Michele, Lucio e Pietro con cui appunto avevano già suonato per dare via a una cover band Ska rigorosa nei confronti dell’iconografia propria del genere, e quindi look rigorosamente gangsteristico, occhiali da sole e pork pie hat. La differenza tra noi e un gruppo Ska acculturato è che al tempo non conoscevamo né il Rocksteady né le sonorità originali giamaicane.

È poi sorto il dubbio del nome. Un bel giorno Davide se n’è uscito in sala prova affermando che ci aveva pensato tutta la notte. Prima aveva pensato "Mantegazka" (il nome storpiato del rettore della Statale di Milano), poi gli era venuto in mente "Vallanzaska" e crediamo sia meraviglioso. C’è stata un’ovazione e da lì in avanti nessuno ha mai pensato di discutere un nome così appropriato.

Perché appropriato?

Perché il vero romantic-gangster italiano per eccellenza è Renato Vallanzasca. E lo Ska, si rifaceva al gangsterismo. Non condividiamo in pieno le scelte di Vallanzasca, anzi hanno dell’orrido ma ne abbiamo preso il nome e il simbolo, il tutto in chiave umoristica.

Cambiamenti di formazione nel corso degli anni?

Innumerevoli e continui. Sostanzialmente c’è una base: il cantante Davide, il tastierista Gianluca, il bassista Michele e il chitarrista Lucio. Dopodiché una sequenza di trombe, trombette trombini, "pseudobatteristi", batterista vero e compagnia bella. Attualmente la formazione è eccellente dal punto di vista tecnico, oltreché quanto mai stabile e unita.

All’inizio era interessante ma anche poco professionale alternare fra loro cantante e batterista al microfono e alla batteria, fino a che la svolta professionale ci ha condotto a prendere un vero batterista.

Alla fine in ogni caso il nostro modo di suonare è sempre stato legato all’improvvisazione. Questo significa che quando abbiamo dovuto migliorare tecnicamente per affrontare un pubblico pagante, abbiamo dovuto rinunciare a persone portate all’improvvisazione sostituendole con elementi altrettanto creativi ma più rigorosi.

La formazione attuale è costituita da: Alessandro Silipigni alla batteria (limitatamente alle sue esigenze), Davide Romagnoli alla voce, Gianluca Mancini alla tastiera, Michele Galan al basso, Lucio Contini alla chitarra, Stefano Banfi alla tromba, Andrea Ricci al Sassofono tenore, Gigi De Gaspari al trombone e sputacchi.

Dai Vallanzaska con furore...

Perché la scelta di cantare testi demenziali?

Non è una scelta, ma un istinto naturale. In realtà il demenziale non esiste, ma esistono i dementi. Noi in parte lo siamo, nel senso genuino della cosa. Questo è il nostro approccio con la demenzialità, noi ci troviamo e cadiamo, spesso scivoliamo, nel più sincero e profondo rapporto con il demenziale. In realtà abbiamo un approccio ironico alla vita del musicista, poiché non siamo "veri" professionisti. Per quanto riguarda i testi, non sono il frutto di una scelta collettiva, ma il lavoro di Davide e Lucio che, con tonalità diverse, hanno una vena umoristica e ironica da noi apprezzata. Alcuni testi sono poi di Gigi, il trombonista, che pur rimanendo nell’ironico, ha un diverso "colore" rispetto ai precedenti.

Quale metodo seguite nella composizione di una canzone?

In genere, nato un giro armonico o un tema melodico, questo viene arrangiato in sala con tutti gli elementi del gruppo, ed infine si trova un testo.

Ma possiamo anche intendere la creazione come una costruzione mattone su mattone integrando e correlando il tutto: testo con giro armonico e viceversa. Se ci sono delle particolari esigenze di metrica, ad esempio, ci adattiamo modificando il tema musicale. Diciamo che la materia sonora è continuamente malleata. Ultimamente abbiamo provato a costruire le musiche a partire dal testo, e i risultati sono stati ottimali, vedi Cheope o Aereoplanino.

A proposito dei vostri testi…ricorrono temi comuni…mi riferisco alla figura della cubista in Saccarina ma anche in Cheope o, sempre in Saccarina, l’accenno agli alieni evoca temi spaziali ripresi poi in Spazioporto…dite la verità tutto ciò è intenzionale, come la citazione del Can Can dei Bad Manners in Skipass?

Distinguiamo. A noi è sempre piaciuta la citazione considerata come "special". All’interno dei nostri pezzi puoi trovare brevissimi richiami a Miles Davis, vedi Massaia, Herbie Hancock in Aereoplanino, il Can Can dei Bad Manners in Skipass, e le altre ve le lasciamo scoprire. Per quanto riguarda i testi, se vi è ricorrenza è del tutto casuale. Lo Spazio per esempio, ricorre perché soprattutto a Lucio piace la fantascienza.

Ma nella vostra demenzialità…c’è anche qualcosa di autobiografico? Skipass per esempio…

Sì, la demenzialità nasce dalla natura contingente che ci avvolge quotidianamente e ci ostacola sia che noi siamo in montagna, sia che siamo in pianura. E quindi attenzione a non incrociarci ai semafori!

Soprattutto da quando ci hanno regalato un furgone arancione, per gli spostamenti della band.

La storia di Skipass è la storia di un catastrofico volo di Michele Galan sugli sci in compagnia della band. Noi abbiamo scritto Skipass perché un volo di quel genere ci faceva molto ridere (forse meno a Michele, mentre volava).

L’autobiografia è un tipo di scrittura a noi congeniale, visto i nostri rapporti con la suddetta natura avversa. Comunque contiamo di non basare la nostra ricerca stilistica esclusivamente sull’autobiografia né sul demenziale. Non ci precludiamo nessuna sperimentazione. Vi sono alcuni pezzi, per esempio, in cui è forse più marcato l’aspetto surrealistico delle evocazione, tant’è che Idroska, Setta, e Saccarina sono situazioni grottesche più sull’irreale che sul demenziale. Giochiamo molto sulle parole e sul linguaggio, sulla sua dimensione metaforica. Comunque Aereoplanino è decisamente demenziale.

Ma non solo i testi possono essere ironici, al contrario anche un pezzo strumentale può essere divertente. Fondamentalmente non siamo un gruppo serioso, questa è l’unica cosa certo!

Divano assassino

E non è certa neanche questa, intendo che siete un gruppo. Ho sentito che avete uno sdoppiamento della personalità…

Bravo: il problema della canzone è che ha delle strutture assai rigide. I Vallanzaska fanno canzoni. È appunto per evadere da questi schemi che abbiamo ideato un gruppo parallelo ai Vallanzaska, i Vattelapeska, nel quale vige una pressoché totale improvvisazione accompagnata dalle cover che abbiamo sempre amato.. Dicevamo prima che anche uno strumentale può essere divertente, e i Vattelapeska si sono espressi in un approccio demenziale al discorso musicale. Di sfondo è sempre presente il levare dello Ska, ma poi c’è del Jazz (ma non troppo rigoroso), c’è della Tecno, c’è Bossanova, c’è del Liscio, e quant’altro si possa inserire in un contesto live.

Nei pezzi dei Vattelapeska giochiamo con l’improvvisazione a prescindere da generi e scalette. Se ci viene in mente un ritmo, si parte e si segue tutti assieme, proprio in diretta sul palco. Il risultato è il piacere di suonare e la trasmissione al pubblico di questa totale flessibilità. I Vattelapeska sono totalmente alle prime armi, avendo alle spalle solo tre concerti, e non hanno scopo ben definito, oltreché suonare sul palco.

Inoltre la formazione è aperta ad ogni tipo di jam session con altri musicisti.

Tipo?

Clarinettisti, trombonisti, sassofonisti e fiati in genere. Se uno sa suonare la batteria, può salire sul palco e suonare con noi, o prima del concerto chiamiamo dei nostri amici musicisti e senza fare prove gli lasciamo lo spazio per eseguire degli a soli qualora lo desiderino.

I Vattelapeska sono un modo come un altro per passare una serata suonando: è molto divertente e anti stress. Così tanto che suoni una volta e per un mese ti tranquillizza. È una terapia, noi ci divertiamo un casino. E i commenti sono molto favorevoli. C’è chi già li preferisce ai Vallanzaska…

Autocannibalismo?

Nooo…è un attività che ci prende molto poco ma facciamo con divertimento.

Qual è il raggio d’azione dei Vallanzaska…fino a dove avete portato la vostra musica, girando in sidecar suppongo…

Peggio, su quattro sidecar visto che siamo in otto. L’estremo meridionale che abbiamo toccato è stata Roma. L’estremo settentrione Lugano. Quindi il nostro raggio d’azione non va oltre la Gallia cisalpina e i domini Vaticani. Prevalentemente suoniamo a Milano e nell’hinterland. Siamo molto richiesti dalle parti di Mezzago, di Arese di Legnano. Quelle sono le zone che battiamo più frequentemente, oltre al bergamasco.

Ma ora col furgone?

Non è cambiato molto, visto che è rotto. Comunque stiamo stabilendo dei contatti per conquistare il mondo, se lo permetteranno quei 22 cavalli del furgone!

La massaia va a far la spesa, ma nel tempo libero io so che va ai concerti dei Vallanza. Che importanza ha il pubblico per voi, per il messaggio che portate, insomma chi è che viene ai vostri concerti, oltre alla massaia intendo…

Il pubblico è dei più eterogenei, non oltre i quarant’anni. Dipende assai dal luogo. C’è una bella differenza tra un centro sociale di Milano e una festa della birra di Vedano Olona. Il pubblico è fondamentale, più balla meglio stiamo. Oggigiorno i Vallanzaska sono uno dei gruppi Ska più conosciuti nei licei milanesi, tant’è che nei nostri concerti a Milano la prima fila è quasi sempre occupata da liceali, ragazzi di massimo 18 anni. Il che ci gratifica, visto che cresceranno e diffonderanno il verbo.

Per quanto riguarda la generazione dei nostri coetanei, credo che abbia deciso di rimanere al bancone. Diciamo che il pogo non è la reazione tipica ai nostri concerti, vi è più skankeggiamento e osservazione incredula e allibita.

Come nasce la vostra passione per lo Ska?

All’interno del gruppo ci sono dei cultori dello Ska, vedi Davide, Michele e Lucio. Hanno saputo influenzare gli altri a dovere. Alcuni proprio ne erano all’oscuro, prima di entrare nel gruppo, vedi Alessandro, e lo hanno subito amato. Altri, vedi Gianluca, non lo ascoltano mai, ma lo suonano per divertirsi. Tutti quanti siamo entusiasti del potere che ha lo Ska di farti divertire. Il levare vince il battere ma non lo annulla, questo equilibrio delinquente è una forza della natura.

Quali sono gli artisti Ska e non che più hanno ispirato il vostro sound?

I due gruppi che hanno influenzato i Vallanzaska maggiormente sono i Madness e gli Specials, almeno per i primi tempi. Dopodiché nel nostro particolare modo di vedere lo Ska siamo stati influenzati da artisti come Frank Zappa, Elio e Le Storie tese, gli Who, e tanti altri dei più disparati. Le nostre provenienze individuali si fondano e danno luogo all’unico fine di realizzare un pezzo bello. Come dicevamo prima siamo poco ossequiosi rispetto all’esecuzione tradizionale del genere Ska, e per questo indefinibili in una specifica corrente, proprio perché le influenze sono le più diverse. L’amore per il Jazz è scontato, ma siamo di gusti estremamente vari. Questo arricchisce il nostro modo di fare musica. Il fatto che il nostro Ska non sia facilmente definibile non sappiamo se è un limite o un vantaggio: ditecelo voi!

Un bilancio del vostro CD a qualche anno dalla sua comparsa su questa terra. L’avete autoprodotto o vi ha aiutato Renato?

L’abbiamo solo venduto a Renato per 50.000 dobloni d’oro e i segreti per avere successo con le donne.

A parte gli scherzi, è stata una autoproduzione vera e propria, con tanto di incisione, stampa e distribuzione a nostre spese.. il bilancio è stato decisamente positivo: abbiamo distribuito duemila copie in due anni e mezzo. Il CD ha avuto anche un buon successo di critica. Siamo orgogliosi di esserci prodigati per quest’opera prima, ma non vorremmo più rifarla.

Perché?

È troppo faticoso! Se dovessimo ancora autoprodurci ci piacerebbe quantomeno trovare una distribuzione.

Il disco è stato il mezzo più efficace con cui siamo riusciti a diventare noti al pubblico. Ne siamo veramente orgogliosi.

Così orgogliosi da volerne fare un altro, nonostante lo sbattimento?

Attualmente lo scopo è quello di poter uscire con un nuovo album, visto che adesso siamo diversi, cresciuti e con parecchio materiale a disposizione.

Quand’è che le piramidi di Cheope riusciremo a vederle anche noi incise su un disco? Saranno incluse nella compilation che sta producendo la Uaz Records dei Persiana Jones?

Le piramidi di Cheope le vedrete su due compilation. La prima uscirà con un etichetta indipendente di Piacenza, la "Face Records", con una distribuzione della Sony il cui titolo è Mondo Beat. Per quanto riguarda la seconda, è proprio quella della Uaz records e si intitola: Italian Ska Invasion. Comprende praticamente tutti i gruppi Ska italiani conosciuti

A proposito di altri gruppi, com’è il vostro rapporto con la scena Ska milanese/italiana?

Eccellente. Collaboriamo con giovani gruppi milanesi come i Matrioska, facendo arrangiamenti e palpeggiamenti vari. Con gli Smarts c’è uno scambio di musicisti ai concerti, in funzione di ospiti, ed è un bell'andare. Con i Persiana Jones abbiamo un rapporto di amicizia e collaborazione, vedi l’uscita della compilation. Ci piacerebbe collaborare con il maggiore numero di gruppi possibili per poter creare un vera fattoria Ska. È molto interessante il proliferare di band, soprattutto qui a Milano. Sarebbe auspicabile che ci fossero locali più attenti a queste nuove aggregazioni, cosa che ancora non avviene.

E il rapporto all’interno del gruppo? Siete affiatati o in realtà vi hanno scelto con un casting tipo le Spice Girls?

I Vallanzaska sono molto affiatati e sono amici anche fuori dalle sale prova. Condividono tante cose oltre al gruppo. Certo, sono stati selezionati da una grossa agenzia giapponese nel 1961, agenzia che ha individuato in noi lo stereotipo del tossico, omosessuale, alcolizzato, del perfetto idiota proprio per vendere il prodotto a questa tipologia di persone. Il problema è che queste persone non se la bevono, e quindi questo era solo uno scherzo. Ci si vede anche al di fuori delle prove, si va tutti e otto al cinema mano nella mano, si parla come Qui Quo Qua raddoppiati e aggiunti di due paperini, con una metrica rigorosamente in levare.

Cosa fate quando non siete i Vallanzaska, dico a parte impronarvi sulle piste da sci…

Le professioni più varie, dall’impiegato allo studente al disoccupato, al pentito di mafia, allo starnutatore di porto, sempre in levare.

Avete suonato un Jingle per la Heineken…tra l’altro molto carino. È l’unica marchetta che avete fatto o ce ne sono altre? Come gestite la vostra immagine? Siete assicurati ai Lloyds di Londra?

Il bello è che le marchette le facciamo gratuitamente, visto che la Heineken ci ha pagato meno di quanto ci poteva pagare un clochard per un’esibizione sotto un ponte. Diciamo che in quell’occasione ha prevalso l’esigenza di manifestarsi al mondo, e di bere qualche birra gratuitamente. L’esperienza è stata piacevole, e sono in programma altre marchette gratuite. Insomma, ci danno solo dei gettoni di presenza.

Anche se non per una marchetta, ma siamo apparsi anche a Odeon Tv.

Accontentate il lato morboso del pubblico di SkabadiP…raccontateci qualche succoso fatterello che vi è capitato nel corso delle vostre performance...che so, ragazze invasate che vi hanno sequestrato per usarvi come oggetti erotici…

Magari…non succede mai. Piuttosto può succedere di finire in locali il cui pubblico fa di tutto tranne che interessarsi a noi che suoniamo.

Un aneddoto simpatico: una volta dalle parti di Magenta abbiamo suonato in un salone vuoto e triste soprastante una trattoria. Per dare un senso alla performance e richiamare l’attenzione dei pochi e rari avventori, Davide ha pensato bene di esibirsi in una spettacolare verticale accompagnato dal suono del gruppo. Sennonché la verticale si è rovinosamente spenta su una serie di lampadine accese sovrastanti il palco, creando un disastroso effetto cacofonico, rigorosamente accompagnato dalla band. Una volta, finito di suonare non troviamo Michele e dov’è? Dentro a un cimitero nei pressi del locale!

Cosa faceva?

Si nascondeva da non si sa chi.

Fino a qui tutto bene, solo che a ritrovarlo non siamo stati noi ma la polizia insospettita. Michele interpellato dai poliziotti sul motivo della strana permanenza nel campo santo, ha educatamente esposto le sue motivazioni, e cioè che stava cercando la tomba di sua Nonna…cosicché, insieme ai poliziotti, l’allegra compagnia si è prodigata nella ricerca della sacra reliquia, fino a trovarla per la gioia di tutti, nonna compresa.

Cosa volete fare da grandi?

Quello che facciamo da bambini, quali siamo. Sperando però di ricavarne qualche spicciolo in più. Giusto per dedicare più tempo a questo nostro amore matto e disperato. Anche perché se no, non miglioreremmo più di tanto.

La band sul retro del CD "Otto Etti Di Ottagoni Netti"

Qualcuno ha vinto il concorso che avete lanciato sul vostro CD, quello in cui si chiedeva di scoprire gli oggetti nascosti nel marchio dei Vallanzaska, o è un enigma che rimarrà per sempre irrisolto?

È un enigma tuttora irrisolto e che farebbe impallidire quello della sfinge. In realtà non sappiamo neanche noi qual è la risposta giusta. Crediamo che il logo dei Vallanzaska sia costituito da un coltello e una paletta di basso, con le chiavi a mo’ di pork pie hat, ma non ne siamo assolutamente certi. Tant’è che non abbiamo mai incassato gli otto etti di ottagoni netti.

Uhmm…una domanda che mi sono sempre posto: Ma quanto fa Otto Etti di Ottagoni Netti?

Per questa risposta telefoniamo a Davide, non presente sul posto, sicuramente colui che più è compertente in materia.

È un unità di misura in senso di peso, praticamente è un misto tra peso e area. Sono due unità di misura, sono il peso e l’area geometrica. Qui è bidimensionale, ma è il primo passaggio per divenire il primo gruppo tridimensionale del mondo…e questa tridimensionalità l’aggiungerà la nuova compilation.

Un saluto agli Skabadippers.

Cighidappa ocio al mocio e voi non sapete che Paperina, sotto sotto ha una storia vissuta e turpe con il commissario Basettoni, il quale a sua volta ha una storia con uno dei bassotti. Smettetela di credere a quelle favole edulcorate che vi passa la Disney. Se volete sapere la verità dovrete comprare il prossimo disco dei Vallanzaska, che non esiste ancora purtroppo…



Come contattare la band?


Sito Internet: http://web.tiscali.it/skacucciago/vallanza.html


10 Febbraio 1998

A cura di Alessandro Melazzini

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