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Vallanska - "Cheope" - Audiar/Sony Music 1999

Se credete che i "Vallanza" abbiano mai registrato un disco prima di Cheope, magari rafforzati in quella certezza dal fatto che lo avete pure comprato, ebbene: vi sbagliate!
Cheope è il primo vero album di debutto del gruppo Ska milanese che dai tempi del Liceo è arrivato in pienissima forma e senza dare cenni di stanchezza ad affacciarsi al mondo del lavoro; il disco è senz’altro uno dei migliori dischi "Ska" partoriti in Italia dai tempi di Jungle Jubilee dei Casino Royale e non mi sbilancio neppure un po’ con tale affermazione per due banalissimi motivi: primo, non ho memoria di un disco veramente Ska ( il che significa escludere tutti quei gruppi che, come diciamo noi a SkabadiP, fanno anche Ska ) così ben prodotto e curato; secondo, mia madre, mentre dallo stereo arrivava la "title track" del cd, mi ha detto che quella canzone la trova proprio divertente e si è messa a cantare il ritornello! e, credetemi, mia madre di musica ne capisce.
Con un’ inaspettata abbondanza di minuti di musica, ben 45 e 55 secondi, suddivisi in ben 13 pezzi effettivi (Genova è una "intro"), i Vallanzaska dimostrano di sapere il fatto loro: da Aeroplanino a Spazio Porto, dalla citata Cheope - che piace tanto alla mamma - a Polli e Pollai a Quante Storie, il disco rotola carico d’energia e ricco di trovate musicali che gli fanno reggere il confronto con i prodotti dei colleghi Ska del Nord Europa e d’Oltreoceano.
Personalmente trovo che Polli e Pollai, gli strumentali Micksteady e We Are Not Alone, la "geniale" Loris ed Efrem, Quante Storie, Ere ed in particolare Macaco, siano i pezzi forti di questo Cheope dove spadroneggia una sezione fiati gestita impeccabilmente ed una voglia di divertirsi in musica e testi che si risolve in melodie accattivanti pronte da essere canticchiate appena finito il pezzo. Finalmente un bell’album di Ska italiano che, scevro da folklorismi, robe rumorose, dialetti e testi tristi e con tutti i suoni al posto giusto, si merita il successo di vendita che sta avendo…e Renato, dalla sua cella, lì a guardare il cielo.

a cura di Sergio Rallo 


 

Vallanzaska - "Si Si Si No No No" - CD, Italia, 2004

Era dai tempi di Cheope (che pure mi pare di ricordare di aver recensito in maniera più che lusinghiera) che non ascoltavo qualcosa dei milanesi Vallanzaska.

Che io sappia, nel frattempo è uscito un altro album della band che, se non erro, aveva un piglio decisamente più rockettaro, sia del precedente che di quello di cui mi occupo ora intitolato in maniera indecisa "SI Si Si No No No".

Nel frattempo noto che della vecchia formazione sono rimasti solo il Lucius, il Galan e La Dava (e chi se la prendeva?) e trovo il bravo Lollo (già Smarts e JLO) alla batteria. Ma la novità al mio orecchio la fornisce sicuramente il piano e la tastiera che sembrano positivamente ispirate ai Madness. La circostanza di una sana ed antica ispirazione dei Vallanza al gruppo di Camden Town risalta piuttosto bene in "Cime" e "Alieni".

Tipica dei Vallanzaska è, invece, la canzone che dà il titolo all’album "Si Si Si No No No", un veloce e divertente ska dall’incisivo giro di fiati che ricorda "Skypass" uno degli "evergreen" della band, mentre melodicamente "Coccinella", buon reggae tranquillo ma senza spessore, ricorda troppo da vicino gli asinini vocalizzi di Jovanotti e la boccio senza remore.

Tra le migliori tracce offerte dai Vallanza, oltre alla title track ci sono senz’altro "Diccelo", "Johnny Boy" e "Da Domani". Mentre tra le più divertenti è da segnalare la brevissima "Tarantella", una specie di parentesi delirante che merita di essere ascoltata.

Tra le meno interessanti (sarà un caso?) ci sono invece le due tracce "impegnate" intitolate "Ecomostro" e "Skacco Al Re".

Totalmente inutili e fastidiosi, infine, se non li stoppi in tempo, sono i quasi 20 minuti di minchiate dal vivo al c.s. El Paso che si possono ascoltare dopo l’ultima traccia e che non bastano comunque a farsi un’opinione negativa di quello che nel complesso è un buon album che non tradisce le aspettative degli innumerevoli fan dei Vallanzaska.


Sergio Rallo

 


Verduns - "Demo" - Autoprodotto, Milano 2000

Li ho visti per caso ad un concerto all’aperto, i Verduns e devo dire che mi hanno fatto divertire parecchio.
E da gente simpatica come dimostrarono di essere in quell’occasione, anche il loro demo è divertente.
4 sono le canzoni in rassegna: la solare "Cocco Bello" che è un agitato Ska tipo canzonetta che si conclude proprio con una citazione di una famosa canzonetta italiana; l’azzeccatissima "Paparazzo" (azzeccatissima perché una volta ascoltato il ritornello non lo dimentichi più) ha anche il pregio di essere registrata in presa diretta dandomi la possibilità di giudicare ancor meglio il lavoro dei Verduns; il tiratissimo hard-core "Mc Donalds" dalla conclusione Ska-delirante, raggiunge lo scopo esilarante; il bello strumentale "Rocksteady", infine, conclude molto bene il demo.
L’impressione dopo l’ascolto è positiva, bella la voce di Filippo Simonetti e certamente Francesco Casamassa, alle tastiere, chitarra solista e tromba (anche dal vivo!), dimostra di essere un entusiasta per la musica Ska.
Ispirati ai VallanzaSka e, pertanto, dediti a testi demenziali, i Verduns, si distinguono però dai Vallanza per il fatto di chiamarsi come lo zio di uno di loro (quello ritratto in copertina) e non col nome di un famoso rapinatore.
Nessun indugio in ragga o hip hop, i Verduns fanno bello Ska moderno da godersi live e, ora, anche su questo demo.

a cura di Sergio Rallo



The 27 Red - "License To Dance" - EP 33, Elmo/Grover Records, Germania, 2002
 

Fin dalle prime note di “Man On The Moon", prima traccia di questo Ep di debutto dei tedeschi 27 Red (che non sono in 27!), il gruppo si distingue per uno ska moderno, veloce e melodico. Tali caratteristiche si ritrovano pure nella successiva “Best Day" e nella prima traccia del lato “B" dal titolo “Angry man".
L’impasto sonoro ricorda, in particolare per le linee dei fiati, lo ska olandese alla Mr. Review, un fatto che sottolinea la non eccelsa originalità della pur dignitosissima formazione.
L’Ep termina con una traccia non ska, un bel lento in stile soul/rock, intitolato “ Leavin’ ", decisamente più interessante delle tre canzoni che la precedono.
Moderni.

Sergio Rallo

 


Water Tower - "Antiossidante" - Autoprodotto 1999

Questo mini cd che contiene 5 brani me l’ha dato uno del gruppo, ci teneva che l’ascoltassi, prudente mi ha anche detto: "Ti farà cagare…". Beh, ero al Bloom, mettevo dischi non certo del genere contenuto in "Antiossidante: era una previsione facile.
A chi gradisce musica urlata, per lo più un non originalissimo h.c./ punk con qualche accenno di Ska, il disco di questo gruppo di giovani comunque volenterosi può andare a genio; io, e SkabadiP con me, sono un appassionato di Ska, per me un nome-contenitore, in cui rientra tantissima musica ma nel quale non troveranno mai spazio altri generi che stazionano in altri "contenitori".
Come quello suonato dai W.T. Sono giovani e con mio piacere molti si avvicinano alla vera musica Ska, il Rocksteady ed il Reggae proprio cominciando a suonare h.c., h.m. o Punk, tra un po’ di anni vedremo.
Nel frattempo del cd posso dire che, oltre ad appartenere ad un genere che conosco poco, denota che le idee dell’autore dei testi sono poco chiare: il disco inizia con "Ammazzalo!" e dopo un pezzo c’è "No War!"…mentre carina è l’idea di dedicare una canzone agli indomiti pompieri…più profondi di quanto ci si aspettasse.

 a cura di Sergio Rallo


Watertower – "Saloon" – Sano Sound, Italia 2002

Col solito ritardo recensisco questo cd arrivatomi tramite interposte persone. Pertanto, ringrazio i Watertower e Marco, il mio pony express di fiducia.

Si tratta di una band brianzola, piuttosto arrabbiata con un po’ tutti e dal look poco rassicurante…….. Molto attivi sul lato live on stage ed alla prima uscita ufficiale dopo un paio di demo.

Ska-core all’80% (il restante 20% è hardcore senza ritegno) con sprazzi di discreta originalità, cori, stacchi e cambi di ritmo repentini, conditi da una spolverata di atmosfera countryeggiante.

Testi tra l’impegnato (un po’ inflazionati) e dementi. Meglio i secondi dei primi in questo caso. I brani sono 8, più una traccia nascosta. Spiccano “l’estate", “parenti serpenti", e “stop", la mia preferita.

Niente di trascendentale ma non male come debutto. Preferirei una chitarra meno cattiva e meno ripetitiva e, come sempre, una sezione fiati degna di questo nome. Nel cd è tutto lasciato in mano ad un trombone (Spizzy, recentemente scomparso in un incidente), cosa che trovo piuttosto incomprensibile.

Non male come debutto ma visto che un nuovo cd pare sia nei programmi prossimi venturi, ci si aspetta grossi miglioramenti. 

Antonio Crovetti

 


Delroy Wilson - "Cool Operator" - Music Collection Int.Ltd 1996 UK

Non credo che avrò mai il tempo di scrivere una biografia completa e dettagliata come il personaggio meriterebbe, ma voglio approfittare della recensione di questa compilation dal titolo (tratto dall’omonimo pezzo del 1972) "Cool Operator" per parlarvi di Delroy "Boy Wonder" Wilson: era un cantante di indubbio talento.
Delroy Wilson, dato il cognome, aveva deciso fin da piccolo di fare il cantante, a cominciare dal coro della scuola, lontano nel tempo, durante gli anni ’50, periodo di grande successo per il R&B – musica che lui adorava - a Kingston, città che gli aveva dato i natali nel 1948.
A soli 12 anni, dopo un’audizione, viene "ingaggiato" dal Sig. Coxone che prende, lo piazza su una cassa di Red Stripe perché non arrivava al microfono tanto era piccolo, e gli fa cantare "Joe Liges", una canzoncina-invettiva, scritta da Lee Perry, contro Prince Buster, il più aggressivo avversario di Coxone nel periodo di massimo successo dello Ska . Ed infatti Delroy ricordava come il Sig. Dodd, voleva che lui fosse il "missile" che doveva colpire il creatore del sound system "Voice Of The People" ed abbatterlo ma, diceva Delroy, "Buster sembrava possedere un superpotere: manteneva saldamente la propria posizione"(da "Reggae" The Rough Guide).
In tale ottica, sempre scritta da Perry, venne registrata anche "I Shall Not Remove", successivamente raccolta, circa 6 anni dopo la sua uscita in 45 giri, nell’omonimo ellepì (del ’66 ma contiene materiale dei primi ’60), insieme a "Joe Liges" e altri brani facenti parte della Storia della musica Ska come "Treat Me Right", "Pray For Me" e "Bend My Love", che connotano decisamente Wilson come "cantante sentimentale".
Delroy, lo si trova anche "sparso" qua e là in varie compilation del periodo "early Ska", come su Ska Authentic vol. 2, con "Love Abiding" e "Spit in The Sky" in History of Ska Vol. 2 che sono, come le altre accluse nel citato "I Shall Not Remove", canzoni in una vena ancora molto R&B, alla maniera dell’Aitken di prima maniera ma senza quella patina "Blues" che caratterizza quest’ultimo artista.
E’ nell’annata di maggior successo dello Ska che Delroy, comincia a trovare una connotazione artistica personale, o, meglio, l’adolescenza passava e la voce da "sbarbo" si stabilizzava.
Nel 1965 con "I Want Justice" Delroy, il nostro "Cool Operator", si produce in uno dei più eccitanti e "cattivi" brani Ska di quel periodo d’Oro.
Allineata sulla scia del rallentamento generale verso cui andavano i ritmi suonati nelle sale di registrazione dell’isola dall’inizio del 1966 è, invece, "Look Who’s Back Again", soave duetto del Nostro con l’incantevole Keith "Slim" Smith (Techniques, Uniques).
Ma è durante il periodo Rocksteady (‘66/’67) che Wilson si imporrà come uno dei migliori interpreti del Soul giamaicano, contribuendo non poco all’affermazione del "nuovo ritmo" con "I’m In A Dancing Mood" un pezzo che invita – inevitabilmente - a ballare la sua musica, che sarà tra i suoi più duraturi successi e, quindi, immancabilmente presente nella raccolta "Cool Operator" nella sua ottima rilettura Reggae anni Settanta.
Infatti, arrivati a questo punto della storia, posso anche cominciare a dirvi qualcosa del CD "Cool Operator" di cui – come spero ricorderete - questa che leggete vorrebbe esserne la recensione. Scrivo ora del disco perché durante gli anni Settanta Delroy, sempre tra velocissimi picchi di successo e altrettanto rapide discese, ripropose (quasi tutti per il produttore Bunny Lee) parecchi suoi successi del periodo Rocksteady.
Dal suo 2° lp per Coxone, da titolo "Best Of" sottot.: "Original 12" ed io aggiungerei: vero capolavoro Rockstady, è tratta "Riding for A Fall" un brano originariamente dei Tams americani e cover decisamente "azzeccata" per Wilson che ebbe un ottimo successo di vendite; in questo cd è rivisitata da Delroy nel 1976 ; anche la bellissima "Trying To Conquer Me", sempre scritta a 4 mani con Perry, proviene da quell’ellepì, godetevela nella versione più recente di questo cd.
Dal suo 3° ed ultimo album con la Studio One di Coxone "(Feel) Good All Over", invece, sono tratti la funky-soul "Can’t Stand It" (uno dei miei brani preferiti ), l’eccellente "Rain From The Sky", "Once Upon A Time" e la stupenda "I’m Not A King" (quest’ultima splendidamente coverata da Prince Buster nella geniale versione "vietata ai minori" nel 1969) che ci dà la possibilità di valutare anche le capacità componitive di Delroy visto che, questa volta, il testo è tutta farina del suo sacco.
La cosa che colpisce di più, oltre alla bellezza dei brani in sé, e che sembrano veramente brani completamente diversi; non è questione di ritmi, è questione di interpretazione di quel che Delroy cantava, era come lo cantava. Le suddette canzoni sono infatti tra i pochi casi in cui una cover mi piace di più degli originali.
Dopo l’ultimo album uscito per Coxone nel 1969, Delroy, con un altro "fuoriuscito" da Studio One Stranger Cole (oggi StranJah Cole), fonda l’etichetta W&C che non ebbe grande successo commerciale; passa poi sotto la guida del produttore Bunny Lee (recentemente scomparso), da questo alla signorina Pottinger, per la qual registrerà la splendida "It Hurts"; per tornare, infine, da Bunny Lee, nei cui studi registrerà "Better Must Come" (traccia n.° 3 del cd), una delle sue composizioni a cui il suo nome resterà maggiormente legato; era il 1971.
Interprete dei sentimenti, artista schivo e sfortunato, Delroy ha una statura di interprete del Soul giamaicano veramente notevole se si dà ascolto alle sue versioni di canzoni come "Suspicion di Elvis, "Closer Togheter" di Curtis Mayfield, "Take It Easy" di Hopeton Lewis o le altre due "cover" presenti in "Cool Operator": "Sun Is Shining" e la stupenda "I’m still Waiting", entrambe di Marley. Infatti, non si può che essere d’accordo con Rick Glanvill (compilatore delle note del booklett ) quando dice, a proposito della versione di "Suspicion", che Wilson era, ancora nei primi anni Ottanta, capace di prendere una canzone come quella e farti dimenticare l’originale. Ascoltatele e capirete.
Purtroppo, Delroy Wilson, aveva i casi suoi ed il suo modo di affrontare una carriera che dopo le glorie del periodo Rocksteady e Reggae dei’70, è stata in continuo declino per tutta la metà del decennio successivo, è stato quello di bere; bere per dimenticare anche di essere un eccezionale artista, bere per dimenticare di essere uomini; bere perché, comunque, è meglio che farsi di crack (purtroppo moda in voga a Kingston).
Così, alla givane età di soli 46 anni, nell primaverea del ’95, Delroy è annegato in tutto quel bere, non concedendoci più di realizzare il sogno di vederlo, magari accompagnando da una Ska band di quelle con le "contropalle", cantare "I Want Justice" o "I’m Not A King" dal vivo. Peccato.
"Cool Operator", dunque, rende giustizia ad un artista che, al di fuori dei circoli Reggae, non ha mai goduto, immeritatamente, di alcuna considerazione ma la cui memoria, certo, non si perderà.
Jah bless You, dear "Boy Wonder"

a cura di Sergio Rallo


Winston Jarret & The Righteous Flames Unity and Livety - Roots & Culture Records USA 1998

Questo cd potrebbe intitolarsi anche Showcase, essendo un’ampia raccolta di canzoni(ben 20!) che spazia dalla fine dei 60 a tutti i 70.
Winston Jarret, già back vocalist di Alton Ellis nei the Flames, ci assicura che, per ogni canzone del cd, lui ha personalmente scelto i musicisti per le session e, guardando il personale accreditato, certo non poteva cercare di meglio: le ritmiche sono fornite o dai fratelli Barrett o da Sly & Robbie, alla tastiera Winston Wright e Gladstone Anderson al piano e Redcliff Bryan alla chitarra, cito solo i più famosi.
Unity and Livety è un disco prevalentemente "reggae": c’è una bellissima This Feeling Of Love che Jarret canta in uno stile che ricorda quello soul di, guardacaso, Alton Ellis; c’è Man Of the Ghetto, ai più nota nella versione di Phillis Dillon (Woman Ghetto) ma di cui si attribuisce la paternità il nostro Winston; Where is the Ark e Jungle Collie sono tipicamente reggae anni Settanta, i testi sono rasta e meditativi; nello stesso stile rientra anche una di quelle che mi piace di più cioè Sheriff and His Deputy (" Una mattina arrivano lo sceriffo ed il suo delegato, vedono il mio calice e tagliano il mio albero di ganja…").
Dopo l’inno rasta Unity, si sente il salto indietro nel tempo fino alla fine dei Sessanta con Bangarang, versione dell’omonima canzone accreditata a Lester Sterling e Stranger Cole e prodotta da Bunny Lee ma io preferisco (sacrilegio!) la versione dei Righteous Flames, mi piace di più lo sconosciuto sassofono che abbelisce la parte originariamente fatta da Sterling; segue un altro dei pezzi più datati di questa raccolta, quello intitolato True Born African, un cattivo e carichissimo early reggae, che sarete lieti di ascoltare più volte.Sedicesimo brano, avanti nel cd ed indietro nel tempo, Baby Don’t Be Late che sembra rocksteady Coxone style, seguita da una più moderna e familiare Babylon Burning e dalla cover della African Herbman di Marley con cui gli ex The Flames si confrontano con ottimi risultati; chiude infine l’ascolto quello che pare essere anche il pezzo più recente della raccolta dal titolo Let The Music Play, lasciandoci attoniti riguardo la qualità del lavoro di uno dei personaggi cosidetti "minori" del reggae…’Nuff ‘ Nuff Respect to the Righteous Flames!

Leggiti l'intervista

Sergio Rallo


 

Wisecracker  - "Para Mi Gente" - CD Elmo Records Germania 2003

Oh, o sto cambiando lentamente gusti (improbabile), oppure questo gruppo tedesco dei Wisecracker è veramente bravo (molto più probabile).
 "Para mi Gente" nella modesta opinione di chi scrive è veramente uno dei migliori debutti di un gruppo ska-core che mi è capitato di ascoltare nell’ultimo anno.
Wisecracker sono in grado di miscelare nella maniera più gradevole punk rock, ska, reggae, rock & roll e hc usando come collante un’ottima capacità compositiva che risalta subito fin dalla prima traccia dl titolo  "Ambition" che è un veloce punk/ska/rock. Ma tutte le altre 13 tracce sono meritevoli di attenzione e divertenti e se  "Guantanamo Bay" (toh, guarda un po’ che novità, ce l’hanno con gli americani!) e  "Cup-a-Joe’s" sono nell’ordine un tipico ska-core ed un bello ska-rock,  "So what?" inizia con un fumoso swing anni ’40 per trasformarsi in un velocissimo ska-core/rock’n’roll che si conclude con un vero e proprio trash.
Wissecracker sono in grado di offrire anche un rocksteady/reggae dalla melodia dolce influenzata da gente come Skin degli Sunk Anansie.
Tra le canzone migliori offerte in questo debutto annovero  "Moral Hazard" che è un ottimo ska rock che ricorda qualcosa di Red Hot Chili Peppers e  "M.O.R.E." che è una canzone critica su tutti i gruppi ska che imperterriti copiano a tutto spiano i classici dello Ska senza (ritengono i nostri simpatici Wisecracker) alcuna fantasia e, soprattutto, senza fare  "rock" come sanno fare, invece ed alla grande, loro.
Tosti.

 

 

Sergio Rallo

 

 

 


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