"Mitico" è un aggettivo che, a causa del suo frequente e
smodato uso da parte di più generazioni di sbarbi (ehi, ci sono anch'io!) ha perso un po'
del suo significato originario, della sua pregnanza. Oggi l'aggettivo è usato per lo più
per intendere qualche cosa che sta, più o meno, tra "bello" e
"bellissimo". Troppo poco per un artista come Donald "The Don"
Drummond, per il quale - chi lo conosce ne converrà, chi non lo conosce ancora si fidi -
l'aggettivo mitico significa pienamente e propriamente leggendario e straordinario.
Il Don (De Lion), il cui nome oggi è indissolubilmente legato a quello della più famosa
orchestra giamaicana di tutti i tempi, cioè gli Skatalites e al genere musicale che da
quell'orchestra fu portato a perfezione, per via della contraddittorietà delle fonti in
mio possesso, nasce in una data approssimativamente collocabile nella prima metà degli
anni trenta. Con una certezza sul luogo: Kingston, Giamaica.
Di certo sappiamo che egli, insieme a musicisti come il trombonista Carlos Malcom, i
sassofonisti Lester Sterling, Roland Alphonso, Tommy McCook, il trombettista Dizzy Moore,
appartenne alla prima generazione di quei talenti forgiatesi alla Alpha Catholic Boys Home
and School, o più brevemente Alpha School; una scuola questa, ove delle agguerrite
suorine - le sorelle della misericordia (syster of mercy) - che noi di SkabadiP ci
immaginiamo tipo la "pinguina" di Jake & Elwood, davano, e tuttora danno nel
mezzo della downtown Kingston, un'educazione agli orfani e ai bambini più sfortunati
della "Green Island".
Sappiamo anche che il celebre Rico Rodriguez (nato nel 1934), racconta di
avere avuto come tutore proprio Drummond, il che ci fa supporre che Drummond fosse anche
solo di pochi anni più vecchio, dato che nella suddetta scuola era tradizione che gli
allievi più anziani aiutassero i più giovani (per amor di precisione specifichiamo che
per "grandi" si intendevano ragazzi dai 13 ai 14 anni).
E proprio per quanto riguarda la contraddittorietà delle fonti , tutto ciò fa a pugni
con la data di nascita del Don riportata nel libro "Who's Who of Reggae" che è
il 1943.
Inoltre, in un bellissimo cd in mio possesso - intitolato "Shuffle'n'Ska Time from
Lloyd The Matador Daley" 1996 Ja Gold - c'è una fotografia datata 1951 della famosa
"Eric Deans Orchestra", una big band Jazz di grande successo nella metà degli
anni '50 - in cui sono ritratti tra gli altri un giovanissimo Ernest Ranglin (inventore
della Ska guitar) e un Don Drummond che non ha certo 8 anni, ma minimo minimo 16-18.
Comunque, uscito dalla scuola dei malfamati, Don Drummond entra nella suddetta
orchestra come solista. Vi rimarrà fin verso la fine degli anni '50. Dopodiché, insieme
a un consistente numero di suoi colleghi musicisti (Lloyd Knibbs, Tommy McCook, Ernest
Ranglin, Jerome "Jah Jerry" Hines, Rico Rodriguez, Jonny "Dizzy"
Moore, Cedric "'Im" Brooks) raggiunge la comunità rasta delle Wareika Hills il
cui leader indiscusso era in quel periodo Oswald "Count Ossie" Williams: un
personaggio dalla statura leggendaria quanto e più quella del Nostro.
Count Ossie era un maestro delle percussioni Burru, di cui già sapete qualcosa dalla
storia dello Ska, e come per i musicisti appena citati, anche per Drummond, quella del
"Count Ossie Group" fu un'esperienza musicalmente fondamentale.
Le "Grounation" erano delle riunioni a metà tra religione e jam session
musicali che duravano spesso interi giorni, durante le quali tutti i musicisti erano
chiamati a dire la loro con il proprio strumento.
Il Burru drumming, ha la caratteristica ritmica di essere molto simile a quel "One
Drop" che solo più tardi diventerà il rimo tipico della batteria nello Ska e nelle
forme musicali che da esso deriveranno. Questo semplice dato di fatto mi porta alla
scontata considerazione che non poco dello stile del Don, quel suo fraseggio così
particolare, sia derivato dal suonare su una basa ritmica - quella Burru - ondeggiante e
ipnotica come sarà, non a caso, quella più tardi fornita dalla rhythm section degli
Skatalites. Non a caso, visto che Jah Jerry, Lloyd Knibbs e Lloyd Brevitt, furono tra i
tantissimi a riunirsi in quelle nottate rasta.
A questo punto non sappiamo datare effettivamente quale sia la prima registrazione su
vinile di Don Drummond. Da alcuni è indicata la bellissima e latineggiante "Don
Cosmic" che si può trovare in svariate compilation della Studio One. A questo
proposito, possiamo specificare che fu proprio nel 1959 che Clement Dodd cominciò a
registrare musica "oriunda", e che solo nel 1963 fonderà la Studio One al
numero 13 di Brentford Road, ciò ci fa quindi supporre che la data di registrazione del
disco "I Cover The Water Front" sotto etichetta Port-o-Jam - ma sempre prodotto
da Dodd - sia antecedente al 1961. In questo disco, lo sconosciuto compilatore delle note
di retro copertina (tale Fred Wilmot) ci parla dei musicisti del disco con toni molto
rispettosi, riferendosi sia al valentissimo Don Drummond che agli altri componenti del
"combo" (Roland Alphonso al sax tenore, Lloyd Mason al contrabbasso, Cecil Lloyd
che, insieme a Aubrey Adams e Theopilus Beckford è da considerarsi il predecessore di
Jackye Mitoo, ed infine lo sconosciuto e australiano (!) Lowell Morris alla batteria) il
che induce a pensare ad una già più che acquisita notorietà di Don Drummond nel
pubblico giamaicano.
Lodi che, peraltro, si ritrovano nella retrocopertina di un altro disco prodotto da
Coxsone Dodd appositamente per festeggiare la sancita indipendenza dell'isola caraibica
nel 1962. Parlo dell'album intitolato "Jazz Jamaica" che riporta l'etichetta
"Studio One", pur essendo registrato come il precedente, nei "Federal
Studios" di Stanley Motta. Questa volta il compilatore è un altro affermato e
valente musicista giamaicano: il tastierista e trombettista Sonny Bradshaw, leader dei
Sonny Bradshaw's Seven. In quelle note Bradshaw ci descrive la line-up, leggermente
modificata rispetto a quella di "I Cover The Waterfront", per l'aggiunta di
Tommy McCook al tenore, uno sconosciuto Billy Cooke alla tromba, un altrettanto
sconosciuto Carl McLeod alla batteria e un più che familiare "Ernie" Ranglin.
Soffermandosi poi sul trombonista, Sonny Bradshaw lo appella come "Faboulous" e
ci fa sapere che: "nonostante continui malanni, il Don è sempre in grado di produrre
le più soddisfacenti prestazioni al trombone di tutte le indie occidentali".
Con questo ribadendosi che Don Drummond era già più che famoso. Pare anche che il
trombonista americano di fama mondiale J.J. Johnson si sia complimentato con il virtuoso
giamaicano, una volta sentitolo suonare.
Ma tornando immediatamente alla musica, in "I Cover The Water Front" , in brani
come "What Is The Thing Called Love" che è un ritmatissimo Latin jazz, o
"Sometime I Am Happy" probabilmente scritta proprio da Drummond, quello che
impressiona è la riconoscibilissima "pronuncia" del trombonista. Il Don, fin
dagli esordi ha un "linguaggio" musicale tutto suo, con cui, essendo una persona
particolarmente timida e schiva, si esprimeva al meglio.
Il Don Drummond jazzista è influenzato dall'Hard-Bop, ma le caratteristiche distintive
proprie, quello di essere un po' stonato, il fraseggio che passa da una velocissima serie
di note a raffica a stanche note lunghe con un effetto tipo "calma dopo la
tempesta" che troveremo più caricate nelle registrazioni in Ska, lo rendono unico.
Il Don musicista a più ampio raggio dimostra di essere interessatissimo non solo alle
sonorità tipiche latino caraibiche, e dai dischi jazz citati basti ascoltare "Mr.
Propman" che rimanda la memoria visiva ad un tramonto sul mare di Montego Bay, oppure
"Serenade in Sound" un brano in cui Drummond dimostra d'essere un maturo autore
e arrangiatore che nulla ha da invidiare ai colleghi americani. In questo brano, tratto
dal disco "Jazz Jamaica", il suo assolo è un vero e proprio fulmine a ciel
sereno, in una composizione che dovrebbe essere appunto quella di una serenata, e che
invece alla dolcezza tipica di una serenata aggiunge un'inquietante atmosfera onirica.
Ma soprattutto, come detto poco più sopra, è il Burru drumming a influenzare
maggiormente il trombonista giamaicano, sempre accorto negli arrangiamenti e nelle
soluzioni ritmiche dei suoi brani. E una cosa del genere è evidentissima in un brano come
"Heavenless" che risulta essere un vero e proprio pezzo Reggae
nel 1964-65.
Lo stile di Don Drummond è declamatorio e liricheggiante. Le melodie partorite dall'estro
di questo artista sono sempre potenti e cariche di energia.
Sono così ipnotiche da diventare una miscela esplosiva, unite all'ondulatorio ritmo dello
Ska.
Ognuno abbia e si tenga il proprio giudizio riguardo la musica Ska, ma personalmente
ritengo che capolavori come "Man In The Street", "Roll On Sweet Don",
"Dr. Dekker" (in coppia con Baba Brooks), "Cool Smoke",
"Confucius", "Green Island" siano "lo Ska", l'essenza pura
di questo genere. In altre sue composizioni è messa in risalto la sua fede rasta, basti
pensare a "Far East", "Marcus Garvey", "Addis Abeba". Anche
il suo modo di suonare uno strumento tra i più belli e difficili come il trombone,
facendolo ruggire e pregare allo stesso tempo, denota il lato più mistico di questo
straordinario musicista. Ci sono degli assoli in brani tra cui mi piace citare "Don
The Lion" e "Alipanga" con cui il trombonista fa letteralmente venire i
brividi ad un attento ascoltatore.
Non so se sono influenzato, in questo mio giudizio, dal sapere che Drummond aveva problemi
mentali, e di conseguenza nel mio giudicare l'artista, influisce quell'aspetto misterioso
che su noi "normali" fa tanto presa del binomio "genio e follia". Ma
quegli assoli, elaborate melodie nella melodia e puro ritmo sul ritmo, se li dovessi
raffigurare pittoricamente, sarebbero qualcosa di inquietante come l'urlo di Munch
piuttosto che quella di una spiaggia dei Caraibi con le palme!
Le registrazioni al solito qualitativamente pessime, ma sempre in presa diretta colgono,
diciamo così, dal vivo, la voce tormentata dell'anima di Drummond, il quale in un raptus
ucciderà la moglie ballerina - e non eccelsa cantante a dir la verità - alla fine del
1965.
Non sappiamo le modalità dell'omicidio ma sappiamo che questa data segna non solo lo
scioglimento dopo appena 14 mesi degli Skatalites, ma anche il passaggio dallo Ska al
Rocksteady chiudendo così un epoca.
A seguito di tale delitto, Drummond verrà rinchiuso nel ospedale psichiatrico di
Kingston, il famigerato "Belle Vue Asylum" dove si toglierà la vita il 6 Maggio
del 1969 impiccandosi e ponendo così fine ad un'esistenza durante la quale non si vide
mai riconosciuto il proprio talento - nonostante ebbe delle soddisfazioni come quelle
sopra riportate - né tanto una rimunerazione adeguata.
La sua arte è racchiusa, sempre per quel che ci è dato da sapere, in qualche centinaio
di registrazioni tra il '59 e il '65, periodo durante il quale il Don registrò per tutti
i più affermati produttori giamaicani. Da Coxsone a Reid, da Yap a Lloyd Daley per
continuare con Prince Buster.
Ancora una nota per sottolineare l'importanza spesso sottovalutata di questo mitico
trombonista. Brani scritto di suo pugno, come "Silver Dollar" e "Don Cosmic" sottolineano
l'interesse vivace del trombonista giamaicano per una ricerca ritmica che lo porta a
precorrere i tempi, risultando tali brani già con qualche anno d'anticipo tipicamente
Reggae e Rocksteady.
Il Don non l'ho mai conosciuto, e aspetto di recarmi in Giamaica per sapere per filo e per
segno i risvolti della sua poco conosciuta vita, ma mi piace porgergli un saluto da
sincero ammiratore, immaginandolo come pare facesse, tra una session e l'atra, seduto sul
tetto della Studio One Record a suonare il suo meraviglioso strumento per i passanti, per
la sua isola, per la sua anima.
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